Cicciobello per gli amici, il Piacione per i nemici politici, Francesco Rutelli è da diversi decenni protagonista della politica italiana. Nonostante la bruciante sconfitta, quale leader del centrosinistra, nelle elezioni del 2001 che segnò il trionfo di Berlusconi, l’ex sindaco di Roma è rimasto sempre a galla. Pur amando il sistema politico statunitense Rutelli non segue i comportamenti dei leader americani che, se sconfitti, vanno a casa. Il nostro resta in campo al servizio del Paese.
Tanto per semplificare le cose, all’amico Prodi l’ex radicale ha lanciato un “manifesto” a cui hanno aderito diversi esponenti del riformismo italiano. Conoscendo la devozione di Rutelli, frammista ad ammirazione, per il Cardinal Ruini, siamo rassicurati sulla qualità  e sulla cultura della modernità  del manifesto rutelliano. Una domanda. Se si presenta una piattaforma politica in una fase di costruzione di un nuovo partito, logica vorrebbe che è implicita una candidatura alla guida della nuova formazione politica. In questo caso non sembra così. Rutelli appoggia Veltroni. Se fossi Veltroni qualche dubbio lo avrei.
La piattaforma politica di Rutelli è esplicita: basta con le alleanze coatte, basta con il conservatorismo della sinistra. Rutelli prefigura un nuovo centrosinistra, senza sinistra. Una bella coalizione che comprende Casini e Mastella e che escluda a priori, Mussi e Diliberto, passando per un ormai stralunato Fassino. Bella prospettiva e più che altro vincente. Non si sa bene da dove arriverebbero i voti per governare, ma questa è una quisquilia. Che la formazione del Partito Democratico sarebbe stata complessa lo si poteva capire dalle premesse, ma una confusione come quella che stiamo vivendo ci sembra eccessiva anche per una classe politica non di primissima qualità .
Il “mi candido alle primarie” di alcuni leader cui segue smentite a raffica, è la rappresentazione di un pasticcio che rischia di indebolire anche gli aspetti positivi contenuti nell’ipotesi di un partito diverso dalle oligarchie oggi dominanti.
Non capisco l’interesse di Veltroni ad essere oggetto di un plebiscito che, come quello che ha avuto Prodi, non garantisce affatto la possibilità  di guidare un partito o un Paese. Sarebbe saggio evitare il meccanismo della dichiarazione quotidiana su tutto e su tutti ed è certo che non sempre i consigli e le sollecitazioni sono disinteressate.
Prendiamo la questione del referendum per l’abolizione della legge elettorale imposta da Berlusconi. Un’ignominia che deve essere superata, su questo nessun dubbio. Il quesito referendario supera alcune brutture, ma ne lascia intatte e anzi ne mantiene l’essenza antidemocratica. Anche se i Sì vincessero sarebbero sempre le segreterie dei partiti a nominare i parlamentari. E’ una falsificazione dei comitati promotori affermare che il referendum diminuirebbe il numero dei partiti. Il referendum tende ad assegnare la maggioranza dei seggi (340 alla Camera) alla lista che ottiene più voti. Oggi questo meccanismo è previsto per la coalizione. Che cambierebbe? Che una lista con il 20% dei voti potrebbe avere la maggioranza alla Camera dei deputati se le altre liste ne prendono meno. Una mostruosità  giuridica. Il costituzionalista Giovanni Ferrara ha scritto su “Il Manifesto” di giovedì scorso: “La legge Acerbo, che diede poi il via all’instaurazione del regime fascista, pur attribuendo un premio di maggioranza altissimo, poneva la condizione per ottenerlo l’aver conseguito il 25% dei voti popolari. Acerbo aveva, insomma, maggior rispetto almeno per i numeri di quanto ne dimostrino i promotori del referendum per qualche parvenza di democrazia”.
Mistificare le cose non fa bene alla democrazia. Sono ormai sedici anni che si improvvisano leggi elettorali e che si tenta di costruire un sistema politico efficace senza fare passi avanti.
Non si è ancora convinti che le forzature producono mostruosità ? Si è imposto, con un altro referendum mistificante, il sistema maggioritario e si è generato un bailamme di formazioni politiche personali spalancando la strada al berlusconismo di destra, di centro e di sinistra.
Che produrrà  un referendum sbagliato? Nonostante che la grande stampa enfatizzi l’esigenza e il valore innovativo del referendum, è consigliabile qualche momento di riflessione.Rigenerare la democrazia dovrebbe essere uno dei compiti del PD e di una sinistra adeguata alla bisogna.  Il  silenzio rispetto alla mistificazione dei referandari, della grande stampa e di Confindustria  non è un  bel segnale.

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