Un altro venerdì nero per le borse mondiali. La crisi finanziaria sembra senza fine. Aumenta l’incertezza. La cosa non riguarda soltanto i piccoli risparmiatori. La crisi coinvolge tutte le famiglie perchè in tutte le famiglie c’è il giovane disoccupato o un pensionato o un lavoratore che hanno visto ridimensionato il proprio tenore di vita. Sommerso da statistiche che confermano quasi sempre il degrado del nostro Paese, il popolo vorrebbe capire quale strada la politica indica per risolvere i problemi, ma la politica continua con i suoi riti incomprensibili ai più. I teatrini sono gli stessi: Ballarò, Anno Zero, Porta a Porta, svolgono i loro spettacoli con un canovaccio sempre uguale, con uguali protagonisti. Al popolo spetta il ruolo di tifoso da curva Nord. L’umore del cittadino di destra o di sinistra cambia se Tizio è stato più bravo di Caio nel dibattito televisivo. Una farsa in cui era difficile ridere, ma che si sta convertendo in una tragedia. Difficile non allarmarsi. La quotidianità  ci ricorda le difficoltà  nell’immaginare un futuro sereno per la nostra comunità , mentre la classe dirigente continua a trastullarsi in dibattiti in cui prevale l’interesse ad insultare l’avversario piuttosto che a trovare soluzioni ai problemi del Paese. A due settimane dall’annuncio si comincia a capire che cosa prevede il decreto da 25 miliardi voluto da Tremonti e accettato a collo torto da Berlusconi. Al di là  dell’analisi dei singoli provvedimenti, si può affermare che è evidente un paradosso: coloro che subiscono la crisi pagheranno la crisi e coloro che la crisi hanno prodotto, non pagheranno un Euro. Anzi alcuni continueranno ad arricchirsi proprio attraverso l’utilizzo dei meccanismi della crisi finanziaria. Capiremo nelle prossime settimane cosa proporranno le forze politiche per rendere i provvedimenti più equi. Per adesso quello che colpisce è l’incapacità  del centrosinistra di prospettare uno scenario diverso da quello di Tremonti. E’ indubbia la responsabilità  del governo nell’aver negato fino a poche settimane fa la gravità  della situazione. Ma il centrosinistra non è stato fino ad ora in grado di proporre alternative ai tagli imposti dal governo. L’Italia è un Paese in cui la ricchezza è distribuita senza alcuna equità . Negli ultimi decenni, anche quando il centrosinistra è stato al governo, si è allargata la forbice tra i ricchi e i poveri. La crisi non potrebbe essere l’occasione per restringere la forbice? Non sarebbe giusto far pagare più coloro che più posseggono? Non dovrebbe essere questo l’orizzonte di una forza anche timidamente riformista? Per i riformisti nostrani sembra quasi una bestemmia parlare dei grandi patrimoni o delle rendite finanziarie che, in Italia, sono tassate in modo ridicolo. Destra, sinistra e centro invocano la lotta all’evasione fiscale. Il governatore Draghi ha denunciato il fatto che la macelleria sociale che risulterà  dai provvedimenti nasce dal livello di evasione. Sacrosanto. Che fare, quindi? La scelta tremontiana è chiara: ridimensionare la spesa pubblica. Lo si ottiene bloccando gli stipendi dei dipendenti pubblici, intervenendo sulle pensioni e ridimensionando la spesa delle regioni e delle autonomie locali. Coerente con ciò che si è prodotto in questi anni attraverso i tagli alla scuola e alle università  pubbliche o alla ricerca, il governo propone una ricetta di salvaguardia dei conti pubblici per soddisfare i vincoli comunitari. Quali sono le proposte alternative dell’opposizione? Non è dato sapere. Drammaticamente emergono la debolezza del partito democratico e l’estremismo parolaio delle altre forze di centrosinistra. E’ allarmante il fatto che ancora oggi il PD non riesca a darsi un’identità  riconoscibile. Forse è giunto il tempo di analizzare in profondità  le ragioni della perdurante fragilità  del riformismo italiano. Oggi il PD è un partito di amministratori locali che però non ha un’organizzazione territoriale che vive al di là  delle scadenze elettorali. I circoli o le sezioni (non so come si chiamino adesso) hanno una loro vita quando c’è da eleggere qualcuno e la militanza esplode quando c’è da ricercare la preferenza per quello o quella. Comitati elettorali più che luoghi di discussione politica. E’ questa l’altra faccia della personalizzazione della politica. Se la politica esaurisce la sua funzione all’interno delle istituzioni è difficile avere terminali che funzionino al di là  degli aspetti amministrativi. Nei “pessimi” tempi andati, un dirigente di sezione era in grado di capire spesso in anticipo l’andamento di una tornata elettorale. Oggi ciò è impossibile: il compito di un dirigente locale è quasi esclusivamente quello di salvaguardare la carriera del leader locale di turno. Anche dalle cose minori si capisce che ciò che prevale è sempre il destino del singolo e non l’interesse generale. Si è formata la giunta regionale dell’Umbria. Bene. Quale bilancio trarre da una travagliata discussione tra le forze del centro sinistra? Lasciamo da parte un’analisi dei prescelti. Non sarebbe di grande appeal. E’ interessante invece analizzare i risultati ottenuti dalle diverse forse politiche ad iniziare dal PD. Questo partito ha ottenuto cinque assessori. Oltre al presidente della giunta avrà  anche il presidente del consiglio. Ottimo e abbondante si potrebbe dire. Ma una forza politica non è giudicata soltanto rispetto ai posti che riesce ad ottenere. Una forza politica si deve valutare per la capacità  di aggregare altri a progetti di crescita della società  dove opera. Specialmente in una fase così critica c’è bisogno di grande unità  d’intenti. Da questo punto di vista il risultato ottenuto dai democratici è disastroso. Non c’è alleato, ad eccezione forse dei socialisti, che non accusi di arroganza il partito maggiore. La flebile Federazione della sinistra è implosa e il PRCI passa all’opposizione, l’IDV promette battaglie, Rifondazione discute animatamente al proprio interno. Da ultimo, Sinistra ecologia e Libertà , fuori dal consiglio causa legge truffa elettorale, dovrà  digerire la voracità  del più forte. Come risultato politico del PD non è entusiasmante. Forse guardare meno alla carriera di Pinco e porre attenzione all’esigenza di consolidare una prospettiva di unità  del centrosinistra sarebbe stata cosa più saggia. Ma la saggezza non sembra essere un valore.

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