Sostenere che il centrodestra ha perso ma che il PD non ha vinto nell’ultima tornata elettorale, è mistificare la realtà . Anche una sommaria analisi del voto dimostra che la sconfitta della coalizione che guida il governo interessa gran parte delle città  in cui si è votato: Berlusconi e Bossi hanno visto ridimensionati i loro consensi da Trieste a Crotone passando da Milano, Novara, Cagliari e Napoli. Il Partito Democratico è in quasi tutte le aree del centro nord il primo partito. Considerare il voto come indifferente per la tenuta del governo è vendere panna irrancidita. Si è voluto un referendum sull’appeal del Cavaliere e il risultato è stato netto e non manipolabile nemmeno dall’onorevole Capezzone.
Sono andati al voto oltre tredici milioni di elettori, non si è trattato di un sondaggio. La sconfitta delle forze di governo, in primis del suo Capo, ha fatto il giro del mondo proprio perchè segnala un mutamento profondo degli orientamenti del Paese. Pensare che l’armata Brancaleone dei nominati in Parlamento possa essere in grado di assicurare un governo serio per i prossimi due anni è numericamente possibile, ma politicamente e istituzionalmente avventuroso.
La svolta c’è stata. E’ meglio che tutti ne prendano atto, sia il centrodestra che il centrosinistra.
La destra dovrà  riconsiderare come reagire alla crisi della leadership di Berlusconi. Crisi innegabile dopo un voto giocato interamente sulla capacità  di comunicazione del leader del centrodestra. Il meccanismo del Grande Comunicatore si è rotto, la realtà  ha ripreso il sopravvento sul sogno berlusconiano. E la realtà  è stata quella espressa in un giudizio negativo dell’azione del governo. Nel decennio trascorso il centrodestra è stato al governo per otto anni. Tutti gli indici in questi anni sono peggiorati sia nell’economia sia nella tenuta culturale e sociale del Paese. Molti commentatori hanno sottovalutato, prima delle elezioni, il significato politico delle proteste che almeno da un anno hanno riempito le piazze del Paese. Non c’è stato settore della società  che non abbia ripetutamente avvertito il ceto politico che la situazione diveniva insostenibile per che vive del proprio lavoro o per coloro che lavoro non hanno. La grande redistribuzione della ricchezza che ha segnato l’Italia da un ventennio, ha prodotto una casta di privilegiati in un Paese dove anche il ceto medio produttivo ha subito un impoverimento progressivo. Se è ormai intollerabile il depauperamento di salari e pensioni, è drammatico anche il fatto che tutta la partita dell’intervento pubblico nelle infrastrutture e nell’offerta dei servizi al cittadino sia crollata. Non è cosa da poco che la Confindustria abbia più volte richiamato il governo a realizzare programmi d’investimento sui fatiscenti servizi pubblici e richiesto una politica per una nuova crescita. Si denuncia la crisi generale mondiale, ma in questa crisi la Germania cresce di quasi il cinque per cento e l’Italia dell’uno per cento. Anche in Germania governa la destra, ma il loro governo si occupa dei destini del Paese e non degli affari del signor Giulio Cesare.
La destra italiana dovrebbe prendere atto che le difficoltà  del Paese sono di tale portata da imporre un salto di qualità  nell’azione del governo. Ne ha la forza e capacità  la compagine di Berlusconi, Bossi e Scilipoti?
Il Parlamento conta di una maggioranza numerica che, nonostante l’ottima campagna acquisti, non è amplissima. Le scelte di politica economica che ci richiede l’Europa, sottolineate da ultimo dal Governatore della Banca d’Italia, dovranno essere rigorose se si vuol evitare la catastrofe dei conti pubblici.
E’ ipotizzabile che i Responsabili alla Calearo abbiano l’autorità  e il prestigio per chiedere agli italiani altri sacrifici?
Il Partito Democratico ha ottenuto un risultato importante dimostrando che una forma di intelligenza politica si è rafforzata nel suo gruppo dirigente. E’ stata una scelta intelligente quella di accettare candidati non suoi ma frutto di primarie non fittizie. Meglio vincere in tanti che perdere da soli, ha ragionato Bersani. La vocazione maggioritaria, ricordate? Di danni ne aveva già  prodotti parecchi in questi anni.
Prendere atto, i risultati lo dicono, che lo schieramento vincente per il centrosinistra non può che contemplare anche la sinistra. Ciò non significa non aprirsi al rapporto con coloro che si definiscono moderati, unendo anche, su scelte chiare e trasparenti, le energie che esprimono una radicalità  nella difesa non ideologica degli interessi delle classi subalterne. Pisapia a Milano e Zenda a Cagliari, sono straordinari esempi di un nuovo modo di esercitare la radicalità  nell’attività  politica. Se c’è una lezione che vale per tutti dalle elezioni di maggio è quella del valore della mitezza e della sobrietà  nei comportamenti. Sono ambedue il risultato di elezioni primarie. Va dato merito al PD di averle proposte, va riconosciuto al movimento di Vendola la qualità  nella proposta dei candidati.
L’ascoltare ciò che i cittadini hanno da dire nella gestione del potere era un insegnamento che per troppi anni è stato dimenticato dal ceto politico. Il voto ha dimostrato nettamente che quando il candidato è vissuto come espressione degli apparati o delle carriere non vince o se vince ottiene risultati striminziti. La credibilità  della politica si è molto indebolita dopo anni di personalismi e di pessima lotta per un posto al sole. Svoltare è obbligatorio se si vuol invertire la tendenza al degrado pluriennale che ha indebolito la democrazia allontanando il popolo dalla politica. Un deterioramento che è avvenuto anche in Umbria.
Sbagliano coloro che continuano a non vedere come l’enorme patrimonio di consensi accumulato dalle vecchie classi dirigenti del movimento operaio umbro, vada scemando di elezione in elezione.
I patrimoni finiscono se non vengono rinvigoriti con nuove energie e nuove idealità . Il “palazzo”, inteso come una rocca di Albornoz, non è cosa che aiuta la buona amministrazione e ormai non assicura nemmeno più luminose carriere.

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