Lo spettacolo indecente che molti di voi stanno dando non è più tollerabile da gran parte degli italiani e questo riguarda tutti gli schieramenti politici. Il vostro agire attento solo agli interessi personali e di partito trascurando quelli del paese ci sta portando al disastro e sta danneggiando la reputazione dell’Italia. E’ questo il succo di un’inserzione nei quotidiani italiani voluta da Diego Della Valle. Secondo l’imprenditore la classe politica si è allontanata dalla realtà , la crisi economica impone serietà , competenze e reputazione che gli attuali politici non hanno, salvo rare eccezioni. Le componenti responsabili della società  civile che hanno a cuore le sorti del Paese lavorino per affrontare con la competenza e la serietà  necessaria questo difficile momento. La comunicazione di Della Valle fa da pendant all’ultimatum della Confindustria a Berlusconi affinchè il governo delle destre prenda con urgenza provvedimenti che salvino il Paese dal disastro. Al di là  del merito, va, per correttezza, rammentato che il governo Berlusconi non è il risultato di un’invasione di marziani, ma è la conseguenza delle scelte politiche che una parte della società  civile, ad iniziare dal mondo delle imprese, ha compiuto ripetutamente negli ultimi diciassette anni. Berlusconi non è stato forse considerato fino a ieri il figlio legittimo della parte maggioritaria dell’imprenditoria grande e piccola? Negli ultimi mesi hanno cambiato parere. Come il Vaticano. Bene.
Che lo spettacolo della politica sia spesso scandaloso per responsabilità  di molti suoi protagonisti è indiscutibile. Ma forse è il caso di riflettere sulla difficoltà  di un’intera classe dirigente che non ha visto, per anni, che il declino italiano si accelerava anche attraverso l’impoverimento del mondo del lavoro e con la marginalizzazione dal processo produttivo di giovani e donne. La precarietà  come orizzonte per intere generazioni non aiuta a costruire una società  solidale ed è la precarietà  una delle cause delle difficoltà  della nostra economia. Le proposte confindustriali al governo Berlusconi non sembrano affatto preoccuparsi della tenuta sociale di un Paese ridotto allo stremo.
E’ verissimo, il ceto politico complessivamente sembra inadeguato ad affrontare la crisi, ma non sembra che in questi anni gli investimenti produttivi e innovativi siano stati la priorità  di tanti altri protagonisti della società  italiana. L’egoismo proprietario ne ha permeato gran parte e il mantra del mercato e del liberismo ha nascosto la decadenza dell’Italia. La riflessione da fare riguarda tutti perchè, con diversi gradi di responsabilità , tutti dovranno impegnarsi in modo diverso dal passato. Anche il mondo delle imprese è chiamato a riflettere su come adeguare le proprie strategie.
Certo per la politica la situazione è ancora più pressante.
Sono un milione e duecentomila le firme raccolte per il referendum contro la legge elettorale carinamente definita una porcata. Dopo anni e anni di discussioni nei partiti e tra i partiti, sarà  un referendum a cancellare una legge che non elegge parlamentari, ma li fa nominare dal Capo? Il Presidente della Repubblica è stato netto: questa legge ha rotto il rapporto di responsabilità  tra elettore ed eletto. Cambiare la legge elettorale è l’urgenza anche per Napolitano.
Sulle diverse ipotesi di sistema elettorale, notoriamente non c’è alcun accordo nè tra i partiti nè all’interno di questi. Il fatto politico rilevante è che sembra essere lo strumento referendum il dispositivo che può accelerare la riforma della politica. Per come funzionano i partiti essi non sembrano in grado di decidere nulla. C’è chi sostiene il sistema spagnolo, chi quello tedesco, perchè no a quello francese e che dire di quello in vigore in Israele? C’è chi sostiene che anche quello della Nuova Zelanda non è malissimo. Indifferenti alle lezioni di questi anni di creatività  istituzionale, i vari personaggi continuano nel loro gioco dell’oca. Imponiamo il bipolarismo, basta con il suk di partiti e partitini. Passati venti anni di bipolarismo di partiti e partitini ce ne sono per tutti i gusti. Non arriviamo a cinquanta, ma ci manca poco. Nella prima repubblica erano sette. O otto?
Incredibile ma vero, il PD torna a dividersi sul candidato premier. C’è il sindaco Renzi che preannuncia la pole position certo che il popolo è prontissimo a riconoscerlo nel leader massimo della coalizione. Non è chiarissimo su quali partiti si aggregherà  la renziana coalizione, ma questo è insignificante. Per intanto pole position da assicurarsi costi quel che costi. I veltroniani non hanno apprezzato l’incontro di Vasto tra Di Pietro, Vendola e Bersani. Rivorrebbero le primarie. Per confermare il segretario? Non ho capito bene. Di Pietro e Vendola, dopo il successo della raccolta delle firme per il referendum, hanno anche dalla loro il fatto che sia nei referendum del giugno scorso che alle amministrative sono stati quelli che si sono più spesi per costruire un’alternativa vincente al centrodestra con risultati tangibili. Certo sia IDV che SEL sono partiti atipici in cui la personalizzazione della politica ha un significato molto forte. Difficile uscire da un modello di organizzazione politica che dura da tanti anni e che ha reso la democrazia italiana molto diversa da quella incentrata nei partiti di massa.
Complesso rimane capire come rendere la partecipazione di elettori e aderenti ai movimenti qualcosa di più stabile che la semplice partecipazione al voto. Anche da questo punto di vista le esperienze nelle democrazie mature sono molto diverse e sarebbe sbagliato inseguire un qualche modello. Certo è che la pesantezza della crisi è tale da far temere un collasso nella tenuta sociale del Paese. L’agonia del governo delle destre non sposta necessariamente verso il centrosinistra l’orientamento delle masse. Ciò dipenderà  dalla capacità  di stabilire un rapporto politico continuo ed organizzato con il popolo. Per farlo c’è bisogno che nel centrosinistra si costruisca un’idea di società  diversa da quella che ha prodotto il berlusconismo.

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