Venerdì scorso ho letto online, a firma Franco Bechis, all’indirizzo www.italiaoggi.it, la seguente notizia: “Silvio Berlusconi si è messo in tasca all’inizio di quest’anno un assegno da 159 milioni, 335 mila, 953 euro e 92 centesimi. Una maxi-somma rara anche per gli imprenditori. Ma soprattutto superiore di oltre la metà  ai 102 milioni che il presidente del Consiglio e indirettamente principale azionista del gruppo Fininvest – Mediaset si era messo in tasca solo un anno fa. Si tratta dei dividendi che gli hanno erogato le quattro società  direttamente controllate, le holding prima, seconda, terza e ottava che controllano la maggioranza del capitale del gruppo Fininvest. Berlusconi è fra i pochi, pochissimi imprenditori italiani a essere diventato più ricco proprio nell’anno orribile della crisi finanziaria internazionale”.
Oggettivamente è legittimo l’ottimismo del nostro Capo rispetto alla crisi. In questi sedici anni dalla Sua discesa in campo le Sue aziende sono passate da un indebitamento di seimila miliardi delle vecchie lire ai dividendi descritti da Bechis. Come si fa a parlare di crisi? La smettessero i giornali di seminare il panico, dice il Cavaliere.
E’ vero. Esplode la cassa integrazione, i precari vanno a casa a migliaia, i consumi delle famiglie crollano, ma i Suoi dividendi aumentano. Allora perchè drammatizzare?
Se Obama definisce atroce l’aumento della disoccupazione in USA, i nostri governanti perpetuano il gioco delle tre carte nel presentare i provvedimenti di contrasto alla crisi. Respingono ogni proposta che, flebilmente, presenta l’opposizione parlamentare denunciandone la demagogia. Non ci sono i soldi per l’assegno di disoccupazione proposto da Franceschini, ribadiscono indignati gli stessi che non hanno battuto ciglio nel regalare agli amici i 5-6 miliardi dell’affaire Alitalia o i 4-5 miliardi annullando l’ICI  ai ceti più abbienti dopo che il governo Prodi l’aveva tolta soltanto alle fasce deboli della popolazione.
Il Consiglio dei Ministri ha deliberato venerdì interventi per 56 Miliardi. Una cifra significativa. In realtà  si tratta di interventi già  previsti come quelli per le infrastrutture deliberati dal CIPE ma privi di copertura finanziaria fino al 2010. O già  concordati con le regioni qualche settimana fa, i 9 miliardi per gli ammortizzatori sociali. Ma la propaganda è l’anima del commercio e Berlusconi è un maestro, un carismatico Cesare capace di mobilitare le masse, un illusionista di grandezza ineguagliabile.
Come tutti gli imperatori vuol lasciare segni fisici del Suo potere. Cosa di meglio del ponte di Messina. E’ vero la Calabria è una frana continua e in Sicilia le ferrovie e le strade sono arcaiche e fatiscenti e mancano gli acquedotti in molte città , ma il ponte sarà  il segno della grandezza di chi lo ha deciso. E poi sarà  la decima volta che viene posta la prima pietra dei lavori per il ponte. Importante è l’annuncio. Poi la gente dimentica.
Difficile assegnare ai sondaggi il crisma dell’infallibilità , ma le previsioni elettorali per il PD e la sinistra sembrano confermare l’impressione che le prossime elezioni amministrative e per il parlamento europeo saranno decisive per le prospettive del Paese. Le crisi economiche possono attivare processi politici che difficilmente portano consensi alle forze progressiste. Specialmente se queste appaiono divise e prive di proposte convincenti. E’ la destra che trova vantaggi dai disastri sociali che l’ideologia liberista ha provocato. Sembra paradossale, ma in mancanza di partiti di sinistra capaci di organizzare la protesta, questa si rivolge contro tutto ciò che appare di sinistra. L’elettore medio del centrodestra è assolutamente convinto che l’Italia prima di Berlusconi, sia stata governata dai comunisti e il debito pubblico italiano è stato il risultato di quegli spendaccioni servi di Mosca e non dei governi del pentapartito diretti da Andreotti e Craxi. Il fatto che il PCI non esiste più da 19 anni è ininfluente l’anticomunismo rimane di moda.  
Il PD sembra impallato nella ricerca di un rinnovamento intelligente del ceto politico da molti sollecitato ma da pochi praticato. La destra non riesce a trovare candidature adeguate alla sfida e di conseguenza anche il centrosinistra non si sente spinto a ripensare il suo modo di governare: tra innovazione e conservazione prevale quest’ultima. La strada prescelta per i candidati a sindaco è quella delle primarie di partito o di coalizione. In mancanza di strutture di partito adeguate sembra non esserci alternativa, ma le primarie comportano lotte intestine che difficilmente aumenteranno i consensi e producono tensioni difficilmente ricomponibili. Impressiona molto questa corsa all’incarico amministrativo in tempi difficili per la politica. L’ideologia dominante sembra essere quella del carrierismo politico. Nonostante che il popolo non abbia un grande apprezzamento per coloro che sono impegnati nella pubblica amministrazione l’ambizione all’incarico è molto forte anche nelle nuove leve della politica. La difficoltà  è tutta nell’impossibilità  di formare una classe dirigente capace di svolgere un’attività  politica a prescindere dall’attività  amministrativa. Il rapporto con i ceti sociali, con le forze intellettuali, con i giovani o le donne è mediato esclusivamente dall’uso della struttura pubblica. La politica si esaurisce nella conquista di un posto in giunta. Perugia ha inaugurato il nuovo ospedale. E’ la conclusione di un progetto nato nel 1987 all’interno del piano per l’edilizia ospedaliera deciso dall’amministrazione regionale di allora. Oltre venti anni per completare un’opera impegnativa resa possibile dall’impegno di molti amministratori, tecnici e imprese. Il costo del nuovo ospedale è da tutti considerato molto contenuto se paragonato a quello di opere simili concretizzate in altre parti del Paese ed anche a quello raggiunto da strutture realizzate da altri protagonisti in Umbria. I relatori nella cerimonia della Sala dei Notari si sono dimenticati di ringraziare molti di coloro che hanno reso possibile la realizzazione del nuovo ospedale. Non c’è da meravigliarsi. E’ una classe politica così autoreferenziale che è inutile chiedere anche un minimo di educazione o di memoria politica. E’ sempre sbagliato chiedere sangue alle rape.

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