Soltanto nelle dittature vincere le elezioni significa ottenere il potere assoluto. Nelle democrazie diventare capo del governo autorizza, nel rispetto della Costituzione, ad amministrare secondo le leggi vigenti e a legiferare, attraverso il parlamento. Anche nelle repubbliche presidenziali, il presidente della repubblica o il capo del governo devono rendere conto ad altri poteri dei loro comportamenti. Una democrazia senza pesi e contrappesi non è una democrazia. Banalmente semplice. Succederebbe il finimondo in tutti i paesi democratici se un potere tentasse di prevaricarne un altro. Forte dell’esimio parere di Antonio Baldassarre, candidato dalla destra a sindaco di Terni, Berlusconi ha annunciato che Lui vuole governare attraverso i decreti legge. Se non potrà , ricorrerà  al popolo per cambiare la legge fondamentale della Repubblica. Immaginate Angela Merkel, Zapatero o Barack Obama che dichiarano la loro intenzione di ricorrere al popolo per cambiare la Costituzione se un altro legittimo potere contrasta la propria azione? L’indignazione li sommergerebbe e rischierebbero un trattamento sanitario obbligatorio. Berlusconi ha un rapporto complesso con la democrazia e ritiene che, come avviene nelle società  di Sua proprietà , tutti debbano adeguarsi alle Sue volontà . Così ha aperto un conflitto istituzionale con Napolitano quando il decreto legge che modificava una sentenza della Corte di Cassazione e di altri tribunali, non è stato controfirmato dal Presidente della Repubblica. Dal punto di vista costituzionale, Napolitano ha il dovere di garantire a tutti il rispetto della Costituzione Repubblicana, ma per Berlusconi l’unico che può decidere è Lui. Come un Re taumaturgo ha deciso che una ragazza in coma vegetativo da diciassette anni, può addirittura avere figli. Una incubatrice, insomma. E’ stata una settimana feroce, angosciante. Il parlamento ha deciso che medici e il personale para medico possano divenire delatori denunciando i clandestini che chiedono di essere curati. Il ministro Sacconi, ex craxiano di ferro, ha predisposto un disegno di legge di annichilimento del diritto di sciopero. Non è passato giorno senza che qualche cardinale non intervenisse a spiegare quello che non bisogna fare. L’onorevole Gasparri ha continuato in ogni sede ad aprire la bocca e a dargli fiato. Il Partito Democratico a rimanere afono o a promettere la disponibilità  al dialogo. E a dimostrazione di buona volontà , per intanto ha votato assieme alla destra e a Di Pietro, la modifica della legge per le elezioni europee mettendo in ambasce i resti della sinistra e dando un altro colpetto all’apprezzamento di un partito che rimane nè di carne nè di pesce. Il segretario del PRC umbro, Vinti, continua a minacciare Tippolotti. La Marcegaglia persiste nell’apprezzare l’azione risanatrice del governo. La sinistra alternativa continua a dividersi anche sul dove andare a pranzo. Il Fondo Monetario Internazionale a prevedere catastrofi per l’economia italiana. Per fortuna il governo è intervenuto con gli incentivi alla rottamazione. Potremo comprarci un nuovo frigorifero magari utilizzando il credito al consumo. Evviva i precari saranno felici. Insomma una settimana da dimenticare. Se al peggio non c’è mai fine, è anche vero che la speranza è l’ultima a morire. Anche per chi non è particolarmente innamorato della democrazia americana, è fuori dubbio che l’azione concreta del presidente Barack Hussein Obama sembra andare in una direzione giusta che apre il cuore alla speranza. Un esempio per tutti. Economisti di destra e di sinistra, divisi su tutto, concordano sul fatto che i protagonisti primari del disastro dell’economia mondiale sono stati i top manager dei conglomerati industriali e finanziari. Il disastro è sotto gli occhi di tutti, ma non è dovuto a una catastrofe naturale. E’ dovuto all’avidità  di un ceto sociale che ha falsificato bilanci, ingannato i consumatori ma anche gli azionisti. Truffatori lautamente pagati. Ridateci i padroni di una volta si potrebbe dire. Il presidente americano ha promesso una legge che metterà  un tetto a tutti i manager di aziende che utilizzano aiuti dello Stato. Non potranno guadagnare più del presidente degli Stati Uniti. Non è poco, ma è molto meno di quanto hanno guadagnato certi personaggi del mondo della finanza e dell’economia in generale. Per capirci. Venti anni fa la forbice salariale tra l’ultimo dipendente e il top manager era di uno a quaranta. In questi anni è diventata di uno a quattrocento. Non in questa misura, ma la forbice si è allargata molto anche nel pubblico impiego in Italia. La domanda è: l’aver premiato negli ultimi sedici anni i vertici burocratici del settore pubblico ha migliorato la qualità  dei servizi offerti al cittadino? E il miglioramento se c’è stato è dovuto soltanto alla qualità  dei manager? La risposta non è semplice e richiede indagini e studi che dovrebbero essere fatti anche considerando l’esigenza di innovazione nel funzionamento della macchina pubblica. Che il welfare anche in Umbria debba essere ripensato è una certezza. La crisi finanziaria del settore pubblico non riguarda soltanto la struttura centrale, ma coinvolge l’intero comparto pubblico e quindi anche la nostra terra. L’ottima performance della sanità  in Umbria, per ciò che riguarda i bilanci, non può nascondere l’esigenza di innovazione. I massicci interventi di riqualificazione della rete ospedaliera, iniziati nel 1987, hanno permesso un salto di qualità  importante. Un balzo che non ha però risolto i problemi di una domanda di assistenza sanitaria in continua espansione per diversi motivi. Per dare una risposta all’esigenza di salute c’è bisogno di valorizzare le eccellenze che già  esistono in Umbria, ma anche di investire nell’innovazione dei servizi di assistenza alle fasce più deboli della società .

Share This

Condividi

Condividi questo articolo con i tuoi amici.