Poteva far meglio il governo Monti? Con il massimo rispetto, sì. La manovra appena approvata dalla Camera contiene misure che aggravano la pressione fiscale e colpiscono in larga misura il ceto medio e le fasce più deboli della società  italiana. Il rischio della recessione non è più un rischio è la dura realtà  con cui dovremo convivere e non si sa per quanto tempo. L’Europa ha ottenuto quello che voleva: tagli al sistema delle pensioni e ridimensionamento dello stato sociale. I dogmi liberisti sono stati rispettati anche dal governo dei professori. Sarà  sufficiente per placare la voracità  dei mercati finanziari? Non è stato sufficiente quando la ricetta “tedesca” è stata applicata alla Grecia, perchè dovrebbe dare risultati diversi per l’Italia? E’ indubbio il salto di qualità  del governo guidato da Monti rispetto ai governanti (sic!) precedenti, ma di là  dall’estetica le misure votate non incidono in nulla nelle contraddizioni fondamentali della società  italiana. Quel dieci per cento degli italiani che possiede il cinquanta per cento della ricchezza nazionale non partecipa, se non per quisquilie, ai sacrifici imposti dalla crisi al resto del popolo italiano. Le misure anti evasione? Siamo alla promessa consueta di più controlli? Poco più. Una forma di patrimoniale si riesce a intravvedere, ma le grandi ricchezze non sono toccate. Si aiuta il sistema bancario, ma non si vincolano le banche a utilizzare le risorse ottenute per favorire il sistema produttivo. Si parla di esigenza di aiutare la piccola imprenditoria, ma il sistema pubblico i suoi debiti alle imprese continua a non pagarli. Ammontano a sessanta i miliardi di Euro i crediti che i diversi fornitori del sistema pubblico hanno accumulato negli anni. Esiste una direttiva europea che impone i pagamenti in tempi certi. Gli europeisti al governo non ne prevedono ancora l’applicazione? Eppure la morsa della crisi sarebbe attenuata se nelle discussioni di Bruxelles si ponesse la questione di quel patto di stabilità  che paralizza l’azione anche dei comuni o le regioni virtuose. Molti di loro potrebbero investire ma non possono farlo proprio per i vincoli posti dal patto di stabilità . Se il problema è la crescita, non è il caso di liberare queste risorse? Liberalizzare è il credo di chi ritiene salvifico il libero mercato. Utile sarebbe capire se quello che è stato liberalizzato ha prodotto vantaggi per i consumatori. Telefonare oggi costa certamente meno, ma se si pensa alle assicurazioni o ai costi dell’energia, di benefici se ne sono visti pochissimi. O sbaglio? L’unica nuova liberalizzazione prevista è quella delle edicole! Colpisce che il Commissario Europeo, Monti, sia stato così determinato da sconfiggere i tentativi monopolistici del gigante Microsoft e abbia invece, per adesso, perduto nel suo scontro con i farmacisti italiani. Il presidente Monti ha cercato di intervenire anche sulla dibattuta questione dei costi della politica. Non c’è riuscito perchè la materia è di competenza del Parlamento. Sulla competenza non ci sono dubbi. Domanda: com’è possibile che i parlamentari non sentano come urgente fare quelle scelte che dimostrino la volontà  di superare una situazione come quella dei benefit di cui godono? Come non capire che è una materia che per il popolo è divenuta primaria? Non parlano con la gente? Non leggono i giornali? In Italia di caste e di privilegi ce ne sono a iosa in tante categorie, ma nel senso comune è il “politico” quello che ha fama peggiore. Certo molto dipende dalla storica avversione verso la politica. E non va dimenticato mai che il successo del padrone di Mediaset è avvenuto nel campo politico grazie al suo apparire l’antipolitico per eccellenza e va ricordato che il qualunquismo è una pianta parassitaria coltivata da molti. Ma intervenire per annullare privilegi ingiustificabili è vitale se si vuol recuperare un apprezzamento per l’impegno in politica. Alcune decisioni sono state prese dagli organi parlamentari e sarebbe sbagliato non apprezzarle, ma la questione deve stimolare una riflessione su quello che la politica deve urgentemente fare per rigenerare un rapporto con il popolo.
La crisi della democrazia non è prerogativa di quella italiana. In tutto l’occidente, il mondo delle istituzioni democratiche è stato fagocitato dai grandi conglomerati economici. Lo viviamo ogni giorno. L’affidabilità  di un debito pubblico è decisa da pochissime entità  private possedute anche da chi specula sui mercati mondiali. Tutto ciò c’entra poco con la democrazia e con il libero mercato. Se intendo bene l’insegnamento del liberalismo, il libero mercato aborrisce i conflitti d’interesse. Purtroppo abbiamo a che fare con classi dirigenti incapaci di contrastare l’avidità  di pochi, esse preferiscono scaricare sui più deboli i costi delle crisi provocate in nome della libertà  di mercato.

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