da Francesco Mandarini | Ago 6, 2013
La generazione di Enzo Forini è stata una generazione che ha vinto molte battaglie ma che ha perso la guerra. Una generazione che, avendo vent’anni all’inizio degli anni ’60, ha contribuito in maniera decisiva alle lotte e alle trasformazioni del Paese. Molti sono i libri di “pentiti” di quello straordinario periodo, pochi quelli che ricostruiscono con rigore gli anni delle lotte operaie e studentesche che produssero mutamenti profondi nella società italiana. Quel fiume che sembrava incontenibile della sinistra italiana, quella comunista in particolare, si dissolse in mille rivoli segnati da bandierine e da leader chiassosi e intolleranti che facevano, certo inconsapevolmente, il gioco della parte più conservatrice del PCI. Enzo era un ragazzo con “la maglietta a strisce”, il simbolo dei giovani che nel luglio del 1960 occuparono le piazze di mille città per impedire che il governo Tambroni vivesse appoggiato dai fascisti. L’intensa attività politica di Enzo cominciò a Perugia prima di allora. In Porta Sant’Angelo si trovavano tre sezioni politiche: una del PCI, una del PSI e una di PCI e PSI insieme. Enzo frequentava, naturalmente, quella del PCI. Organizzati da lui e da altri compagni, si svolgevano in sezione degli incontri settimanali sotto l’etichetta “Studenti e Operai”. Erano incontri di studio della politica e dell’economia. Allora nacque l’amicizia tra noi, Enzo, Francesco, Enrico. Un’amicizia che è durata tutta la vita nonostante che i percorsi politici avrebbero potuto dividerci. Contribuimmo a rendere la federazione dei giovani comunisti un’organizzazione di massa (non c’è esagerazione, soltanto alla Perugina gli iscritti erano diverse centinaia) e la frequentazione della Federazione del PCI di Piazza della Repubblica divenne fatto quotidiano. La passione per la politica era tale in Enzo che accettò di divenire corrispondente de “l’Unità”. Strutturalmente contrario a ogni burocrazia, entrò nell’apparato. In Piazza della Repubblica era molto stimato e amato per la sua capacità di rendere la pratica politica anche occasione di scherzi. Leggendarie le sue telefonate fingendosi Togliatti. Il compagno al centralino ci cadeva sempre e a Gino Galli o a Pietro Conti, erano annunciate telefonate improbabili che comunque mettevano tutti in agitazione. Il lavoro che piaceva più a Enzo non era quello di corrispondente del giornale. Preferiva di molto la costruzione dei volantini e del nostro periodico che ogni mese era ciclostilato in Federazione. Come grafico Enzo aveva in Gino Galli, segretario delle Federazione, un grande maestro. Del giornaletto, ricordiamo solo la machette: Il comunismo è la giovinezza del mondo. La volle Enzo e a questa convinzione e grande utopia è rimasto fedele fino alla fine. Quando al XII congresso del PCI Gambuli lesse la lettera di Enzo che annunciava l’uscita dal partito sua e di altri compagni, alla Sala dei Notari ci fu una specie di scoramento collettivo. Nessuna asprezza dei delegati né di Gambuli. Dolore perché una parte decisiva dei dirigenti della generazione di Enzo stava scegliendo un’altra strada per costruire una società più giusta. Il PCI è scomparso, il “Manifesto” non brilla di salute e i movimenti politici di oggi sono altra cosa rispetto a quelli conosciuti nel passato. Dopo quel periodo di divisione lavorò intensamente sulle questioni internazionali. Le occasioni non mancarono (la Grecia, il Medio Oriente, più tardi il Vietnam) e la sostanziosa presenza a Perugia di studenti e militanti di vari Paesi gli consentì la costruzione di dibattito e organizzazione. Ci furono spesso fra noi dissensi e valutazioni diverse sui movimenti, i nazionalismi soprattutto del mondo arabo. Enzo non negava i problemi, ma invitava a riflettere ricordandoci che noi comunisti italiani siamo figli della più grande avventura rivoluzionaria del Secolo e della sua altrettanto grande degenerazione. Chi siamo per giudicare le debolezze e le degenerazioni di movimenti di molto meno solida cultura e forza politica? Constatazione amara, non giustificazione. Con cui chiuse anche un periodo della sua vita.
Dalla politica attiva Enzo si era staccato da anni. La causa, dichiarata più volte, fu la prima guerra contro l’Iraq. La sua tesi di laurea verteva sulla storia del Partito Baath. Fondamentale nella sua formazione fu la sua permanenza a Baghdad per studiare e scrivere la tesi. La guerra di Bush senior contro il popolo irakeno dimostrava, per Enzo, l’impossibilità di contrastare per una lunga fase l’imperialismo. Meglio studiare allora e rinunciare a un’attività politica insoddisfacente. Le macerie del muro di Berlino continuavano a segnare la crisi anche di movimenti da sempre violentemente critici dell’Urss. La politica comunque segna tutta l’attività professionale di Enzo Forini. Quando all’inizio degli anni ’80 cominciò a lavorare all’Università per Stranieri per lui non fu semplice. Di comunisti nella struttura non ve ne erano, Enzo comunista era e non lo nascondeva. Ci volle tutta la sua intelligenza e passione per convincere il Rettore dell’esigenza di costruire una risposta più articolata alle problematiche dei giovani studenti. Nacque così il Centro Sociale dell’Università che in breve tempo divenne una fucina d’iniziative culturali e sociali che hanno, negli anni, reso Enzo il punto di riferimento degli studenti di ogni parte del mondo. Nel Centro sono passati futuri ministri africani o arabi, donne e uomini che riconoscevano in Enzo, il comunista Enzo, l’interlocutore per le iniziative più disparate che aumentavano alla grande l’offerta culturale di Perugia e presentavano al mondo un’Italia diversa, più tollerante e aperta. Merito indubbio di Enzo Forini è stato quello di mantenere salda nella sua mente l’utopia comunista e la sua visione internazionalista. Gli ha consentito di farsi apprezzare da gente di ogni colore e stato sociale. Un compagno e un amico indimenticabile con il quale abbiamo spesso riflettuto sulla frase del militante spagnolo Diego Mora del film di Resnais La guerra è finita: “La pazienza e l’ironia sono le due virtù principali dei rivoluzionari”.
Francesco Mandarini Enrico Mantovani
Micropolis Luglio 2013
da Francesco Mandarini | Lug 19, 2013
Lentamente, ma con determinazione di opinion maker di ogni stile e colore ci stiamo abituando al “Re d’Italia”. Nell’ultimo anno Napolitano, presidente della repubblica, ha un comportamento e prende decisioni che poco corrispondono al suo ruolo di arbitro e da garante dell’equilibrio dei poteri fissati nella carta costituzionale. L’Italia è una repubblica parlamentare. Ciò significa che il potere primario appartiene alle assemblee elettive su mandato del popolo. E’ vero che il parlamentari sono “nominati” e non eletti, ma ciò dipende da una legge elettorale voluta dalla destra berlusconiana e leghista che dovrebbe essere la prima legge da modificare, ma che nemmeno Napolitano sembra aver fretta di far abolire. Comunque rimane il fatto che quando il giorno prima dell’evento parlamentare Napolitano dichiara che il governo (e quindi Alfano) ha fatto bene nell’affaire dell’estradizione della moglie e della figlia di un dissidente, il presidente non fa l’arbitro ma il 12 dodicesimo giocatore della squadra e rende inutile il dibattito al Senato della Repubblica. Non va bene così. E’ un’opinione naturalmente espressa con il massimo rispetto-
da Francesco Mandarini | Apr 10, 2013
Il partito-azienda è stato una delle tante invenzioni italiane. Non esisteva in nessuna parte del mondo e ci volle, nel 1994, la creatività di Silvio Berlusconi per realizzare un agglomerato politico la cui proprietà era esclusiva competenza del fondatore. Esattamente come un’impresa economica non esistevano nello statuto meccanismi democratici che ne determinassero i metodi di formazione dei gruppi dirigenti e della leadership. Le risorse per il funzionamento di Forza Italia erano in massima parte riconducibili alle risorse del Capo. Lo straordinario successo nelle elezioni del 1994 (Forza Italia raggiunse il 21 per cento dei consensi) consentì a Berlusconi di formare un governo che, grazie a cinque senatori a vita ottenne la fiducia anche al Senato. (altro…)
da Francesco Mandarini | Apr 8, 2013
Il partito-azienda è stato una delle tante invenzioni italiane. Non esisteva in nessuna parte del mondo e ci volle, nel 1994, la creatività di Silvio Berlusconi per realizzare un agglomerato politico la cui proprietà era esclusiva competenza del fondatore. Esattamente come un’impresa economica non esistevano nello statuto meccanismi democratici che ne determinassero i metodi di formazione dei gruppi dirigenti e della leadership. Le risorse per il funzionamento di Forza Italia erano in massima parte riconducibili alle risorse del Capo. Lo straordinario successo nelle elezioni del 1994 (Forza Italia raggiunse il 21 per cento dei consensi) consentì a Berlusconi di formare un governo che, grazie a cinque senatori a vita ottenne la fiducia anche al Senato. Il partito-azienda del leader di Arcore ha cambiato nel profondo la politica e la democrazia repubblicana e ha fatto scuola. Di partiti e movimenti personali ne abbiamo conosciuti molti e molti sono scomparsi nel nulla senza rimpianti o nostalgie. Adesso dobbiamo confrontarci con un movimento-azienda. Quello guidato da Grillo. La forza di Berlusconi era frutto del dominio televisivo, il potere di Grillo è dovuto alla forza del suo blog. Secondo il “Il Sole24Ore” traffico stimato nel blog raggiunge una media tra i 150 e i 200mila utenti ogni giorno e circa un milione di pagine viste. La scelta di affidarsi alla pubblicità Google è piuttosto recente da parte della Casaleggio Associati. Con la crescita del Movimento il blog di Grillo è finito nella categoria top-site degli Ad-Sense di Google: la pubblicità sul blog del comico ora può essere stimata fino a un massimo di 2,49 euro per ogni click e cinque euro ogni mille visualizzazioni. Partendo da questi dati il Sole24Ore ha calcolato per Beppegrillo.it un ricavo annuo che oscilla tra i cinque e i dieci milioni di euro, anche se ci sono analisi (come quella di Webnews) che riducono la forchetta tra 1,5 e i 2,2 milioni. Tutto più che legittimo e frutto dell’intelligenza politica di Grillo il Magnifico. Il guru non ha avuto bisogno di leggi a persona com’è stato per la difesa dell’impero televisivo di Berlusconi. Il blog di Grillo è tra le top-ten di tutto il mondo. Anche il M5S è di proprietà privata. A differenza degli eletti a cariche amministrative o politiche di altri partiti, i militanti hanno fatto della sobrietà un valore assoluto. La campagna grillina contro i soldi pubblici ai partiti o ai giornali è stata una dei fattori della vittoria elettorale. L’aver considerato questo movimento come soltanto antipolitica e aver ritardato gli interventi a ridimensionamento dei costi della politica, è stato fatale per gli altri partiti. La pessima politica di tanti anni è stata il carburante utilizzato da Grillo per colpire un ceto politico inadeguato e troppe volte bulimico nei privilegi. Il partito democratico ha prodotto un profondo rinnovamento nelle sue rappresentanze parlamentari ma non è stato sufficiente per confermare il proprio elettorato. Tutti i partiti sono stati penalizzati nel voto. Il PDL è tornato al risultato del 1994, il PD perde oltre tre milioni di voti. Scompaiono nella lista Per Ingroia i tradizionali spezzoni della sinistra storica. Come fu errato considerare la vittoria di Berlusconi del ’94 come un incidente di percorso per i partiti di allora, sarebbe tragico pensare che il grillismo sia qualcosa destinato a dissolversi come neve al sole. Bisognerà farci i conti se si vuole trovare la strada del cambiamento in una situazione del Paese che rasenta il collasso economico e sociale, alcune delle istanze del M5S non possono che trovare ascolto. Può suscitare ilarità la scampagnata in torpedone dei parlamentari Grillini inseguiti dai giornalisti verso l’incontro con il Magnifico, ma si tratta di capire che ogni mossa è preordinata per dimostrare che il M5S è diverso dagli altri. La televisione ne parla, i giornalisti continuano in una sorta di mobbing fatto di domande che di solito non trovano risposta e i giornali sparano titoli sulle stranezze dei Grillini. Si tratta di marketing politico, ma non c’è solo quello. Ci sono centocinquanta parlamentari che devono fare il loro mestiere nell’interesse del Paese. Sono pagati per questo e al loro dovere devono essere sollecitati. Bersani ci ha provato con pazienza partendo proprio dall’interesse generale di dare un governo a questa Italia smarrita, disorientata. Ed è ingeneroso non apprezzare il tentativo fatto. Personalmente non mi entusiasmo quando la politica diviene spettacolo enfatizzato dagli streaming nè apprezzo quella dei talk show televisivi. Nell’ingorgo istituzionale in cui ci troviamo, sarebbe stato utile un partito democratico unito attorno al leader democraticamente eletto. Anche questa volta non è stato così. Denunciare perdite di tempo di Bersani o intelligenza con il nemico del capo dei democratici, lacera e non aiuta un processo positivo. I tempi sono dettati anche dalle leggi vigenti. La scadenza per l’elezione del nuovo presidente della repubblica è fissata per legge e soltanto le dimissioni di Napolitano potevano anticiparla. Napolitano ha scelto di rimanere al suo posto fino all’ultimo giorno consentito. E’ suo diritto. Sostenere che si sta perdendo tempo perchè il mondo corre veloce, è una sciocchezza. Il rispetto delle regole è il sale della democrazia. La politica, non solo in Italia, perde tempo da molti anni nell’affrontare i nodi della crisi provocata dalle politiche liberiste. Per cambiare ci vuole coraggio e pazienza. In questa fase rivendicare elezioni o accordi di governo tra PD e PDL non può che aggrovigliare ancora più le cose e certo non accelera i processi politici necessari.
Corriere dell’Umbria 7 aprile 2013
da Francesco Mandarini | Apr 3, 2013
Grillo il Magnifico, noto anche come “Insulto Permanente”, è fuori di sé dalla rabbia. Nonostante i ripetuti tentativi, il Capo dei rivoluzionari in rete non riesce a far decidere il PD e il PDL a fare il Governissimo. Il Grillo nazionale è riuscito a convincere Berlusconi a fare un governo anche guidato da Bersani, ma il PD non ci sta. Niente grande inciucio contro il quale il Magnifico avrebbe potuto scagliare le sue dotte e raffinate argomentazioni. Bisogna riconoscere che l’impresa tentata da Insulto Permanente, era titanica. Mettere insieme due partiti che hanno già sperimentato l’alleanza con il governo Monti con risultati non entusiasmanti? (altro…)
da Francesco Mandarini | Apr 2, 2013
Grillo il Magnifico, noto anche come “Insulto Permanente”, è fuori di sè dalla rabbia. Nonostante i ripetuti tentativi, il Capo dei rivoluzionari in rete non riesce a far decidere il PD e il PDL a fare il Governissimo. Il Grillo nazionale è riuscito a convincere Berlusconi a fare un governo anche guidato da Bersani, ma il PD non ci sta. Niente grande inciucio contro il quale il Magnifico avrebbe potuto scagliare le sue dotte e raffinate argomentazioni. Bisogna riconoscere che l’impresa tentata da Insulto Permanente, era titanica. Mettere insieme due partiti che hanno già sperimentato l’alleanza con il governo Monti con risultati non entusiasmanti? Dopo una campagna elettorale, che Berlusconi ha condotto annunciando lotte di piazza contro ogni tentativo di rendere il Paese un poco più civile rispetto al disastro morale e sociale provocati dalla destra al governo, in queste condizioni è difficile mettere insieme un’alleanza tra il cavaliere di Arcore e Bersani. Ringalluzzito, Berlusconi si è auto candidato per il Quirinale come piccolo riconoscimento per aver consentito al PD di avere il primo ministro. Accettare la grande coalizione significherebbe la morte del PD. Un partito che ha cercato di rinnovare la propria rappresentanza parlamentare con successo, ma che non gode di grande salute. Abbracciare i Berluscones ne certificherebbe la rovina, con buona pace dei pontieri interni. Preso atto del rifiuto dei democratici, il Gengis Khan del ventunesimo secolo ha cambiato linea. L’unico governo possibile è quello diretto dal movimento cinque stelle, ha bloggato. Giusta pretesa? Bersani ha la maggioranza assoluta alla Camera e una maggioranza relativa al Senato e non è riuscito a realizzare un’alleanza. Grillo rappresenta il 25% dell’elettorato ma vuole governare da solo. Un altro Unto dal Signore che moltiplica nell’immaginario la propria forza. Purtroppo Napolitano non intende conferire l’incarico di formare il governo al Senatore Crimi nè alla deputata capo gruppo grillina alla Camera. E allora? Elezioni anticipate l’unico scenario possibile? Situazione surreale se si pensa che sarebbe stato possibile formare un governo il cui programma poteva contenere elementi fondamentali delle priorità del M5S e chiudere finalmente il ventennio berlusconiano. Il Parlamento può funzionare anche senza governo sostiene Insulto Permanente, vada avanti il Monti dice. Che fretta c’è. Nel frattempo l’Italia si va decomponendo non solo economicamente. Parlare di tenuta sociale a rischio è non vedere la realtà . I rapporti sociali sono già imbarbariti. Una forza politica, si chiami partito o movimento, ha ragione di esistere esclusivamente se ha come orizzonte del suo agire l’interesse generale. La tragedia italiana è stata proprio quella di aver avuto un ceto politico che per moltissimi anni ha guardato esclusivamente al suo d’interesse. I partiti personali sono stati il contenitore adatto a salvaguardare gli interessi personali della casta. L’indignazione di tanti non aveva fino ad oggi prodotto alcuna possibilità di cambiamento. Merito anche del Grillismo è stato quello di obbligare il mondo della politica a riconsiderare se stesso. Il costo del sistema politico italiano è stato per anni intollerabile e l’autoreferenzialità dei partiti odiosa e antipopolare. Non ci sono dubbi al riguardo e la critica a tutto ciò non può semplicemente essere definita l’antipolitica. Questa è responsabilità di coloro che hanno prodotto la politica dell’avanspettacolo in voga da vent’anni. Le cose sono però in una fase di cambiamento e sarebbe errato non continuare a ricostruire partiti che producono la buona politica. Le possibilità oggi esistono. Il centrosinistra ha rinnovato radicalmente la sua classe dirigente, basta guardare ai parlamentari. Il M5S ha fatto eleggere giovani, donne e uomini, che certo hanno bisogno di apprendere i meccanismi della democrazia rappresentativa, ma anch’essi possono contribuire in modo importante al cambiamento del rapporto tra cittadini e mondo delle istituzioni. Interrompere questo processo favorendo lo scioglimento di un parlamento rinnovato sarebbe una responsabilità gravissima. Spetta a Napolitano scegliere come impedire il collasso della legislatura o passare la mano al prossimo inquilino del Quirinale. Le sue consultazioni non hanno modificato in nulla le posizioni dei vari partiti. Sommessamente osservo che aver proceduto con un incarico soltanto esplorativo non ha favorito il tentativo di Bersani. Legittimo sarebbe stato un incarico pieno da far verificare al Parlamento e forse Bersani questo doveva pretendere. Siamo ancora una repubblica parlamentare ed è il parlamento che ha il potere di conferire o no la fiducia a un’ipotesi di governo. E’ stata scelta un’altra strada e si è fallito anche con momenti di cedimento alla politica come spettacolo. La diretta streaming del colloquio Bersani movimento cinque stelle rientra in questa categoria. Allucinante. L’agire politico, la democrazia, presuppone anche la mediazione con le idee dei vari protagonisti. Si vuole la diretta perchè ciò che interessa è ottenere tanti “mi piace” nel blog più famoso d’Italia. Se l’estremismo era considerato da Lenin la malattia infantile del comunismo, l’enfasi sul ruolo del web può essere considerata l’arma di un mondo a-democratico. Non piace a tutti.
Corriere dell’Umbria 31 Marzo 2013