Il fratello di Montalbano

Settimana di passione per il centro e per la sinistra Europea. Disfatta a Roma del centro-sinistra, catastrofe a Londra per il Newlabour.
Situazioni radicalmente diverse, ma che se analizzate possono essere utili per qualche riflessione sulle ragioni dell’avanzata della destra politica.  Non sono affatto convinto che in tutta Europa spiri un vento di destra. Quello che vedo è che quando una sinistra o un centrosinistra non riesce più ad avere legami con forze sociali e culturali avanzate, lascia alla destra l’egemonia nei valori e nelle priorità  e perde le elezioni. D’altra parte, nel mese di marzo in Spagna, in Francia e in qualche misura in Germania, elezioni generali politiche o amministrative parziali hanno visto il successo del centrosinistra e, addirittura, dei socialisti di Zapatero.
Preoccupa constatare che nel PD sembra prevalere  la tentazione a rinviare una discussione rispetto alle radici della sconfitta. Perchè di sconfitta si tratta e negarlo non aiuta a mettere in campo idee e progetti di partito credibili. Utile sarebbe per i dirigenti del PD studiare la parabola del Newlabour di Tony Blair. Nel 1994 quando divenne leader del partito, Blair si impegnò a rimuovere dalla linea politica e dall’organizzazione ogni pur tenue richiamo a tematiche riconducibili alla sinistra. Perfino nelle scenografie dei congressi laburisti scomparve il colore rosso scegliendo un verde pistacchio del tipo di quello visto nelle convention del PD. Vinte le elezioni proseguì imperterrito nella linea liberista dei Conservatori. Non a caso fu incoronato immediatamente erede legittimo della signora Thatcher. Lo strapotere delle Trade Union ridimensionato, demolizione sistematica di ciò che era rimasto, dopo diciotto anni di thacherismo, dello stato sociale, privatizzazioni e libero mercato, la filosofia blairiana. Con il magico Tony è stato privatizzato quasi tutto con risultati disastrosi per la qualità  dei servizi al cittadino e per i costi crescenti di trasporti, scuola, sanità  e così via. Non più il partito della working class ma il partito della classe media questo voleva essere il Newlabour di Blair e di Brown.
Purtroppo è stata proprio la classe media quella più penalizzata dalla distribuzione dei redditi sotto l’era del Newlabour. La politica fiscale è stata volta a tassare i redditi medi e a esentare i ricchi e ricchissimi. Londra è divenuta un paradiso fiscale per i milionari del globo. Per loro, le tasse a Londra non esistono.  Nei dieci anni di potere di Tony, i ricchi sono diventati dieci volte più ricchi mentre anche in Inghilterra il ceto media ha subito un ridimensionamento della qualità  della vita a causa di una fiscalità  “di classe”.
Veltroni sostiene che anche nel voto inglese ha deciso, come in Italia, la questione della sicurezza. Avrei qualche dubbio. L’insicurezza è ormai una condizione umana diffusa in ogni società , ma i governi laburisti in nome della sicurezza hanno imposto norme che molti hanno definito liberticide senza ottenere grandi risultati in termini di maggior tranquillità  dei cittadini.
La sconfitta nasce da lontano ed è noto che già  Tony Blair aveva subito batoste elettorali che, purtroppo, hanno spinto il Newlabour ancora più a destra. (altro…)

Buio profondo

Non credo che sia mai successo, ma se succedesse che un dirigente politico americano chiedesse l’abolizione della festa del 4 luglio, giornata a memoria dell’indipendenza americana, la reazione sarebbe quella di spedirlo in una casa di cura o a Guantanamo per un programma di rieducazione. Se il presidente Sarkozy non partecipasse ai festeggiamenti del 14 luglio, festa per la presa della Bastiglia dei rivoluzionari francesi, l’Eliseo sarebbe occupato dal popolo in rivolta.
L’Italia è uno strano Paese. Intellettuali e politici della destra amerebbero abolire la Festa della Liberazione del 25 aprile e non è detto che non ci provino a farlo. Il cavalier Berlusconi nei 14 anni di carriera istituzionale non ha mai partecipato a cerimonie di commemorazione del 25 aprile. Il sindaco di Alghero ha proibito alla banda municipale di eseguire Bella Ciao. La motivazione? E’ un canto che divide. Per esperienza personale posso assicurare al sindaco che Bella Ciao è cantata anche dai boy scout e dai bambini degli asili nido, anche quelli gestiti dalle suore.
Ma così va il mondo. Come per l’intelligenza anche per la stupidità  non c’è confine. Ci sarebbe da ridere, ma è meglio non farlo. Le elezioni di aprile hanno riportato al potere una destra che non si riconosce nell’atto fondativo la Repubblica Italiana. La Resistenza italiana è stata, a livello europeo, uno dei movimenti di popolo contro il nazi-fascismo più vasti e significativi per il grado di partecipazione e di unità  delle diverse sensibilità  politiche presenti nella lotta di liberazione. Da questo processo unitario è nata la Costituzione Repubblicana che rappresenta nello spirito e nella lettera il complesso dei valori che costituiscono la Nazione.
Purtroppo tutti si sentono impegnati a modificare la Carta, anche i riformisti, invece di applicarla nelle parti più innovative, hanno dato il loro contributo a creare una costituzione materiale che entra in conflitto con quanto è stato scritto dai padri costituenti nel 1948. Un esempio per tutti. Quando Franceschini, vice segretario del PD, sostiene che bisogna introdurre il semi-presidenzialismo alla francese, non può che non considerare che questo è in aperto contrasto con il dettato costituzionale che prevede una repubblica parlamentare e non presidenziale. Così facendo legittima la volontà  della destra berlusconiana che da anni lavora per un sistema politico plebiscitario in cui un Cesare moderno guida il Paese. E passi avanti in questa direzione sono stati fatti con le ultime elezioni. Aver sfidato Berlusconi nel suo terreno populista non ha dato grandi risultati nè a sinistra nè per il Partito Democratico. La vittoria della destra di quest’anno è molto più ampia di quella del 2001. La distanza percentuale era stata del 2,5% oggi questa percentuale è salita all’11%.
Nella mia giovinezza politica si usava “l’analisi del voto” come strumento per adeguare la linea politica del partito. Lo spostamento in negativo o positivo dell’uno per cento era uno stimolo a discussioni infinite per cercarne le motivazioni e per i responsabili locali e nazionali erano dolori.
Capisco che si attende l’esito del voto amministrativo di Roma, ma le prime analisi fatte da PD e sinistra non sembrano convincenti.
Ad esempio in Umbria i dirigenti del PD sembrano soddisfatti del risultato conseguito. Sbagliano. Nella nostra regione i partiti della disciolta Unione perdono il 10% e soltanto una parte della sinistra ha votato per il PD. Il voto utile c’è stato, ma non ha compensato le perdite del PD verso il centro e verso la destra.
Non c’è da essere molto allegri per i dirigenti democratici. Certo stanno molto meglio della sinistra e dei socialisti ormai scomparsi dalle aule parlamentari, ma se vogliono iniziare a costruire un’alternativa credibile al berlusconismo qualche riconsiderazione sulla linea politica e sul modello di partito da consolidare va fatta. (altro…)

America

Netto e senza discussione lo spostamento a destra della situazione politica del Paese. Siamo l’unica nazione europea in cui scompare una rappresentanza parlamentare della sinistra di matrice comunista o socialista. Un bel record. Candidato per cinque volte alla guida del Governo, Berlusconi ha vinto tre volte sconfiggendo Occhetto, Rutelli e Veltroni. Soltanto Prodi lo ha sconfitto. Non male per uno che si presenta come un industriale prestato alla politica. Il berlusconismo, inteso come ideologia, ha permeato nel profondo la società  italiana e ne segnerà  per anni il futuro. Bisognerà  alla fine convincersi che l’anomalia della democrazia italiana è destinata a resistere nel tempo essenzialmente perchè il berlusconismo è capace di organizzare interessi e di consolidare valori che possono non piacere, ma portano voti e consenso politico. Interessa poco al popolo del nord che “The Economist” consideri inadatto a governare Berlusconi. Nè spostano voti i talk show televisivi dove i leader del centro-sinistra sembrano più brillanti dei competitor della destra. Ciò che decide sono gli interessi che si riescono a rappresentare. Ci si scandalizza perchè la Lega ottiene una parte sostanziale del voto operaio? Ma non ricordate quando a Mirafiori, nell’autunno scorso, i lavoratori impedirono ai segretari di CGIL-CISL-UIL di parlare sommergendoli di fischi? Non era quello il segnale più evidente di una rottura tra il movimento sindacale e coloro che doveva rappresentare? Si accorgono oggi che Bossi ha costruito un partito la cui classe dirigente è espressione delle singole comunità . I duecento sindaci leghisti hanno saputo legarsi al territorio dando risposte in un rapporto continuo, quotidiano con gli amministrati. Chi ha qualche anno ricorderà  che la forza del PCI non era dovuta al legame con Mosca ma alla straordinaria capacità  dei dirigenti politici e degli amministratori comunisti di rispondere ai bisogni delle comunità  amministrate. Il riformismo non era predicato ma praticato. Nella nostra regione, in alcune amministrazioni, per parlare con un presidente, un sindaco, con un manager o assessore, devi attraversare lo sbarramento di cinque segretarie che alla fine ti comunicano che l’appuntamento richiesto è fissato a tre mesi.
In realtà  è più facile entrare al Pentagono che in qualche istituzione locale dell’Umbria. Che utopia la “regione aperta” di Pietro Conti!!
E’ ci si meraviglia del distacco della gente dalla politica. Che dire poi della transumanza elettorale. Pensate che Bossi accetti candidati paracadutati da Roma come normalmente avviene da noi? Il centrosinistra è riuscito anche a candidare a sindaco di una città  persone che hanno fatto la loro esperienza politica in tutt’altra regione. Ogni riferimento al prode Cofferrati, milanese, sindaco di Bologna è puramente casuale. Tutto ciò per sostenere la tesi che il voto di domenica non è soltanto un voto di protesta, ma è frutto di un insediamento territoriale e sociale che la destra ha costruito in questi anni. Si è formata una classe dirigente espressione di territori, di ceti produttivi e non frutto delle cooptazioni della casta al potere da decenni. Sono questi gli anni in cui nel centro-sinistra si è teorizzato “il partito leggero”. Un partito costruito da comitati elettorali che si formano e si dissolvono ad ogni elezione avendo come modello la democrazia americana. L’America è arrivata, ma non ha vinto Obama, ha vinto l’amico di Bush.
Un tempo la parola d’ordine era: ad ogni campanile corrisponda una sezione di partito. Un modello che la Lega ha riprodotto alla grande con i risultati che si sono visti domenica.
La disfatta della sinistra ha molti padri e molte ragioni. Perdere in un sol colpo due terzi dei voti non è impresa da poco. Dare la colpa a Veltroni serve a poco. Il PD ha giocato la carta del voto utile e il voto è stato sì utile, ma per Berlusconi. I flussi elettorali dimostrano che i voti persi dalla sinistra sono andati solo in parte al PD, molte le astensioni e molti alla Lega e al partito di DiPietro. (altro…)

e-mail del giorno dopo

Non so se chi ha votato Sinistra Arcobaleno – come ho fatto io, mettendo in quel voto la mia ostinata (e perdurante) contrarietà  alla scomparsa delle parole sinistra e socialismo dal vocabolario politico italiano – ha ancora diritto di parola. Poichè contano i fatti e i numeri, la mia ostinata (e perdurante) contrarietà  è stata sconfitta: nel Parlamento italiano, caso unico e clamoroso in Europa, non esistono più le parole sinistra e socialismo. Non mi consola certo il fatto che questo sia dovuto in larga parte al ricatto del voto utile al PD e della fantomatica rimonta. Però non capisco come questo possa consolare certuni del PD, chi è felice perchè un terzo degli italiani ha votato PD: a parte il fatto che un terzo o quasi degli italiani votava anche il PCI, che non ha mai vinto le elezioni politiche, ci vuole un fine politologo per vedere che quel 33% di voti ha prosciugato gli arcobaleno, ma nemmeno scalfito il centro? Ci vuole un fine politologo per vedere che, se il bacino di voti era comunque quello, allora un accordo preliminare con gli arcobaleno avrebbe almeno consentito di ottenere il premio di maggioranza al senato nelle regioni cosiddette in bilico (Lazio, Abruzzo, Sardegna, Liguria)?
Non capisco come la catastrofe degli arcobaleno possa consolare il PD dopo una sconfitta così vistosa. In un altro paese europeo (e anche negli Stati Uniti) un leader che perde le elezioni di quasi dieci punti si dimette il giorno dopo: qui invece si continua a santificarlo, si racconta che questo è un ottimo punto di partenza, che la rimonta è stata comunque eccezionale (????), che la via è quella giusta basta continuare così, che immancabilmente la prossima volta… Insomma, da Berlusconi le abbiamo prese, ma ne abbiamo date tante a Bertinotti! Se l’obiettivo era questo, Veltroni ha stravinto. Se l’obiettivo era vincere le elezioni…
Maria Pia Damiani

15 aprile 2008

Tempi difficili

La stagione iniziata con i referendum elettorali di Segni e Occhetto sulla preferenza unica si è conclusa il 13 e 14 aprile. Il bilancio del “nuovo che avanza”? Un Parlamento che sarà  il più a destra della storia repubblicana e che produrrà  il governo più a destra d’Europa. Non ci saranno più gli oltre quaranta gruppi parlamentari finanziati con denaro pubblico delle passate legislature e questo è un bene. Non ci sarà  più la sinistra e questo, qualche problema lo pone a tutti i democratici.
La sinistra di matrice socialista e comunista, scompare nella rappresentanza delle massime istituzioni dello Stato.
Siamo diventati extraparlamentari non per libera scelta ma perchè gli elettori non hanno dato il consenso all’operazione raffazzonata della Sinistra, L’arcobaleno. La proposta elettorale della sinistra plurale non solo è stata ritenuta inutile a contrastare il berlusconismo, ma è stata considerata priva di qualsiasi significato politico. La riproposta secca del solito personale politico dei vari partiti e partitini della sinistra, è stata la premessa del disastro elettorale. Non si è capito che la sconfitta del governo Prodi nella testa della gente è stata anche la conseguenza della litigiosità  dei vari Pecoraro Scanio e non soltanto dei voltagabbana alla Dini? Una campagna elettorale priva di finalità  diverse dalla salvaguardia di una presenza in Parlamento della sinistra, non ha inciso affatto negli orientamenti di un popolo deluso e annichilito da anni di cattiva politica. Una cattiva politica che ha riguardato anche pezzi della sinistra. I rifiuti di Napoli non sono ascrivibili soltanto a Bassolino. Al governo regionale campano ci sono anche il PRC e i Verdi hanno svolto un ruolo decisivo in quella vergogna.
Soltanto una parte del voto di sinistra si è spostata sul PD, altri hanno preferito astenersi o votare Lega. La campagna del PD per il voto utile ha funzionato soltanto in parte. Non è riuscita a recuperare interamente i voti persi per la fuga a destra di una parte dell’elettorato ex Margherita. Il voto utile è stato forse un altro stimolo che ha aiutato la delusione del popolo ex Unione che anche per questo si è rifugiato nel non voto. Un’ipotesi ragionevole. Che fare. Siamo extraparlamentari, ma la sinistra rimane diffusa nel territorio ed è presente nella cultura e nella società  italiana. Nonostante tutto si può ricominciare magari partendo con umiltà  dalla conoscenza della realtà  e dalle sue enormi contraddizioni.
Un’intera classe dirigente della sinistra plurale è destinata a ripartire da zero e lo sta facendo per adesso malissimo. La discussione interna al PRC non lascia prevedere niente di buono. Sembra prevalere la tesi dell’azzeramento di ogni progetto di unità  organizzativa dei vari pezzi della sinistra. Diliberto vuol ripartire dalla “falce e martello” come se niente fosse successo. Rifugiarsi nel fortino dell’antico prestigio dei simboli del lavoro non sembra cosa saggia. Il mondo del lavoro è ben diverso da quello rappresentato dalla falce e dal martello. Ancora non è chiaro? L’emergenza per la sinistra è di conoscere quello che è oggi l’universo dei lavori per costruire un rapporto politico a partire dai luoghi di lavoro e dal territorio.
Un ritorno alle antiche certezze serve a poco.
Micropolis non ha mai apprezzato la maggioranza del ceto politico impegnato nelle varie sigle della sinistra. Senza alcun astio, ma con determinazione, abbiamo cercato, per oltre un decennio, di sollecitare comportamenti e linee politiche più adeguate alla necessità  di rapportarsi ad una realtà  che mutava nel mondo e in Umbria. Non ci siamo riusciti e anche in Umbria, l’onda lunga della destra ha spazzato via la sinistra.
I flussi elettorali confermano che soltanto il 50% del voto della sinistra è andato a Veltroni o Di Pietro. Ha prevalso l’astensione e il voto a destra.
Stupefacente l’atteggiamento del PD umbro che dichiara la soddisfazione per il risultato elettorale nella nostra regione.
Il centro-sinistra perde il 10%, ma nel PD tutti sembrano felici. Capiamo il motivo. A conti fatti non appaiono in discussione gli organigrammi futuri per sindaci e presidenti. La salvezza per le ormai risicate maggioranze di molte amministrazioni locali, sarà  ricercata nell’alleanza con l’UDC. La presidente Lorenzetti e l’ex parlamentare UDC Ronconi uniti nella lotta e alla faccia della dissolta sinistra estremista. Il PD sarà  ai vertici delle amministrazioni umbre anche in futuro. Nonostante la vittoria di Berlusconi le oligarchie locali continueranno a sacrificarsi per tutti noi. Così ragionano molti stagionati eroi della classe dirigente locale. Non hanno capito bene. Anche in Umbria c’è stato il disastro del centro-sinistra e anche per la nostra comunità  il futuro diviene incerto e al di là  dei destini personali che sinceramente non ci appassionano, il futuro, per una regione di confine come l’Umbria, non sembra entusiasmante. Un solo esempio: il nuovo governo della destra ha come primo appuntamento la realizzazione del federalismo fiscale. Difficilmente la Lega potrà  aspettare molto per incassare questo suo fondamentale obbiettivo. La leggerezza irresponsabile con cui i riformisti hanno da anni affrontato l’argomento non è rassicurante e il rischio di un colpo micidiale per la spesa pubblica delle regioni più deboli è evidente. I nostri governanti regionali hanno ben considerato quello che significa in termini di trasferimento dallo Stato un federalismo fiscale alla Bossi? Come si pensa di conservare l’occupazione della pletora di enti e strutture pubbliche nate come funghi negli ultimi decenni o salvaguardare i buoni standard della sanità  pubblica regionale?
Non sarà  facile. L’ondata che ha fatto vincere la destra in Italia non è detto che non travolga anche le regioni ex-rosse se non si cambia alla radice il rapporto con la realtà . Una materialità  economico-sociale diversa da quella che hanno in testa i riformisti e la sinistra. La crisi del Paese, rimossa nella campagna elettorale, produrrà  drammatiche tensioni sociali con un sindacato diviso e in difficoltà  evidenti. I “movimenti” poi non sembrano in grado di aggregare grandi forze se non su singoli issue. Tempi difficili. (altro…)

Articolo utile

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Quel grande vuoto alla sinistra del Pd
di Gianfranco Pasquino

Quando la sconfitta numerica assume proporzioni notevoli e implica addirittura la sparizione di un partito dalla rappresentanza parlamentare, i primi ad interrogarsi e a criticarsi debbono essere i dirigenti di quel partito. La Sinistra Arcobaleno è stata una creatura artificiale, raffazzonata, senza programma, senza orizzonte, con molti rancori e pochi obiettivi. Non poteva fare breccia neppure più nel suo elettorato collocatosi a cavallo fra disorientamento e irritazione, politica e sociale. Sicuramente, la Sinistra Arcobaleno è anche stata penalizzata dal voto utile che, evidentemente, non ha saputo contrastare spiegando a sua volta quanto utile, e per fare che cosa, avrebbe comunque potuto essere il voto espresso per le sue liste (e i suoi, non propri nuovissimi e convincentissimi, candidati). Adesso, qualcuno potrebbe rallegrarsi della scomparsa della Sinistra Arcobaleno a livello nazionale, e il Presidente della Confindustria Montezemolo lo ha subito fatto, ma non è stato l’unico. Troppo facile. Rimane, però, che a livello locale la Sinistra Arcobaleno ancora esiste, conta ed è attualmente determinante per la formazione e per il funzionamento di non poche giunte con il Partito Democratico. Avendo imparato la lezione, potrebbe smetterla di creare destabilizzazioni per puro egoismo partitico e, qualche volta, per esibizionismo personalistico, e dovrebbe, invece, cercare di dimostrare che la sua esistenza in quanto soggetto politico è utile, qui e adesso, ma anche nel prossimo futuro. Dovrebbe anche preoccuparsi della dinamica del suo ex-elettorato. Infatti, i dati nazionali e quelli, più disaggregati a livello regionale e provinciale, rivelano che, aggiungerò “purtroppo”, non è affatto vero che tutti i voti mancati alla Sinistra Arcobaleno sono finiti sulle liste del Partito Democratico. Sembra addirittura che una parte di quei voti fra protesta e antipolitica abbia trovato uno sbocco credibile e accettabile nella Lega (ancora, dunque, come disse memorabilmente Massimo D’Alema, una «costola della sinistra»?) Incidentalmente, il Partito Democratico si sarà  anche incamminato sulla strada giusta, ma il suo 33 per cento, per un partito a vocazione maggioritaria, non costituisce affatto un punto di approdo entusiasmante (è persino meno del 35 per cento ovvero della soglia che aveva posto Goffredo Bettini). Per andare più su a competere con il centro-destra sono indispensabili percentuali parecchio più elevate e qualcosa potrebbe venire proprio da un elettorato di sinistra che altrimenti sembrerebbe destinato a disperdersi in maniera deprimente e deludente. Dal punto di vista sistemico, per quanto la rappresentanza politica e parlamentare che la Sinistra Arcobaleno ha saputo offrire ai suoi elettori non fosse, come ha dimostrato il loro comportamento di voto, abbastanza soddisfacente, è assolutamente fuori di dubbio che quell’elettorato, fra molti umori e pulsioni anche da contrastare con fermezza, esprimeva radicamento, preferenze, interessi, esigenze che qualsiasi organizzazione politica di sinistra ha l’obbligo di cercare di capire e di rappresentare adeguatamente. Un conto, infatti, è respingere, doverosamente, le pressioni e i condizionamenti posti da un ceto politico come quello della Sinistra Arcobaleno, schierato a difesa in special modo del suo status e dei suoi privilegi. Un conto molto diverso è cercare di ampliare, da parte del Partito Democratico, il perimetro della sua rappresentanza politica e sociale. Paradossalmente, questa operazione che, a mio parere, è tutt’altro che contraddittoria con il radicamento del partito, ma funzionale ad esso, potrebbe essere più facile se, necessariamente, svolta dall’opposizione, selezionando temi e problemi che, ovviamente e inevitabilmente, il nuovo governo di Berlusconi metterà  ai margini, ma che, in un Paese caratterizzato dalle grandi disuguaglianze economiche e sociali, geografiche e generazionali, risultano essenziali per qualsiasi partito progressista (oh, quanto vorrei scrivere «socialista-socialdemocratico»). Insomma, il Partito Democratico deve porsi il compito di garantire, alle sue condizioni e con le sue prospettive, rappresentanza politica a quegli interessi e quelle preferenze che la Sinistra Arcobaleno ha, per suo demerito e nonostante gli avvertimenti, definitivamente perduto. Non soltanto il Partito Democratico adempirà  ad un importante compito sistemico, anche se mi pare del tutto eccessiva e persino allarmistica qualsiasi preoccupazione per l’insorgenza di comportamenti violenti da quegli elettori poco rappresentanti, ma ne trarrà  vantaggi politici e elettorali di cui ha molto bisogno. “Andare oltre” il consenso attuale significa per il Pd anche spingersi deliberatamente e consapevolmente fino a raccogliere e educare, proprio così, un elettorato che, per condizioni sociali e per aspettative di vita, è comunque collocabile nel terreno che la sinistra deve frequentare, movimentare e rappresentare.