Irricevibile, governo scorretto. Con queste motivazioni Napolitano ha rinviato al governo il decreto legge sul federalismo municipale imposto da Bossi a prescindere dalla bocciatura del Parlamento al decreto precedente. Bisogna capirlo il capo della Lega. Erano mesi e mesi che gridava o federalismo o morte della legislatura. Il federalismo non c’è, ma la legislatura va avanti lo stesso.
In questo mondo d’incertezza rasserena il fatto che almeno una certezza l’abbiamo: ciò che dice Bossi il giovedì non vale più il venerdì. Il voto della bicamerale era andato male nonostante tutti i tentativi di acquisizione di qualche altro pentito dell’ultima ora e il Bossi fa finta di niente, si va avanti, dice.
Così in dispregio di ogni regola un Consiglio dei Ministri improvvisato aveva deciso la riproposizione di quanto bocciato. Che poteva fare il Presidente della Repubblica? Certificare che l’assemblea parlamentare è solo un orpello alle volontà  dell’esecutivo accettando un atto chiaramente illegittimo? Viviamo una situazione surreale. Un governo partito con una maggioranza bulgara galleggia alla ricerca di recuperare consensi. La campagna acquisti per il cambio di giocatori di calcio è terminata il 31 gennaio, quella per il cambio di maglietta dei parlamentari continua anche a febbraio. Spettacolo indecente vien da dire, ma non bisogna fare i moralisti. La morale nell’agire politico è cosa arcaica che non è glamour. Così se tutti minacciano elezioni anticipate se non va avanti l’ottimo programma di governo succede che al momento decisivo una genuina crisi di coscienza salva una maggioranza à  go-go. D’altra parte rinunciare alle prebende previste per senatori e deputati è molto difficile per tutti. Tengono famiglia e poter mantenere un lavoretto come il parlamentare ai tempi dei nominati non è cosa da poco. L’impegno romano non è massacrante e si può continuare ad esercitare la professione di avvocato, di medico, di commercialista, di libera professione senza affaticarsi troppo. Se poi ci si prospetta un bel posto da sottosegretario la scelta è quasi obbligatoria. Si diventa responsabile e si vota di tutto. E poi si entra nella squadra che porta avanti la rivoluzione liberale e cambia l’Italia. Se qualcuno ha la curiosità  di rileggersi la dichiarazione con cui Berlusconi annunciò sedici anni fa la sua discesa in campo e la confronta con quanto dichiarato questa settimana dal Sultano di Arcore, rimarrà  stupito dalla coerenza della linea. Stesse parole, stesse promesse, stessi nemici. Berlusconi ha ragione. Il vincolo del debito pubblico rallenta l’azione del governo. Ed è vero che il debito accumulato non è dipeso dalla sua maggioranza. Dice però una falsità  quando sostiene che lo sfascio dei conti sia responsabilità  dei comunisti. Il debito comincia ad esplodere negli anni ottanta e al governo non c’erano mica Occhetto o D’Alema. Fino al 1992 al potere c’erano gli amici dei governi di pentapartito con Craxi, Andreotti, Forlani e via elencando. Tutti coloro che fecero saltare tutti i conti pubblici e, per inciso, consentirono, attraverso leggi ad personam, l’esplosione dell’imprenditore Berlusconi.
La rivoluzione liberale nuovamente annunciata ha come punto d’abbrivio la modifica dell’articolo 41 della Costituzione.
Che stabilisce l’articolo? L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità  sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà , alla dignità  umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perchè l’attività  economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. E’ questa la norma che Berlusconi vuole mutare. C’è qualcuno che possa legittimamente sostenere che i disastri italiani dipendano da una disposizione simile. Altra cosa è il superamento di tutte le disposizioni che rendono farraginosa e costosa l’iniziativa imprenditoriale. E di lavoro al riguardo ce ne sarebbe da fare per superare burocrazie e normative inefficienti e vessatorie. Senza toccare la Costituzione si potrebbe ad esempio mettere in moto un meccanismo che obblighi le strutture pubbliche a pagamenti rapidi per i servizi ottenuti da artigiani, imprenditori. Rendere più razionali i piani di stabilità  della rete delle autonomie, potrebbe consentire di trasferire risorse che rendano meno precaria l’attività  produttiva svolta per conto del pubblico.
Lo sapete quante volte Berlusconi ha promesso il Piano Casa come motore del rilancio dell’economia? Quattro volte negli ultimi due anni. E’ come il ponte di Messina la cui prima pietra è stata posata una decina di volte e alla prima pietra siamo rimasti.
A questo punto qualcuno domanderà : e l’opposizione che fa per contrastare l’inefficacia del governo della destra berlusconian-leghista? Bella domanda a cui è difficile rispondere.
Negli ultimi mesi quella società  civile che sembrava completamente irretita dalle vicende della politica politicante, si è rimessa in movimento con iniziative ancora disarticolate ma che danno il senso di un risveglio. Lotte significative di studenti, operai, ceto medio produttivo, movimenti femminili e mondo della cultura e della scuola, cominciano a costruire un’alternativa al degrado del Paese. Ciò che ancora non si riesce a intravedere è uno sbocco politico a questi movimenti. I partiti continuano nell’affannosa ricerca delle alleanze e delle lotte di corrente. Il ceto politico continua a guardarsi il proprio ombelico. Quello che continua ad emergere è lo scarto tra Paese reale e quello che si vive nei luoghi della democrazia formale. Soltanto la Presidenza della Repubblica sembra rappresentare un baluardo democratico apprezzato dalla gente comune. Si può affermare che il Parlamento non è più lo specchio dell’Italia? Sono convinto di sì. Nonostante tutto l’Italia è una nazione piena di risorse e d’intelligenze che sarebbero capaci di far progredire la collettività , basterebbe che l’azione politica si atteggiasse a sostenere le energie migliori e non continuasse a premiare le clientele e troppo spesso i corrotti.

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