Quei feudi da scardinare

In tutti i Paesi democratici, l’attività  politica è sostenuta dall’intervento pubblico. Anche negli Stati Uniti vige il finanziamento federale. I candidati americani a cariche pubbliche devono scegliere o soldi pubblici o risorse private. Quasi tutti i candidati preferiscono le donazioni dei privati in ragione della quantità  di dollari che i grandi interessi economici riescono a garantire a chi corre per la Casa Bianca o per un seggio alla Camera dei rappresentanti. La conseguenza è nota: a Washington le leggi sono condizionate dai desiderata dei donatori. Il lobbismo è previsto da leggi con norme rigorose che se disattese possono comportare pene severe. E’ un modo di finanziare la politica che personalmente detesto, ma almeno ha vincoli trasparenti. Il finanziamento della politica è stato storicamente una richiesta delle classi subalterne e dei partiti che le rappresentano. Ma anche la cultura liberale prevede che la democrazia per funzionare ha bisogno dell’intervento pubblico per garantire a tutti la possibilità  di avere un ruolo politico. Coloro che in Italia sostengono il contrario hanno dalla loro il risultato del referendum per l’abolizione della legge che prevedeva tale finanziamento, ma principalmente hanno buon gioco nella loro denuncia a causa dell’orrenda legge sui rimborsi elettorali che PD, PDl e UDC tentano di cambiare a seguito delle ruberie emerse in queste settimane. Confesso che, nonostante la pratica quotidiana di lettura di diversi quotidiani, ho scoperto soltanto recentemente le disposizioni e l’ammontare delle risorse trasferite ai partiti per i rimborsi elettorali. Con adeguati approfondimenti è stato facile scoprire che, anche in questo, abbiamo un record europeo: i nostri partiti sono quelli che hanno a disposizione più risorse. Nessun serio controllo a differenza di quello che avviene in tutta Europa. E come giudicare la “spiritosa” prassi dei partiti non più in vita da anni che continuano a percepire rimborsi? Non è scandaloso? Sì, ma è un miracolo. Pur certificati morti continuano a spendere soldi pubblici. La proposta dei partiti che sostengono il governo contiene norme che potrebbero soddisfare l’esigenza di trasparenza, ma non risolve la questione quantitativa. Bisogna invece tagliare e legiferare anche in coerenza con l’articolo quarantanove della Costituzione. Se i partiti rimangono delle private associazioni, devono essere innanzitutto gli iscritti e gli elettori dei partiti a finanziarne l’attività . Le risorse pubbliche devono essere sobrie e il loro uso essere certificato da strutture adeguate che non hanno alcun rapporto con il committente. Negli “aborriti” partiti di massa della prima repubblica vigeva la norma che chi svolgeva una funzione pubblica a seguito di un’elezione o d’incarico deciso dal partito, aveva l’obbligo di contribuire in solido alle spese di funzionamento degli apparati e dell’attività  politica. M’informano che questa prassi è molto in disuso. Una delle ragioni addotte è che ormai la politica è divenuta un fatto privato. Ognuno si deve pagare la propria campagna elettorale e la nostra epoca prevede costi crescenti per conquistare un seggio o uno strapuntino. Si torna al problema di questi anni tristi per la politica. Aver personalizzato e permesso la costituzione di feudi territoriali ha annichilito ogni possibilità  di dare all’agire politico un orizzonte che andasse oltre l’interesse del singolo. L’io ha sbaragliato il noi, così i partiti sono diventati agglomerati di comitati elettorali privi di qualsiasi altro compito che non sia la difesa delle singole carriere politiche. Non sarà  questo uno dei motivi fondamentali del distacco del popolo dalla politica e del disprezzo verso coloro che di politica vivono? La china è pericolosa. Non è venuto il tempo che le molte persone che correttamente svolgono un’attività  pubblica facciano sentire la loro voce con proposte che ridiano valore a una politica diversa da quella dell’ultimo ventennio? Il qualunquismo dilagante rischia di essere incrementato anche dal loro silenzio. Il rinnovamento dei partiti se ci sarà , non potrà  essere soltanto generazionale. E’ accertato che senza una modifica strutturale della selezione dei gruppi dirigenti, anche i pochi giovani in campo rischiano di assorbire comportamenti e modi di essere che sono ormai diventati inaccettabili per una parte consistente della gente comune.
Corriere dell’Umbria 15 aprile 2012

L’antipolitica è più forte

Saranno anche chiacchiere da bar dello sport, ma l’impressione è che se la politica non si dà  una mossa la catastrofe dei partiti porterà  alla crisi irreversibile della democrazia repubblicana. Il “sono tutti uguali” è la frase più gridata. L’indignazione per l’ultimo scandalo sembra servire soltanto a far dimenticare gli scandali precedenti. Ogni giorno è una sorta di bollettino di guerra che descrive imbrogli e ruberie di ogni grado e tutte a danno delle risorse pubbliche. Molti descrivono la crisi dei partiti come senza ritorno. Ma può una democrazia vivere senza partiti? E questi partiti sono in grado di autoriformarsi? Come si spiega che alla cattiva fama della politica corrisponde una vera e propria corsa per occupare cariche politiche quale trampolino di lancio per un posto nella pubblica amministrazione? Ogni scadenza elettorale vede vere e proprie corride per occupare uno spazio in lista, una candidatura. Perchè? Sarà  la crisi, ma ormai per molti l’impegno politico sembra significare una carriera di lavoro che spesso è anche ben pagato. I tanti amministratori locali che per passione s’impegnano a vantaggio della collettività  per qualche centinaio di Euro, non fanno più notizia. Le notizie sono di prebende e benefit fuori misura e finanziamenti pubblici ai partiti che definire scandalosi sembra un complimento. Personalmente sono convinto che la democrazia ha bisogno di risorse pubbliche per funzionare e che l’impegno politico possa essere remunerato. Con misura e a tempo però. Che un’ex presidente della Camera o del Senato possa mantenere privilegi in eterno mi sembra una forzatura non accettabile. E’ scioccante che i due ex presidenti di sinistra, Violante e Bertinotti, non abbiano seguito Casini nella rinuncia. Possibile che i due non capiscano che la scorta e l’auto blu non è più glamour, ma suscita gli sberleffi e la rabbia del popolo? Trovo intollerabile che partiti che non esistono da anni continuino ad avere rimborsi milionari. Intollerabile che le ingenti risorse ottenute con i rimborsi elettorali siano decuplicati negli anni e mai rendicontate a dovere. Chiedano i partiti un provvedimento urgente del governo per sanare una situazione vergognosa che contribuisce al disprezzo della gente per la politica. E’ tempo che i partiti siano disciplinati da una legge che ne preveda le norme essenziali di funzionamento. Credo che soltanto il PD utilizzi una società  di certificazione dei bilanci. E’ importante ma non basta. Dovrebbe essere una scelta di tutti i partiti l’impegno a rendere più sobrie le spese e più trasparenti le procedure nella formazione dei gruppi dirigenti. Il problema decisivo per i partiti è la loro incapacità  progettuale. Nonostante alcuni timidi passi nella giusta direzione, ancora oggi le formazioni politiche non rappresentano altro che comitati elettorali che vivono prevalentemente nel chiuso di ristretti gruppi di comando. Oligarchia è una brutta immagine che purtroppo descrive con precisione ciò che è il modo di essere di tutto l’universo politico. La grande contraddizione sta nel fatto che, l’esangue democrazia italiana, avrebbe bisogno di formazioni politiche in cui i cittadini possano riconoscersi contribuendo anche a renderle centri di elaborazione e di formazione. Con qualche flebile eccezione le attuali strutture organizzate non sembrano in grado di autoriformarsi. La scommessa però rimane quella di come aiutare questo processo. In ogni partito ci sono persone che vivono l’impegno politico come servizio e non come carriera. Purtroppo non riescono a emergere con l’energia necessaria. E’ tempo che lo facciano. Il disastro della seconda repubblica è di tale entità  da rendere precaria la tenuta democratica di un Paese già  annichilito dalla crisi economica. Il vuoto politico che si è creato è stato occupato dal così detto governo tecnico. Si può discettare sulla qualità  tecnica e sul “Montismo”, ma esso è il risultato del fallimento dei partiti. E’ certo comunque che la fascia di persone che dichiarano la fuga dal prossimo voto politico si va allargando e gli stimoli dell’antipolitica si fanno ogni giorno più forti. Antonio Gramsci argomentò perchè è la sinistra e non la destra che ha bisogno della politica per affermare le proprie idee. Naturalmente di una buona politica svolta nell’interesse generale e non per quello delle èlite al potere.
Corriere dell’Umbria 9 aprile 2012

L’antipolitica è più forte

Saranno anche chiacchiere da bar dello sport, ma l’impressione è che se la politica non si dà una mossa la catastrofe dei partiti porterà alla crisi irreversibile della democrazia repubblicana. Il “sono tutti uguali” è la frase più gridata. L’indignazione per l’ultimo scandalo sembra servire soltanto a far dimenticare gli scandali precedenti. Ogni giorno è una sorta di bollettino di guerra che descrive imbrogli e ruberie di ogni grado e tutte a danno delle risorse pubbliche. Molti descrivono la crisi dei partiti come senza ritorno. Ma può una democrazia vivere senza partiti? E questi partiti sono in grado di autoriformarsi? Come si spiega che alla cattiva fama della politica corrisponde una vera e propria corsa per occupare cariche politiche quale trampolino di lancio per un posto nella pubblica amministrazione? Ogni scadenza elettorale vede vere e proprie corride per occupare uno spazio in lista, una candidatura. Perché? Sarà la crisi, ma ormai per molti l’impegno politico sembra significare una carriera di lavoro che spesso è anche ben pagato. I tanti amministratori locali che per passione s’impegnano a vantaggio della collettività per qualche centinaio di Euro, non fanno più notizia. Le notizie sono di prebende e benefit fuori misura e finanziamenti pubblici ai partiti che definire scandalosi sembra un complimento. Personalmente sono convinto che la democrazia ha bisogno di risorse pubbliche per funzionare e che l’impegno politico possa essere remunerato. Con misura e a tempo però. Che un’ex presidente della Camera o del Senato possa mantenere privilegi in eterno mi sembra una forzatura non accettabile. E’ scioccante che i due ex presidenti di sinistra, Violante e Bertinotti, non abbiano seguito Casini nella rinuncia. Possibile che i due non capiscano che la scorta e l’auto blu non è più glamour, ma suscita gli sberleffi e la rabbia del popolo? Trovo intollerabile che partiti che non esistono da anni continuino ad avere rimborsi milionari. Intollerabile che le ingenti risorse ottenute con i rimborsi elettorali siano decuplicati negli anni e mai rendicontate a dovere. Chiedano i partiti un provvedimento urgente del governo per sanare una situazione vergognosa che contribuisce al disprezzo della gente per la politica. E’ tempo che i partiti siano disciplinati da una legge che ne preveda le norme essenziali di funzionamento. Credo che soltanto il PD utilizzi una società di certificazione dei bilanci. E’ importante ma non basta. Dovrebbe essere una scelta di tutti i partiti l’impegno a rendere più sobrie le spese e più trasparenti le procedure nella formazione dei gruppi dirigenti. Il problema decisivo per i partiti è la loro incapacità progettuale. Nonostante alcuni timidi passi nella giusta direzione, ancora oggi le formazioni politiche non rappresentano altro che comitati elettorali che vivono prevalentemente nel chiuso di ristretti gruppi di comando. Oligarchia è una brutta immagine che purtroppo descrive con precisione ciò che è il modo di essere di tutto l’universo politico. La grande contraddizione sta nel fatto che, l’esangue democrazia italiana, avrebbe bisogno di formazioni politiche in cui i cittadini possano riconoscersi contribuendo anche a renderle centri di elaborazione e di formazione. Con qualche flebile eccezione le attuali strutture organizzate non sembrano in grado di autoriformarsi. La scommessa però rimane quella di come aiutare questo processo. In ogni partito ci sono persone che vivono l’impegno politico come servizio e non come carriera. Purtroppo non riescono a emergere con l’energia necessaria. E’ tempo che lo facciano. Il disastro della seconda repubblica è di tale entità da rendere precaria la tenuta democratica di un Paese già annichilito dalla crisi economica. Il vuoto politico che si è creato è stato occupato dal così detto governo tecnico. Si può discettare sulla qualità tecnica e sul “Montismo”, ma esso è il risultato del fallimento dei partiti. E’ certo comunque che la fascia di persone che dichiarano la fuga dal prossimo voto politico si va allargando e gli stimoli dell’antipolitica si fanno ogni giorno più forti. Antonio Gramsci argomentò perché è la sinistra e non la destra che ha bisogno della politica per affermare le proprie idee. Naturalmente di una buona politica svolta nell’interesse generale e non per quello delle élite al potere.
Corriere dell’Umbria 9 aprile 2012

Scovare la ricchezza nascosta

I dati pubblicati dal ministero dell’economia e delle finanze, relative le dichiarazioni dei redditi del 2010, sono semplicemente agghiaccianti. La categoria degli imprenditori dichiara un reddito inferiore a quello dei lavoratori dipendenti. Soltanto l’uno per cento delle dichiarazioni prevede redditi superiori ai 100 mila Euro. Per oltre dieci milioni d’italiani non è prevista alcuna dichiarazione. Anche quest’aspetto, l’evasione fiscale, è parte di quella lotta di classe sempre negata e sempre attuata dalle classi dirigenti del Paese? La libertà  di mercato c’entra poco con la libertà  di evasione tanto che, nel Paese più liberista del mondo, gli Stati Uniti, viene non a caso punita con il carcere. In venti anni si è spostata un’enorme quantità  di ricchezza dal mondo del lavoro a quello dei profitti e delle rendite senza che la politica si occupasse dell’impoverimento progressivo di strati sempre più vasti della popolazione. O meglio, la politica se n’è occupata e a parte la parentesi dei fragili governi Prodi, l’ha fatto per favorire sempre i ceti più privilegiati anche favorendo l’elusione fiscale. E il governo dei professori? Sarebbe ingiusto non apprezzare i controlli “spettacolari” svolti nelle settimane scorse dalla guardia di finanza, ma trattandosi di una questione strutturale ci sarebbe bisogno di un’azione sistematica di ricerca della ricchezza nascosta. Questa sembrerebbe essere la priorità . Per il governo appare prioritario il ridimensionamento dei diritti dei lavoratori unito all’annichilimento del già  precario Welfare State. Nella storia dell’umanità  abbiamo studiato diversi tipi di crociate. Religiose, culturali, di matrice economica. Oggi i Crociati innalzano la bandiera del neo-liberismo: i mercati devono decidere anche la qualità  e la quantità  della democrazia dei popoli. Chi sono questi Crociati? Membri di club esclusivi, si scambiano complimenti tra loro e si sostengono a vicenda nella crociata mondiale tutta a vantaggio della finanza. Essi dirigono le più grandi organizzazioni finanziarie e le grandi burocrazie europee e occidentali in genere. Quando senti dire: l’abolizione dell’articolo diciotto dello Statuto dei lavoratori lo vuole l’Europa. Uno si domanda: chi in Europa? Il parlamento europeo? No. Sono i capi delle strutture burocratiche di Bruxelles che vogliono la totale libertà  d’impresa. Non si permettono d’imporlo alla grande Germania. Lo pretendono per la Grecia, per la Spagna e adesso per l’Italia. In Spagna e in Grecia l’austerità  e il ridimensionamento dei diritti, non ha prodotto altro che conflitti e povertà . Funzionerà  in Italia? Il crollo dei consumi, unito alla difficoltà  delle imprese piccole e grandi, non inducono a grandi speranze. Il presidente Monti ha ragione nel sentirsi più apprezzato dei politici in campo. L’eredità  lasciata dal governo delle destre è di quelle da far tremare i polsi. Ma a un certo punto, dopo l’apprezzamento per lo stile sobrio, sarà  richiesto al suo governo qualcosa che somigli a un’azione positiva per rilanciare lo sviluppo dell’Italia. Continuare a sostenere che gli investitori esteri evitano l’Italia per le rigidità  prodotte dai diritti dei lavoratori è una mistificazione che un dotto uomo della Bocconi dovrebbe evitare. Non è fine e poi professore Lei sa che le crociate hanno prodotto grandi sciagure nella storia dell’umanità .
Corriere dell’Umbria 1° aprile 2012

La tutela degli operai e l’implosione del PD

Le cause di lavoro pendenti in Italia sono centocinquantamila. Lo sapete quante sono attivate ai sensi dell’articolo diciotto dello Statuto dei Lavoratori? Tra le trecento e le cinquecento. Il nuovo presidente di Confindustria, Squinzi, ha confermato l’insignificanza della norma per il funzionamento delle imprese. Fior, fiore di economisti e imprenditori sostengono che, i bassi investimenti, sono dovuti essenzialmente alla burocrazia, alla giustizia amministrativa e alla criminalità  organizzata. Oltre che, ovviamente, alla gravità  della crisi economica mondiale. D’altra parte lo Statuto è una legge che vige da quarantadue anni e nel passato, investimenti esteri in Italia non sono mancati. Definire rigido un mercato del lavoro che ha quarantasette tipologie contrattuali sembrerebbe una follia frutto dell’ideologia liberista che vorrebbe l’assoluta libertà  dell’imprenditore nella gestione della forza lavoro. Ma d’ideologia si tratta, non di leggi naturali. Lo stesso pensiero unico che ha prodotto la disastrosa situazione dell’economia occidentale. Indifferenti ai riscontri negativi del loro concreto agire, le classi al potere, testardamente, vogliono applicare le loro ricette in ogni Paese. L’hanno fatto in Grecia, in Portogallo, in Gran Bretagna, in Spagna. I risultati? Squilibri tali che mettono a rischio la stessa tenuta sociale delle diverse nazioni e un impoverimento generalizzato. Sobriamente coerente con il pensiero unico, il governo Monti cerca di applicare le stesse ricette anche in Italia. Non accetta veti da parte di nessuno, dice. Mi spezzo ma non mi piego, dice educatamente. In realtà  la destra pidiellina ha bloccato ripetutamente Monti quando il Premier o i suoi ciarlieri ministri hanno parlato di Rai o di giustizia o di taxi. Non sembrerebbe politicamente corretto che i veti non valgono soltanto per il Partito Democratico. Questo partito ha accettato con grande generosità  di appoggiare Monti. Bersani è in mezzo ai guai. Ancora una volta le diverse anime dei democratici si confrontano sul da fare e lo fanno con la consueta asprezza. C’è chi sostiene che tutto ciò che dice e fanno la Fornero e Monti va sostenuto di là  del merito e chi vorrebbe almeno il diritto di interloquire. Come pensano i montiani del PD di avere i voti dei milioni di lavoratori colpiti dai provvedimenti “ideologici” del governo? Pensa davvero l’onorevole Fioroni che abolire le salvaguardie dell’articolo diciotto consentirà  ai giovani di ottenere un posto di lavoro decente? Secondo quale esperienza, a minori diritti sono corrisposti massicci investimenti in nuove attività  produttive? A oggi alla stretta di Marchionne sulle condizioni di vita dei lavoratori della FIAT, è seguita la minaccia dello stesso Marchionne di chiudere altri due stabilenti in Italia. Purtroppo l’impressione è che il partito democratico rischia l’implosione proprio sulla questione delle tutele dei lavoratori. C’è chi sostiene che sono interventi non coerenti con il suo ruolo istituzionale ma Il presidente Napolitano è ripetutamente intervenuto a sostegno della “riforma” del mercato del lavoro. Sono le fabbriche che chiudono il problema, dice il presidente. E’ vero ma rimane incomprensibile il nesso tra questa problematica con la destrutturazione dell’articolo diciotto. Non lo dice soltanto quella estremista della Camusso ma economisti moderati che non hanno in testa nè Marx nè Keynes.
P.S. Ottime notizie dal Nord: il partitino del candido Rutelli appoggerà  la candidatura a sindaco del leghista Tosi. Perfetto.
Corriere dell’Umbria 25 marzo2012

La tutela degli operai e l’implosione del PD

Le cause di lavoro pendenti in Italia sono centocinquantamila. Lo sapete quante sono attivate ai sensi dell’articolo diciotto dello Statuto dei Lavoratori? Tra le trecento e le cinquecento. Il nuovo presidente di Confindustria, Squinzi, ha confermato l’insignificanza della norma per il funzionamento delle imprese. Fior, fiore di economisti e imprenditori sostengono che, i bassi investimenti, sono dovuti essenzialmente alla burocrazia, alla giustizia amministrativa e alla criminalità organizzata. Oltre che, ovviamente, alla gravità della crisi economica mondiale. D’altra parte lo Statuto è una legge che vige da quarantadue anni e nel passato, investimenti esteri in Italia non sono mancati. Definire rigido un mercato del lavoro che ha quarantasette tipologie contrattuali sembrerebbe una follia frutto dell’ideologia liberista che vorrebbe l’assoluta libertà dell’imprenditore nella gestione della forza lavoro. Ma d’ideologia si tratta, non di leggi naturali. Lo stesso pensiero unico che ha prodotto la disastrosa situazione dell’economia occidentale. Indifferenti ai riscontri negativi del loro concreto agire, le classi al potere, testardamente, vogliono applicare le loro ricette in ogni Paese. L’hanno fatto in Grecia, in Portogallo, in Gran Bretagna, in Spagna. I risultati? Squilibri tali che mettono a rischio la stessa tenuta sociale delle diverse nazioni e un impoverimento generalizzato. Sobriamente coerente con il pensiero unico, il governo Monti cerca di applicare le stesse ricette anche in Italia. Non accetta veti da parte di nessuno, dice. Mi spezzo ma non mi piego, dice educatamente. In realtà la destra pidiellina ha bloccato ripetutamente Monti quando il Premier o i suoi ciarlieri ministri hanno parlato di Rai o di giustizia o di taxi. Non sembrerebbe politicamente corretto che i veti non valgono soltanto per il Partito Democratico. Questo partito ha accettato con grande generosità di appoggiare Monti. Bersani è in mezzo ai guai. Ancora una volta le diverse anime dei democratici si confrontano sul da fare e lo fanno con la consueta asprezza. C’è chi sostiene che tutto ciò che dice e fanno la Fornero e Monti va sostenuto di là del merito e chi vorrebbe almeno il diritto di interloquire. Come pensano i montiani del PD di avere i voti dei milioni di lavoratori colpiti dai provvedimenti “ideologici” del governo? Pensa davvero l’onorevole Fioroni che abolire le salvaguardie dell’articolo diciotto consentirà ai giovani di ottenere un posto di lavoro decente? Secondo quale esperienza, a minori diritti sono corrisposti massicci investimenti in nuove attività produttive? A oggi alla stretta di Marchionne sulle condizioni di vita dei lavoratori della FIAT, è seguita la minaccia dello stesso Marchionne di chiudere altri due stabilenti in Italia. Purtroppo l’impressione è che il partito democratico rischia l’implosione proprio sulla questione delle tutele dei lavoratori. C’è chi sostiene che sono interventi non coerenti con il suo ruolo istituzionale ma Il presidente Napolitano è ripetutamente intervenuto a sostegno della “riforma” del mercato del lavoro. Sono le fabbriche che chiudono il problema, dice il presidente. E’ vero ma rimane incomprensibile il nesso tra questa problematica con la destrutturazione dell’articolo diciotto. Non lo dice soltanto quella estremista della Camusso ma economisti moderati che non hanno in testa né Marx né Keynes.
P.S. Ottime notizie dal Nord: il partitino del candido Rutelli appoggerà la candidatura a sindaco del leghista Tosi. Perfetto.
Corriere dell’Umbria 25 marzo2012