Vittorio Feltri direttore del quotidiano di proprietà  della famiglia Berlusconi, Il Giornale, sostiene in un suo recente editoriale che la bocciatura del lodo Alfano ha costituito un ricostituente per il Capo.
Finalmente si potrà  mettere in campo il vero progetto della destra berlusconiana: modificare la Costituzione prevedendo l’elezione diretta del presidente della repubblica ed eliminando quei pesi e contrappesi (Corte Costituzionale, magistratura indipendente, ecc.ecc.) che disturbano l’eletto dal popolo e gli impediscono di governare, senza alcun vincolo. Torna in auge la Grande Riforma che Bettino Craxi predicò in tutti gli anni ’70 e ’80? No. Qualcosa di più radicale che se realizzato trasformerà  la democrazia repubblicana in una sorta di presidenzialismo padronale. Non esiste al mondo o meglio non esiste alcuna democrazia in cui il presidente della repubblica o il capo del governo non sia sottoposto al parere di organi che non dipendono dal voler dell’eletto dal popolo. Anche nelle democrazie presidenziali esistono contrappesi al potere del presidente. Dove non ci sono o sono solo formali, come nelle democrazie popolari di antica memoria, si hanno regimi dittatoriali.
Il Paese per tanti anni guida delle democrazie occidentali, gli Stati Uniti d’America, ha eletto un presidente che, come è noto, ha un consenso che travalica i confini americani. Barack Obama per portare avanti il suo programma di governo deve concordare con senatori e membri della Camera, democratici e repubblicani, ogni passaggio, ricercando quotidianamente l’intesa. Non può usare lo strumento della decretazione d’urgenza e non è previsto il voto di fiducia. I membri della Corte Suprema (che ha poteri più ampi della nostra Corte Costituzionale) conservano il loro incarico a vita, i nostri per sette anni. Se Barack Obama esprimesse un giudizio negativo su una sentenza della Corte Suprema rischierebbe l’impeachment, cioè la rimozione.
Dobbiamo intenderci. La democrazia ha bisogno di un’aggettivazione per essere compresa. Siamo ad un bivio.
Dopo oltre venti anni di picconate alla Carta Costituzionale si è costruito anche in una parte del popolo un senso comune diffuso che ha introitato una costituzione materiale che ormai è in aperto contrasto con il dettato costituzionale. Il rischio che corre l’Italia è quello di passare da una democrazia rappresentativa, con i vincoli previsti dalla Costituzione, ad una democrazia plebiscitaria in cui comanda una sorta di sovrano assoluto che legittima il suo potere esclusivamente dal rapporto diretto con il popolo.
La destra berlusconiana, nel forsennato attacco alla stampa italiana ed estera o a qualche trasmissione televisiva, sostiene che il popolo ha eletto Berlusconi capo del governo e, conseguentemente, l’unico potere legittimo è quello dell’eletto. E’ una menzogna. Sommessamente va ricordato che non solo siamo in una repubblica che prevede l’elezione del premier da parte del parlamento e non dal popolo, ma è utile anche non dimenticare che i parlamentari non sono stati eletti, nemmeno Berlusconi, ma nominati dai partiti. L’elettore ha semplicemente votato un simbolo di partito. Il fatto che nelle schede ci fosse il nome di Berlusconi, Di Pietro, Casini o altri non ha cambiato il sistema politico vigente e le procedure di elezione del governo.
Sarebbe interessante capire quanta parte dell’elettorato del centrosinistra ha subito la deriva plebiscitaria trascinata dal berlusconismo. Purtroppo l’occasione del congresso del PD non è stata utilizzata per una verifica di quanto abbia inciso la leaderite acuta di tanti dirigenti del centrosinistra. Ricordate la campagna rutelliana, e non solo, per l’elezione del sindaco d’Italia? O la fesseria delle modifiche alla Costituzione per l’elezione del presidente della regione? Come dimenticare il partito a vocazione maggioritaria come viatico al bipartitismo? E che dire delle primarie incentrate sul candidato a prescindere dal programma? Qualcuno può spiegare quale modello di democrazia hanno in testa i candidati e i loro elettori? Sarebbe sbagliato guardare con sufficienza al fatto che oltre cinquecento mila persone abbiano voluto partecipare alle primarie del PD. E’ stato un fatto democratico importante. La questione però è un’altra. Di fronte alla volontà  della destra di destrutturare la democrazia italiana, quale idea forza ha seminato in questi il centrosinistra per contrastare la deriva? Sono certo che vinca Bersani, Franceschini o Marino il PD farà  fronte comune per impedire che il progetto plebiscitario di Berlusconi vada avanti. Il contrasto sarà  facilitato se si guarderà  con spirito critico al lavoro fatto in questi anni dagli uomini e le donne del centrosinistra per rafforzare lo spirito democratico.
Il centrosinistra governa ancora molta parte delle autonomie locali, comuni, province, regioni. Siamo certi che l’idea di una democrazia partecipata sia stata la bussola degli amministratori e dei dirigenti dei partiti che si richiamano al centrosinistra?
La feudalizzazione della politica non è responsabilità  esclusiva della destra. La politica come spettacolo non ha avuto soltanto protagonisti del popolo della libertà  o della lega. L’autoreferenzialità  del ceto politico non è caratteristica esclusiva dei berluscones.
Utile sarebbe una presa di coscienza che il tempo del mutamento di tutto ciò è arrivato. Non trovare con rapidità  comportamenti, idee e valori che rendano attraente la democrazia costituzionale, aprirebbe un’autostrada alla volontà  berlusconiana di un potere assoluto conquistato con plebiscito popolare.

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