Il presidente Prodi ha festeggiato un anno di governo. Nel fare il bilancio dell’attività  svolta, Prodi si è riconosciuto molti meriti e un solo limite: quello della scadente comunicazione delle buone cose fatte. A questo imputa la scarsa popolarità  del suo governo. Sarà  anche così, ma la sensazione parlando con la gente, specialmente con l’elettore dell’Unione, è di un grande disagio e di una forte insoddisfazione per quanto i governanti hanno fatto in questo anno di governo. La delusione nasce dalle condizioni materiali non mutate nel dopo Berlusconi per gran parte della gente, ma anche dalla incapacità  di Prodi e del suo esercito di ministri e sottosegretari nel coinvolgere il popolo nelle scelte piccole o grandi che fossero. Cosa che non sarebbe costata nemmeno un Euro. Ma impegnati nella costruzione del partito democratico, diessini e margheritini hanno continuato nelle loro performance televisive e nelle loro consuete beghe, indifferenti alle critiche che montavano nell’opinione pubblica. Mastella ottimo ministro della giustizia minaccia catastrofi e forte del suo due per cento di voti, chiede ogni giorno una verifica di governo. Tiene famiglia, Mastella, e pretende rassicurazioni per il futuro. Rutelli continua a fare il Rutelli dai granitici e certi principi. Fassino, tra un pianto e un altro, rassicura che tutto il gruppo dirigente del PD verrà  deciso attraverso le primarie e la fila dei pretendenti già  comincia ad allungarsi.
Ministri che si precipitano a manifestazioni contro atti votati dal consiglio dei ministri per obbedienza alla crociata di una parte della gerarchia cattolica. La sinistra appare frastornata dagli eventi.
Il risultato è un distacco abissale tra il mondo della politica e quello dei comuni mortali. Pietro Citati scrive un articolo per Repubblica titolato: “L’odio per i politici”. Il best seller di queste settimane non è un libro di Andrea Camilleri o di Umberto Eco, ma un libro di Gian Antonio Stella che si chiama: “La Casta”. Uno scritto che descrivere i privilegi di chi vive di politica. Lettura sconsolante.
Prodi, nel suo bilancio, poteva ricordare un record italico confermato anche per quest’anno di suo governo.
Il numero delle auto blu. La pubblica amministrazione da un contributo essenziale alla vendita di auto. Negli ultimi due anni lo Stato ne ha triplicato il numero. In tutte le articolazioni della struttura, l’amministrazione pubblica possiede 574215 (cinquecentosettantaquattromiladuecentoquindici) automobili.
Costo di funzionamento circa 19 miliardi di Euro. Un bel tesoretto non c’è che dire. Lo sapete quante auto blu circolano negli Stati Uniti (popolazione 300 milioni)? Settantatremila. E in Francia (popolazione 60 milioni)? Sessantacinquemila.
E’ qualunquismo affrontare questi temi? Non si pone l’esigenza di una riforma radicale della spesa pubblica e della sua moralizzazione?
Tornato dalle meditazioni svolte nel monte Atos, Bertinotti ha scoperto che in Italia c’è il problema del costo della politica. Il segretario del PRC denuncia l’elevato numero degli stipendiati dalla politica e promette iniziative adeguate. Aspettiamo con fiducia. La sinistra ha un’esigenza straordinaria di caratterizzare la sua azione anche partendo dall’analisi delle ragioni del malessere presente nel popolo. E’ accertato che uno dei motivi che allontanano giovani e vecchi dalla politica, è il comportamento del ceto politico per ciò che concerne il carrierismo e la feudalizzazione del potere con i suoi clientes e vassalli da premiare e salvaguardare nei propri privilegi e incarichi.
In tutto ciò parte del ceto politico della sinistra c’è a pieno titolo e la lotta per l’occupazione di posti al sole vede in campo in molte occasioni anche la sinistra. Anche la sinistra è responsabile dell’espansione del meccanismo che allarga gli addetti a tempo pieno della politica stipendiata.
La nuova aggregazione che i vari pezzi della sinistra stanno faticosamente cercando di costruire, dovrà  necessariamente caratterizzarsi per una radicale riscoperta della politica come servizio alla comunità . Un bel possibile slogan? La politica come impegno per migliorare le condizioni del popolo a prescindere dalle prebende che si possono ottenere. La difesa degli interessi delle varie comunità  avviene spesso rivendicando pezzi di struttura e di spesa pubblica. A volte questo è legittimo altre volte, molte altre volte, la difesa di un ente pubblico è sollecitata per interesse di un ceto politico affetto da bulimia e con una tendenza irrefrenabile ad essere invasivo.
Il processo di entificazione dei problemi è in corso da decenni e sarà  difficile invertire la tendenza alla conquista di un territorio attraverso l’insediamento di una struttura pubblica. Bisogna almeno provarci a cambiare lo stato di cose esistente. Se si vuole rinsanguare una democrazia sempre più flebile, è necessario riqualificare la spesa pubblica smantellando ciò che non è più necessario al buon funzionamento della società .
Per intanto non si potrebbe andare avanti con la riforma degli enti inutili? L’elenco è lungo.

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