L’Italia è una repubblica parlamentare fondata sul lavoro.
Questo è scritto nella Carta Costituzionale, di questo siamo stati convinti per decenni. Questo non è più vero. Il Parlamento è diventato un mercatino del sabato dove sono in vendita pezzi di modernariato di pessima qualità . Privo di qualsiasi autonomia legislativa opera esclusivamente partendo dalle esigenze del sultanino di Arcore. Meglio prenderne atto e non aspettarsi che, nelle aule parlamentari, i 945 nominati si comportino nell’interesse del Paese e non guardando soltanto ai loro interessi personali. Uno dei poteri che dovrebbe caratterizzare una democrazia, il legislativo, non esiste più nel Bel Paese.
La nostra è diventata una democrazia populista diretta da un venditore di panna irrancidita. I giochi non sono ancora fatti. Punti di resistenza nelle istituzioni sono ancora in grado di rovesciare la tendenza al degrado della democrazia italiana.
Non solo Napolitano, ma anche pezzi importanti della magistratura cercano di salvaguardare lo Stato di diritto. La destra al governo ha fatto pagare il costo delle indulgenze vaticane a tutto il Paese. Pressate dal variegato mondo cattolico, alla fine anche le gerarchie hanno dovuto prendere atto che ulteriori benevolenze nei confronti del sultanino di Arcore non erano possibili.
La mitica società  civile sembra oggi realizzare quanti danni si sono prodotti sottovalutando gli strappi che la destra leghista e affarista hanno prodotto in questi anni nella coscienza del popolo con un complesso di leggi a persona, di condoni, amnistie per i più forti. Dopo le dure lotte dei lavoratori, del mondo della scuola e della cultura, sono scese in piazza le donne. Meravigliando tutti, un movimento autonomo da partiti e da organizzazioni di ogni tipo, è riuscito a portare nelle piazze italiane un milione di persone. Per una volta le pagine dei giornali di tutto il mondo hanno potuto apprezzare ciò che succedeva in Italia. Grazie alle donne e i giovani, un Paese governato da un clown dimostra di avere gli anticorpi per riprendere un cammino di civiltà . Nel sud del Mediterraneo sono le piazze che fanno saltare regimi e dittatori. Precipita lo zio di Ruby, salta l’amico di merende del Cavaliere delle passeggiate romane, forse anche in Italia la strada maestra non è quella del gioco della politica politicante, ma la mobilitazione del popolo contro il governicchio di Bossi e dei berluscones.
Al momento che scriviamo, non sappiamo se Gheddafi è ancora in Libia o è fuggito. Sappiamo che di fronte ai massacri, anche se in ritardo, la Comunità  Europea interviene per far cessare la repressione. A Bruxelles il fatuo Ministro Frattini si sta battendo per la non ingerenza negli affari dell’amico del suo padrone. Possiamo affermare che oggi siamo la barzelletta del mondo? Quando un grande Paese riesce a farsi rappresentare nelle istituzioni internazionali da Frattini, possiamo ben dirlo.
Una repubblica fondata sul lavoro? Ma il lavoro è l’ultimo dei pensieri della nostra classe dirigente, Negli ultimi quindici anni tutto ciò che va contro la dignità  del lavoro è l’orizzonte di tanta parte del ceto politico e del mondo dell’impresa.
Vengono al pettine i disastri di tanti anni di berlusconismo condito con le scempiaggini pluriennali di tanta parte del centrosinistra. Un solo esempio. Ancora oggi di fronte alla proposta della destra di ripristinare l’immunità  parlamentare all’interno di una controriforma della giustizia, Luciano Violante mostra disponibilità  al dialogo. Non si tratta di apprezzare la tesi del rottamatore di Firenze, i personaggi troppo ciarlieri alla Renzi ci piacciono poco. Siamo convinti che il ceto politico, in campo anche nel centrosinistra, sia nell’insieme da rinnovare a prescindere dall’età  anagrafica. Il gioco dell’oca di questi anni ha riguardato un poco tutti e la maggior parte degli addetti ai lavori hanno vissuto l’agire politico come una professione e una carriera da perseguire costi quel che costi.
Ci piace l’idea di un rinnovamento anche generazionale, forse dovrebbe però avvenire sulla base delle idee e dei comportamenti concreti di coloro che vogliono svolgere un’attività  politica. Certo è che la specie di politico impersonata dal pessimo ex presidente della Camera un certo imbarazzo lo provoca.
La distruzione dei partiti di massa ha prodotto un ceto politico che conserva tutto il peggio della prima repubblica senza conservare ciò che andava conservato dal disastro.
Andava ad esempio preservata una certa sobrietà  e una certa capacità  di analisi della società  che si voleva amministrare. Sobrietà  e capacità  di analisi che sembrano scomparse. A leggere i dibattiti del consiglio regionale o di un’amministrazione locale ciò che prevale è la polemica su fatti e fatterelli. Qualcuno vuol spiegarci quale idea dell’Umbria ha dentro la testa il PD o l’IDV o la Federazione della sinistra? Al di là  della propaganda c’è qualcuno che sta analizzando, studiando ciò che significa la crisi dello stato sociale in una regione come l’Umbria?
Perchè di crisi si tratta. Non basta prendersela con le politiche tremontiane. Dobbiamo aver chiaro che non sarà  possibile tornare al come eravamo prima del disastro provocato dai liberisti. Cambiare, cambiar bisogna perchè la globalizzazione ci obbliga ad un processo di innovazione strutturale del modo di essere dell’amministrazione pubblica. La strada maestra è quella di riformare in maniera profonda la spesa pubblica anche attraverso un rapporto diverso tra amministratore e amministrato ad iniziare dall’individuazione delle priorità  del governare. Recuperare la fiducia del popolo non è compito facile per un ceto politico usurato dal tempo utilizzato per l’autoconservazione. E’ il caso di provarci. E’ una stagione difficile. Si ripropone lo slogan degli anni 50 “Pane e Lavoro”? L’impressione è questa.
A seguire certe discussioni sembra che la sicurezza delle città  sia la priorità . Una stupidaggine.

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