Non c’è verso. L’idea di qualche dirigente del centrosinistra era
quella che, passate le elezioni, nominati i vertici del Parlamento,
eletto il Presidente della Repubblica, nel centrodestra ci si
mettesse l’anima in pace e si cominciasse a comportare come è
ovvio in ogni democrazia. Chi perde le elezioni si oppone al
governo ma, nell’interesse del Paese, si evitano atteggiamenti
dannosi per le istituzioni. Quello che è successo in Senato
durante il voto di fiducia al governo Prodi, è inconcepibile.
Parte della destra ha fischiato ed aggredito verbalmente i
senatori a vita che, nella loro autonomia, hanno scelto di votare
positivamente per il governo. Sono stati ingiuriati Ciampi,
Scalfaro, Cossiga, Pininfarina, Colombo. Andreotti è stato
definito dalla destra un traditore. Berlusconi, da par suo, ha
definito immorale la scelta dei senatori a vita di partecipare,
nel rispetto del dettato costituzionale, al voto del Senato.
Sentir parlare di moralità  dal Cavalier Berlusconi qualche brivido
lo provoca. Come produce qualche perplessità  il tentativo di
pacificazione di Chiti e D’Alema con la proposta di assegnare al
centrodestra commissioni importanti nel Parlamento. Non è che sia
sbagliato cercare di svelenire il clima politico offrendo agli
sconfitti la possibilità  di partecipare positivamente alla vita
politica. Ricordiamo come fù discussa l’amnistia ai fascisti
promossa dal Ministro Palmiro Togliatti subito dopo la guerra di
liberazione. Gli storici la giudicano una scelta opportuna e
comunque coraggiosa. Un Paese che esce da una guerra civile ha
bisogno di atti di magnanimità , ma una parte del popolo non
apprezzò la scelta. Le differenze con allora sono enormi: tra le
altre i fascisti non potevano che riconoscersi sconfitti. I
berluscones, invece, pensano di aver vinto loro le elezioni e non
sembrano intenzionati a nessun patto di civile confronto politico.
Meglio mettere al lavoro, finalmente, un governo capace di dare
soluzione ai gravi problemi della nostra Italia. Senza settarismi
e senza vendette, ma con la determinazione di cambiare
profondamente lo stato di cose esistente. Bisogna guardare i
problemi per quelli che sono. Se è certo che Berlusconi ha perso
le elezioni è anche vero che il berlusconismo ha impregnato nel
profondo la società  italiana ed è certo anche che la nostra
democrazia vive ancora una pessima stagione. E’ urgente il bisogno
di scelte radicali. Serietà , sobrietà , severità , sono gli
atteggiamenti che si attendono i cittadini italiani dopo anni di
un pessimo spettacolo politico che ha visto protagonisti assieme a
Tremonti e company, anche “attori” di centrosinistra. La vittoria
risicata dell’Ulivo non può far dimenticare la sgradevolezza che
provoca una politica fatta di carriere e di ambizioni personali.
La situazione è tale da richiedere un salto di qualità  enorme.
Per la classe dirigente del centrosinistra la partita è decisiva.
Per i vari Fassino, Mastella, Rutelli, Bertinotti e via, via
elencando non ci sarà  altra occasione: o saranno capaci di far
uscire il Paese dal declino o dovranno andare politicamente in
pensione. Non sarà  facile. Il rapporto della gente comune con la
politica non è ottimo. L’ideologia dominante è quella
dell’inutilità  della politica. Bisogna prenderne atto e lavorare
per dare un senso al lavoro, difficile, del fare politica.
Anche da questo punto di vista è apprezzabile lo sforzo del
Presidente Prodi nel rivendicare l’esigenza di riscoprire
nell’etica un valore irrinunciabile nell’agire politico.
Tutti, ad ogni livello istituzionale, dovranno imprimere una
svolta nel proprio lavoro. E’ molto utile, da questo punto vista,
la scelta della giunta regionale dell’Umbria di iniziare
formalmente il percorso di riforma delle strutture amministrative
regionali e sub-regionali. Quale deve essere l’obbiettivo
principale dell’impegno riformatore? Semplificare il funzionamento
della struttura pubblica attraverso l’innovazione e rendere più
trasparente il rapporto con la cittadinanza. La stratificazione di
enti e di strutture pubbliche è arrivata al livello di guardia dal
punto anche di vista dei costi. Sulla riforma endoregionale è
importante costruire il consenso delle forze produttive e
culturali, ma è più essenziale lavorare per la “defeudalizzazione”
della classe dirigente politica e non solo. Se ci sarà  qualche
presidenza in meno non sarà  una tragedia. Le masse apprezzerebbero.
I meccanismi elettorali hanno enfatizzato il rapporto dei
dirigenti politici con il loro territorio frantumando una visione
regionale dei problemi. Si è sviluppata una corsa ad accaparrare
per questo o quel territorio una competenza, un ente, un punto di
potere e di spesa pubblica smarrendo qualsiasi sensibilità  per
l’interesse generale. La liquefazione dei partiti di massa ha
comportato la scomparsa di qualsiasi sede di discussione dei
problemi. Lo svuotamento delle assemblee elettive rende
problematica la rappresentanza degli interessi legittimi delle
forze sociali favorendo la frantumazione territoriale. Intere
classi dirigenti politiche si vanno formando con una sensibilità  e
con ambizioni tutte riconducibili al proprio destino. Anche i
migliori quadri devono adeguarsi a questa lotta per la carriera.
E la cosa non va affatto bene. E’ tempo che i capitani di lungo
corso della politica comincino a lavorare per un forte processo di
rinnovamento. Per fortuna il miracolo Berlusconi è in declino e
nessuno voterà  soltanto per impedire che vinca l’Uomo di Arcore. I
voti bisognerà  conquistarseli con una buona amministrazione e con
una buona politica.
Corriere dell’Umbria 21 maggio 2006

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