Basta seguire una qualsiasi trasmissione televisiva di approfondimento per capire che il mondo della politica è un mondo a parte che ha perduto qualsiasi capacità  di ascoltare e capire quello che la gente comune pensa e vuole e quali siano le priorità  di un Paese tramortito da una crisi che sembra non finire mai. Chi si era illuso che il ceto politico avesse capito il chiaro messaggio dei referendum e delle amministrative recenti, è servito: continuano a parlare ed insultarsi tra loro senza affrontare le contraddizioni di un mondo violentato dalle guerre e dalla speculazione finanziaria.
Ormai non passa giorno che non vede la richiesta di una procura di arresto di un parlamentare accusato di reati gravissimi.
Il ministro Tremonti, dopo aver dato del cretino a Brunetta, scopre che l’appartamento, dove usualmente abita a Roma, ha un canone mensile di 8500 Euro ed è pagato da un suo strettissimo collaboratore accusato di corruzione. Un altro ministro, Romano, sarà  rinviato a giudizio perchè accusato di rapporti con la mafia. Dopo aver sistemato i mille evasori delle quote latte, Bossi conferma l’indissolubilità  del suo rapporto con Berlusconi. Mercoledì minaccia catastrofi e il giovedì va a Palazzo Grazioli a prendere il tè con il Capo per confermare la fedeltà  dei padani. Il Venerdì torna in Padania e ricomincia a denunciare “Roma Ladrona”. Siamo ad un’ondata giornaliera di gag che purtroppo non hanno la qualità  di quelle tra Gianni e Pinotto o di Tognazzi e Vianello. Non c’è niente da ridere, il disprezzo e l’indignazione non sono esclusività  dei “comunisti”, riguarda uomini e donne di ogni ceto e di ogni latitudine. Sono settimane che nella civilissima Parma, donne uomini, vecchi e giovani, scendono in piazza per chiedere le dimissioni di un’amministrazione comunale macchiata da scandali e ruberie. Non sono i centri sociali, ma l’intero popolo che non accetta più di essere governata nell’illegalità . Quanto ci è costata in termini finanziari e di credibilità  nei mercati esteri questa settimana di ulteriori scandali e di insulti feroci tra i nostri governanti?
Che il debito pubblico italiano ha raggiunto dimensioni tali da richiedere grande rigore, è cosa da non discutere. Che il rigore deve essere garantito soltanto attraverso una sorta di patrimoniale atipica sui ceti meno abbienti, richiede qualche riflessione.
La storia economica insegna che l’impoverimento dei ceti medi comporta sempre la recessione di un Paese. Basta pensare al passato recente dell’Argentina o all’attuale situazione degli Stati Uniti d’America per capire che quando il potere di acquisto e di risparmio si abbassano per la maggior parte del popolo, la crisi si avvita verso la depressione. Le entrate dello Stato diminuiscono e il debito non si abbassa. Colpisce che la presidente degli industriali richieda un generico abbassamento della spesa pubblica. Perchè un conto sono gli sprechi da tagliare assieme alla burocrazia, un altro conto sono gli investimenti pubblici necessari a rendere l’Italia un Paese più moderno. Il tracollo degli appalti pubblici ad ogni livello non è una delle cause più serie della crisi? Senza domanda pubblica per servizi a infrastrutture con cosa pensa di rilanciare il sistema produttivo la Signora Marcegaglia?
Non è dato sapere con certezza le dimensioni della manovra che il governo Berlusconi si appresta a far approvare con voto di fiducia prima delle ferie parlamentari. I giornali di giovedì non davano informazioni univoche sulle dimensioni, ma tutti con nettezza individuavano coloro che sopporteranno il peso maggiore dei tagli.
Qualcuno ha definito la manovra tremontiana come una sorta di lotta di classe alla rovescia. Cioè saranno i più poveri a sostenere i maggiori carichi. Piccoli risparmiatori tassati pesantemente o dipendenti pubblici che non avranno aumenti stipendiali per i prossimi anni o pensionati che vedranno ulteriormente impoverite le loro pensioni. Praticamente ogni detrazione Irpef sarà  abrogata così la pressione fiscale aumenterà  per tutti coloro che le tasse le pagano. Tutti vivremo in uno Stato dove i servizi al cittadino saranno decisamente dimensionati al ribasso. Si allargherà  ulteriormente la forbice tra noi e il resto d’Europa per tutto ciò che riguarda le politiche per la famiglia, per l’assistenza in generale. Il supporto al lavoro giovanile o gli investimenti per la scuola e l’università  rimarranno pii desideri. Siamo ben ultimi nel continente già  oggi, staremo peggio dopo la cura del governo della destra.
Berlusconi ha detto che il welfare italiano è arcaico e che bisogna cambiarlo alla radice. Il cambiamento significherà , con i tagli previsti, che Regioni e autonomie locali non saranno più in grado di assicurare una sanità  efficace o trasporti locali adeguati nè prestazioni nelle politiche di assistenza. Non ci sarà  un Euro per uno straccio di politica per favorire l’occupazione dei giovani e delle donne.
Parlando con qualche amministratore locale ho avvertito una sorta di smarrimento per un futuro che si presenta difficile. E la difficoltà  è enfatizzata anche dalla coscienza che anche in Umbria il rapporto tra la politica e il popolo va malissimo. Non è un problema di scandali ma principalmente questione legata al modo di essere di un ceto politico chiuso nei suoi riti. Un dirigente di rilievo del PD mi ha detto smarrito: “Ma lo sai che ormai le correnti interne, che non si possono chiamare così perchè non è glamour, sono almeno otto? Come è possibile che un Sindaco, Fassino, appena eletto, con tutti i problemi della TAV venga in Umbria ad un’incontro di ventisei, diconsi ventisei appartenenti alla sua corrente?”.
Capisco lo smarrimento, capisco meno che dopo il voto di giugno i soliti noti abbiano ripreso a duellare come se niente fosse successo. Lotta senza tregua per ogni ipotesi di legge elettorale proporzionale o conferma del sistema maggioritario. Considerando il buon risultato di questi venti anni di leggi elettorali maggioritarie, meglio confermare il sogno rutelliano di eleggere un giorno il Sindaco d’Italia. Tanti affettuosi auguri ai fratelli coltelli di cui è colmo il riformismo italiano.

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