da Francesco Mandarini | Lug 17, 2012
Per gli attori protagonisti il cast è a buon punto. Certa la presenza di Silvio Berlusconi e Tony Blair, si attende la disponibilità di Umberto Bossi per programmare le riprese. Il titolo non ancora definitivo potrebbe essere “La notte del governo dei morti viventi”, ma non è detto che sarà questo. Più che all’horror movies il produttore sembra intenzionato, con qualche ragione, a dare un taglio comico al film. Se questa fosse la scelta altri protagonisti sarebbero indispensabili. Contatti sono in corso con gli alti dirigenti della Moody’s, l’agenzia di rating che ha declassato il debito sovrano italiano la notte prima di un’asta sui BBT. Moody’s è la stessa agenzia che ha nel carnet altre corrette previsioni: la conglomerata americana Enron giudicata con la tripla AAA dai signori della Moody’s nel duemilauno, fallita miseramente. Come dimenticare la tripla AAA assegnata alla Lehman Brothers nel duemilaotto anch’essa improvvisamente venuta meno? Si potrebbe continuare ma servirebbe a poco: siamo nelle mani di speculatori che agiscono senza contrasto alcuno. Com’è possibile considerare l’Italia meno affidabile del Kazakistan? L’Italia nonostante i disastri dei berluscones al governo rimane la seconda potenza manifatturiera dell’Europa. Mario Monti ha ragione nella protesta contro l’agenzia di rating. Dovrebbe domandarsi però che cosa stanno facendo le èlite politiche europee per contrastare la guerra all’euro voluta essenzialmente dai proprietari delle agenzie di rating. Perchè di guerra contro l’euro si tratta. Obama può lamentarsi quanto vuole per la mancata crescita europea: i proprietari delle agenzie di rating sono i soci dei grandi fondi d’investimento americani che guadagnano proprio sulle valutazioni delle società di rating. Potrebbe il presidente discutere della cosa con Buffet il multimiliardario suo sponsor e uno dei proprietari della Moody’s? Che concorrenza ci può essere quando le tre agenzie di rating americane controllano il novanta per cento del mercato su cui si fanno soldi? Possibile che la Comunità Europea che crea strutture su strutture spesso inutili, non sia riuscita a darsi agenzie di rating indipendenti? Il problema è l’ideologia dominante. Essa assegna al mercato un ruolo salvifico nonostante sia evidente che, quello finanziario, è un mercato truccato. L’austerità imposta ai popoli non è riuscita a invertire i processi recessivi, serve a garantire lauti guadagni agli speculatori e a garantire alla Germania investimenti a tasso zero. Quanto può durare una situazione in cui la democrazia sembra sospesa e tutto è deciso da entità misteriose ai più? La tenuta sociale è ormai a limiti preoccupanti in Grecia, in Spagna, in Portogallo e in Italia. L’economia reale non dà segni di ripresa perchè le “riforme” del governo Monti anche nei loro aspetti positivi, non riescono ad attivare la fiducia nelle forze produttive di cui rimane pur ricco il Paese. E’ intollerabile che il mondo del lavoro e della produzione sia considerato una lobby e il mondo delle banche e della finanza l’entità da salvaguardare costi quel che costi e di là dei concreti comportamenti dell’universo del credito. Il problema è politico. Gli informi agglomerati chiamati partiti, sembrano essere tutti in confusione permanente. Il povero Alfano dovrà aspettare un altro giro. Ha ballato una sola estate, il Capo è tornato. Maroni cerca educatamente di ridare un senso al leghismo ma le macerie da rimuovere sono tante. Come tante sono le incertezze nel campo del centrosinistra. L’azione del governo Monti ha sparigliato le forze in campo. L’unico che sembra avere il vento in poppa è il movimento dei Grillini. Ciò incide nella tenuta di tutte le forze politiche tradizionali. E tutte sembrano alla ricerca di un punto di gravità permanente. Confesso di non aver ancora capito quale idea di alleanza ha in testa il partito democratico. Dopo il fallimento dei governi Prodi è giustificata la cautela nella scelta degli alleati. Non aiutano certo le sparate dipietriste ma dannose sembrano essere anche le fughe in avanti dei montiani interni al partito di Bersani. Duole dirlo ma l’impressione che si ha è che il PD rimane lacerato dalle sue diverse sensibilità . Un partito che sta rischiando alla grande scegliendo di spostare ancora più al centro la sua posizione. Sarebbe ingeneroso non valutare l’oggettiva difficoltà del principale partito del centrosinistra. Nella scelta di salvare il governo Monti Bersani e company, hanno dovuto accettare provvedimenti che penalizzano ceti cui il PD deve rispondere. La revisione della spesa pubblica sacrosanta in molti aspetti, è anche micidiale per la tenuta di quel minimo di Stato Sociale costruito in tanti anni di lotte democratiche. Si colpisce la sanità nei suoi sprechi? Non solo. Non tutti i sistemi sanitari regionali sono fondati sullo spreco. Complessivamente l’incidenza della sanità sul prodotto interno lordo è di circa il sette per cento, un punto in meno della media europea. Se qualcuno ha in mente la privatizzazione come panacea, sommessamente ricordo che la sanità privata americana incide per il diciotto per cento sul PIL. Tagli lineari sono sbagliati colpiscono le eccellenze e possono favorire soltanto la sanità privata che, come detto, costa molto di più di una buona sanità pubblica. Anche in Umbria la responsabilità di ciascuno deve essere quella di ricercare senza paraocchi o interessi particolari dove produrre risparmi e innovare la risposta ai bisogni dei cittadini. Le sacche di privilegio e di particolarismi possono e devono essere sconfitte.
Corriere dell’Umbria 15 luglio 2012
da Francesco Mandarini | Lug 17, 2012
Per gli attori protagonisti il cast è a buon punto. Certa la presenza di Silvio Berlusconi e Tony Blair, si attende la disponibilità di Umberto Bossi per programmare le riprese. Il titolo non ancora definitivo potrebbe essere “La notte del governo dei morti viventiâ€, ma non è detto che sarà questo. Più che all’horror movies il produttore sembra intenzionato, con qualche ragione, a dare un taglio comico al film. Se questa fosse la scelta altri protagonisti sarebbero indispensabili. Contatti sono in corso con gli alti dirigenti della Moody’s, l’agenzia di rating che ha declassato il debito sovrano italiano la notte prima di un’asta sui BBT. Moody’s è la stessa agenzia che ha nel carnet altre corrette previsioni: la conglomerata americana Enron giudicata con la tripla AAA dai signori della Moody’s nel duemilauno, fallita miseramente. Come dimenticare la tripla AAA assegnata alla Lehman Brothers nel duemilaotto anch’essa improvvisamente venuta meno? Si potrebbe continuare ma servirebbe a poco: siamo nelle mani di speculatori che agiscono senza contrasto alcuno. Com’è possibile considerare l’Italia meno affidabile del Kazakistan? L’Italia nonostante i disastri dei berluscones al governo rimane la seconda potenza manifatturiera dell’Europa. Mario Monti ha ragione nella protesta contro l’agenzia di rating. Dovrebbe domandarsi però che cosa stanno facendo le élite politiche europee per contrastare la guerra all’euro voluta essenzialmente dai proprietari delle agenzie di rating. Perché di guerra contro l’euro si tratta. Obama può lamentarsi quanto vuole per la mancata crescita europea: i proprietari delle agenzie di rating sono i soci dei grandi fondi d’investimento americani che guadagnano proprio sulle valutazioni delle società di rating. Potrebbe il presidente discutere della cosa con Buffet il multimiliardario suo sponsor e uno dei proprietari della Moody’s? Che concorrenza ci può essere quando le tre agenzie di rating americane controllano il novanta per cento del mercato su cui si fanno soldi? Possibile che la Comunità Europea che crea strutture su strutture spesso inutili, non sia riuscita a darsi agenzie di rating indipendenti? Il problema è l’ideologia dominante. Essa assegna al mercato un ruolo salvifico nonostante sia evidente che, quello finanziario, è un mercato truccato. L’austerità imposta ai popoli non è riuscita a invertire i processi recessivi, serve a garantire lauti guadagni agli speculatori e a garantire alla Germania investimenti a tasso zero. Quanto può durare una situazione in cui la democrazia sembra sospesa e tutto è deciso da entità misteriose ai più? La tenuta sociale è ormai a limiti preoccupanti in Grecia, in Spagna, in Portogallo e in Italia. L’economia reale non dà segni di ripresa perché le “riforme†del governo Monti anche nei loro aspetti positivi, non riescono ad attivare la fiducia nelle forze produttive di cui rimane pur ricco il Paese. E’ intollerabile che il mondo del lavoro e della produzione sia considerato una lobby e il mondo delle banche e della finanza l’entità da salvaguardare costi quel che costi e di là dei concreti comportamenti dell’universo del credito. Il problema è politico. Gli informi agglomerati chiamati partiti, sembrano essere tutti in confusione permanente. Il povero Alfano dovrà aspettare un altro giro. Ha ballato una sola estate, il Capo è tornato. Maroni cerca educatamente di ridare un senso al leghismo ma le macerie da rimuovere sono tante. Come tante sono le incertezze nel campo del centrosinistra. L’azione del governo Monti ha sparigliato le forze in campo. L’unico che sembra avere il vento in poppa è il movimento dei Grillini. Ciò incide nella tenuta di tutte le forze politiche tradizionali. E tutte sembrano alla ricerca di un punto di gravità permanente. Confesso di non aver ancora capito quale idea di alleanza ha in testa il partito democratico. Dopo il fallimento dei governi Prodi è giustificata la cautela nella scelta degli alleati. Non aiutano certo le sparate dipietriste ma dannose sembrano essere anche le fughe in avanti dei montiani interni al partito di Bersani. Duole dirlo ma l’impressione che si ha è che il PD rimane lacerato dalle sue diverse sensibilità . Un partito che sta rischiando alla grande scegliendo di spostare ancora più al centro la sua posizione. Sarebbe ingeneroso non valutare l’oggettiva difficoltà del principale partito del centrosinistra. Nella scelta di salvare il governo Monti Bersani e company, hanno dovuto accettare provvedimenti che penalizzano ceti cui il PD deve rispondere. La revisione della spesa pubblica sacrosanta in molti aspetti, è anche micidiale per la tenuta di quel minimo di Stato Sociale costruito in tanti anni di lotte democratiche. Si colpisce la sanità nei suoi sprechi? Non solo. Non tutti i sistemi sanitari regionali sono fondati sullo spreco. Complessivamente l’incidenza della sanità sul prodotto interno lordo è di circa il sette per cento, un punto in meno della media europea. Se qualcuno ha in mente la privatizzazione come panacea, sommessamente ricordo che la sanità privata americana incide per il diciotto per cento sul PIL. Tagli lineari sono sbagliati colpiscono le eccellenze e possono favorire soltanto la sanità privata che, come detto, costa molto di più di una buona sanità pubblica. Anche in Umbria la responsabilità di ciascuno deve essere quella di ricercare senza paraocchi o interessi particolari dove produrre risparmi e innovare la risposta ai bisogni dei cittadini. Le sacche di privilegio e di particolarismi possono e devono essere sconfitte.
Corriere dell’Umbria 15 luglio 2012
da Francesco Mandarini | Apr 12, 2012
Saranno anche chiacchiere da bar dello sport, ma l’impressione è che se la politica non si dà una mossa la catastrofe dei partiti porterà alla crisi irreversibile della democrazia repubblicana. Il “sono tutti uguali†è la frase più gridata. L’indignazione per l’ultimo scandalo sembra servire soltanto a far dimenticare gli scandali precedenti. Ogni giorno è una sorta di bollettino di guerra che descrive imbrogli e ruberie di ogni grado e tutte a danno delle risorse pubbliche. Molti descrivono la crisi dei partiti come senza ritorno. Ma può una democrazia vivere senza partiti? E questi partiti sono in grado di autoriformarsi? Come si spiega che alla cattiva fama della politica corrisponde una vera e propria corsa per occupare cariche politiche quale trampolino di lancio per un posto nella pubblica amministrazione? Ogni scadenza elettorale vede vere e proprie corride per occupare uno spazio in lista, una candidatura. Perché? Sarà la crisi, ma ormai per molti l’impegno politico sembra significare una carriera di lavoro che spesso è anche ben pagato. I tanti amministratori locali che per passione s’impegnano a vantaggio della collettività per qualche centinaio di Euro, non fanno più notizia. Le notizie sono di prebende e benefit fuori misura e finanziamenti pubblici ai partiti che definire scandalosi sembra un complimento. Personalmente sono convinto che la democrazia ha bisogno di risorse pubbliche per funzionare e che l’impegno politico possa essere remunerato. Con misura e a tempo però. Che un’ex presidente della Camera o del Senato possa mantenere privilegi in eterno mi sembra una forzatura non accettabile. E’ scioccante che i due ex presidenti di sinistra, Violante e Bertinotti, non abbiano seguito Casini nella rinuncia. Possibile che i due non capiscano che la scorta e l’auto blu non è più glamour, ma suscita gli sberleffi e la rabbia del popolo? Trovo intollerabile che partiti che non esistono da anni continuino ad avere rimborsi milionari. Intollerabile che le ingenti risorse ottenute con i rimborsi elettorali siano decuplicati negli anni e mai rendicontate a dovere. Chiedano i partiti un provvedimento urgente del governo per sanare una situazione vergognosa che contribuisce al disprezzo della gente per la politica. E’ tempo che i partiti siano disciplinati da una legge che ne preveda le norme essenziali di funzionamento. Credo che soltanto il PD utilizzi una società di certificazione dei bilanci. E’ importante ma non basta. Dovrebbe essere una scelta di tutti i partiti l’impegno a rendere più sobrie le spese e più trasparenti le procedure nella formazione dei gruppi dirigenti. Il problema decisivo per i partiti è la loro incapacità progettuale. Nonostante alcuni timidi passi nella giusta direzione, ancora oggi le formazioni politiche non rappresentano altro che comitati elettorali che vivono prevalentemente nel chiuso di ristretti gruppi di comando. Oligarchia è una brutta immagine che purtroppo descrive con precisione ciò che è il modo di essere di tutto l’universo politico. La grande contraddizione sta nel fatto che, l’esangue democrazia italiana, avrebbe bisogno di formazioni politiche in cui i cittadini possano riconoscersi contribuendo anche a renderle centri di elaborazione e di formazione. Con qualche flebile eccezione le attuali strutture organizzate non sembrano in grado di autoriformarsi. La scommessa però rimane quella di come aiutare questo processo. In ogni partito ci sono persone che vivono l’impegno politico come servizio e non come carriera. Purtroppo non riescono a emergere con l’energia necessaria. E’ tempo che lo facciano. Il disastro della seconda repubblica è di tale entità da rendere precaria la tenuta democratica di un Paese già annichilito dalla crisi economica. Il vuoto politico che si è creato è stato occupato dal così detto governo tecnico. Si può discettare sulla qualità tecnica e sul “Montismoâ€, ma esso è il risultato del fallimento dei partiti. E’ certo comunque che la fascia di persone che dichiarano la fuga dal prossimo voto politico si va allargando e gli stimoli dell’antipolitica si fanno ogni giorno più forti. Antonio Gramsci argomentò perché è la sinistra e non la destra che ha bisogno della politica per affermare le proprie idee. Naturalmente di una buona politica svolta nell’interesse generale e non per quello delle élite al potere.
Corriere dell’Umbria 9 aprile 2012
da Francesco Mandarini | Apr 12, 2012
Saranno anche chiacchiere da bar dello sport, ma l’impressione è che se la politica non si dà una mossa la catastrofe dei partiti porterà alla crisi irreversibile della democrazia repubblicana. Il “sono tutti uguali” è la frase più gridata. L’indignazione per l’ultimo scandalo sembra servire soltanto a far dimenticare gli scandali precedenti. Ogni giorno è una sorta di bollettino di guerra che descrive imbrogli e ruberie di ogni grado e tutte a danno delle risorse pubbliche. Molti descrivono la crisi dei partiti come senza ritorno. Ma può una democrazia vivere senza partiti? E questi partiti sono in grado di autoriformarsi? Come si spiega che alla cattiva fama della politica corrisponde una vera e propria corsa per occupare cariche politiche quale trampolino di lancio per un posto nella pubblica amministrazione? Ogni scadenza elettorale vede vere e proprie corride per occupare uno spazio in lista, una candidatura. Perchè? Sarà la crisi, ma ormai per molti l’impegno politico sembra significare una carriera di lavoro che spesso è anche ben pagato. I tanti amministratori locali che per passione s’impegnano a vantaggio della collettività per qualche centinaio di Euro, non fanno più notizia. Le notizie sono di prebende e benefit fuori misura e finanziamenti pubblici ai partiti che definire scandalosi sembra un complimento. Personalmente sono convinto che la democrazia ha bisogno di risorse pubbliche per funzionare e che l’impegno politico possa essere remunerato. Con misura e a tempo però. Che un’ex presidente della Camera o del Senato possa mantenere privilegi in eterno mi sembra una forzatura non accettabile. E’ scioccante che i due ex presidenti di sinistra, Violante e Bertinotti, non abbiano seguito Casini nella rinuncia. Possibile che i due non capiscano che la scorta e l’auto blu non è più glamour, ma suscita gli sberleffi e la rabbia del popolo? Trovo intollerabile che partiti che non esistono da anni continuino ad avere rimborsi milionari. Intollerabile che le ingenti risorse ottenute con i rimborsi elettorali siano decuplicati negli anni e mai rendicontate a dovere. Chiedano i partiti un provvedimento urgente del governo per sanare una situazione vergognosa che contribuisce al disprezzo della gente per la politica. E’ tempo che i partiti siano disciplinati da una legge che ne preveda le norme essenziali di funzionamento. Credo che soltanto il PD utilizzi una società di certificazione dei bilanci. E’ importante ma non basta. Dovrebbe essere una scelta di tutti i partiti l’impegno a rendere più sobrie le spese e più trasparenti le procedure nella formazione dei gruppi dirigenti. Il problema decisivo per i partiti è la loro incapacità progettuale. Nonostante alcuni timidi passi nella giusta direzione, ancora oggi le formazioni politiche non rappresentano altro che comitati elettorali che vivono prevalentemente nel chiuso di ristretti gruppi di comando. Oligarchia è una brutta immagine che purtroppo descrive con precisione ciò che è il modo di essere di tutto l’universo politico. La grande contraddizione sta nel fatto che, l’esangue democrazia italiana, avrebbe bisogno di formazioni politiche in cui i cittadini possano riconoscersi contribuendo anche a renderle centri di elaborazione e di formazione. Con qualche flebile eccezione le attuali strutture organizzate non sembrano in grado di autoriformarsi. La scommessa però rimane quella di come aiutare questo processo. In ogni partito ci sono persone che vivono l’impegno politico come servizio e non come carriera. Purtroppo non riescono a emergere con l’energia necessaria. E’ tempo che lo facciano. Il disastro della seconda repubblica è di tale entità da rendere precaria la tenuta democratica di un Paese già annichilito dalla crisi economica. Il vuoto politico che si è creato è stato occupato dal così detto governo tecnico. Si può discettare sulla qualità tecnica e sul “Montismo”, ma esso è il risultato del fallimento dei partiti. E’ certo comunque che la fascia di persone che dichiarano la fuga dal prossimo voto politico si va allargando e gli stimoli dell’antipolitica si fanno ogni giorno più forti. Antonio Gramsci argomentò perchè è la sinistra e non la destra che ha bisogno della politica per affermare le proprie idee. Naturalmente di una buona politica svolta nell’interesse generale e non per quello delle èlite al potere.
Corriere dell’Umbria 9 aprile 2012
da Francesco Mandarini | Mar 30, 2012
Le cause di lavoro pendenti in Italia sono centocinquantamila. Lo sapete quante sono attivate ai sensi dell’articolo diciotto dello Statuto dei Lavoratori? Tra le trecento e le cinquecento. Il nuovo presidente di Confindustria, Squinzi, ha confermato l’insignificanza della norma per il funzionamento delle imprese. Fior, fiore di economisti e imprenditori sostengono che, i bassi investimenti, sono dovuti essenzialmente alla burocrazia, alla giustizia amministrativa e alla criminalità organizzata. Oltre che, ovviamente, alla gravità della crisi economica mondiale. D’altra parte lo Statuto è una legge che vige da quarantadue anni e nel passato, investimenti esteri in Italia non sono mancati. Definire rigido un mercato del lavoro che ha quarantasette tipologie contrattuali sembrerebbe una follia frutto dell’ideologia liberista che vorrebbe l’assoluta libertà dell’imprenditore nella gestione della forza lavoro. Ma d’ideologia si tratta, non di leggi naturali. Lo stesso pensiero unico che ha prodotto la disastrosa situazione dell’economia occidentale. Indifferenti ai riscontri negativi del loro concreto agire, le classi al potere, testardamente, vogliono applicare le loro ricette in ogni Paese. L’hanno fatto in Grecia, in Portogallo, in Gran Bretagna, in Spagna. I risultati? Squilibri tali che mettono a rischio la stessa tenuta sociale delle diverse nazioni e un impoverimento generalizzato. Sobriamente coerente con il pensiero unico, il governo Monti cerca di applicare le stesse ricette anche in Italia. Non accetta veti da parte di nessuno, dice. Mi spezzo ma non mi piego, dice educatamente. In realtà la destra pidiellina ha bloccato ripetutamente Monti quando il Premier o i suoi ciarlieri ministri hanno parlato di Rai o di giustizia o di taxi. Non sembrerebbe politicamente corretto che i veti non valgono soltanto per il Partito Democratico. Questo partito ha accettato con grande generosità di appoggiare Monti. Bersani è in mezzo ai guai. Ancora una volta le diverse anime dei democratici si confrontano sul da fare e lo fanno con la consueta asprezza. C’è chi sostiene che tutto ciò che dice e fanno la Fornero e Monti va sostenuto di là del merito e chi vorrebbe almeno il diritto di interloquire. Come pensano i montiani del PD di avere i voti dei milioni di lavoratori colpiti dai provvedimenti “ideologici†del governo? Pensa davvero l’onorevole Fioroni che abolire le salvaguardie dell’articolo diciotto consentirà ai giovani di ottenere un posto di lavoro decente? Secondo quale esperienza, a minori diritti sono corrisposti massicci investimenti in nuove attività produttive? A oggi alla stretta di Marchionne sulle condizioni di vita dei lavoratori della FIAT, è seguita la minaccia dello stesso Marchionne di chiudere altri due stabilenti in Italia. Purtroppo l’impressione è che il partito democratico rischia l’implosione proprio sulla questione delle tutele dei lavoratori. C’è chi sostiene che sono interventi non coerenti con il suo ruolo istituzionale ma Il presidente Napolitano è ripetutamente intervenuto a sostegno della “riforma†del mercato del lavoro. Sono le fabbriche che chiudono il problema, dice il presidente. E’ vero ma rimane incomprensibile il nesso tra questa problematica con la destrutturazione dell’articolo diciotto. Non lo dice soltanto quella estremista della Camusso ma economisti moderati che non hanno in testa né Marx né Keynes.
P.S. Ottime notizie dal Nord: il partitino del candido Rutelli appoggerà la candidatura a sindaco del leghista Tosi. Perfetto.
Corriere dell’Umbria 25 marzo2012
da Francesco Mandarini | Mar 30, 2012
Le cause di lavoro pendenti in Italia sono centocinquantamila. Lo sapete quante sono attivate ai sensi dell’articolo diciotto dello Statuto dei Lavoratori? Tra le trecento e le cinquecento. Il nuovo presidente di Confindustria, Squinzi, ha confermato l’insignificanza della norma per il funzionamento delle imprese. Fior, fiore di economisti e imprenditori sostengono che, i bassi investimenti, sono dovuti essenzialmente alla burocrazia, alla giustizia amministrativa e alla criminalità organizzata. Oltre che, ovviamente, alla gravità della crisi economica mondiale. D’altra parte lo Statuto è una legge che vige da quarantadue anni e nel passato, investimenti esteri in Italia non sono mancati. Definire rigido un mercato del lavoro che ha quarantasette tipologie contrattuali sembrerebbe una follia frutto dell’ideologia liberista che vorrebbe l’assoluta libertà dell’imprenditore nella gestione della forza lavoro. Ma d’ideologia si tratta, non di leggi naturali. Lo stesso pensiero unico che ha prodotto la disastrosa situazione dell’economia occidentale. Indifferenti ai riscontri negativi del loro concreto agire, le classi al potere, testardamente, vogliono applicare le loro ricette in ogni Paese. L’hanno fatto in Grecia, in Portogallo, in Gran Bretagna, in Spagna. I risultati? Squilibri tali che mettono a rischio la stessa tenuta sociale delle diverse nazioni e un impoverimento generalizzato. Sobriamente coerente con il pensiero unico, il governo Monti cerca di applicare le stesse ricette anche in Italia. Non accetta veti da parte di nessuno, dice. Mi spezzo ma non mi piego, dice educatamente. In realtà la destra pidiellina ha bloccato ripetutamente Monti quando il Premier o i suoi ciarlieri ministri hanno parlato di Rai o di giustizia o di taxi. Non sembrerebbe politicamente corretto che i veti non valgono soltanto per il Partito Democratico. Questo partito ha accettato con grande generosità di appoggiare Monti. Bersani è in mezzo ai guai. Ancora una volta le diverse anime dei democratici si confrontano sul da fare e lo fanno con la consueta asprezza. C’è chi sostiene che tutto ciò che dice e fanno la Fornero e Monti va sostenuto di là del merito e chi vorrebbe almeno il diritto di interloquire. Come pensano i montiani del PD di avere i voti dei milioni di lavoratori colpiti dai provvedimenti “ideologici” del governo? Pensa davvero l’onorevole Fioroni che abolire le salvaguardie dell’articolo diciotto consentirà ai giovani di ottenere un posto di lavoro decente? Secondo quale esperienza, a minori diritti sono corrisposti massicci investimenti in nuove attività produttive? A oggi alla stretta di Marchionne sulle condizioni di vita dei lavoratori della FIAT, è seguita la minaccia dello stesso Marchionne di chiudere altri due stabilenti in Italia. Purtroppo l’impressione è che il partito democratico rischia l’implosione proprio sulla questione delle tutele dei lavoratori. C’è chi sostiene che sono interventi non coerenti con il suo ruolo istituzionale ma Il presidente Napolitano è ripetutamente intervenuto a sostegno della “riforma” del mercato del lavoro. Sono le fabbriche che chiudono il problema, dice il presidente. E’ vero ma rimane incomprensibile il nesso tra questa problematica con la destrutturazione dell’articolo diciotto. Non lo dice soltanto quella estremista della Camusso ma economisti moderati che non hanno in testa nè Marx nè Keynes.
P.S. Ottime notizie dal Nord: il partitino del candido Rutelli appoggerà la candidatura a sindaco del leghista Tosi. Perfetto.
Corriere dell’Umbria 25 marzo2012