La campagna d’inverno televisiva del capo della destra italiana ha
ottenuto risultati? Uno senza dubbio alcuno: la dimostrazione
plastica della crisi del sistema democratico italiano. Una crisi
che nasce da lontano e che la sinistra ha subito, quando non
alimentato con la scelta sciagurata della personalizzazione della
politica. Ogni regola di decenza è stata strappata dal cavaliere
di Arcore senza che la “libera” stampa si sdegnasse più di tanto.
Flebili le voci dell’intellettualità  alla page, deboli le risposte
di fette consistenti della democrazia italiana organizzata nei
partiti politici o dalla società  civile. Stesso balbettio per
l’opzione di alleare la Casa delle Libertà  alle organizzazioni
fasciste italiane compiuta da Berlusconi nel silenzio del prode
Fini e del ridanciano Casini. Rimpiangere De Gasperi è per noi,
della redazione di Micropolis, duro da digerire e non lo
sopportiamo. Anche se non esiste in Europa alcun partito
conservatore che accetti di stare assieme al governo con i
fascisti, registriamo che pochi si sono indignati. E’ questa
l’evidente conferma della peculiarità  del berlusconismo come
sistema di valori che ha permeato una parte consistente del popolo
italiano.
Come ha reagito l’Unione all’aggressività  della destra? In una
fase ha prevalso lo sbigottimento ed una sorta di panico
collettivo ha preso dirigenti e popolo: la scontata vittoria il 9
aprile è divenuta meno certa. Poi per fortuna si è cominciato a
parlare delle cose da fare se il centrosinistra vincerà  le
prossime elezioni. Non ha provocato entusiasmi la presentazione
del programma dell’Ulivo anche per la mole del documento
programmatico. Sarebbe ingeneroso liquidare tutta l’elaborazione
come frutto di un compromesso moderato. Non è così. Anche se non
tutto ciò che è scritto convince, si può considerare un terreno
più avanzato il programma unionista? Discussione aperta. La cosa
che ha comunque colpito è stato l’esplodere immediato della
polemica interna agli unionisti. Presidenti, Illy e presidentesse,
Bresso, si sono sentiti in dovere di segnalare la loro
insoddisfazione rispetto al documento presentato da Prodi e
siglato dai segretari dei partiti dell’Unione. Che dire? La
feudalizzazione della politica produce oligarchie locali che
vogliono in ogni circostanza riaffermare il loro potere? Ci
sembrerebbe esagerato. In realtà  quello che continua a spaventarci
è il consolidamento di un ceto politico nazionale autoreferenziale
che costruisce “capi feudo” premiati con carriere politiche troppo
spesso decise quasi esclusivamente dal rapporto con il leader di
Roma. La discutibile e discussa metodologia delle elezioni
primarie per la scelta dei candidati per elaborare le liste dei
prossimi parlamentari è stata utilizzata soltanto in poche
province del Paese. Per il resto tutto è stato deciso nella
capitale. Come è ormai consueto l’Umbria non si è distinta per
alcuna forma di partecipazione popolare alla scelta dei candidati.
Quelli della lista unica DS-Margherita erano prevedibili da mesi.
Aspra è stata invece la tenzone dentro Rifondazione, ma alla fine
la scelta dei futuri eletti è stata quella voluta da Bertinotti.
Come è nostro costume non esprimeremo valutazioni relative alle
candidature. Si tratta di nomi di lunga esperienza politica che
non hanno un gran bisogno di presentazione avendo partecipato al
gran gioco dell’oca caratteristico di questi anni di crisi dei
partiti di massa. Fanno tutti parte di quel ceto politico che, nel
bene e nel male, governa l’Umbria da qualche lustro.
Ribadiamo invece la nostra preoccupazione rispetto al metodo
ancora una volta scelto per costruire la classe dirigente politica
del centrosinistra. Metodo ancora più grave in presenza di una
sciagurata legge elettorale che falsamente viene presentata come
proporzionale. Si tratta di una truffa che ha dato ai vertici dei
partiti tutto il potere di scelta degli eletti e che con il
meccanismo dei premi di maggioranza può rovesciare la volontà 
popolare.
Rimaniamo convinti che la scelta della lista unica come premessa
del nuovo partito democratico è una scelta infelice e rischiosa
per lo stesso risultato elettorale. Una scelta che può produrre
molti danni collaterali. Strano che l’allievo dei gesuiti, Fassino,
abbia sottovalutato il rischio che una parte dell’elettorato di
sinistra preferisca la laica “Rosa nel pugno” all’ambiguità  della
alaicità  della lista con l’allievo del cardinal Ruini, Rutelli.
Ci sarà  consentita inoltre qualche perplessità  nell’immaginare in
una sola formazione politica leader che hanno faticato alla grande
per costruire un progetto di governo, si sono combattuti per
ottenere qualche posto in più in lista e che hanno radici
culturali e politiche molto diverse. Come immaginare in un solo
partito Fisichella e Fabio Mussi o Carnieri insieme a Bocci? Chi
vivrà , vedrà . Lo scetticismo è legittimo.
Per intanto è importante battere Berlusconi e possibilmente
incrinare il berlusconismo. Da qui il nostro impegno nella
campagna elettorale. Possiamo giudicare come vogliamo il programma
dell’Unione o i candidati proposti. Ciò che non possiamo fare,
anche elaborando le critiche più aspre rispetto al centrosinistra,
dare spazio all’astensionismo. Non ci si può astenere: sconfiggere
la destra costituisce la premessa per costruire un terreno più
avanzato anche per la sinistra che vogliamo rappresentare con il
nostro mensile politico.
Abbiamo coscienza che il berlusconismo sopravvivrà  a Berlusconi.
Siamo consapevoli che occorrerà  molto tempo prima che la
democrazia italiana esca dalla crisi consolidatasi in questi anni
anche per scelte e impostazioni istituzionali di una parte
consistente dei riformisti nostrani. Minoritarie sono all’interno
dei DS le voci che cercano di riconsiderare i sistemi elettorali
anche alla luce della crisi della rappresentanza. Disattenta
Rifondazione per tutto ciò che riguarda le questioni del sistema
istituzionale. Ancora inesistenti nei partiti riflessioni attorno
alle tematiche del federalismo o del presidenzialismo regionale.
Sconfiggere la destra populista è anche un bel aiuto a far
riflettere i nostri non più giovani eroi unionisti attorno alla
questione della ricostruzione di una democrazia di massa. La
consideriamo l’unica medicina per la leaderite acuta di cui molti
di loro soffrono.
Micropolis febbraio 2006

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