Una bella trovata

Dalla “fabbrica del programma” al conclave nella reggia di Caserta è passato meno di un anno, eppure l’impressione è che si sia conclusa un’era politica. E questa sensazione nasce non soltanto per la sconfitta della destra berlusconiana alle elezioni politiche, sconfitta comunque pesante, ma anche per l’evidente precarietà  del governo Prodi che mantiene un livello basso di consensi anche tra coloro che hanno votato Unione.
Eppure le premesse per una svolta, nonostante un voto non entusiasmante, c’erano tutte. Bastava iniziare ad applicare il programma con cui si era chiesto il consenso e azzittire i ciarlieri leader e leaderini dei partiti dell’Unione. Meno televisione e più lavoro tra la gente. Così non è stato. Ad iniziare dalla formazione del governo, Prodi ha dimostrato limiti politici e debolezza nella guida della litigiosa coalizione. Con il decreto Bersani si era cominciato con qualche intelligenza. Ma Bersani potrebbe aver ballato una sola estate considerando l’opposizione che ha incontrato nel Paese e tra le forze sociali. L’aver intrecciato l’azione di governo con il dibattito attorno al partito democratico non è stata una geniale trovata politica. E la politica non è una scienza esatta, ma voler accelerare processi complessi, come mettere nello stesso partito Rutelli e Cesare Salvi, è stato un errore grave da dilettanti. La discussione attorno ad un nuovo soggetto politico ha semplicemente reso l’azione dei partiti al governo più difficile. L”˜esigenza di un accorpamento dei partiti è una questione reale sentita e voluta dai cittadini? Si, ma anche l’identità  di una formazione politica ha rilevanza per l’elettorato. Mettere insieme due identità  infragilite dalle divisioni interne, come sono oggi diessini e margheritini, non porta automaticamente ad una forte caratterizzazione politica. Molti osservatori sostengono che lo slogan “il partito dei riformisti” ha poco appeal. Non si sa bene cosa concretamente significhi. Mancano idee, valori e non si conosce per quale tipo di società  vogliono lavorare i riformisti. In Europa, quando si parla di riforme si intende tagli alla spesa pubblica e ridimensionamento dello stato sociale. Più mercato, meno Stato anche in settori delicati quali i sistemi pensionistici, la sanità  pubblica, la scuola.
Potrebbero i nostri capi verificare cosa concretamente hanno significato per i cittadini le privatizzazioni nei vari Paesi Europei? Ad esempio è noto che nell’Inghilterra di Blair la privatizzazione dei trasporti ha portato ad avere il peggiore e il più caro sistema di trasporto passeggeri d’Europa. Sembra strano, ma stanno peggio di noi italiani. Le leggendarie ferrovie inglesi hanno prodotto più profitti privati, ma funzionano malissimo. Sarebbe apprezzato conoscere in quale settore privatizzato sono scese le tariffe o migliorati i servizi anche nel nostro Paese. L’aver privatizzato tutto il sistema bancario non ha certo migliorato il rapporto tra un piccolo imprenditore e la banca. Qualcosa non ha funzionato? Bisogna chiamare le cose con il loro nome: l’enfasi sulle privatizzazioni è una scelta ideologica e come tale va combattuta. Ciò non significa che bisogna lasciare le cose come stanno. Una concorrenza piena può essere un grande vantaggio anche per certi servizi pubblici. E in ogni caso una profonda innovazione nel settore pubblico è urgente e necessaria. Di questo deve essere convinta anche la sinistra radicale.

il gioco dell’oca

Anno nuovo, politica nuova? No. Si ricomincia il “Gioco dell’Oca”. Sono una ventina d’anni che la politica si arrovella su come cambiare il sistema democratico avendo come unico obbiettivo quello di assicurare una governabilità  forte ai governi. commissioni bicamerali, referendum, riforme dei ministeri e della presidenza del consiglio, leggi elettorali le più fantasiose si sono susseguite negli anni sfibrando la democrazia italiana. E adesso si ricomincia. Dimentichi del risultato dell’ultimo referendum costituzionale, Amato e riformisti di destra, di centro e di sinistra vogliono modificare insieme la pessima legge elettorale imposta da Berlusconi subito prima delle ultime elezioni politiche. Con entusiasmo il cavaliere di Arcore ha aderito alla proposta Amato: facciamo una bella convention e decidiamo le modifiche da apportare alla “mia” legge e poi avanti tutti assieme appassionatamente nelle altre riforme istituzionali. Così si fa felice anche il presidente Napolitano.
Che la legge debba essere modificata è giusto, è il come che lascia perplessi. Il popolo italiano nel giugno scorso ha confermato la volontà  di voler vivere in una repubblica parlamentare. Il presidenzialismo insito nella controriforma berlusconiana è stato respinto con un referendum. Come concilia il ministro Chiti quel voto con la proposta del “sindaco d’Italia”? Si vuol nuovamente una discussione per modificare la Costituzione? Il sistema elettorale in vigore per le regioni, se applicato nelle elezioni politiche, comporta una modifica costituzionale e il ministro dovrebbe saperlo. E dovrebbe essere spiegato perchè soltanto Israele, un paese in guerra permanente, prevede l’elezione diretta del primo ministro. Se si vuole una repubblica presidenziale lo si dica con chiarezza senza cercare mistificazioni che servono soltanto a perpetuare la classe politica al potere.
Altrettanto intollerabile è il fatto che tutti i piccoli partiti della coalizione dell’Unione mettano, nella discussione sulla legge elettorale, paletti tali da rendere impossibile ogni cambiamento. Le bandierine che alzano i vari Pecoraro Scanio, Mastella,Di Pietro, Diliberto e Giordano sono ormai simboli logori che mobilitano soltanto i clientes elettorali e non aiutano affatto la riqualificazione della democrazia rappresentativa. Possibile che la sinistra-sinistra non riesca a trovare il modo di mettere insieme le forze che ancora votano per partiti alternativi al modello economico-sociale voluto dal liberismo? Come non vedono e non sentono crescere nel Paese una disaffezione alla politica frutto del modo di essere delle formazioni politiche anche della sinistra?
La stessa discussione attorno al partito democratico avviene nella genericità  più assoluta. In Italia si dichiarano riformisti quasi tutti. Ds, Margherita, Forza Italia e così elencando. Non è tempo di esplicitare e aggettivare la parola riformismo? Cosa e come riformare dovrebbe essere ormai chiarito. La discriminante non può essere soltanto l’adesione o meno all’Internazionale socialista. Deve essere chiarita innanzitutto la funzione del partito che si vuole mettere in campo in sostituzione di quelli esistenti, ma anche quale forma di democrazia si ha in testa di costruire considerando il pessimo stato di quella esistente.
Rimossi da anni ormai i timidi tentativi di una democrazia della partecipazione, anche il centrosinistra si è adattato alla democrazia della delega. Ogni cinque anni si vota per candidati scelti dalle oligarchie di partito, poi tutti a casa a tifare per i nostri eroi impegnati nei reality show televisivi. Non è tempo di cambiare?
Consiglio la lettura di un saggio: “La democrazia che non c’蔝. Lo ha scritto uno storico inglese, Paul Ginsborg, che vive e insegna in Italia da moltissimi anni. Nel frontespizio c’è scritto: “la democrazia è un sistema mutevole e insieme vulnerabile. Per rivitalizzarla oggi è indispensabile connettere rappresentanza e partecipazione, economia e politica, famiglia e istituzioni”. Che bellissimo incipit per i riformisti e anche per la sinistra radicale.

Granitici

Non saranno in molti a rimpiangere l’anno che si conclude.
E’ stato un anno vissuto pericolosamente nel mondo e anche nel nostro Paese. Lo stato di guerra permanente, a cui ci stiamo abituando, ha continuato a produrre morti e distruzioni senza che le grandi organizzazioni preposte al governo del pianeta riescano a bloccare i disastri prodotti dall’avidità  e dal fondamentalismo ideologico in tante parti del mondo.
Quella che doveva essere “una primavera di bellezza” per il popolo del centrosinistra con la vittoria alle elezioni politiche, si è con rapidità  trasformata in un freddo e deludente inverno. Come se fosse destinato a gestire il potere per sempre, il ceto politico al governo ha ripreso, come un vizio assurdo, la vecchia abitudine alla divisione. Chi sperava in una svolta rispetto all’Era Berlusconi è rimasto deluso. Eppure, nonostante la risicata vittoria, nei primissimi mesi le premesse per una nuova stagione della politica c’erano tutte. Con un inaspettato sussulto democratico, il popolo, è andato a votare per respingere la controriforma costituzionale voluta dai berluscones. Nonostante il disinteresse del ceto politico nella campagna elettorale, la gente aveva avvertito il rischio del consegnare la democrazia italiana all’uomo forte. Successo enorme subito rimosso dai leader dell’Unione. All’unisono hanno ripreso il loro, ormai intollerabile, chiacchiericcio nei salotti televisivi. La politica è tornata ad essere spettacolo di varietà .
Nella storia recente non ricordo mai un così marcato distacco tra la politica e l’interesse della gente comune. Non si dica che è sempre stato così. La decadenza dell’agire politico è dovuta a molti fattori e riguarda gran parte delle democrazie occidentali. Ma anche in questo l’Italia si distingue, come per il record del possesso di telefonini, abbiamo anche la classe politica più pagata e più numerosa d’Europa. Granitica nel difendere i propri privilegi. Qualunquismo? E’ la leaderite acuta il carburante del disprezzo per la politica, non la denuncia di molti delle storture di un sistema sempre più autoreferenziale e privo di valori condivisi. Conferme? Basta guardare alla stentata vita del governo.
Le evidenti difficoltà  del governo Prodi nascono dallo stato di degrado della nostra economia o anche dall’incapacità  di individuare le priorità  per avviare una nuova fase della crescita? Che la situazione dei conti pubblici lasciati da Tremonti era gravissima si sapeva. Come era evidente che il ristagno dell’economia dipendesse dalla scarsa propensione all’investimento, in innovazione di prodotto, di un’imprenditoria ormai esposta ad una concorrenza internazionale aggressiva e globale.
Come operare per un rilancio alla presenza di un mercato interno stagnante? E come potrebbe non essere stagnante vista una ripartizione della ricchezza nazionale squilibrata come quella italiana? Due esempi: nel 1980 la forbice salariale (la differenza tra lo stipendio più basso e quello più alto) era di uno a quarantacinque. Un operaio guadagnava cento lire, il capo dei capi quattromilacinquecento. Oggi la forbice è la seguente: l’operaio guadagna cento? Il capo dei capi ne guadagna cinquantamila!!
L’ultima indagine Istat ci informa che il venti per cento degli italiani più ricchi possiedono il quaranta per cento della ricchezza nazionale. Il venti per cento più povero ne possiede solo il sette per cento. Non bisogna essere rivoluzionari per capire che se si vuol aumentare la domanda interna è urgente un’inversione di tendenza nella ripartizione del PIL. Anche Fassino e Rutelli, riformisti d.o.c, dovrebbero capirlo.

inutilità 

Quando una persona prudente come il presidente Napolitano dice “basta” vuol significare che siamo veramente messi male. La vicenda della finanziaria per il 2007 è stata semplicemente allucinante. Al di là  del merito del provvedimento, è stato il metodo di approvazione inquietante. Il combinato disposto voto di fiducia e maxiemendamento svuota di ogni significato il ruolo del parlamento. Il fatto che il centrodestra abbia per cinque anni usato lo stesso metodo impiegato da Prodi non è motivo accettabile. Una prassi parlamentare che svuota il ruolo del parlamento rende ancor più fragile una democrazia che già  da anni non sta affatto bene. Le assemblee elettive ad ogni livello rischiano di morire di una brutta malattia: l’inutilità . E per la sinistra la fragilità  dei luoghi della democrazia organizzata è sempre stato micidiale.
La questione democratica è poco interessante per l’Unione. Eppure siamo convinti che senza affrontare il nodo del rapporto tra cittadino e politica il centrosinistra ha poche speranze di rinnovare il Paese. Galleggerà  tra un giudizio favorevole del FMI e un parere dissimile di qualche società  di certificazione.
Il berlusconismo continuerà  a segnare i comportamenti di tanti politici e di tante corporazioni e il degrado continuerà .
Un consiglio a Prodi e Fassino, invece di lacerare la coalizione controriformando il sistema pensionistico perchè non vi dilaniate per riformare la politica? Sarebbe meno costoso e molto apprezzato dai cittadini. Tra la gente il rifiuto di questo modo di essere della politica è bipartisan. In genere non siamo abituati a definizioni apocalittiche. In questo caso, siamo del parere che se le forze della democrazia italiana non riescono a porsi la questione di come invertire la tendenza al plebiscito personale e alla privatizzazione della politica, mettendo in crisi i privilegi e i comportamenti della casta politica, le cose si metteranno malissimo. Dodici anni di berlusconismo hanno stratificato nell’opinione pubblica di destra e di sinistra un giudizio terrificante ma meritato, sulla classe politica italiana: la più numerosa e costosa fra tutti i Paesi democratici. Non è un bel record. Il qualunquismo c’entra poco o meglio esso è stato enfatizzato dai comportamenti di tanti politici e loro clientes.
Chiudiamo l’anno con un centrosinistra nella confusione.
Fase due, cambio di marcia, accelerazione nell’azione del governo? Che fare? Non si trova l’accordo nemmeno nel definire il modo per recuperare il disastro d’immagine prodotta da mesi di improvvisazione del governo Prodi. Figuriamoci la discussione tra Fassino, Rutelli e Pecoraro Scanio quando si tratterà  di sciogliere i nodi del come dare efficacia al programma con cui l’Unione ha ottenuto i voti per battere Berlusconi.
Sembrava impossibile ma i nostri magnifici eroi sono riusciti in pochi mesi a ridare vigore ad un centrodestra che sembrava annichilito, prima dalla sconfitta alle elezioni politiche  di aprile e poi dalla catastrofe storica e irreversibile con la  bocciatura della controriforma costituzionale. La stragrande maggioranza del popolo ha votato per mantenere lo spirito e la lettera della costituzione del 1948. A dispetto dello scarso impegno dei leader unionisti nella campagna referendaria impegnati come erano ad assestare le postazioni di comando, delegarono a pochi la lotta elettorale e il popolo ha scelto l'”arcaica” Carta. Valutammo una sorta di miracolo l’ampiezza di quella vittoria.
La speranza non solo nostra, era quella di poter andare oltre la politica della destra e del berlusconismo partendo da questo rinnovato impegno del popolo nei valori della costituzione repubblicana. Si poteva finalmente rafforzare la capacità  del centrosinistra di rapportarsi alle sensibilità  dei cittadini ed ai problemi del Paese e rinnovare la democrazia italiana.
Come il solito ci siamo sbagliati. Il ceto politico per cui anche noi abbiamo votato, ha pensato bene di mettere in soffitta quello straordinario risultato e ha ricominciato a giocare nei salotti televisivi secondo il consueto schema dei vari porta a porta o ballarò. Lo scadente spettacolo è ripreso con rinnovato vigore.

brutta senza anima

Mirafiori è la fabbrica più grande d’Italia. Sono quindicimila i lavoratori dell’impianto di Torino, negli anni ’80 erano settantacinquemila. Questa settimana i segretari delle confederazioni sindacali, Epifani, Bonanni, Angeletti hanno partecipato alle assemblee operaie convocate per parlare della condizione del lavoro e della finanziaria in discussione in Parlamento.
Sono passati 26 anni dall’ultima volta che segretari sindacali nazionali sono andati a Mirafiori. Allora la rabbia dei lavoratori causò la fuga di Lama, Carniti e Benvenuto. Questa volta le cose sono andate meglio, ma è stata palpabile l’insoddisfazione della base operaia e impiegatizia rispetto a quanto ottenuto dal sindacato nel rapporto con il governo Prodi. E stato rifiutato il concetto di “governo amico”. Giustamente si è sostenuto che un governo si giudica per quello che realizza e non da chi è seduto nel consiglio dei ministri. E per adesso la valutazione che ne danno persone con uno stipendio di poco superiore ai mille Euro non è positiva.
Nell’ordine del giorno approvato i lavoratori accusano il sindacato di un incomprensibile silenzio sulla Finanziaria di Padoa Schioppa. E avvertono che sulla cosiddetta riforma delle pensioni e sull’utilizzo del TFR i lavoratori, legittimi proprietari del fondo del trattamento di fine rapporto, vogliono dire la loro senza deleghe in bianco. Insomma, anche la classe operaia ha da dire la sua rispetto al documento contabile più importante dell’anno e sulle riforme preannunciate per il prossimo futuro. Le assemblee di Mirafiori non hanno interessato molto i mass media occupati come sono a rincorrere le ultime dichiarazioni di Mastella o Rutelli. Eppure si è trattato di un evento importante anche perchè, fatta la finanziaria, il governo dovrà  dire qualcosa di più rispetto alle prospettive del Paese e decisivo sarà  l’appoggio al governo di chi lavora e le tasse le paga fino all’ultimo Euro.
Prodi rimane convinto che alla fine gli italiani capiranno. Per intanto continua la confusione. Si è scoperto un aumento del gettito fiscale di 37 miliardi di Euro. Apriti cielo. Visco dichiara che diminuiranno le tasse, Padoa Schioppa dice non le ridurremo nel 2007, Ferrero suggerisce di utilizzare il surplus per aumentare le pensioni minime, altri governanti suggeriscono utilizzi diversificati. Ognuno insomma si sente di dover dire la sua pur partecipando alla stessa coalizione che ha imposto una finanziaria pesante. Che dovrebbe capire il cittadino medio? Si discute da mesi delle tasse, lasciando passare la mistificazione di un aumento generalizzato delle stesse e poi il vice-ministro al ramo scopre che è possibile diminuirle? Semplicemente imbarazzante. Possibile un’incapacità  così radicale di previsione del gettito fiscale?
Una finanziaria costruita con il taglia e cuci non è il massimo della trasparenza e la sensazione di essere in mano a molti governanti inesperti non è del tutto sbagliata. Certo non siamo alle mostruose invenzioni finanziarie di Tremonti, ma è abbastanza evidente che manca un qualsiasi cemento all’interno del governo Prodi e in un momento così delicato per il Paese, prevale l’improvvisazione.
Una finanziaria senza anima è stata definita da molti e non mi sembra esagerato.