Un tempo i segretari di partito venivano eletti dai consigli nazionali o dai comitati centrali dopo lunghe tornate congressuali che appassionavano gli iscritti al partito che eleggevano i delegati ai congressi provinciali, le sedi di elezione dei partecipanti al congresso nazionale. Processo lungo che però assicurava una forma di partecipazione sia nell’approvazione dei programmi del partito che degli organi preposti all’attuazione dello stesso. Ogni membro di un organismo di direzione, ad ogni livello, doveva essere votato nel congresso o con voto segreto o con voto palese. Erano queste le procedure di tutti i partiti della Prima Repubblica.
Il primo segretario di partito eletto direttamente dal congresso e non da un organo di direzione nazionale, è stato Bettino Craxi, penso nel congresso del 1978 a Torino.
Soltanto con lo scioglimento del PCI Achille Occhetto fu eletto segretario del PDS dal congresso di Rimini nel febbraio del 1991, alla seconda votazione.
La personalizzazione della politica di questo ultimo ventennio ha comportato l’enfatizzazione delle leadership e del plebiscito come strumento. Frutto del rapporto diretto con il popolo, senza la mediazione di alcun organismo di direzione collettiva dei partiti, il segretario ottiene il mandato popolare che dovrebbe salvaguardarlo dalle interferenze interne. In realtà  le cose non sono andate in questo modo. Il lungo travaglio degli ex eredi del PCI è segnato da un ricambio di segretari in rapida successione come gli allenatori dell’Inter di Moratti. Una sorta di gioco dell’oca che ha gli stessi protagonisti da due decenni.
Il PD ha fatto la scelta radicale dell’elezione del segretario attraverso le primarie. Un meccanismo che ha un senso nella scelta di un candidato sindaco sembrerebbe averne meno per scegliere il capo di un partito. Comunque Bersani è stato eletto attraverso le primarie con una maggioranza significativa dopo un’aspra competizione dopo che Veltroni, eletto anche egli con le primarie, aveva dato le dimissioni. Se erano farraginose le procedure dei vecchi partiti di massa, certo che quelle inventate dal PD non brillano per rapidità  nelle scelte delle leadership e dei programmi.
Trasparenti e rapidissime quelle scelte da Berlusconi per la gestione del suo partito. Nominato segretario a Palazzo Grazioli, Angelino Alfano è stato acclamato segretario in un’assemblea convocata, non so con quali criteri, dal presidente del consiglio.
La linea del primo segretario del PDL è stata ben chiara. Il PDL sarà  il partito degli onesti e la riconquista del popolo dei moderati sarà  propedeutica per ricandidare nelle elezioni politiche del 2013, Silvio Berlusconi. Applausi scroscianti dell’assemblea e tutti a casa per il meritato weekend di riposo.
Nel frattempo l’Italia rimane governata alla meglio.
Il Quintino Sella della nostra modernità , il ministro Tremonti, ha presentato la manovra voluta dalla Comunità  per il rientro dal nostro debito. Furbissimo il ministro. L’entità  della manovra è di significative dimensioni, circa 47 miliardi di tagli ripartiti in modo che da qui al 2013 si taglieranno soltanto 7 miliardi e il resto saranno tagliati dal prossimo governo. I costi della politica? Problema risolto: si costituisce una commissione di saggi i cui provvedimenti di contenimento della spesa scatteranno nella prossima legislatura. Così che gli attuali nominati in Parlamento potranno tranquillamente continuare a ricevere le laute indennità  che, come è noto, sono il doppio di quelle che prendono la gran parte dei parlamentari degli altri Paesi che, tra l’altro, sono eletti dal popolo e non nominati dagli oligarchi di partito.
Non buttiamoci giù: deteniamo il record europeo per le ore di volo degli aerei a disposizione di ministri e sottosegretari. Due nuovi elicotteri del costo di 50 milioni di Euro saranno a disposizione dei nostri governanti. E’ o non è il governo del fare? Per fare c’è bisogno di rapidità  nei movimenti.
Non rapidissimi sono stati nel prendere decisioni per risolvere i problemi dei rifiuti a Napoli. Rapidissimi invece nel regalare a 1000 padani i 4 miliardi e mezzo dovuti per la rapina delle quote latte.
Non hanno messo le mani nelle tasche degli italiani! Anzi faranno la riforma del fisco. Tra tre anni. Regioni e Comuni avranno circa 10 miliardi in meno e dovranno tagliare servizi rendendo ancor più precaria la vita di tanta gente. Come provvedimento innovativo vengono ripristinati i tiket sulla sanità  e la scuola avrà  ancor meno risorse, ma lor signori non mettono le mani nelle nostre tasche. Non un Euro è previsto per affrontare la grande emergenza del Paese, quella del lavoro che manca. La disoccupazione giovanile è arrivata al 30%, nel mezzogiorno d’Italia una donna su due è disoccupata. La quasi totalità  delle assunzioni avviene con contratti a tempo determinato e per periodi brevissimi. Il tasso di scolarizzazione si sta drammaticamente abbassando. Chi vive di pensione diviene ogni giorno più povero. Quanto può durare una situazione come questa?
Anche nella nostra terra si cominciano a vedere i segni di una crisi economico-sociale che rischia di produrre altre povertà  e nuove emarginazioni. Le minori risorse a disposizione delle autonomie locali renderanno difficile mantenere il livello dei servizi al cittadino senza aumentare le tariffe.
Diviene drammaticamente urgente procedere ad una riconversione della spesa eliminando tutto ciò che costituisce spreco ed anche da noi è necessario procedere a comprimere tutto ciò che è costo della politica. Non va considerata qualunquista la richiesta di un ridimensionamento degli apparati della politica. La riscoperta del lavoro volontario può aiutare la rinascita di una politica che si svolge per passione e non per interesse di carriera personale.
In tanti settori il volontariato è una molla formidabile per affrontare i problemi. Perchè questo non può essere anche lo strumento per costruire un’altra politica?

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