Il referendum sindacale sul welfare e le elezioni primarie per il Partito Democratico sono stati due momenti che possono essere letti attraverso un significato politico simile? Credo proprio di sì. I due fatti ci dicono che, nonostante tutto, sopravvive una spinta alla partecipazione democratica molto forte che si esprime ad ogni occasione fornita dalle leadership politiche di ogni tipo e sensibilità  politica.
La consultazione sindacale è stata la dimostrazione del permanere di un ruolo sostanziale del sindacato nella società  italiana mentre le primarie, che hanno premiato Walter Veltroni,  sono state la dimostrazione concreta che l’ondata qualunquista contro la politica, può essere contrastata se si trovano forme di coinvolgimento della gente nelle scelte della politica.
Sia il referendum che le primarie della scorsa settimana hanno costituito motivo di attenzione per le forze progressiste europee, alcune delle quali sembrano interessate a un lavoro comune con il nuovo partito italiano. Non è poco.
Legittima quindi sia la soddisfazione di CGIL-CISL-UIL sia quella dei costruttori il nuovo partito. Dopo il compiacimento, consigliabile per tutti qualche momento di riflessione e di analisi delle consultazioni e dei problemi che permangono nel Paese.
Ad esempio, per il sindacato non può essere cosa irrilevante il fatto che una parte “emblematica” del mondo del lavoro, i metalmeccanici, abbia respinto l’accordo del 23 luglio.
Non può, Epifani, sottovalutare il fatto che milioni di precari non hanno potuto partecipare all’evento sindacale e che, d’altra parte, sembrerebbe fantasioso pensare che l’accordo risolva il problema del precariato in Italia. E più in generale i leader sindacali non possono non porsi il problema della ripartizione del reddito nazionale che si è consolidata negli ultimi decenni tra redditi da lavoro, redditi da capitale e da rendite finanziarie. L’impoverimento del valore del lavoro è un processo mondiale, ma in Italia per i lavoratori è andata molto peggio che in Francia o in Inghilterra. Non ci sarà  qualche responsabilità  anche del sindacato? L’accusa rivolta alle confederazioni è quella di proteggere i “garantiti”. E’ingenerosa? E’ probabile. Rimane il fatto che la precarietà : “àˆ un’emergenza etica e sociale, in grado di minare la stabilità  del Paese e compromettere seriamente il suo futuro.”. Non l’hanno detto gli estremisti del “Il Manifesto”, ma Papa Benedetto XVI.
La questione del precariato rimane questione centrale per l’Italia. Mobilitarsi contro è giusto.
Se questo è un problema (il problema), si capisce poco l’accanimento, anche dei leader sindacali, contro la manifestazione per combattere il precariato indetta dalla sinistra e che si è svolta a Roma il 20 ottobre. Stupefacente poi, la circolare prodotta dalla CGIL nazionale tesa ad impedire che le bandiere sindacali sfilassero in un corteo composto in massima parte da iscritti al sindacato. L’euforia da referendum dovrebbe lasciare il posto a qualche attimo di riflessione rispetto agli argomenti di chi non la pensa come Epifani o Angeletti.
Tutti i commentatori hanno segnalato la straordinaria partecipazione all’evento delle primarie per eleggere il segretario e le assemblee costituenti del Partito Democratico. Giustamente i leader dei partiti che si mescolano hanno salutato come un grande risultato la partecipazione popolare al voto. Solo qualche “invidioso” ha cercato di ridimensionare l’accaduto. Ma come già  scritto altre volte il PD è un’innovazione vera nel sistema politico italiano, non prenderne atto sarebbe un errore sia per la destra che per la sinistra politica. Il successo di Walter Veltroni è stato netto e diffuso nel territorio. Con rispetto viene spontaneo dire: E adesso, poveruomo? E sì perchè il plebiscito c’è stato, ma passata la legittima gioia per il risultato, al sindaco di Roma rimangono da affrontare i problemi di come costruire questo nuovo partito e come dare anima ad un qualcosa che per adesso tutto è meno che un organismo riconoscibile con valori e programmi chiari.
Il Partito Democratico? Un sogno durato molti anni, dice Veltroni. Ma come tutti i sogni possono morire all’alba se non si sceglie la strada giusta per realizzarlo. Occorre costruire un programma politico adeguato e bisogna formare gruppi dirigenti che abbiano intelligenza e legami con la gente magari diversi da quelli dell’attuale ceto politico al potere. Salvare il positivo del “vecchio” e sperimentare il meglio del nuovo sapendo che, come è ovvio, non sempre il nuovo è meglio del vecchio.
L’impresa non sarà  facile perchè tutto deve essere fatto con rapidità , ma in presenza di nodi e condizionamenti molto pesanti.
Il primo vincolo è costituito dal fatto che esiste un governo che si basa su una coalizione, l’Unione, certo molto frantumata, ma al momento l’unica possibile. Si può ambire ad essere un partito a vocazione maggioritaria, ma poi bisogna conquistarla la maggioranza degli elettori. Si può preferire l’alleanza con Casini invece che con Bertinotti, ma al momento in Parlamento questa maggioranza non esiste. Conseguentemente, se non sceglie di lavorare ad un governo istituzionale, il PD deve darsi nell’immediato un programma coerente con quello che ha portato al governo Prodi.
Come scontato, non sarà  la sinistra a mettere in crisi Prodi. La manifestazione di Roma è stata segno di una vitalità  democratica che sollecita il governo a ben operare contro la precarietà .
La campagna acquisti di Berlusconi e l’estremismo dei diniani, mastelliani, dipietristi, bordoniani e via, via elencando le forze del moderatismo d’assalto. E’ questo il progetto del complotto per destabilizzare il governo.

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