UNIPOL, una solidarietà che non c’è

Quel movimento di massa riconducibile alla cooperazione tra gli
uomini e le donne, diffusosi dall’Inghilterra della rivoluzione
industriale come difesa dalla crudeltà delle condizioni di vita
dei lavoratori, ha storicamente avuto limpidi scopi: produrre
ricchezza in modo solidale, avere assistenza, difendere il proprio
potere di acquisto. Quel moto realizzato dal movimento operaio è
cresciuto negli anni in ogni angolo del globo.
Nel mondo globalizzato le persone che lavorano in forma
cooperativa, aderenti all’Alleanza Cooperativa Internazionale,
sono oltre 750 milioni. L’ACI è un’associazione che non ha uguali
per numero di organizzati e per diffusione.
Il terzo settore italiano rappresenta una parte significativa
della struttura economica del Paese ed è l’unico che dalla crisi
degli anni ’90 è uscito ristrutturandosi anche allargando la
propria base economica ed occupazionale. Settori strategici come
la grande distribuzione hanno come protagoniste fondamentali
imprese cooperative, uniche a contrastare le grandi corporation
europee e mondiali del settore. Soltanto una sorta di cieco
provincialismo può considerare le cooperative come un fatto
residuale dei vecchi movimenti solidaristici dell’ottocento. Le
coop sono le imprese che più crescono nel nostro Paese da qui
bisogna partire.
L’esplodere dell’affair “Unipol-BNL” ha prodotto una violenta
polemica non solo tra i berluscones e i diesse, ma anche
all’interno di tutto il centrosinistra. Non si tratta di un
complotto, ma di qualcosa di più bizzarro. Non è stravagante
accusare Fassino perché si è interessato di come andava l’OPA di
Unipol sulla BNL? Il capo del maggior partito italiano non deve
essere informato di un fatto economico di tale rilevanza? Che cosa
centra la commistione tra affari e politica? Dei comportamenti e
dei rapporti di Consorte con gli “scalatori” di RCS e di
Ambronveneta è responsabile Consorte non certo il segretario
diessino. Tifare per Abete è consentito e per l’Unipol no? Perché?
La “colpa” della sinistra è di ben altra natura. Ed è tutta
politica. Ideologica si potrebbe dire, gli affari centrano poco.
Uno storico dirigente della sinistra, Bruno Trentin, ha scritto
che il mondo della cooperazione ha perso l’anima. L’onorevole
Bersani ha detto che le “coop hanno cambiato faccia e natura”
senza che i diesse ne razionalizzassero il cambiamento. Non sono
affermazioni di poco conto, ma bisogna andare più a fondo del
problema. L’analisi forse confermerebbe che inseguire l’avversario
politico utilizzando la stessa concezione del mondo porta in una
strada in cui è la sinistra che può perdere l’anima. E’ ormai
introitato anche nella sinistra l’idea che la politica è la
semplice gestione dell’esistente all’interno di orizzonti fissati
dall’ideologia liberista imperante. Nessuna riflessione seria è
stata fatta. Ad esempio, sulla politica delle privatizzazioni. Con
quelle già realizzate è migliorata la concorrenza? I consumatori
hanno tratto qualche vantaggio o le tariffe sono aumentate e i
servizi peggiorati? Anche il mondo delle coop ha subito il fascino
del libero mercato e delle governance fatte dai manager che
decidono tutto sulla testa dei soci e dei lavoratori?
Bisognerebbe discutere di questo dando per acquisito che una
sinistra senza etica non può vivere. Cooperare senza una forte
eticità non avrebbe senso. La discussione dovrebbe essere
trasparente e non può riguardare solo i DS. Ritenere che si potrà
lucrare qualche voto dalla difficoltà di Fassino e D’Alema è un
grave errore sia per Rutelli che per gli altri unionisti.
L’Unione può battere la destra soltanto se i diessini riusciranno
a contrastare la campagna mediatica che si è scatenata contro di
loro. Quando il maggior quotidiano italiano pubblica quindici
pagine di notizie, interviste e commenti sulla vicenda
dell’Unipol, forse non si deve parlare di complotto, ma c’entra
poco anche la libertà d’informazione.
Utile sarebbe, per il centrosinistra, evitare forzature che
c’entrano poco con la morale che, insisto, è un pre-condizione per
un dirigente della sinistra. Un palpito leggero di solidarietà
sarebbe educato tra alleati.
Il segretario umbro di Rifondazione ha, attraverso l’agenzia del
consiglio regionale, espresso giudizi molto aspri rispetto alle
intercettazioni delle telefonate di Fassino. Giudizi che non
aiuteranno la discussione. Ma più interessanti sono le
dichiarazione di Vinti sul mondo della cooperazione anche umbra.
Vinti dice: “…il movimento cooperativo recuperi valori fondanti ed
originari…Per farlo è necessario che le risorse, spesso di
provenienza pubblica, siano investite per accrescere la qualità
del lavoro, accantonando ogni tentazione di sfruttamento delle
quali vediamo esempi in alcune cooperative sociali, anche umbre,
nelle quali troppo spesso si sacrifica la stessa dignità del socio
lavoratore.” Punto a capo, si potrebbe dire. Vinti è un
consigliere regionale che altre volte ha affrontato, con
comunicati, la questione delle cooperative sociali umbre.
Rifondazione è al potere nella nostra regione. Possibile che
nessuno si senta in dovere di dire qualcosa in merito a quanto
denunciato dal segretario? E il segretario non ha altri strumenti
d’intervento su un problema così delicato?
Comincia alla grande il 2006. Scopriamo che Berlusconi facendo
politica ci ha rimesso quattrini. Eravamo convinti del contrario
fuorviati dalla propaganda comunista. Evidentemente lo stato
patrimoniale della famiglia Berlusconi nel 1994, l’anno della
scesa in campo del cavaliere, era migliore dello stato
patrimoniale del 2005. I bilanci di Fininvest e di Mediaset dicono
il contrario, ma forse si tratta di errori di stampa.
Corriere dell’Umbria 8 gennaio 2005

La sanità , un nuovo progetto

L’anno che verrà  sarà  un anno particolare e difficile. Particolare
perchè con le elezioni politiche fissate per il 9 aprile, potrà 
cambiare la classe dirigente al governo del Paese. Il risultato
non solo non è affatto scontato e in ogni caso i meccanismi
elettorali sono tali da non garantire alla coalizione vincente una
maggioranza autonoma ed efficace. Quattro mesi di campagna
elettorale non sarebbero una tragedia se la situazione fosse di
normalità . L’Italia è invece in una fase di profondo disagio
economico e di rischi enormi per la sua tenuta sociale. Non c’è
categoria professionale che non è dovuta scegliere in sciopero per
il contratto di lavoro e ancora oggi gran parte dei lavoratori non
è riuscita ad ottenere rinnovi contrattuali civili.
La deindustrializzazione ha mutato alla radice la struttura
produttiva del Paese mentre i ritardi pluriennali nelle
infrastrutture materiali e immateriali collocano l’Italia nei
gradini più bassi della competitività  mondiale.
L’unico miracolo compiuto dal leader della Casa della Libertà  è
stato quello di rendere possibile la vittoria elettorale del
centrosinistra nonostante che i leader e leaderini dell’Unione non
sono il massimo dell’appeal.
Dopo batoste elettorali sistematiche della coalizione del
centrodestra in tutte le elezioni susseguite alla vittoria del
2001, sono ormai mesi che Berlusconi sta testando i temi da
introdurre nella tenzone elettorale. Nelle infinite esternazioni
del presidente del consiglio sembra prevalere la volontà  di
spostare lo scontro dai temi economici e sociali a quelli
ideologici della lotta al comunismo. Berlusconi ritiene di poter
vincere denunciando i “comunisti” presenti in tutti i gangli della
società  italiana. Paladino della libertà , il proprietario di
Mediaset si presenta come il novello De Gasperi e il reincarnato
Don Sturzo senza che l’onorevole Casini si indigni per
appropriazione indebita di un’eredità  che certo non spetta al
cavaliere. E’ sconsigliabile sottovalutare la scelta
dell’ideologia come terreno di scontro elettorale. Questa
operazione si è già  realizzata negli Usa e G.W.Bush è rimasto
presidente nonostante le tragedie prodotte dalla sua
Amministrazione.
Sono ormai oltre dieci anni che Berlusconi fa politica a tempo
pieno eppure ancora oggi, nonostante i disastri prodotti, una
parte significativa del popolo italiano continua a credere che il
nostro sia un angelo vendicatore che ci salvaguardi dai rischi del
comunismo garantendoci in ogni serata televisiva “veline”,Bruno
Vespa e qualche “intelligente” gioco di società .
Non è affatto vero che le bugie hanno le gambe corte: la storia
politica dell’Italia è materia ostica. Provate a convincere un
leghista che la prima repubblica è stata governata anche dagli
amici del cavaliere e non dai comunisti.
L’anno che verrà  sarà  molto difficile. Le risorse pubbliche sono
in declino anche per le politiche del governo di centrodestra.
Questo dato colpisce in modo radicale la tenuta di tutti i servizi
pubblici. In un rapporto sulla sanità  del CEIS della Facoltà  di
Economia dell’Università  di Tor Vergata, è denunciato il rischio
del collasso della sanità  italiana. Sembrano lontani i tempi in
cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità  definiva il sistema
pubblico della sanità  italiana come ottimo nel rapporto costibenefici.
Senza una politica di profonde innovazioni il rischio è
il crollo del sistema. Le somme previste dalla Legge Finanziaria
per il 2006 hanno un buco che si aggira attorno ai dieci miliardi
di euro. Ciò significa che bisogna tagliare la spesa del dieci
percento in una situazione di già  forte degrado della qualità  dei
servizi sanitari. Certo il degrado non è lo stesso in tutto il
Paese, ma colpisce il dato del Rapporto del CEIS che valuta in
trecentomila famiglie quelle che sono entrate nella fascia di
povertà  a causa delle spese sanitarie.
Come stiamo in Umbria? Come si potrà  far fronte alle minori
risorse?
Negli ultimi diciotto anni, la nostra regione ha investito
massicciamente nelle strutture sanitarie, nuovi ospedali, nuove
tecnologie sanitarie. Ciò ha consentito uno standard assistenziale
apprezzabile con punte di eccellenza.
Non ci sono studi recenti al riguardo, ma l’impressione è quella
dell’emergere anche in Umbria di sacche di disagio e di difficoltà 
nel rapporto tra malato e assistenza pubblica. Anche scremando le
denunce dei giornali locali, qualche problema nelle liste d’attesa
sembra esserci e se è positiva, dal punto di vista istituzionale,
l’accordo della giunta regionale con l’Università  di Perugia,
rimane da risolvere l’emergenza dovuta ai tagli previsti. Per
l’Umbria sembra trattarsi di minori introiti per centoventi
milioni di euro. Un colpo durissimo che potrebbe portare anche
l’Umbria al collasso paventato dagli ricercatori romani. Come si
reagisce? Veleggiare a vista sembra sconsigliabile.
L’autocompiacimento è un lusso che non ci si può permettere.
E’ richiesta una forte determinazione nella progettazione di una
nuova fase della sanità  umbra. Non sarà  semplice. In una
situazione in cui i partiti sembrano più attenti a mettere insieme
le energie per una lotta all’ultimo voto e all’ultimo posto da
conquistare, parlare di nuova progettualità  sembra una fantasia,
quasi un sogno.
Siamo però ottimisti.
I riformisti sono già  al potere dalle nostre parti e siamo certi
che in questa circostanza, non ci deluderanno. Al di là 
dell’affilar le armi per lo scontro sui nomi dei nuovi direttori
delle ASL, i riformisti sapranno indicare la strada della
salvaguardia della sanità  pubblica. Buon anno.
Corriere dell’Umbria 31 dicembre 2005

Un freddo inverno

Questo mese abbiamo festeggiato assieme a molti compagni e
compagne il decimo anno di vita di Micropolis. Lo abbiamo fatto
con la consapevolezza dei nostri limiti e della difficoltà  di
poter incidere nella realtà  regionale per vincoli oggettivi e
soggettivi, ma principalmente a causa di una difficoltà  politica
generale. Siamo cresciuti in “regime berlusconiano” nel senso che
l’andazzo della politica è stato determinato da un liberismo
cialtrone che ha avuto come leader Berlusconi, ma con un cast
variegato comprendente una parte sostanziale del personale
politico italiano. Anche parte di quello con cui abbiamo cercato
di interloquire in questi anni in Umbria.
Testardamente insistiamo a pensare che non solo un altro mondo è
possibile, ma anche un’altra sinistra è necessaria in Umbria, in
Italia e nel mondo. Per questo obbiettivo vogliamo continuare la
nostra impresa editoriale aperti al contributo di tutti.
Ci aspetta un inverno freddissimo e non è scritto da nessuna parte
che la prossima primavera sarà  una “primavera di bellezza”. Non
siamo affatto convinti che il berlusconismo sia morto anche se
vediamo l’affanno con cui Berlusconi cerca di uscire dalla
catastrofe d’immagine in cui è caduto il suo governo.
Andremo al voto ad aprile (?) con una nuova legge elettorale. E’
una legge che non ci piace anche se viene definita, e non lo è
nella sostanza, una legge proporzionale. Si tratta di una legge
che può determinare una sorta di ingovernabilità  del Paese? Si, ma
non riteniamo, a differenza di Prodi, che il maggioritario che
abbiamo conosciuto sia la strada e costituisca la medicina. La
democrazia italiana ha una malattia grave dovuta a molte cause.
Una è stata certamente la privatizzazione della politica e la
formazione di un ceto politico autoreferenziale reso più forte dai
sistemi elettorali in vigore. Una democrazia dei sindaci, dei
presidenti eletti direttamente dal popolo continua a non piacerci.
E la governabilità  è ottenibile anche salvaguardando una decente
rappresentanza del parlamento, dei comuni e dei consigli
regionali. Il sacrosanto diritto degli elettori di scegliere,
oltre il partito, il candidato da mandare al parlamento non era
soddisfatto certamente dal mattarellum: chi avrebbe mai votato a
Perugia per Adornato o per Monaco se il voto non fosse stato
vincolato dal meccanismo del collegio? Non prendeteci in giro.
Sono anni che è Roma che decide chi eleggere in Umbria e se
permettete un vero proporzionale questo non lo avrebbe consentito.
Questa scelta non sarà  possibile nemmeno con la nuova legge.
Berlusconi ha voluto e ottenuto una legge elettorale sul modello
di quello votata in consiglio regionale dal centrosinistra in
Toscana. Saranno ancora i partiti romani e non gli elettori a
scegliere gli eletti. Furbo e truffaldino il berlusca,
improvvisatori i diessini toscani.
Dopo l’euforia delle primarie vinte da Prodi contro Rutelli e
Company, il centrosinistra ha cercato di trovare una linea comune
attorno ad una piattaforma di governo credibile. Alcune idee sono
uscite, ma nel complesso non ci siamo. Margherita e Diesse hanno
2
svolto manifestazioni molto enfatizzate attorno a idee
programmatiche che contengono molte cose, forse troppe.
Ma nessuno dei due partiti sembra voler “svoltare” rispetto
all’esperienza del primo governo Prodi. Non si tratta di chiedere
autocritica, ma di fare un bilancio delle politiche realizzate in
quegli anni.
Ad esempio, la teoria delle privatizzazioni come panacea delle
rigidità  del mercato italiano è ancora quella che ha portato alla
privatizzazione delle autostrade e delle aziende pubbliche delle
telecomunicazioni? Il mercato ne ha tratto qualche beneficio? Dove
sono stati i vantaggi per i cittadini e per la modernizzazione del
Paese? Chi ha tratto utili dalla privatizzazione delle
municipalizzate dell’acqua o dell’energia? Quando pagano le
bollette “privatizzate” gli utenti non sembrano affatto felici. Il
costo è aumentato e l’efficienza continua a fare orrore.
Non si tratta soltanto di problemi del futuro governo centrale.
Anche nella nostra regione la filosofia del privato è bello
continua a fare scuola. Il consiglio regionali ha approvato una
legge concernente le tematiche della scuola della prima infanzia,
gli asili nido. Rifondazione ha votato contro, ma la legge è
passata con la benevola astensione del centrodestra che ha
apprezzato l’equiparazione tra asili privati e asili pubblici. Va
sottolineato il dato politico innanzitutto: se una maggioranza non
c’è su questioni strategiche come la scuola, che maggioranza è?
Nel merito è scontato il nostro giudizio: senza se e senza ma noi
siamo per privilegiare la gestione pubblica in tutto ciò che è
riconducibile ai beni pubblici, e la formazione lo è.
Sarebbe più saggio per i nostri governanti attrezzarsi ai tempi
difficili che verranno vinca o non vinca l’Ulivo.
Non si avverte molto la consapevolezza del disastro dei tagli alla
spesa pubblica locale. L’anno che verrà  sarà  un anno difficile.
Le risorse scarseggeranno e la qualità  dei servizi pubblici
tenderà  ad abbassarsi. La tenuta sociale dell’Umbria è a rischio.
Sarà  chiesto rigore nella spesa, ma anche qualche forma di
creatività  politica e amministrativa. La politica come arte del
governo della gente è da tempo messa in un angolo.
Tante volte abbiamo scritto, inascoltati, che il galleggiare non
porta da nessuna parte. Lo dicevamo quando le acque erano mosse.
La tempesta sta arrivando ed è richiesto altro spirito ed altra
politica. Buon anno.
Micropolis dicembre 2005

La corsa all’oro delle poltrone

Soltanto poche settimane or sono era capo del governo tedesco e
leader incontrastato della socialdemocrazia di quel grande Paese.
Uscito politicamente di scena, ha assunto la presidenza del
consiglio di sorveglianza della North Gas Pipe Line una società
russo-tedesca, per la distribuzione del gas estratto nella patria
di Putin.
La scelta di Gerhard Schoeder ha provocato vari ed aspri commenti
in Europa.
Succede sempre più spesso che l’intreccio tra politica e affari si
espliciti in scelte individuali che non sono semplicemente
riconducibili a cadute di stile. Certo anche lo stile c’entra
qualcosa per l’ex capo della Spd, ma il problema è più profondo e
complesso.
Imputare a Schoeder un comportamento “anomalo” impedisce di capire
quanto profonda è ormai la crisi della politica, Ciò che prevale
sono gli interessi dei grandi e piccoli potentati economici. Già
in Germania molti ex ministri sono stati cooptati come alti
manager da società economiche tedesche ed è diffusa nel mondo
l’abitudine della dirigenza politica a sollecitare risorse
finanziare per campagne elettorali sempre più costose. E
Berlusconi ha fatto scuola: l’economia può benissimo scendere
direttamente in campo in politica evitando così la fatica di
mettere al potere qualche proprio “dipendente”. E’ risaputo che il
conflitto d’interessi è una invenzione dei comunisti, considerarlo
è comunque una arcaica esigenza .
E’ noto che una parte decisiva dell’Amministrazione di G.W.Bush è
composta da rappresentanti delle grandi corporation americane
chiamati a svolgere il ruolo di ministro o di sottosegretario.
E la politica del Presidente USA è ovviamente condizionata dagli
interessi dei lobbisti che siedono direttamente nel Gabinetto
presidenziale.
La prima esigenza di un qualsiasi candidato a qualche carica è
quella di aggregare risorse ed interessi: senza quattrini non si
vincono le elezioni. Così le multinazionali, non solo Usa, cercano
protezione attraverso un diffuso e trasparente meccanismo di
lobbies, controllano il processo legislativo e impediscono che
Senato e Camera dei Rappresentanti deliberino leggi in conflitto
con i propri interessi d’impresa. L’etica e i valori dominanti
sono esclusivamente quelli che servono ad aumentare il valore
delle azioni di Borsa.
Che cosa è oggi l’attività politica? Un tempo c’erano coloro che
vivevano per la politica, non moltissimi ma nemmeno pochi. Gli
stipendi e prebende che ricevevano erano in genere non
entusiasmanti e non a caso pochi correvano per stare in qualche
lista elettorale.
Oggi c’è ne sono moltissimi che vivono di politica le retribuzioni
per incarichi pubblici non sono proprio insignificanti. La corsa
alle poltrone ha assunto le caratteristiche della corsa all’oro
nella California dell’ottocento. La nuova frontiera da noi è
entrare nel circolo degli eletti da qualche parte sia anche un
consiglio di quartiere. Da cosa nasce cosa.
Gli onorevoli Cesare Salvi e Massimo Villone hanno scritto un
saggio titolato “Il costo della democrazia”. Si tratta di un libro
significativo che interrompe un cupo silenzio su quanto è successo
negli ultimi dieci-quindici anni nelle retribuzioni del ceto
politico allargato e nei meccanismi di gestione della struttura
pubblica. E Berlusconi c’entra molto meno dell’onorevole Bassanini
nelle scelte fatte per arrivare all’attuale situazione.
Sapete a quanto ammonta il numero di coloro che vivono grazie alle
retribuzioni di quella che Massimo D’Alema ha chiamato la “
Politica S.p.A”? Sono tra le ottocentomila al milione di persone
che percepiscono indennità, stipendi e prebende grazie alla
politica. Secondo gli estensori del libro, il costo si aggira
attorno ai tre, quattro miliardi di euro all’anno. Una casta
costosissima che in genere non si confronta con l’amato mercato.
Sono cifre che lasciano interdetti e attoniti. E’ convinzione
diffusa che la politica serve ormai a poco e i partiti sono
considerati inaffidabili e privi di qualsiasi appeal, ma essere
dentro l’elite politico-amministrativa può cambiarti la vita.
La politica è veramente in un angolo e tutto lo dimostra. Perché è
successo? Non si tratta di problema esclusivamente italiano, ma in
Italia il degrado è stato forse più accelerato.
Come stiamo in Umbria? Non ci sono studi al riguardo e forse
sarebbe utile conoscere quanti dipendenti ha la “Politica Umbra
S.p.A”.
La presidente Lorenzetti ha più volte ripetuto l’impegno per una
riforma endoregionale capace di tagliare e innovare la struttura
pubblica. Con la massima fiducia nelle intenzioni suggeriamo di
affrontare anche la questione del perché sia scomparso lo stesso
concetto di volontariato nella politica. Si scoprirà forse che non
si tratta di una complessiva caduta dell’etica. Molte
organizzazioni vivono nella società grazie al volontariato di
giovani e di meno giovani. Forse si tratta di lavorare affinché la
politica e l’amministrare il bene pubblico ritrovino un senso e
producano valori e progetti capaci di mobilitare la gente.
Ottenere questo non sarà facile. La pur forte maggioranza che
gestisce la Regione sembra dividersi su molte cose. Non sono un
tuttologo e quindi non posso esprimere valutazioni rispetto alla
legge sul “Sistema integrato per i servizi socio integrativi della
prima infanzia” approvata recentemente con il voto contrario di
Rifondazione. Quello che risulta evidente è il dato politico:
maggioranze consiliari variabili su questioni importanti non
aiutano a dare credibilità e forza alla politica.
Corriere dell’Umbria 18 dicembre 2005

La corsa all’oro delle poltrone

Soltanto poche settimane or sono era capo del governo tedesco e
leader incontrastato della socialdemocrazia di quel grande Paese.
Uscito politicamente di scena, ha assunto la presidenza del
consiglio di sorveglianza della North Gas Pipe Line una società 
russo-tedesca, per la distribuzione del gas estratto nella patria
di Putin.
La scelta di Gerhard Schoeder ha provocato vari ed aspri commenti
in Europa.
Succede sempre più spesso che l’intreccio tra politica e affari si
espliciti in scelte individuali che non sono semplicemente
riconducibili a cadute di stile. Certo anche lo stile c’entra
qualcosa per l’ex capo della Spd, ma il problema è più profondo e
complesso.
Imputare a Schoeder un comportamento “anomalo” impedisce di capire
quanto profonda è ormai la crisi della politica, Ciò che prevale
sono gli interessi dei grandi e piccoli potentati economici. Già 
in Germania molti ex ministri sono stati cooptati come alti
manager da società  economiche tedesche ed è diffusa nel mondo
l’abitudine della dirigenza politica a sollecitare risorse
finanziare per campagne elettorali sempre più costose. E
Berlusconi ha fatto scuola: l’economia può benissimo scendere
direttamente in campo in politica evitando così la fatica di
mettere al potere qualche proprio “dipendente”. E’ risaputo che il
conflitto d’interessi è una invenzione dei comunisti, considerarlo
è comunque una arcaica esigenza .
E’ noto che una parte decisiva dell’Amministrazione di G.W.Bush è
composta da rappresentanti delle grandi corporation americane
chiamati a svolgere il ruolo di ministro o di sottosegretario.
E la politica del Presidente USA è ovviamente condizionata dagli
interessi dei lobbisti che siedono direttamente nel Gabinetto
presidenziale.
La prima esigenza di un qualsiasi candidato a qualche carica è
quella di aggregare risorse ed interessi: senza quattrini non si
vincono le elezioni. Così le multinazionali, non solo Usa, cercano
protezione attraverso un diffuso e trasparente meccanismo di
lobbies, controllano il processo legislativo e impediscono che
Senato e Camera dei Rappresentanti deliberino leggi in conflitto
con i propri interessi d’impresa. L’etica e i valori dominanti
sono esclusivamente quelli che servono ad aumentare il valore
delle azioni di Borsa.
Che cosa è oggi l’attività  politica? Un tempo c’erano coloro che
vivevano per la politica, non moltissimi ma nemmeno pochi. Gli
stipendi e prebende che ricevevano erano in genere non
entusiasmanti e non a caso pochi correvano per stare in qualche
lista elettorale.
Oggi c’è ne sono moltissimi che vivono di politica le retribuzioni
per incarichi pubblici non sono proprio insignificanti. La corsa
alle poltrone ha assunto le caratteristiche della corsa all’oro
nella California dell’ottocento. La nuova frontiera da noi è
entrare nel circolo degli eletti da qualche parte sia anche un
consiglio di quartiere. Da cosa nasce cosa.
Gli onorevoli Cesare Salvi e Massimo Villone hanno scritto un
saggio titolato “Il costo della democrazia”. Si tratta di un libro
significativo che interrompe un cupo silenzio su quanto è successo
negli ultimi dieci-quindici anni nelle retribuzioni del ceto
politico allargato e nei meccanismi di gestione della struttura
pubblica. E Berlusconi c’entra molto meno dell’onorevole Bassanini
nelle scelte fatte per arrivare all’attuale situazione.
Sapete a quanto ammonta il numero di coloro che vivono grazie alle
retribuzioni di quella che Massimo D’Alema ha chiamato la ”
Politica S.p.A”? Sono tra le ottocentomila al milione di persone
che percepiscono indennità , stipendi e prebende grazie alla
politica. Secondo gli estensori del libro, il costo si aggira
attorno ai tre, quattro miliardi di euro all’anno. Una casta
costosissima che in genere non si confronta con l’amato mercato.
Sono cifre che lasciano interdetti e attoniti. E’ convinzione
diffusa che la politica serve ormai a poco e i partiti sono
considerati inaffidabili e privi di qualsiasi appeal, ma essere
dentro l’elite politico-amministrativa può cambiarti la vita.
La politica è veramente in un angolo e tutto lo dimostra. Perchè è
successo? Non si tratta di problema esclusivamente italiano, ma in
Italia il degrado è stato forse più accelerato.
Come stiamo in Umbria? Non ci sono studi al riguardo e forse
sarebbe utile conoscere quanti dipendenti ha la “Politica Umbra
S.p.A”.
La presidente Lorenzetti ha più volte ripetuto l’impegno per una
riforma endoregionale capace di tagliare e innovare la struttura
pubblica. Con la massima fiducia nelle intenzioni suggeriamo di
affrontare anche la questione del perchè sia scomparso lo stesso
concetto di volontariato nella politica. Si scoprirà  forse che non
si tratta di una complessiva caduta dell’etica. Molte
organizzazioni vivono nella società  grazie al volontariato di
giovani e di meno giovani. Forse si tratta di lavorare affinchè la
politica e l’amministrare il bene pubblico ritrovino un senso e
producano valori e progetti capaci di mobilitare la gente.
Ottenere questo non sarà  facile. La pur forte maggioranza che
gestisce la Regione sembra dividersi su molte cose. Non sono un
tuttologo e quindi non posso esprimere valutazioni rispetto alla
legge sul “Sistema integrato per i servizi socio integrativi della
prima infanzia” approvata recentemente con il voto contrario di
Rifondazione. Quello che risulta evidente è il dato politico:
maggioranze consiliari variabili su questioni importanti non
aiutano a dare credibilità  e forza alla politica.
Corriere dell’Umbria 18 dicembre 2005

Sciopero sacrosanto, governo sordo

Nel passato, non tanto remoto, uno sciopero generale indetto dalle
confederazioni sindacali poteva provocare la crisi dell’esecutivo
se l’oggetto dello sciopero era la politica del governo. Nell’era
del berlusconismo di scioperi generali ve ne sono stati sei, e
tutte le manifestazioni erano contro l’azione del gabinetto
guidato da Berlusconi. Il 41% della forza lavoro non ha avuto
rinnovato il proprio contratto di lavoro, la finanziaria per il
2006 taglia agli enti locali sostanziali trasferimenti per i
servizi sociali, la sanità  pubblica rischia alla grande in
mancanza di risorse certe. In Umbria mancheranno circa 100 milioni
di euro soltanto per la sanità . A voglia mettere ticket assessore
Riommi!
Uno sciopero pieno di contenuti non generici, quindi. Nonostante
questo: noi tireremo dritto, fa capire Berlusconi. I motivi dello
sciopero non sembrano interessare il cavaliere. Impegnato nella
campagna elettorale Berlusconi parla d’altro. L’argomentare del
Nostro è ricco di creatività  e di humour. L’ultima facezia è
questa: “Se vincono i comunisti non riusciremo più a vendere il
nostro vino e la nostra moda in Usa, tutto il Made in Italy
entrerà  in crisi”. Si potrebbe osservare che nei quattro anni e
mezzo del governo Berlusconi-Bossi-Fini le esportazioni italiane
sono tracollate e i fasti del Made in Italy sono soltanto un
lontano ricordo. Che dire poi dei “comunisti”? Ve lo immaginate
Fassino che lotta per il comunismo? Il segretario diessino è
impegnatissimo, come un pioniere americano, nella lotta per la
costruzione del partito democratico e, poi il segretario, avendo
una formazione cattolica con i Padri Gesuiti aborrisce certamente
le teorie del Moro di Treviri. Lo stesso onorevole Cossutta,
verificato che il comunismo non c’è più, è disponibile a
rinunciare alla falce e martello per fare una lista elettorale con
Pecoraro Scanio. Bertinotti ha i suoi problemi con Dio e con la
religione e trova complicato rispondere alla domanda del perchè si
dichiara ancora comunista.
Parlare di pericolo comunista in Italia sembrerebbe quindi
esagerato, eppure l’asse della propaganda berlusconiana è proprio
incentrato su questo. Perchè? La speranza di vittoria alle
prossime elezioni politiche per il centrodestra, è riuscire ad
imporre una campagna tutta ideologica che prescinde dai problemi
reali.
Non va sottovalutata affatto la scelta berlusconiana. Il suo amico
G.W.Bush ha vinto in America proprio perchè è riuscito a spostare
l’attenzione dell’elettorato dalle questioni materiali (guerra,
crisi economica, impoverimento della gente, servizi sociali allo
sfascio) a problematiche morali e religiose sotto la bandiera
della lotta al terrorismo.
La truffaldina legge elettorale (il toscanellum) può riservare
sorprese e in ogni caso non assicura la certezza della vittoria.
Impedire una campagna elettorale che parli delle cose fatte dai
pessimi governi di centrodestra: è questo l’obbiettivo. Così si
riapre il capitolo della legge sull’aborto, si rispolvera lo
spettro del comunismo e da qui ad aprile ne sentiremo delle belle.
Che il Paese continui il suo lento declino interessa poco.
L’importante è il mantenimento del potere. Conservazione del
potere che è stata fino ad ora molto redditizia per il Boss di
Arcore.
Anche un esame sommario dei bilanci delle società  di proprietà 
della famiglia Berlusconi dimostra che il capo di Forza Italia non
ha lavorato gratis come sostiene, per tutti noi.
I problemi sollevati dallo sciopero di venerdì non interessano
soltanto il centrodestra. Prodi e l’Unione, se vincono le
elezioni, non avranno vita facile ed è impensabile che si agisca
come se il berlusconismo sia da mettere tra parentesi per
riprendere il percorso del primo governo di centrosinistra. Con la
stessa filosofia e con le stesse soluzioni non si va da nessuna
parte. Berlusconi vinse nel 2001 anche perchè i governi Prodi,
D’Alema e Amato non riuscirono a governare bene.
Ad esempio, le politiche del lavoro di quegli anni furono
sbagliate. Perchè? L’Italia è tra i Paesi europei a più basso
tasso di disoccupazione eppure la quota del monte salari sul
prodotto interno lordo continua a diminuire. Che vuol significare
questo dato?
Semplicemente i posti di lavoro che si creano continuano ad essere
precari e pessimamente retribuiti. Non si è realizzata una
flessibilità  del lavoro si è invece essenzialmente indebolita ogni
capacità  contrattuale per il singolo lavoratore e ciò non ha fatto
alcun bene alla crescita delle aziende se è vero che in questi
anni è continuato il processo di deindustrializzazione del Paese
senza che sia cresciuto in maniera significativa un terziario
avanzato degno di questo nome.
In Umbria, nel nostro piccolo, non è che le cose siano andate
diversamente. Il nostro tasso di disoccupazione è forse al minimo
storico, ma il monte salari e stipendi non ha migliorato affatto
la sua incidenza sul PIL regionale. Sarebbe utile uno studio al
riguardo, l’impressione è che la precarietà  del posto del lavoro
domina nella nuova occupazione. Lo stesso tessuto produttivo
continua ad indebolirsi nel settore industriale e le imprese del
terziario avanzato stentano a crescere. Si conferma uno sviluppo a
macchia di leopardo con isole di eccellenza, ma con significative
crisi imprenditoriali in molte aree della regione. La parola
d’ordine, più volte enfatizzata, dell’innovazione non si sostanzia
con scelte concrete della pubblica amministrazione. E’ assente
ingiustificata la domanda pubblica per processi di innovazione
tecnologica. E se il pubblico non si ammoderna difficile far
crescere imprese nel campo dell’informatica e delle tecnologie
della comunicazione.
Corriere dell’Umbria 27 novembre 2005