Montefalco è una delle piccole città  dell’Umbria che con l’avvento dell’ente regione ha subito una trasformazione radicale nel suo sviluppo, salvaguardando i caratteri storici e valorizzando l’economia della zona, è riuscita ad innovare e modernizzare i caratteri dello sviluppo. E non si tratta soltanto del successo del vino Sagrantino. E’ stata una città  ben amministrata che nei decenni ha visto il succedersi di una classe dirigente intelligente e capace di mettere a leva le risorse della città . L’ottimo sindaco uscente fu eletto al secondo mandato con il 65,8% dei voti. Un sindaco di centrosinistra giovane e capace di utilizzare le risorse regionali e nazionali nell’interesse della città . Nell’ultima tornata elettorale a Montefalco ha vinto il centrodestra. Il centrosinistra si è presentato con due liste. Ottimo e abbondante. Adesso il sindaco è di centrodestra.
In Umbria domenica prossima ci saranno 7 ballottaggi per eleggere il sindaco. Tutte amministrazioni dirette per decenni dalla sinistra o dal centrosinistra. Il filo rosso che lega le diverse situazioni sono le divisioni personali e politiche del PD o delle altre formazioni del centrosinistra. C’entra qualcosa l’egemonia culturale della destra con le elezioni amministrative? Mi sembrerebbe una sciocchezza come giustificazione del disastro.
Ciò se può avere un senso per le elezioni europee, non ne ha per quelle amministrative dove il PD ha perso anche in Umbria una parte consistente del proprio elettorato. Se non ci fosse stata la tenuta della sinistra-sinistra molte amministrazioni sarebbero passate di mano. Forse sarebbe meglio che il centrosinistra in Umbria e in Italia prendesse coscienza che un ciclo politico e amministrativo si è concluso per lavorare ad un progetto politico radicalmente diverso da quello non perfettamente cucinato in questi anni. Ciò che continua a meravigliare è l’incapacità  della sinistra europea a indicare, per affrontare la crisi, strade diverse da quelle della destra. Sembrerebbe evidente che senza costruire idee diverse continuerà  a vincere il senso comune della destra. Ma i gruppi dirigenti non sembrano particolarmente ansiosi di affrontare questioni programmatiche, sembra prevalere lo studio degli organigrammi futuri.
Oltre alle idee nuove, aiuterebbe anche un gesto di generosità  da parte di tanta parte di ceto politico che ha perso inossidabilità  non per libera scelta, ma per volontà  degli elettori. Un passetto indietro non sarebbe male e poi dopo tanti anni di duro lavoro nella macchina pubblica, un riposino aiuterebbe anche la salute e ne guadagnerebbero gli affetti famigliari. D’altra parte se gli spezzoni della sinistra hanno fallito l’ingresso nel parlamento europeo, possono protestare per l’ignominia della soglia di sbarramento, ma non possono pensare di continuare a presentarsi divisi su tutto e uniti soltanto nella pervicace volontà  di essere sempre in campo con le stesse facce. Prendete un anno sabbatico, andate in vacanza, fuggite in Australia. Forse con protagonisti diversi sarà  possibile ridare al Paese una formazione politica della sinistra che abbia un senso ed una prospettiva per la gente.
Legittimamente il centrodestra ha festeggiato il sorpasso in Umbria alle elezioni europee. L’Umbria è rossa, l’Italia lo sarà  è ormai da anni uno slogan obsoleto. C’è il rischio che anche dalle nostre parti si diffondano le amministrazioni di destra. Il patrimonio politico accumulato nei decenni attraverso il lavoro di tanti militanti e dirigenti della sinistra umbra è in via di esaurimento. Dopo anni di pessima politica e di feudalizzazione del potere rimane ancora poco da scialacquare.
Il meccanismo di organizzazione del consenso degli ultimi decenni è ormai messo in crisi dalla difficoltà  del bilancio pubblico ad ogni livello. La crisi mondiale dell’economia richiederebbe anche in Umbria un intervento pubblico massiccio per salvaguardare i servizi al cittadino e aiutare chi perde il lavoro, ma ciò sarà  difficile proprio per l’esplodere dei disavanzi della pubblica amministrazione. Bisognerebbe riflettere su un programma politico adeguato e fare un discorso di verità  sulle cause dei pessimi risultati elettorali. E invece è iniziata una sorta di resa dei conti. Le reazioni isteriche di qualche non eletto sono il segnale dell’implosione del gruppo dirigente del maggior partito del centrosinistra umbro e dell’arrogante presunzione che il proprio destino sia più importante del destino di tutti. Il carrierismo malattia infantile del riformismo si potrebbe dire leggendo certe dichiarazioni di soddisfazione per le preferenze ottenute, in presenza di una catastrofe collettiva. Intollerabili personaggi e, per il futuro, invotabili.
Sostenere che il progetto politico del PD ha confermato la sua validità  è pura propaganda se l’affermazione non è accompagnata dalla presa di coscienza di quello che è oggi il partito democratico. Del perchè non si riesce a costruire una classe dirigente che non sia l’accrocchio dei vari notabilati.
Qualcuno ha affermato che il successo della Lega è stato possibile perchè Bossi è riuscito a costruire l’ultimo partito leninista, un partito di lotta e di governo. Bossi non ha bisogno di fare le primarie per scegliere i dirigenti. Le primarie gli amministratori e i dirigenti leghisti le fanno tutti i giorni in un rapporto continuo con il popolo.
I lettori più anziani ricorderanno i vecchi sindaci socialisti o comunisti degli anni della ricostruzione capaci, senza essere eletti direttamente dal popolo, di guidare le comunità , di farle crescere in un rapporto continuo con gli amministrati, con le forze produttive e culturali della città . Nella mia formazione giovanile lo slogan era: “Ogni campanile una sezione”.
Anche adesso pur sapendo che la politica ha preso altre forme e che i mass media hanno grande influenza, ritengo che l’idea del partito leggero non insediato nel territorio sia stata un’idea balzana. Proprio la Lega dimostra come il rapporto con gli elettori non possa che fondarsi nella presenza continua nel territorio.
Ci sarà  una ragione perchè anche in Umbria il risultato elettorale cambia in rapporto all’organizzazione visibile dei partiti.

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