In ogni circostanza confermiamo l’atipicità  del nostro Paese. In ogni parte del mondo, a partire dalle grandi democrazie, c’è una data che viene considerata una festa nazionale che riguarda l’intero popolo, basta ricordare il 4 Luglio per gli americani o il 14 luglio per i francesi.
In Italia di feste c’è ne sono molte, il 25 aprile festa della Liberazione, il primo maggio festa del Lavoro, il 2 giugno quella della Repubblica. Ricorrenze che in genere entusiasmano soltanto una parte dei cittadini. Quella della Liberazione e del Lavoro non sono amate dalla destra politica, quella della Repubblica abbastanza marginale nella coscienza collettiva.
Il presidente Napolitano ha voluto cogliere l’occasione dei 150 anni dell’unità  d’Italia non tanto per ricordare un evento storico, ma per sollecitare il popolo a riconoscersi in una storia collettiva. Così il 17 marzo è stata una giornata di manifestazioni istituzionali e di popolo. Il tricolore è stato appeso in molti balconi e palazzi. L’inno di Mameli cantato e suonato in ogni circostanza. Il presidente Napolitano, commosso dall’entusiasmo popolare attorno alla sua figura, ha sottolineato il successo dell’iniziativa e ricordato che l’unità  della nazione è un bene irrinunciabile. La Lega non ha festeggiato e ha preso fischi anche dal popolo padano. Non è andata meglio a Berlusconi che, fischiato in ogni circostanza, ha con piglio confermato che Lui non molla: non lascerà  l’Italia nelle mani dei comunisti. Oibò! I bolscevichi sono ancora ad abbeverare i cavalli a Piazza San Pietro?
Lo splendido Senatore Gasparri Maurizio invece era molto felice. Il motivo? Al senatore è sembrato un successo personale vedere tanta gente di sinistra sventolare il tricolore.
Una novità , secondo Lui. Le biografie ci dicono che il senatore è molto forte in finanza, meno in storia. Se avesse letto almeno un libro di storia contemporanea avrebbe saputo che nella guerra di Liberazione dal nazi-fascismo i partigiani comunisti e socialisti  si chiamavano garibaldini e oltre la bandiera rossa sventolavano il tricolore. Bandiera che come è storicamente accertato fu umiliata dalle guerre fasciste.
Non è stato solo una festa il 17 marzo. E’ stata anche l’occasione per Napolitano di ricordare ai politici il valore dell’umiltà  e l’esigenza di lavorare per l’interesse generale. Il bisogno è impellente considerando lo stato pietoso delle istituzioni democratiche. La coalizione dei volonterosi andati in soccorso al traballante governo della destra, chiede il conto e il conto consiste in posti di governo e di sottogoverno. L’appetito è grande e la coperta è stretta. Nonostante la legge che fissa il numero dei componenti, Berlusconi pretendeva la nomina di tanti sottosegretari da sfondare il tetto previsto. Napolitano ha ricordato che la legge vigente non lo consente. E i volonterosi hanno cominciato a imbizzarrirsi e più volte il governo è andato in minoranza. La massima istituzione della democrazia repubblicana, il parlamento, si trasforma giorno dopo giorno in un suk imbarazzante.
E che razza di governo abbiamo? Sulla base di una risoluzione dell’Onu l’Italia dichiara la sua disponibilità  a sostenere azioni militari contro la Libia. Uno può essere perplesso nel merito. Troppe volte le guerre umanitarie hanno prodotto disastri. E’ legittimo il dissenso, comprensibile il dubbio. Ma quando una forza politica è al governo differenziarsi su una questione rilevante come quella libica, un minimo di coerenza richiederebbe l’uscita dal governo. E in ogni parte del mondo un governo senza una politica estera comune non è un governo legittimato a governare.
E che sono oggi le amministrazioni locali? Svuotate di risorse, vincolate da un centralismo finanziario brutale, non riescono a far altro che galleggiare in una crisi gravissima di credibilità . Nonostante tutti gli sforzi di Napolitano la democrazia italiana rimane in grave sofferenza.
E che sono diventati i partiti politici se non unicamente macchine organizzative per candidati alle cariche pubbliche? C’è qualcuno che è stato invitato da qualche parte ad un dibattito messo in piedi da un partito per discutere dello stato dell’economia o della sanità  o della democrazia? I partiti di massa erano anche luoghi di formazione alla politica e alla democrazia. La loro scomparsa a favore dei partiti di opinione ha lasciato un vuoto drammatico e favorito la formazione di tifosi televisivi invece di cittadini consapevoli. La formazione di una casta inossidabile è la logica conseguenza di questo processo. Dove sono i luoghi in cui il dirigente politico ascolta il popolo? Mi dicono che è più facile essere ricevuti dal Papa che da qualche amministratore locale, appuntamenti accordati a babbo morto. Se i partiti di massa sono ormai irriproducibili è imperativo creare altre formazioni politiche in cui il noi prevalga sulle esigenze e le ambizioni del singolo.
Il grado di “ignoranza” politica e amministrativa che si riscontra nei rarissimi contatti con protagonisti del ceto politico, è imbarazzante. Ciò ha molte ragioni. La principale risiede nel modo in cui viene selezionata la classe dirigente. Un meccanismo di cooptazione è sempre esistito, il problema nasce quando la cooptazione avviene attraverso il principio di fedeltà  e non quello della qualità  e del merito. Quando al meritevole si preferisce il famiglio le cose non possono che andar male.
Ciò che appassiona in queste settimane il ceto politico sono i candidati a sindaco nei comuni che andranno al voto nel prossimo maggio. Il Pd deve gestire attraverso le primarie le ambizioni dei troppi disponibili al sacrificio personale. Senza una linea comune per ciò che riguarda il ruolo e le prospettive delle amministrazioni. La destra rimane aggrovigliata nella spinta di altrettanti volenterosi al sacrificio alla sindacatura. Non siamo messi bene nè in Umbria nè in Italia. E con il ministro La Russa Ignazio che si è messo l’elmetto da combattimento anche nel Mediterraneo non si prospettano giorni felici.

Share This

Condividi

Condividi questo articolo con i tuoi amici.