Anche ad un sommario sguardo alle varie realtà  dell’Umbria risulta
evidente la difficoltà  dei rapporti politici nell’Unione. Chi sta
peggio sono certamente i diessini colpiti da una forma grave di
bulimia da organigramma. Quello che dovrebbe esserne il gruppo
dirigente, è in ambasce pensando agli organigrammi per le elezioni
del 2009 e del 2010. A quelle date scadono presidenti e sindaci.
Chi dovrà  sostituire Locchi e Lorenzetti? Squadre e lobbies si
aggregano attorno a questo o a quella. Si confermano vecchie
alleanze, se ne costruiscono di nuove non su progetti politici, ma
su carriere da interrompere o da sviluppare. Le evidenti
difficoltà  di Locchi, alle prese con una campagna nazionale del
centrodestra, vengono vissute da una parte dei capi e capetti del
più grande partito della sinistra umbra, con interessato distacco.
L’intervista dell’onorevole Stramaccioni al Messaggero di sabato
23 settembre è, da questo punto di vista, esemplare. Stramaccioni
nell’occasione rilancia la terza fase della modernizzazione
dell’Umbria. L’onorevole continua a ritenere eccessiva la spesa
pubblica nella nostra regione e continua a non capire che senza
questo fattore d’intervento non c’è possibilità  di innovazione. Il
problema non è la quantità  della presenza pubblica nell’economia
regionale. La questione vera è l’impoverimento qualitativo degli
interventi regionali e delle significative sacche di spreco di
denaro pubblico. Un esempio? In questi anni è esplosa una sorta di
mania per il turismo amministrativo. Delegazioni massicce di
amministratori, imprenditori e funzionari, partono per lontane
mete per promuovere l’Umbria nel mondo senza e questo senza mai
produrre bilanci veritieri sui risultati ottenuti. La mitica
Sviluppumbria factotum dell’Ente Regione più che una finanziaria
sembra diventata un ente turismo. Voci incontrollate prevedono
l’invio nelle prossime settimane di una delegazione
rappresentativa dell’Università  per Stranieri in Cina. Che senso
dare alla cosa? Prodi ha portato a Pechino soltanto qualche
settimana fa, una rappresentanza numericamente e qualitativamente
importante dell’Italia. Otterranno di più, dai cinesi, i Marco
Polo umbri?
Che l’Umbria sia in una fase di stagnazione non lo dice soltanto
Stramaccioni. Negli anni ’50 dall’Umbria emigravano contadini e
operai senza lavoro. Oggi l’emigrazione è ripresa, ma riguarda
giovani laureati che non trovano occasioni di lavoro nella nostra
terra. La qualità  dello sviluppo è tale da non creare un
occupazione qualificata. I punti di eccellenza, e ve ne sono in
Umbria, non trovano nel settore pubblico (enti locali, regione e
università ) stimoli per un consolidamento. Tutta la partita della
informatizzazione della macchina pubblica è considerata con
sufficienza da amministratori e manager e non c’è alcun progetto
significativo volto ad accelerare processi di svecchiamento di una
macchina pubblica obsoleta e sovraffollata.
Centri e parchi tecnologici costruiti negli anni ’80 e ’90 con
finanziamenti comunitari, avendo smarrito il senso della loro
missione, sopravvivono a loro stessi producendo essenzialmente
disavanzi e occupazione precaria.
Bisogna dirlo senza infingimenti:in Umbria è aperto un problema di
qualità  della classe dirigente politica, imprenditoriale e anche
manageriale. La crisi è responsabilità  di molti e certo si tratta
di un processo che riguarda tutto il Paese. La politica costa
molto e rende molto a chi la fa, ma ha subito uno svilimento di
portata storica. Occorreranno anni per ridare senso all’agire
politico e un processo di rinnovamento dei gruppi dirigenti dei
partiti non potrà  che passare attraverso una sorta di rivoluzione
culturale che rovesci il senso comune della privatizzazione della
politica e dell’amministrare galleggiando nello stato di cose
esistente.
Purtroppo invece di occuparsi del degrado della politica e dei
valori da reintrodurre in essa, i nostri leader si occupano di
come ristrutturare i partiti.
Certo il problema esiste e sarebbe ingiusto sottovalutare quanto
succede nella sinistra umbra. Lasciamo da parte il goffo tentativo
del segretario regionale diessino di trasformare un problema
politico in un fatto disciplinare. Bracco dovrebbe domandarsi: i
DS sono ancora un partito di forte insediamento territoriale? A
macchia di leopardi si potrebbe dire, ma gli elementi di
disgregazione sono molto forti e Bracco dovrebbe saperlo e quindi
preoccuparsene. Ciò che è successo nelle ultime amministrative a
Gubbio, Assisi e Città  di Castello è raggelante. Vengono al
pettine i nodi di una decennale linea politica incentrata sulla
valorizzazione delle “Signorie” locali e dell’aver considerato la
politica soltanto come mezzo di carriera personale.
L’enfasi del geniale Fassino sulla costruzione del Partito
Democratico sembra mal riposta visto le tensioni che provoca e gli
scarsi risultati conseguiti. Che gli elettori dell’Unione siano
massicciamente interessati ad un partito all’americana è
convinzione fassiniana. Noi la pensiamo diversamente. E
consideriamo una balla che il mitico popolo delle primarie non
aspetti altro che partecipare ad una convention tutta palloncini
colorati e ragazze pompon.
Non ci appassiona nemmeno la trasmigrazione di pezzi di
Rifondazione nel PDCI o il processo contrario. Sono scelte
personali che confermano la precarietà  degli attuali partiti della
cosi detta sinistra radicale. Per intanto Rifondazione procede,
anche formalmente, alla costruzione della Sinistra Europea e il
PCDI rilancia la federazione delle forze di sinistra. Non
sembrerebbero progetti alternativi. Ciò che li rende incompatibili
sono i rapporti tra i gruppi dirigenti dei due raggruppamenti.
Antichi odi e disamori continuano a prevalere sull’esigenza di
unità . E’ un vizio persistente dei dirigenti della sinistra di
ogni stagione che Micropolis senza successo purtroppo cerca di
sconfiggere da anni.
Micropolis settembre 2006

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