Sarà  soltanto un’impressione dovuta all’incertezza dei tempi che viviamo, ma ormai nel nostro Paese si vanno consolidando due mondi separati. Quello della gente comune e quello del ceto politico. Traduzione. E’ durata pochi giorni l’euforia suscitata dall’accordo di Bruxelles di significativi interventi per riparare i danni della speculazione finanziaria che stava mettendo a rischio la stessa esistenza della valuta unica. Da un venerdì nero, quello della scorsa settimana, si è passati al venerdì nerissimo della settimana che si chiude. Le forze della speculazione, i grandi investitori istituzionali non hanno alcuna fiducia nei riguardi dei provvedimenti delle istituzioni europee. Hanno ripreso a scommettere sul ribasso dei titoli sovrani e le leggendarie agenzie di rating riprendono a dare voti a questo o quel Paese. I governi, la politica, non sembrano in grado di contrastare le forze del mercato finanziario.
Soltanto il Senato americano sta lavorando, con grande difficoltà , per introdurre vincoli e trasparenza nelle attività  finanziarie. L’Europa non sembra in grado di uscire dall’ideologia liberista nonostante che sia stata questa l’ideologia che ha prodotto il disastro che stiamo vivendo ormai da anni. Gli stessi che hanno prodotto il danno continuano a pontificare sull’esigenza di contenere la spesa pubblica che, come sempre è accaduto, significa meno servizi al cittadino, salari più bassi, tagli al sistema pensionistico.
Si preannunciano anche per l’Italia provvedimenti “lacrime e sangue” simili a quelli già  adottati dalla Grecia e dalla Spagna.
Le statistiche mondiali collocano i salari italiani ai livelli più bassi dei Paesi Ocse, ma in compenso la pressione fiscale italiana è tra le più elevate degli stessi Paesi. Il welfare italiano è tra i peggiori in termini di quota procapite. La spesa per la scuola per la ricerca, per la cultura, ridicolmente bassa. Disoccupazione giovanile e femminile tra le più alte d’Europa. Il precariato domina il mercato del lavoro.
Insomma, nonostante che siamo governati da un Re taumaturgo, siamo messi male.
In una situazione così allarmante che succede nell’altro mondo, quello della politica?
Il governo di centrodestra completamente sommerso in un pantano di scandali e tensioni interne, si affida alla forza della Lega per sopravvivere. Che strano Paese il nostro. La Lega, al massimo della sua forza elettorale, rappresenta tre milioni di elettori, un 10% dei votanti, eppure l’agenda del governo la stabiliscono Bossi e Calderoli. Berlusconi, dopo i personali successi Europei, assicura che non avrà  pietà  per coloro che hanno utilizzato gli appalti pubblici per arricchirsi. Questa volta non denuncia le toghe rosse, ma prende l’impegno di cacciare dal PDL i corrotti. Bene, bravo.
E’ dal 1994 che lo promette, purtroppo deve ancora rinviare: le tasse non possono essere abbassate. Se ne riparlerà  alle elezioni del 2013.
In compenso avremo a giugno un provvedimento straordinario per trovare il modo di contenere la spesa pubblica. Non bisogna essere scienziati per capire che certamente verranno penalizzati i ceti meno abbienti. Tagli alla spesa locale, alla sanità , ecc.ecc”¦
E il PD che fa? Il 21 maggio approverà  il nuovo statuto. Finalmente. Le masse popolari non aspettavano altro. Gli esperti dicono che la minoranza veltroniana ha ottenuto quello che voleva: le primarie. La lotta è stata durissima, ma alla fine vengono confermate le primarie che tanto bene hanno fatto nel far crescere il nuovo partito e l’unità  dei suoi gruppi dirigenti. Ricordate? La più grande invenzione politica dell’Europa post bellica. Così ci raccontarono. Le performance elettorali non sono state un gran che ma non importa, le primarie ci saranno ancora. Incontenibile la gioia del popolo dei gazebo, meno certa la felicità  di coloro che speravano in un partito democratico capace di lottare con intelligenza per l’interesse generale del Paese e contro il berlusconismo. Nella mia giovinezza politica mi è toccato convivere con “lotta continua”, nella maturità  mi spetta subire “farsa continua”. Il disagio è simile. Ma forse la mia è un’esagerazione dovuta ai brutti tempi che viviamo.
Dicono che gli organigrammi del nuovo consiglio regionale si vanno completando. Non trovo scandaloso il troppo tempo trascorso. Non è facile mettere assieme esigenze diverse in presenza di partiti che sono conglomerati di singole individualità , tutte con esigenze di visibilità  e di assicurazioni rispetto alla propria carriera politica. Per soddisfare tutti non ci sono posti a sufficienza e così ci saranno morti e feriti che renderanno questa legislatura ancor più complicata. I prossimi anni saranno difficili per molti motivi. Uno e non secondario, è la separatezza della vita delle istituzioni  dalla realtà  che si deve governare.
Il primo mondo, quello della gente comune, si troverà  nel pieno di una crisi che porterà  ad un ridimensionamento della spesa pubblica. Ciò aggraverà  la condizione di vita di larghe fasce della popolazione già  in difficoltà  per la scarsità  dell’offerta di lavoro, per i bassi salari e stipendi e per l’incertezza dovuta al quadro economico generale. L’Umbria rischia molto. La nostra è una regione sottocapitalizzata nei suoi settori produttivi che ha livelli di servizi al cittadino con eccellenze, ma da riqualificare attraverso una politica adeguata.
Il mondo della politica dovrà  trovare il modo di rigenerarsi in un rapporto virtuoso con la realtà  materiale rifuggendo dall’autoreferenzialità  di questi anni.
I partiti attuali, tutti, non sembrano in grado di farlo se non attraverso una rifondazione radicale del loro modo di essere. Non sarà  facile e non sarà  possibile se nuove generazioni di donne e di uomini non scenderanno in campo. La presidente Marini ha il compito di amministrare nell’interesse generale l’ente regione. Nel farlo tenga presente anche questa esigenza di rinnovamento della macchina pubblica e dell’agire politico. Non è un consiglio è un appello.

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