Le liste per le elezioni regionali devono essere presentate in
tempi ravvicinati, non c’è tempo per grandi ragionamenti
programmatici nè per una valutazione del lavoro svolto dagli
attuali componenti del consiglio regionale. E’ mostrato
apertamente davanti all’opinione pubblica lo stato della politica
nel nostro Paese. La politica non se la passa bene da tempo, ma
nei momenti in cui si devono lasciare o prendere posti il ceto
politico riesce a dare il peggio di sè. La questione è bipartisan.
In tutte e due i poli ne succedono di tutti i colori. Giocano alla
grande i radicali di Pannella: aperti all’alleanza sia con la
destra che con il centrosinistra, con intelligenza e
legittimamente stanno in evidenza su tutti i telegiornali e
giornali. Sollecitati a destra e a manca, aspettano l’offerta più
consona al loro sentire.
E che dire dell’area ex socialista equamente suddivisa tra i
berluscones e i prodiani? In Umbria si prospetta addirittura una
lista “fuori dai poli” che corre da sola con i simboli cari a
tutti i socialisti. Non bisogna scandalizzarsi più di tanto. Dopo
tanti atti compiuti per costruire un nuovo sistema politico che
sostituisse quello degradato dei partiti di massa, ci ritroviamo
con un quadro in cui prevale la frantumazione e le transumanze. I
partiti sono aumentati e tendono sempre più a personalizzarsi.
Ci avevano promesso la semplificazione ed adesso abbiamo sistemi
elettorali incomprensibili e assurdi. Spiego. I sistemi elettorali
per le regionali sono teoricamente venti. Non è mancata la
creatività  nello stabilire le norme di voto. Ad esempio, a causa
del sistema elettorale, nella Regione Toscana non si ci sarà 
l’alleanza tra ulivisti (unionisti adesso?)e Rifondazione. Il
motivo? I voti in più che porterebbe Bertinotti farebbero scattare
un meccanismo per cui l’alleanza….perderebbe quattro consiglieri.
Capire il perchè è complicato per gli addetti ai lavori,
figuriamoci per la gente. I toscani sono gente pratica ed è per
questo che hanno abolito nel voto le preferenze. Le graduatorie in
lista sono fatte dai partiti e gli elettori non dovranno fare la
fatica di scegliere i consiglieri eletti. Lo hanno fatto per il
loro bene i capi delle coalizioni.
In Umbria la legge elettorale non è stata modificata per le
mitiche vicende dello Statuto e l’alleanza con Rifondazione non
può essere messa in discussione. Trenta candidati e il listino
presidenziale di cinque candidati. Tra gli esperti al lavoro nei
partiti, si fanno i conti e il suggerimento, non reso pubblico, è
di cercare di vincere ma con misura. Il sogno sarebbe riuscire ad
avere meno del 57% dei voti in modo che scatti tutto il listino
dei cinque fortunati che, assieme al Presidente eletto,
entrerebbero a Palazzo Cesaroni senza essere votati da alcuno.
Superare quella percentuale farebbe perdere al centrosinistra due
consiglieri. Vista la debolezza del centrodestra umbro il sogno è
difficile da realizzare, ma si sa che la speranza è l’ultima a
morire e poi il polo di destra ha esattamente l’interesse
contrario. Perdere alla grande non sarebbe una tragedia.
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E allora grandi tensioni per la graduatoria del listino stesso
oltre che per i nominativi della lista della Federazione
(DS,Margherita,SDI). Le cose sono molto complicate. I criteri da
salvaguardare sono molti. Nel dibattito, stranamente, non è stato
mai introdotto un criterio che valuti la qualità  politica e
amministrativa dimostrata da chi si vuol candidare o ripresentare.
Non sarebbe educativo anche rendere partecipe l’elettorato del
giudizio sul lavoro svolto dai singoli assessori o consiglieri? I
criteri emergenti sono altri. La giusta presenza femminile,
l’equilibrio tra continuità  e rinnovamento, la rappresentanza
territoriale e se c’è la possibilità  anche la diversificazione
culturale e sociale. I posti a disposizione sono quelli che sono e
far quadrare il cerchio è impresa titanica per partiti ormai
divenuti molto “leggeri”. Quando si parla di feudalizzazione non
lo si fa per polemica politica, a questo punto ininfluente, ma la
si denuncia per sollecitare uno scatto di gruppo dirigente
regionale che rivendichi un giusto equilibrio tra le esigenze di
rappresentanza e l’ottenimento del consenso popolare. Obbiettivo
non ultimo di una tenzone elettorale.
Chi ha grandi problemi sono i Ds e si capisce perchè. Rischiano di
essere i portatori d’acqua e di voti senza ottenere grandi
soddisfazioni di ceto dirigente. Essendo il partito più forte ha
anche una classe dirigente molto articolata e sperimentata. Con la
preferenza unica le cose sono drammaticamente difficili. I
candidati espressione di territori in cui i DS sono radicati hanno
un enorme vantaggio come quelli che rispondono a zone in cui è uso
l’espressione del voto di preferenza. Se un territorio ha un solo
candidato è ovviamente avvantaggiato rispetto a chi di concorrenti
ne ha più di uno. L’affollamento di candidati nel perugino rischia
di essere eccessivo: per sua natura Perugia è una “città  aperta”.
La scelta della lista unitaria voluta dai prodiani complica
ulteriormente le cose per i Ds umbri e si capisce perchè. I conti
sono semplici: tre partiti divisi fanno (per la circoscrizione di
Perugia) cinquantaquattro candidati. La Federazione
(DS,Margherita,SDI) potrà  esprimere una lista di diciotto
candidati. E’ vero e non è da sottovalutare nè guardare con
sufficienza, il significato politico della Federazione. Il
problema è che non c’è scritto da nessuna parte che l’elettorato
premierà  la scelta di unificazione delle liste nè che gli eletti
saranno la rappresentazione corretta della forza dei singoli
partiti della Federazione. Forse l’ideale del grande partito
riformista che alcuni sognano vale qualche sacrificio e qualche
scranno in meno.
Corriere dell’Umbria 13 febbraio 2005

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