Testuale: “L’Italia è un Paese ricco e benestante”¦In Italia siamo tanti playboy,
quindi i nostri ragazzi mandano almeno 10 sms al giorno alle loro ragazze”.
Dichiarazione di Berlusconi alla conferenza stampa di venerdì 27 maggio. Tony
Blair, presente all’avvenimento, ancora rintronato dai risultati elettorali inglesi,
rideva felice.
Una tragedia greca? No. Una tragedia italiana. Una catastrofe. E’ ormai ovvio
per tutti, anche per gli industriali, che l’economia italiana è disastrata. Sempre
più esplode la sindrome della quarta settimana del mese in cui molte famiglie
non riescono a far fronte alle esigenze primarie della sopravvivenza se non a
prezzo di enormi sacrifici. La cosa che impressiona di più è l’inerzia della
politica verso una situazione che richiede idee radicalmente diverse da quelle
che hanno portato all’impoverimento di vasti strati della popolazione. Queste
idee non c’è le ha nessuno. Così ci teniamo il Berlusconi dicitore di barzellette.
Il Berlusconi ridente non è una novità  e di ragioni per essere soddisfatto il
presidente del consiglio ne ha diverse. Ad esempio, il quotidiano della
confindustria, “il Sole 24 ore”, ha riportato l’ultima indagine della Nielsen sulla
spesa pubblicitaria in Italia. La ricerca dimostra che il novantasei per cento
della comunicazione della presidenza del consiglio (Berlusconi, quindi) è
trasmessa dalle reti Mediaset il cui padrone è, come noto, lo stesso cavaliere.
Conflitto d’interessi? Somiglia più al sistema degli interessi privati in atti
pubblici.
Nonostante che una legge impone che la comunicazione istituzionale sia
assegnata per il cinquanta per cento alla carta stampata, Palazzo Chigi la
svolge tutta attraverso le reti televisive di cui è proprietario l’inquilino del
palazzo.
Bisognerebbe indignarsi e reagire. Ma anche l’indignazione per avere un senso
richiede una sponda politica che oggi non c’è.
I partiti del centrosinistra sono impegnati in altre priorità .
Domanda: le ragioni della lacerazione tra Prodi e Rutelli sono comprensibili agli
elettori? No. Soltanto gli addetti ai lavori sono in grado di dare una lettura
politica allo scontro tra il mangiatore di cicoria e il professore bolognese. Gli
esperti ti spiegano che è una questione di collegi elettorali e di come si
vorrebbe ripartirli tra i partiti della Federazione dell’Ulivo.
La preoccupazione di Prodi è di assicurare all’eventuale (sempre più eventuale
se si continua così) governo di centrosinistra una stabilità  frutto anche di un
nucleo di prodiani di ferro.
La Margherita ha interessi diversi e alternativi? Che il partito di Rutelli sia un
pezzo essenziale dell’Ulivo è evidente, compiere atti che neghino questo è un
errore.
Il problema torna ad essere il listone unico della federazione dell’Ulivo.
Sperimentato due volte, alle Europee e alle regionali, ha dato risultati
contraddittori ed è certo che non è stato un boom elettorale. Anche alle
regionali le liste di partito (DS,Margherita,Sdi) hanno ottenuto più voti di quelli
della lista unica. Prodi insiste su questa soluzione organizzativa perchè porta
alla semplificazione del quadro politico ed ha il vantaggio di una unità  leggibile
da tutti. La Margherita sostiene che in questa fase è più utile salvaguardare
l’identità  partitica. La crisi del centrodestra libererà  forze moderate che
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possono essere intercettate dal partito dell’ex radicale e di Ciriaco De Mita. Se
si riformasse un grande centro stile vecchia DC non sarebbe male. Si può
affermare che è meglio morire democristiani che berlusconiani? Sì, a patto che
il tempo non abbia trasformato tanti dirigenti in un ibrido politico che
compendia il peggio della DC e il berlusconismo. Nomi non se ne fanno per
educazione, ma l’ibrido è già  ben radicato nel ceto politico. Una certa diffidenza
è legittima: il trasformismo è una malattia endemica della politica italiana.
Malattia che sembrava scomparsa nella vituperata prima repubblica e che è
esplosa prepotente in quella attuale in cui, non a caso, dominano sistemi
elettorali che somigliano a quello della fine del secolo diciottesimo. Il
trasformismo è un antico vizio delle classi dirigenti italiane ed è noto che, a
parte lodevoli eccezioni, il ceto politico dominante non è che brilli per rigore e
disinteresse personale. La politica è divenuta un mestiere come un altro con
percorsi di carriera che possono essere sveltiti attraverso giravolte e cambi di
maglia ben remunerati e prestigiosi. Basta avere un buon patronage e il futuro
diviene radioso anche per i familiari più stretti.
Fare previsioni su come riuscirà  il centrosinistra a recuperare un’immagine di
serietà  non è semplice. Aiuterebbe certamente se, dalle diatribe personali, si
passasse ad affrontare i problemi che interessano la gente. Bisognerà  che
prima o poi Prodi e compagnia ci dicano come intenderebbero affrontare le
emergenze del Paese. Non con generici programmi, ciò che serve sono poche
chiare idee che abbiano la forza e il valore di indicare un percorso alternativo al
berlusconismo.
Ognuno deve fare la sua parte e, ad ogni livello anche in Umbria, c’è bisogno
che si esca dal galleggiamento amministrativo: il mare è parecchio in burrasca,
galleggiare non sarà  possibile. La caduta dei trasferimenti centrali se unita alla
scarsità  di idee, renderà  l’amministrare molto difficile. La pigrizia o l’arroganza
non aiuteranno.
Corriere dell’Umbria 29 maggio 2005

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