Nella mia infanzia frequentavo una chiesa in Porta Sant’Angelo. Ricordo che nel confessionale era affisso un manifesto che dichiarava scomunicati tutti coloro che erano iscritti al PCI o alle organizzazioni sociali della sinistra. La decisione del Papa Pio XII non impedì che la sinistra prosperasse elettoralmente e gli iscritti al PCI e al sindacato esplodessero. Si dirà  altri tempi, altre speranze, altri uomini e donne. Negli ultimi anni sembra che, anche nella dirigenza della sinistra, dichiarare pubblicamente la propria religiosità  sia diventata consuetudine. Il massimo lo si è visto quando dei leader sposati civilmente, dopo aver concepito figli e figlie, a cinquanta anni decidono di risposarsi in chiesa. Folgorazioni. La morale laica non va di moda. Per chi, come il sottoscritto, non ha il dono della fede, sono tempi duri. Il conforto viene dal sapere che la Carta Costituzionale regolamenta i rapporti tra lo Stato e la Chiesa in maniera limpida. L’autonomia dell’uno è garanzia anche per l’altra. Sarebbe sbagliato rispondere con arroganza al fondamentalismo dei teodem alla Binetti. Nonostante tutto la tolleranza rimane un valore da salvaguardare. Senza farsi intimorire dall’aggressività  dei talebani nostrani, gli uomini e le donne che rivestono cariche pubbliche, devono rispettare il dettato costituzionale al di là  delle proprie convinzioni religiose. Aprire una guerra di religione in un Paese litigioso come l’Italia non è scelta che dimostra grande sensibilità  per i problemi del popolo.

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