I partiti dell’Unione non se la passano benissimo nemmeno in Umbria. Gli episodi di tensione tra singoli dirigenti, tra partiti e all’interno dei partiti sono così numerosi da invitare ad una pausa di riflessione. La sfuriata del segretario regionale dei Diesse contro i criteri di nomina dei manager della sanità , è rientrata dopo una cordiale riunione della maggioranza che governa la regione ed uno scambio di idee “franche e sincere”.
I comunisti italiani hanno ritenuto soddisfacenti le rassicurazioni della Lorenzetti e per fortuna arriva l’agosto e, come si sa, la politica in agosto va in vacanza. I problemi possono aspettare. D’altra parte le discussioni passano sopra la testa della gente e sono accessibili soltanto al ceto politico e a qualche commentatore. Chi può appassionarsi al ripetersi della consueta discussione estiva sulla nomina dei manager della sanità ? Qualche primario ospedaliero, qualche professore universitario. I malati si augurano soltanto che le file d’attesa per gli interventi si accorcino e che la “migliore sanità  d’Italia”, si dimostri tale anche nella cura dei malati e non solo nelle statistiche datate al 2004.
Chi può credere ancora alla riforma endoregionale dopo quindici anni di inutili discussioni e con un ceto politico che ha la sua forza nel localismo più indecente? E’ acclarato che la razza dei dirigenti di valenza regionale è ormai una razza in rapida estinzione che necessità  dell’intervento del Wwf o dell’Unesco. Ogni dirigente rappresenta un territorio e cura i suoi interessi come esclusivi dell’azione amministrativa. Un’occhiata alle interpellanze e mozioni presentate in consiglio è sufficiente a conferma della feudalizzazione dell’assemblea regionale.
Il grido di guerra è riforma istituzionale costi quel che costi. Dicono. Poi i problemi si aggrovigliano. Riduzione delle comunità  montane? Che fare del personale politico che vive delle prebende sostanziose della comunità  montana da sciogliere? Accorpare le società  finanziare regionali? Come sistemare i manager insediati da anni al vertice di quelle strutture? Aree vaste o terza provincia. Quale sarà  il capoluogo, Foligno o Spoleto? Dopo una discussione di venti anni siamo ancora a questo nodo. Tutto rinviato a settembre.
Se la politica va in vacanza i problemi si aggrovigliano. Sono problemi locali e nazionali. Quelli locali più evidenti sono quelli legati al venir meno di risorse che sembravano acquisite. Ricordate i manifesti della destra che magnificava gli stanziamenti di Berlusconi per le infrastrutture viarie umbre? Tutte balle? Sembrerebbe di sì a sentire il Ministro Di Pietro. Nessuna risorsa per il famoso “Quadrilatero”, il nodo di Perugia rimarrà  un nodo e la E45 un percorso di guerra. Dovrà  lottare strenuamente la nostra presidente per assicurare quello che sembrò scontato in termini di lavori pubblici. Siamo fiduciosi però. La presidente ha le competenze, la grinta e le conoscenze adeguate alla bisogna.
Non sono rinviati a settembre i problemi nazionali. La scadenza del voto al Senato sul rifinanziamento delle missioni all’estero tiene in giusta apprensione il popolo dell’Unione e della sinistra diffusa. La discussione è aspra come è giusto che sia. Il tentativo di criminalizzare il dissenso sta ridimensionandosi grazie anche alla saggezza di alcuni grandi vecchi della sinistra ad iniziare da Valentino Parlato e da Pietro Ingrao. Il nostro parere non è dissimile da quello espresso da questi antichi nostri compagni. La redazione di Micropolis è composta da molti compagni che nella loro vita hanno esercitato il dissenso a volte anche in forma permanente, ma mai dimenticando l’interesse generale del “movimento”. E’ per questo che non abbiamo timidezze rispetto al giudizio dell’attuale fase politica. Non siamo convinti che la politica estera dell’attuale governo sia la semplice continuazione di quella di Berlusconi. E’ ancora insoddisfacente? Sì, a nostro giudizio si può e si dovrà  fare di più per caratterizzare la politica estera di un governo di centrosinistra. Non siamo però convinti che il “tutto subito” sia una scelta giusta. E comunque riteniamo sbagliato indebolire o peggio affossare il governo Prodi già  debole di per se, ma che è al momento il miglior governo possibile.
Non migliorerebbe certo la situazione in Afghanistan se il ministro degli esteri tornasse ad essere Fini invece di D’Alema.
L’augurio quindi è quello di salvaguardare la possibilità  del dissenso senza affossare il governo dell’Ulivo.
D’altra parte ci aspetta un autunno difficilissimo che un peggioramento politico non aiuterebbe. La crisi del Paese è di tali dimensioni da richiedere uno sforzo di mobilitazione straordinaria per impedire che la crisi si scarichi ulteriormente sulle fasce deboli. Apprezziamo lo sforzo del Ministro Bersani di ammodernare l’Italia colpendo le rendite di posizione. La parola non ci affascina, ma le liberalizzazioni non possono che essere stimate quando colpiscono lobbies e arcaici privilegi.
Non basta però. Con la prossima finanziaria, si tratterà  di decidere quali ceti dovranno essere colpiti per risolvere i problemi del debito pubblico. Il “Patto tra produttori” non ci convince e ci sembra fuori della realtà  materiale. Troppo visibile è l’intreccio tra ricchezza da rendita finanziaria e rendita frutto del mondo della produzione. Ciò che ci appare decisivo è il sapere spingere sul governo affinchè le conquiste del welfare siano salvaguardate in un processo di modernizzazione che ridia al mondo del lavoro quello che il liberismo di questi anni ha tolto.
Micropolis 27 luglio 2006

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