Quel centralismo poco democratico

Sono stato a trovare mio figlio e mio nipote. Vivono a Londra e
così, nelle piovose serate londinesi, mi sono divertito a guardare
la televisione inglese. Molti programmi simili ai nostri, giochi e
grandi fratelli non mancano. Niente “veline” e toni calmi anche
nei dibattiti politici. Ciò che è assente anche nei telegiornali,
è il ceto politico. Brevissime interviste e le notizie sono
notizie e non commenti dei conduttori delle trasmissioni. In sette
serate non ho mai ascoltato comizi televisivi di Tony Blair.
Mi dicono che in Italia nell’ultima settimana l’amico di Blair, il
cavalier Berlusconi, è apparso in tv in tutti i programmi di
maggior ascolto parlando per tutto il tempo che ha voluto. Ho
letto dell’appello di Ciampi alla correttezza nella ripartizione
delle apparizioni televisive dei politici. Per tutta risposta in
un giorno il Capo ha comiziato ad “Uno mattina”, occupato Isoradio,
prenotato un’ apparizione al programma di approfondimento dopo il
TG delle 20 e organizzato una presenza di qualche ora a Rai 2 e a
Canale 5. Annunciate seicentomila lettere del cavaliere di Arcore
a tutti i bambini nati nel 2005. Il Nostro comunica la regalia di
1000 euro ad infante. Una vera tormenta mass-mediologica quella
del Capo del Governo. Non tenzone elettorale, dice il cavaliere ma
scontro di civiltà  e la sua, come si è visto in questi anni, è una
affascinante civiltà .
Noi italiani abbiamo bisogno di certezze e gli sproloqui di
Berlusconi lo sono, mi sono detto. Riflettendo ho capito che siamo
di fronte ad un disastro democratico. La democrazia è un fiore
delicato, facile da rovinare. Quando le regole democratiche
vengono stravolte può succedere di tutto e la responsabilità  non è
del solo Berlusconi.
Porto un esempio. Il centrosinistra è stato giustamente orgoglioso
del risultato delle primarie. Inaspettato e immeritato forse visto
la sufficienza dei gruppi dirigenti dei partiti rispetto alle
primarie. Ma milioni di persone hanno partecipato alla scelta del
leader della coalizione e tutti hanno enfatizzato il fatto. Il
centrodestra è apparso allo sbando e Berlusconi illividito.
Sembrava ovvio che i partiti del centrosinistra avrebbero
utilizzato questo meccanismo partecipativo per la scelta dei
candidati al futuro parlamento. Invece di organizzare una vasta
campagna di partecipazione, i nostri eroi hanno ricominciato a
discutere animatamente tra loro dell’esigenza di creare un partito
democratico! Scusate tanto. Che urgenza c’è? Non potete trattare
del nuovo partito dopo le elezioni? Si capisce poco perchè con un
sistema para-proporzionale i DS e Margherita si presentino alla
Camera con una sola lista, ma aprire a gennaio un’altra puntata
della telenovela iniziata dieci anni or sono è apparsa al popolo
del centrosinistra una sorta di follia.
Nel merito poi qualche perplessità  il sottoscritto la mantiene. La
mia perplessità  è ininfluente, ma immaginare in Umbria uno stesso
partito per Bocci e la Lorenzetti mi sembra richiedere molta
fantasia. Già  l’alleanza in Regione appare in certe fasi
tormentata. Figuriamoci una militanza comune dentro un solo
contenitore politico. Ma posso sbagliare e alla fine la fusione
avverrà . Per adesso sembrerebbe meglio schierare le forze per
vincere le elezioni e rinviare al dopo Berlusconi, se ci sarà , la
disputa .
I commentatori più avvertiti ritengono che la bagarre aperta da
Prodi sul partito democratico sia stata funzionale ad una stretta
sulle liste dei candidati alle elezioni. Un’operazione, quella
della ripartizione dei seggi, non semplice. L’orrenda legge
elettorale impone la costruzione di liste organizzate in modo da
sapere “prima” chi sarà  eletto. Non essendoci la preferenza ma
solo il voto al partito, è decisivo collocarsi nei primi posti
della lista. Partita durissima le cui regole sono in genere
sconosciute all’elettore. I problemi sono molti: la ripartizione
tra i partiti, la giusta quota di donne elette, le competenze da
assicurare in parlamento. Si è aperta così a Roma una discussione
non da poco. Quanti degli eletti saranno DS? Quanti della
Margherita? Quanti uomini e donne di fiducia di Prodi? L’accordo
sembra fatto: sessanta per cento i DS, quaranta per cento per la
Margherita e una ventina di parlamentari i prodiani doc. Chi e in
base a quali criteri ha deciso? Si chiede di sapere troppo?
Gli incastri sono molti e molte le legittime aspettative di una
classe politica molto autoreferenziale. Passare dal meccanismo
delle primarie, che tanto successo ha avuto, a quello dei pochi
decisori romani non è cosa da poco e qualche domanda la provoca.
Una democrazia vitale richiederebbe ben altre procedure. Siamo in
una situazione di emergenza democratica dice D’Alema con qualche
ragione. Soltanto il presidente Ciampi sembra voler contenere
questa follia istituzionale di fine legislatura.
Si dirà , giustamente, che i berluscones non solo hanno voluto una
pessima legge elettorale ed è il solo cavaliere a decidere gli
eletti della Sua squadra. Si può osservare che Forza Italia è un
partito a proprietà  privata, il centrosinistra dovrebbe essere
altra cosa. O no? Come sono scelti i candidati da eleggere in
Umbria, la scelta è di esclusiva competenza romana? Non si rischia
la schizofrenia quando si sostiene una repubblica federale mentre
la classe dirigente politica regionale viene scelta
sistematicamente attraverso accordi centralizzati? Il rischio è
evidente. Al di là  delle questioni di principio, che per il
centrosinistra non dovrebbero essere un orpello, c’è il problema
della rappresentanza. Storicamente l’Umbria ha avuto eccellenti
parlamentari, alcuni umbri ed altri eletti nella nostra terra.
Nessuna tentazione localistica. La questione è la qualità  del
candidato e non sempre a Roma c’è più intelligenza politica che a
Perugia o a Terni. Nessuno dimentica l’onorevole Adornato eletto
dalla sinistra umbra e transumato verso il cavaliere di Arcore.
Corriere dell’Umbria 2006

UNIPOL, una solidarietà che non c’è

Quel movimento di massa riconducibile alla cooperazione tra gli
uomini e le donne, diffusosi dall’Inghilterra della rivoluzione
industriale come difesa dalla crudeltà delle condizioni di vita
dei lavoratori, ha storicamente avuto limpidi scopi: produrre
ricchezza in modo solidale, avere assistenza, difendere il proprio
potere di acquisto. Quel moto realizzato dal movimento operaio è
cresciuto negli anni in ogni angolo del globo.
Nel mondo globalizzato le persone che lavorano in forma
cooperativa, aderenti all’Alleanza Cooperativa Internazionale,
sono oltre 750 milioni. L’ACI è un’associazione che non ha uguali
per numero di organizzati e per diffusione.
Il terzo settore italiano rappresenta una parte significativa
della struttura economica del Paese ed è l’unico che dalla crisi
degli anni ’90 è uscito ristrutturandosi anche allargando la
propria base economica ed occupazionale. Settori strategici come
la grande distribuzione hanno come protagoniste fondamentali
imprese cooperative, uniche a contrastare le grandi corporation
europee e mondiali del settore. Soltanto una sorta di cieco
provincialismo può considerare le cooperative come un fatto
residuale dei vecchi movimenti solidaristici dell’ottocento. Le
coop sono le imprese che più crescono nel nostro Paese da qui
bisogna partire.
L’esplodere dell’affair “Unipol-BNL” ha prodotto una violenta
polemica non solo tra i berluscones e i diesse, ma anche
all’interno di tutto il centrosinistra. Non si tratta di un
complotto, ma di qualcosa di più bizzarro. Non è stravagante
accusare Fassino perché si è interessato di come andava l’OPA di
Unipol sulla BNL? Il capo del maggior partito italiano non deve
essere informato di un fatto economico di tale rilevanza? Che cosa
centra la commistione tra affari e politica? Dei comportamenti e
dei rapporti di Consorte con gli “scalatori” di RCS e di
Ambronveneta è responsabile Consorte non certo il segretario
diessino. Tifare per Abete è consentito e per l’Unipol no? Perché?
La “colpa” della sinistra è di ben altra natura. Ed è tutta
politica. Ideologica si potrebbe dire, gli affari centrano poco.
Uno storico dirigente della sinistra, Bruno Trentin, ha scritto
che il mondo della cooperazione ha perso l’anima. L’onorevole
Bersani ha detto che le “coop hanno cambiato faccia e natura”
senza che i diesse ne razionalizzassero il cambiamento. Non sono
affermazioni di poco conto, ma bisogna andare più a fondo del
problema. L’analisi forse confermerebbe che inseguire l’avversario
politico utilizzando la stessa concezione del mondo porta in una
strada in cui è la sinistra che può perdere l’anima. E’ ormai
introitato anche nella sinistra l’idea che la politica è la
semplice gestione dell’esistente all’interno di orizzonti fissati
dall’ideologia liberista imperante. Nessuna riflessione seria è
stata fatta. Ad esempio, sulla politica delle privatizzazioni. Con
quelle già realizzate è migliorata la concorrenza? I consumatori
hanno tratto qualche vantaggio o le tariffe sono aumentate e i
servizi peggiorati? Anche il mondo delle coop ha subito il fascino
del libero mercato e delle governance fatte dai manager che
decidono tutto sulla testa dei soci e dei lavoratori?
Bisognerebbe discutere di questo dando per acquisito che una
sinistra senza etica non può vivere. Cooperare senza una forte
eticità non avrebbe senso. La discussione dovrebbe essere
trasparente e non può riguardare solo i DS. Ritenere che si potrà
lucrare qualche voto dalla difficoltà di Fassino e D’Alema è un
grave errore sia per Rutelli che per gli altri unionisti.
L’Unione può battere la destra soltanto se i diessini riusciranno
a contrastare la campagna mediatica che si è scatenata contro di
loro. Quando il maggior quotidiano italiano pubblica quindici
pagine di notizie, interviste e commenti sulla vicenda
dell’Unipol, forse non si deve parlare di complotto, ma c’entra
poco anche la libertà d’informazione.
Utile sarebbe, per il centrosinistra, evitare forzature che
c’entrano poco con la morale che, insisto, è un pre-condizione per
un dirigente della sinistra. Un palpito leggero di solidarietà
sarebbe educato tra alleati.
Il segretario umbro di Rifondazione ha, attraverso l’agenzia del
consiglio regionale, espresso giudizi molto aspri rispetto alle
intercettazioni delle telefonate di Fassino. Giudizi che non
aiuteranno la discussione. Ma più interessanti sono le
dichiarazione di Vinti sul mondo della cooperazione anche umbra.
Vinti dice: “…il movimento cooperativo recuperi valori fondanti ed
originari…Per farlo è necessario che le risorse, spesso di
provenienza pubblica, siano investite per accrescere la qualità
del lavoro, accantonando ogni tentazione di sfruttamento delle
quali vediamo esempi in alcune cooperative sociali, anche umbre,
nelle quali troppo spesso si sacrifica la stessa dignità del socio
lavoratore.” Punto a capo, si potrebbe dire. Vinti è un
consigliere regionale che altre volte ha affrontato, con
comunicati, la questione delle cooperative sociali umbre.
Rifondazione è al potere nella nostra regione. Possibile che
nessuno si senta in dovere di dire qualcosa in merito a quanto
denunciato dal segretario? E il segretario non ha altri strumenti
d’intervento su un problema così delicato?
Comincia alla grande il 2006. Scopriamo che Berlusconi facendo
politica ci ha rimesso quattrini. Eravamo convinti del contrario
fuorviati dalla propaganda comunista. Evidentemente lo stato
patrimoniale della famiglia Berlusconi nel 1994, l’anno della
scesa in campo del cavaliere, era migliore dello stato
patrimoniale del 2005. I bilanci di Fininvest e di Mediaset dicono
il contrario, ma forse si tratta di errori di stampa.
Corriere dell’Umbria 8 gennaio 2005

UNIPOL, una solidarietà  che non c’è

Quel movimento di massa riconducibile alla cooperazione tra gli
uomini e le donne, diffusosi dall’Inghilterra della rivoluzione
industriale come difesa dalla crudeltà  delle condizioni di vita
dei lavoratori, ha storicamente avuto limpidi scopi: produrre
ricchezza in modo solidale, avere assistenza, difendere il proprio
potere di acquisto. Quel moto realizzato dal movimento operaio è
cresciuto negli anni in ogni angolo del globo.
Nel mondo globalizzato le persone che lavorano in forma
cooperativa, aderenti all’Alleanza Cooperativa Internazionale,
sono oltre 750 milioni. L’ACI è un’associazione che non ha uguali
per numero di organizzati e per diffusione.
Il terzo settore italiano rappresenta una parte significativa
della struttura economica del Paese ed è l’unico che dalla crisi
degli anni ’90 è uscito ristrutturandosi anche allargando la
propria base economica ed occupazionale. Settori strategici come
la grande distribuzione hanno come protagoniste fondamentali
imprese cooperative, uniche a contrastare le grandi corporation
europee e mondiali del settore. Soltanto una sorta di cieco
provincialismo può considerare le cooperative come un fatto
residuale dei vecchi movimenti solidaristici dell’ottocento. Le
coop sono le imprese che più crescono nel nostro Paese da qui
bisogna partire.
L’esplodere dell’affair “Unipol-BNL” ha prodotto una violenta
polemica non solo tra i berluscones e i diesse, ma anche
all’interno di tutto il centrosinistra. Non si tratta di un
complotto, ma di qualcosa di più bizzarro. Non è stravagante
accusare Fassino perchè si è interessato di come andava l’OPA di
Unipol sulla BNL? Il capo del maggior partito italiano non deve
essere informato di un fatto economico di tale rilevanza? Che cosa
centra la commistione tra affari e politica? Dei comportamenti e
dei rapporti di Consorte con gli “scalatori” di RCS e di
Ambronveneta è responsabile Consorte non certo il segretario
diessino. Tifare per Abete è consentito e per l’Unipol no? Perchè?
La “colpa” della sinistra è di ben altra natura. Ed è tutta
politica. Ideologica si potrebbe dire, gli affari centrano poco.
Uno storico dirigente della sinistra, Bruno Trentin, ha scritto
che il mondo della cooperazione ha perso l’anima. L’onorevole
Bersani ha detto che le “coop hanno cambiato faccia e natura”
senza che i diesse ne razionalizzassero il cambiamento. Non sono
affermazioni di poco conto, ma bisogna andare più a fondo del
problema. L’analisi forse confermerebbe che inseguire l’avversario
politico utilizzando la stessa concezione del mondo porta in una
strada in cui è la sinistra che può perdere l’anima. E’ ormai
introitato anche nella sinistra l’idea che la politica è la
semplice gestione dell’esistente all’interno di orizzonti fissati
dall’ideologia liberista imperante. Nessuna riflessione seria è
stata fatta. Ad esempio, sulla politica delle privatizzazioni. Con
quelle già  realizzate è migliorata la concorrenza? I consumatori
hanno tratto qualche vantaggio o le tariffe sono aumentate e i
servizi peggiorati? Anche il mondo delle coop ha subito il fascino
del libero mercato e delle governance fatte dai manager che
decidono tutto sulla testa dei soci e dei lavoratori?
Bisognerebbe discutere di questo dando per acquisito che una
sinistra senza etica non può vivere. Cooperare senza una forte
eticità  non avrebbe senso. La discussione dovrebbe essere
trasparente e non può riguardare solo i DS. Ritenere che si potrà 
lucrare qualche voto dalla difficoltà  di Fassino e D’Alema è un
grave errore sia per Rutelli che per gli altri unionisti.
L’Unione può battere la destra soltanto se i diessini riusciranno
a contrastare la campagna mediatica che si è scatenata contro di
loro. Quando il maggior quotidiano italiano pubblica quindici
pagine di notizie, interviste e commenti sulla vicenda
dell’Unipol, forse non si deve parlare di complotto, ma c’entra
poco anche la libertà  d’informazione.
Utile sarebbe, per il centrosinistra, evitare forzature che
c’entrano poco con la morale che, insisto, è un pre-condizione per
un dirigente della sinistra. Un palpito leggero di solidarietà 
sarebbe educato tra alleati.
Il segretario umbro di Rifondazione ha, attraverso l’agenzia del
consiglio regionale, espresso giudizi molto aspri rispetto alle
intercettazioni delle telefonate di Fassino. Giudizi che non
aiuteranno la discussione. Ma più interessanti sono le
dichiarazione di Vinti sul mondo della cooperazione anche umbra.
Vinti dice: “”¦il movimento cooperativo recuperi valori fondanti ed
originari”¦Per farlo è necessario che le risorse, spesso di
provenienza pubblica, siano investite per accrescere la qualità 
del lavoro, accantonando ogni tentazione di sfruttamento delle
quali vediamo esempi in alcune cooperative sociali, anche umbre,
nelle quali troppo spesso si sacrifica la stessa dignità  del socio
lavoratore.” Punto a capo, si potrebbe dire. Vinti è un
consigliere regionale che altre volte ha affrontato, con
comunicati, la questione delle cooperative sociali umbre.
Rifondazione è al potere nella nostra regione. Possibile che
nessuno si senta in dovere di dire qualcosa in merito a quanto
denunciato dal segretario? E il segretario non ha altri strumenti
d’intervento su un problema così delicato?
Comincia alla grande il 2006. Scopriamo che Berlusconi facendo
politica ci ha rimesso quattrini. Eravamo convinti del contrario
fuorviati dalla propaganda comunista. Evidentemente lo stato
patrimoniale della famiglia Berlusconi nel 1994, l’anno della
scesa in campo del cavaliere, era migliore dello stato
patrimoniale del 2005. I bilanci di Fininvest e di Mediaset dicono
il contrario, ma forse si tratta di errori di stampa.
Corriere dell’Umbria 8 gennaio 2005

La sanità , un nuovo progetto

L’anno che verrà  sarà  un anno particolare e difficile. Particolare
perchè con le elezioni politiche fissate per il 9 aprile, potrà 
cambiare la classe dirigente al governo del Paese. Il risultato
non solo non è affatto scontato e in ogni caso i meccanismi
elettorali sono tali da non garantire alla coalizione vincente una
maggioranza autonoma ed efficace. Quattro mesi di campagna
elettorale non sarebbero una tragedia se la situazione fosse di
normalità . L’Italia è invece in una fase di profondo disagio
economico e di rischi enormi per la sua tenuta sociale. Non c’è
categoria professionale che non è dovuta scegliere in sciopero per
il contratto di lavoro e ancora oggi gran parte dei lavoratori non
è riuscita ad ottenere rinnovi contrattuali civili.
La deindustrializzazione ha mutato alla radice la struttura
produttiva del Paese mentre i ritardi pluriennali nelle
infrastrutture materiali e immateriali collocano l’Italia nei
gradini più bassi della competitività  mondiale.
L’unico miracolo compiuto dal leader della Casa della Libertà  è
stato quello di rendere possibile la vittoria elettorale del
centrosinistra nonostante che i leader e leaderini dell’Unione non
sono il massimo dell’appeal.
Dopo batoste elettorali sistematiche della coalizione del
centrodestra in tutte le elezioni susseguite alla vittoria del
2001, sono ormai mesi che Berlusconi sta testando i temi da
introdurre nella tenzone elettorale. Nelle infinite esternazioni
del presidente del consiglio sembra prevalere la volontà  di
spostare lo scontro dai temi economici e sociali a quelli
ideologici della lotta al comunismo. Berlusconi ritiene di poter
vincere denunciando i “comunisti” presenti in tutti i gangli della
società  italiana. Paladino della libertà , il proprietario di
Mediaset si presenta come il novello De Gasperi e il reincarnato
Don Sturzo senza che l’onorevole Casini si indigni per
appropriazione indebita di un’eredità  che certo non spetta al
cavaliere. E’ sconsigliabile sottovalutare la scelta
dell’ideologia come terreno di scontro elettorale. Questa
operazione si è già  realizzata negli Usa e G.W.Bush è rimasto
presidente nonostante le tragedie prodotte dalla sua
Amministrazione.
Sono ormai oltre dieci anni che Berlusconi fa politica a tempo
pieno eppure ancora oggi, nonostante i disastri prodotti, una
parte significativa del popolo italiano continua a credere che il
nostro sia un angelo vendicatore che ci salvaguardi dai rischi del
comunismo garantendoci in ogni serata televisiva “veline”,Bruno
Vespa e qualche “intelligente” gioco di società .
Non è affatto vero che le bugie hanno le gambe corte: la storia
politica dell’Italia è materia ostica. Provate a convincere un
leghista che la prima repubblica è stata governata anche dagli
amici del cavaliere e non dai comunisti.
L’anno che verrà  sarà  molto difficile. Le risorse pubbliche sono
in declino anche per le politiche del governo di centrodestra.
Questo dato colpisce in modo radicale la tenuta di tutti i servizi
pubblici. In un rapporto sulla sanità  del CEIS della Facoltà  di
Economia dell’Università  di Tor Vergata, è denunciato il rischio
del collasso della sanità  italiana. Sembrano lontani i tempi in
cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità  definiva il sistema
pubblico della sanità  italiana come ottimo nel rapporto costibenefici.
Senza una politica di profonde innovazioni il rischio è
il crollo del sistema. Le somme previste dalla Legge Finanziaria
per il 2006 hanno un buco che si aggira attorno ai dieci miliardi
di euro. Ciò significa che bisogna tagliare la spesa del dieci
percento in una situazione di già  forte degrado della qualità  dei
servizi sanitari. Certo il degrado non è lo stesso in tutto il
Paese, ma colpisce il dato del Rapporto del CEIS che valuta in
trecentomila famiglie quelle che sono entrate nella fascia di
povertà  a causa delle spese sanitarie.
Come stiamo in Umbria? Come si potrà  far fronte alle minori
risorse?
Negli ultimi diciotto anni, la nostra regione ha investito
massicciamente nelle strutture sanitarie, nuovi ospedali, nuove
tecnologie sanitarie. Ciò ha consentito uno standard assistenziale
apprezzabile con punte di eccellenza.
Non ci sono studi recenti al riguardo, ma l’impressione è quella
dell’emergere anche in Umbria di sacche di disagio e di difficoltà 
nel rapporto tra malato e assistenza pubblica. Anche scremando le
denunce dei giornali locali, qualche problema nelle liste d’attesa
sembra esserci e se è positiva, dal punto di vista istituzionale,
l’accordo della giunta regionale con l’Università  di Perugia,
rimane da risolvere l’emergenza dovuta ai tagli previsti. Per
l’Umbria sembra trattarsi di minori introiti per centoventi
milioni di euro. Un colpo durissimo che potrebbe portare anche
l’Umbria al collasso paventato dagli ricercatori romani. Come si
reagisce? Veleggiare a vista sembra sconsigliabile.
L’autocompiacimento è un lusso che non ci si può permettere.
E’ richiesta una forte determinazione nella progettazione di una
nuova fase della sanità  umbra. Non sarà  semplice. In una
situazione in cui i partiti sembrano più attenti a mettere insieme
le energie per una lotta all’ultimo voto e all’ultimo posto da
conquistare, parlare di nuova progettualità  sembra una fantasia,
quasi un sogno.
Siamo però ottimisti.
I riformisti sono già  al potere dalle nostre parti e siamo certi
che in questa circostanza, non ci deluderanno. Al di là 
dell’affilar le armi per lo scontro sui nomi dei nuovi direttori
delle ASL, i riformisti sapranno indicare la strada della
salvaguardia della sanità  pubblica. Buon anno.
Corriere dell’Umbria 31 dicembre 2005

Un freddo inverno

Questo mese abbiamo festeggiato assieme a molti compagni e
compagne il decimo anno di vita di Micropolis. Lo abbiamo fatto
con la consapevolezza dei nostri limiti e della difficoltà  di
poter incidere nella realtà  regionale per vincoli oggettivi e
soggettivi, ma principalmente a causa di una difficoltà  politica
generale. Siamo cresciuti in “regime berlusconiano” nel senso che
l’andazzo della politica è stato determinato da un liberismo
cialtrone che ha avuto come leader Berlusconi, ma con un cast
variegato comprendente una parte sostanziale del personale
politico italiano. Anche parte di quello con cui abbiamo cercato
di interloquire in questi anni in Umbria.
Testardamente insistiamo a pensare che non solo un altro mondo è
possibile, ma anche un’altra sinistra è necessaria in Umbria, in
Italia e nel mondo. Per questo obbiettivo vogliamo continuare la
nostra impresa editoriale aperti al contributo di tutti.
Ci aspetta un inverno freddissimo e non è scritto da nessuna parte
che la prossima primavera sarà  una “primavera di bellezza”. Non
siamo affatto convinti che il berlusconismo sia morto anche se
vediamo l’affanno con cui Berlusconi cerca di uscire dalla
catastrofe d’immagine in cui è caduto il suo governo.
Andremo al voto ad aprile (?) con una nuova legge elettorale. E’
una legge che non ci piace anche se viene definita, e non lo è
nella sostanza, una legge proporzionale. Si tratta di una legge
che può determinare una sorta di ingovernabilità  del Paese? Si, ma
non riteniamo, a differenza di Prodi, che il maggioritario che
abbiamo conosciuto sia la strada e costituisca la medicina. La
democrazia italiana ha una malattia grave dovuta a molte cause.
Una è stata certamente la privatizzazione della politica e la
formazione di un ceto politico autoreferenziale reso più forte dai
sistemi elettorali in vigore. Una democrazia dei sindaci, dei
presidenti eletti direttamente dal popolo continua a non piacerci.
E la governabilità  è ottenibile anche salvaguardando una decente
rappresentanza del parlamento, dei comuni e dei consigli
regionali. Il sacrosanto diritto degli elettori di scegliere,
oltre il partito, il candidato da mandare al parlamento non era
soddisfatto certamente dal mattarellum: chi avrebbe mai votato a
Perugia per Adornato o per Monaco se il voto non fosse stato
vincolato dal meccanismo del collegio? Non prendeteci in giro.
Sono anni che è Roma che decide chi eleggere in Umbria e se
permettete un vero proporzionale questo non lo avrebbe consentito.
Questa scelta non sarà  possibile nemmeno con la nuova legge.
Berlusconi ha voluto e ottenuto una legge elettorale sul modello
di quello votata in consiglio regionale dal centrosinistra in
Toscana. Saranno ancora i partiti romani e non gli elettori a
scegliere gli eletti. Furbo e truffaldino il berlusca,
improvvisatori i diessini toscani.
Dopo l’euforia delle primarie vinte da Prodi contro Rutelli e
Company, il centrosinistra ha cercato di trovare una linea comune
attorno ad una piattaforma di governo credibile. Alcune idee sono
uscite, ma nel complesso non ci siamo. Margherita e Diesse hanno
2
svolto manifestazioni molto enfatizzate attorno a idee
programmatiche che contengono molte cose, forse troppe.
Ma nessuno dei due partiti sembra voler “svoltare” rispetto
all’esperienza del primo governo Prodi. Non si tratta di chiedere
autocritica, ma di fare un bilancio delle politiche realizzate in
quegli anni.
Ad esempio, la teoria delle privatizzazioni come panacea delle
rigidità  del mercato italiano è ancora quella che ha portato alla
privatizzazione delle autostrade e delle aziende pubbliche delle
telecomunicazioni? Il mercato ne ha tratto qualche beneficio? Dove
sono stati i vantaggi per i cittadini e per la modernizzazione del
Paese? Chi ha tratto utili dalla privatizzazione delle
municipalizzate dell’acqua o dell’energia? Quando pagano le
bollette “privatizzate” gli utenti non sembrano affatto felici. Il
costo è aumentato e l’efficienza continua a fare orrore.
Non si tratta soltanto di problemi del futuro governo centrale.
Anche nella nostra regione la filosofia del privato è bello
continua a fare scuola. Il consiglio regionali ha approvato una
legge concernente le tematiche della scuola della prima infanzia,
gli asili nido. Rifondazione ha votato contro, ma la legge è
passata con la benevola astensione del centrodestra che ha
apprezzato l’equiparazione tra asili privati e asili pubblici. Va
sottolineato il dato politico innanzitutto: se una maggioranza non
c’è su questioni strategiche come la scuola, che maggioranza è?
Nel merito è scontato il nostro giudizio: senza se e senza ma noi
siamo per privilegiare la gestione pubblica in tutto ciò che è
riconducibile ai beni pubblici, e la formazione lo è.
Sarebbe più saggio per i nostri governanti attrezzarsi ai tempi
difficili che verranno vinca o non vinca l’Ulivo.
Non si avverte molto la consapevolezza del disastro dei tagli alla
spesa pubblica locale. L’anno che verrà  sarà  un anno difficile.
Le risorse scarseggeranno e la qualità  dei servizi pubblici
tenderà  ad abbassarsi. La tenuta sociale dell’Umbria è a rischio.
Sarà  chiesto rigore nella spesa, ma anche qualche forma di
creatività  politica e amministrativa. La politica come arte del
governo della gente è da tempo messa in un angolo.
Tante volte abbiamo scritto, inascoltati, che il galleggiare non
porta da nessuna parte. Lo dicevamo quando le acque erano mosse.
La tempesta sta arrivando ed è richiesto altro spirito ed altra
politica. Buon anno.
Micropolis dicembre 2005