Che i mezzi di comunicazione della modernità  siano un formidabile
strumento politico è certo e non è una novità . F.D.Roosevelt
eletto per tre mandati presidenziali è stato uno straordinario
comunicatore e forse il primo che seppe usare la radio per la
propaganda del suo “New Deal”. Il nazismo consolidò il suo potere
terribile anche attraverso i mass media di quel tempo, radio e
cinema. Specialisti della comunicazione di massa attribuiscono
all’ultimo dibattito televisivo la vittoria di J.F.Kennedy
sull’abilissimo Richard Nixon. Kennedy “bucò” lo schermo, Nixon
sudato e intimorito dal mezzo televisivo non riuscì a contrastare
l’affascinante giovane cattolico. E perse le elezioni già  date per
vinte.
Nel nostro piccolo è certo che il confronto televisivo tra
Occhetto e Berlusconi del 1994 fu uno dei motivi della prima
vittoria del cavaliere.
Grazie alla televisione divengono famosi personaggi di nessun
valore e tra un gioco, una velina e uno spot ci convincono a
comperare anche le cose più inutili. E’ proprio per la delicatezza
dei mass media che le democrazie più mature hanno stabilito regole
per la comunicazione politica e per i dibattiti televisivi.
Berlusconi sfida Prodi al dibattito TV sulla base di regole che ha
stabilito la maggioranza di centrodestra. Due dibattiti, poi due
giorni prima della tornata elettorale, una bella conferenza stampa
del cavaliere di Arcore. Vi sembra serio? Perchè Berlusconi non
chiede all’adorato G.W.Bush quali sono state le regole del
confronto con lo sfidante Kerry? Domandi all’amico Tony Blair come
la televisione inglese organizza i dibattiti politici. Forse
soltanto l’altro suo amico, il democratico Putin, pretende di
parlare per ultimo in TV durante una campagna elettorale. Ma non è
un gran esempio. Sinceramente ha ragione Prodi di pretendere
regole certe prima di accettare qualsiasi sfida televisiva.
Meraviglia che l’eroico presidente della camera, Casini, non si
opponga alla pretesa del cavaliere e denunci invece la paura di
Prodi. Ridicolo. Una truffa è una truffa anche se votata da una
commissione parlamentare. Ribellarsi è giusto, senza regole
condivise non c’è possibilità  di giocare.
La direzione dei DS ha votato all’unanimità  le liste dei
candidati. L’unanimità  è una cosa buona in se? Vista la
discussione che c’è stata in queste settimane viene il sospetto
che abbia prevalso l’interesse di facciata piuttosto che una reale
convinzione di aver fatto le cose al meglio. Sta diventando una
barzelletta la promessa di recuperare una parte degli esclusi
dalle candidature con incarichi di sottosegretario. Una certa
prudenza nel promettere sarebbe consigliabile visto che se e
quando nascerà  il governo Prodi la compagine governativa dovrà 
avere uomini e donne in numero che non ricordi le pessime stagioni
del pentapartito. E poi non sarebbe carino scaricare sulla spesa
pubblica le tensioni dei gruppi dirigenti dei partiti. Ma i DS
hanno un altro problema molto serio da gestire. Problema che nasce
come effetto collaterale alla scelta della lista comune con la
Margherita per i candidati alla Camera dei Deputati. Sono ormai
diversi dirigenti politici ed intellettuali di fama che hanno
scelto di partecipare e comunque appoggiare la lista della “Rosa
nel Pugno” dei socialisti e dei radicali. Le motivazioni sono
diverse, prevale però l’accusa ai DS di scarsa convinzione sulle
questioni della laicità  dello Stato, dei diritti civili e della
scuola pubblica. Fanno bene i DS a non utilizzare la categoria del
tradimento nell’affrontare il problema. Molti ex socialisti sono
entrati negli anni nel partito di Fassino senza provocare patemi
in Boselli. E per dirla tutta, i nuovi arrivati non sempre sono
stati trattati come dovevano essere trattati per le loro qualità  a
volte ottime. Spesso il settarismo degli excomunisti ha prevalso
specialmente in periferia.
Qualche ragione i dissidenti possono averla considerando che su
queste tematiche le posizioni che ci sono tra una parte dei DS e
una parte della Margherita sono molto dissimili. E d’altra parte
la situazione nel centrosinistra ha una sua dinamicità . La
prospettiva della realizzazione del partito democratico non
entusiasma tutti e tutti rinviano la decisione a dopo il risultato
elettorale. E sotto gli occhi di tutti che in questa campagna
elettorale la campagna acquisti ha riguardato tutti i
raggruppamenti a conferma che non è questa la stagione delle
granitiche certezze ideali. Come giudicare altrimenti alcuni cambi
di casacca? Cambiare idea è legittimo. Ancor di più lo sarebbe se
i nuovi ideali fossero frutto di libero pensiero e non di brutale
occupazione di seggi parlamentari.
Lo choc della visita di Berlusconi a Perugia va esaurendosi.
Qualche polemica permane, ma niente di drammatico. Qualche giovane
è ancora arrabbiato perchè il centro di Perugia è stato dichiarato
off limits durante la presenza del cavaliere. Traffico bloccato,
scale mobili ferme. Nessuno, ne un pedone ne un’auto, poteva
accedere nell’acropoli prostrata al cospetto del leader massimo.
Un deserto da coprifuoco in tempo di pace. Città  blindata.
Libera soltanto per i 240 invitati alla cena di sottoscrizione in
un prestigioso albergo cittadino. Industriali, dentisti, avvocati
e liberi pensatori la platea del dinner. La crème de la crème. E’
la prima volta che questo succede in maniera così smaccata e
massiccia. Alcuni dei partecipanti sostengono che si è trattato di
una scelta fatta per rispetto istituzionale al capo del governo.
No cari signori e signore la vostra sottoscrizione (notevole,
complimenti ai beneficiari) non era in beneficenza per qualche
opera pia, ma per un partito politico. Legittima la cosa,
figuriamoci, ma non mistifichiamo.
Corriere dell’Umbria 26 febbraio 2006

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