Il differenziale tra i titoli di stato italiani e quelli tedeschi è tornato venerdì scorso ai livelli dell’agosto 2011. Buona notizia che consente qualche risparmio alle finanze pubbliche e che certifica l’affidabilità  del governo Monti nei mercati finanziari. Rimane ancora misteriosa la politica del governo per ciò che concerne la crescita del Paese. Bisogna intendersi quando si parla di crescita. Immaginare uno sviluppo basato su massicci interventi pubblici in infrastrutture che hanno un impatto massiccio nel territorio, non è ipotizzabile nè per ragioni finanziarie, le risorse non ci sono, nè per ragioni ecologiche. E’ invece augurabile una crescita che risolva l’antico problema della manutenzione volta a evitare i vari disastri chiamati naturali, ma che naturali non sono. L’Italia è una terra “giovane” sottoposta a frane, terremoti, inondazioni. Una politica di messa a norma delle vastissime zone a rischio sarebbe una scelta saggia: è certificato che il costo di risanamento è nettamente inferiore a quanto si deve investire per risanare i disastri. Quante sono le nuove abitazioni che rimangono per anni sfitte? Non c’è statistica che l’abbia raccontato. E nessuno sta facendo indagini su quanta parte dei centri storici sia disabitata e priva di ogni funzione economica. Si continuano a costruire palazzi e centri commerciali mentre parti consistenti delle città  sono in decadenza. E’ inimmaginabile una scelta politico-amministrativa che incentivi il riuso di spazi all’interno delle cinte urbane? Quanto lavoro si potrebbe creare se invece di ricercare le risorse della Bucalossi, i comuni favorissero il recupero delle vecchie strutture abitative, commerciali o d’intrattenimento? Non è possibile riconvertire parte delle imprese edili in aziende volte al restauro delle abitazioni dei rioni dei centri urbani ormai ridotti a gusci vuoti? Crescere per una società  è possibile anche favorendo i consumi collettivi. Una sanità  e un sistema scolastico adeguati ai tempi significano anche possibilità  di lavoro e non solo, quindi, la soddisfazione e la tutela di diritti essenziali dei cittadini. Ciò che ha prevalso in questi anni è stata una politica di tagli al già  precario welfare italiano. Siamo in Europa agli ultimi posti in settori fondamentali quali la scuola e le politiche per la famiglia. Il governo della destra non ha fatto nulla per invertire la tendenza all’impoverimento delle famiglie italiane. C’era la speranza che il nuovo governo, oltre a affrontare l’emergenza del debito, avesse in mente qualcosa di diverso dalla solita ricetta del neo-liberismo, meno stato più mercato. Si sperava che visto il fallimento “mondiale” di tale impostazione, Monti avrebbe cercato rimedi diversi. Al momento non se ne vedono. La discussione sembra impantanata sulla riforma del mercato del lavoro e sull’articolo diciotto dello statuto del lavoro. Lo Stato continua a non pagare i propri fornitori. Le aziende continuano a chiudere; la cassa integrazione ad aumentare; la sanità  pubblica a decadere a vantaggio di quella (più costosa) privata. Ma lo spread diminuisce e, com’è noto, la speranza rimane l’ultima a morire. E i così detti partiti? Il festival degli scandali a tutte le latitudini sembrano le sole notizie rilevanti a conferma della decadenza della democrazia repubblicana. Corriere dell’Umbria 18 marzo 2012

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