Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani è stato lo slogan di leghisti e berluscones in ogni governo della destra. Sono passati sedici anni e gli italiani che pagano le tasse hanno visto aumentare sistematicamente la loro tassazione. Siamo tra i Paesi europei a più alto prelievo fiscale a compensare il record quasi mondiale dell’evasione contributiva. Ci viene spiegato che con un debito pubblico così elevato è impossibile una riduzione delle tasse: l’Europa non lo consentirebbe. Eccellenti economisti hanno ripetutamente dimostrato che il debito pubblico italiano è il risultato di un sistema fiscale che consente a una parte decisiva della ricchezza privata di scomparire nei meandri di condoni, controlli insufficienti, scudi fiscali di varia natura. L’Europa c’entra poco con le distorsioni volute dalle classi dirigenti italiane impegnate principalmente nella difesa del blocco sociale da cui ottengono il consenso politico. Per la prima volta nella storia repubblicana le entrate fiscali dello Stato non aumenteranno. La crisi economica incide ovviamente anche su questo aspetto della deriva del Paese. Permanendo la costante di una platea contributiva sostanzialmente ancorata al lavoro dipendente, non volendo incidere sulle grandi ricchezze private, è difficile non continuare a mettere le mani nelle tasche dei soliti noti per far quadrare i conti pubblici. Le tasse non aumenteranno continuano a dirci. Una bugia, quella del governo, che diviene beffa in questo inizio anno. Non c’è amministrazione locale che non preveda aumenti a due cifre di tariffe per la gestione dei trasporti e in genere di molti dei servizi al cittadino. Meno servizi e più costosi per gli utenti. L’alternativa sarebbe la chiusura di tali prestazioni dicono, con qualche ragione, i sindaci di destra o di centrosinistra. Dopo la cura tremontiana i trasferimenti dello Stato alla rete delle autonomie, è praticamente impossibile sostenere lo stesso livello di prestazioni di un welfare già  precario e distorto. Precario per tutte le generazioni, inesistente per i giovani di ogni parte d’Italia. I cantori del libero mercato e delle liberalizzazioni non hanno compiuto un singolo atto a contrasto delle situazioni di oligopolio presenti in molti settori dei servizi siano quelli assicurativi o quelli dell’energia. Nessuno ci chiarisce ad esempio perchè le bollette per il consumo del gas o il costo delle assicurazioni per le auto siano le più alte d’Europa. La politica continua a svolgere i suoi riti completamente slegati dalla realtà  materiale del popolo. Berlusconi, dopo l’acquisto di Cassano, continua nella sua campagna acquisti. Vuol vincere il campionato di calcio e contemporaneamente ingaggiare qualche deputato che, per senso di responsabilità , lascia l’opposizione in favore del suo efficiente governo. Che la vittoria dell’A.C. Milan faccia bene al governo e, nella certezza del Cavaliere, renda felice il Paese è opinabile. Che la conversione di qualche deputato renda il governo più stabile rientra nel mondo fantastico del Capo. Un mondo in cui i nemici rimangono i comunisti. Sempre loro. Ancor più pericolosi, dice l’Uomo di Arcore, perchè vestono addirittura come i ricchi borghesi e vanno in vacanza dove l’esclusiva sarebbe riservata alle facoltose signore di buona famiglia o alle veline accompagnate da qualche giocatore. Gli esperti dicono che se Berlusconi ricomincia con il pericolo comunista significa che le elezioni si avvicinano. Presentare Veltroni o Di Pietro come pericolosi comunisti sembrerebbe eccessivo. Di comunisti in giro ce ne sono pochi e quasi tutti non hanno alcun potere se non quello di produrre qualche eccellente analisi di questo mondo agghiacciante dopo la cura liberista degli ultimi decenni. Di questi tempi gli unici ex comunisti che mettono paura sono tutti amici, stretti amici di Berlusconi. Il Putin ad esempio non rassicura affatto per sensibilità  democratica, come si vede spesso prevale in lui la lunga esperienza nel KGB di sovietica memoria. Difficile indovinare cosa ha in mente il Cavaliere, vedremo. Quello che è certo è che la forza gli viene essenzialmente dalla pochezza dell’opposizione. Dopo la sconfitta parlamentare, la destra di Fini cerca di resistere alle tentazioni del Cavaliere, Casini cerca di sfuggire alle pressioni delle gerarchie vaticane e si barcamena per salvaguardare una sua autonomia politica. Convinto come sono che senza il popolo che vota PD le speranze del centrosinistra sono vicine allo zero, guardo con terrore alle nuove divisioni del gruppo dirigente di questo agglomerato politico. L’ultima spinta alla divisione è la vicenda Fiat. Domanda: può un partito di centrosinistra non considerare le ragioni di una parte dei lavoratori di fronte alla pretesa di un gruppo imprenditoriale di modificare profondamente la loro condizione di lavoro e il loro diritto di cittadini protetti da leggi, da accordi siglati con la controparte? Non può, pena la perdita ulteriore di ogni riferimento sociale senza il quale non si può avere alcun consenso politico. Ciò significa entrare nel merito dei problemi posti da Marchionne ed esigere che il grande manager spieghi quale è la strategia del più grande gruppo industriale italiano. I piani industriali della Fiat non si conoscono e molti economisti, non riconducibili a nessuna posizione estremistica, sostengono che la cura Marchionne porterà  ad uno spostamento radicale del gruppo verso gli interessi della “consociata” americana. Non è la Fiat che ha acquisito la Chrysler ma il contrario. Sembrerebbe intelligente che il PD invece di sposare Marchionne ponga domande precise. Che in una fase difficile vengano chiesti ulteriori sacrifici ai lavoratori rientra nella norma. Ciò che non è ammissibile è pretenderli in mancanza di un progetto che valorizza la permanenza del ruolo strategico della Fiat in Italia.

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