Siamo alle comiche finali? Sembrerebbe proprio così. Viene spontaneo leggere in questa luce i contorcimenti del principe dell’avanspettacolo che, in un pomeriggio, ha assicurato la sua sesta discesa in campo, proposto a Monti la leadership dei moderati e alla fine dichiarato che anche il suo segretario particolare, Alfano, potrebbe essere il candidato del centrodestra. Ma non è solo Lui che partecipa allo spettacolo. E’ impressionante e spettacolare il numero e la qualità  dei sostenitori del professor Monti alla riconferma a capo del governo italiano. L’ambasciatore americano, Angela Merkel, l’intero partito popolare europeo, le gerarchie vaticane invitano il professore alla candidatura alle prossime elezioni. Si tratta d’ingerenze negli affari interni di un altro Paese? E’ un’interpretazione che non convince. Chi governa in un Paese della Comunità  riguarda tutti gli europei. Anche tutti i democratici europei hanno fatto il tifo per la rielezione di Obama e la sinistra democratica italiana non ha forse apprezzato la vittoria di Hollande in Francia? Non l’ingerenza va denunciata, ciò che invece deve essere richiamato alla memoria sono gli endorsement che per anni i Cavaliere ha ottenuto in Europa e in Italia. Il “rischio Berlusconi” che tanti in Europa denunciano nasce anche perchè il partito popolare europeo ha accettato per anni la presenza nel proprio seno di un partito personale com’era ed è il PDL. Alleluia: dopo diciotto anni, anche il Cardinale Bagnasco ha preso coscienza che l’appoggio al Cavaliere non era coerente con la dottrina della chiesa. Anche il Vaticano lavora per Monti non più per l’uomo di Arcore. E che dire della pletora di moderati che dopo aver sostenuto anno dopo anno il governo della destra berlusconiana, oggi si affanna per convincere Monti a scendere in campo? L’elenco dei pentiti sarebbe lungo e forse inutile. Il mi candido o no di Monti appassiona gli scommettitori inglesi e fa parte dello spettacolo che ci propina la situazione politica. Una situazione di per sè drammatica che diviene tragica alla presenza di una crisi economica che ha impoverito gran parte del Paese e aggravato le disuguaglianze sociali. Il dieci per cento degli italiani possiede la metà  della ricchezza nazionale. La politica del governo Monti non ha inciso in nulla rispetto all’equità . C’è stato il rigore di bilancio imposto soltanto attraverso tagli alla spesa pubblica e tassando i soliti. Nulla è stato fatto per favorire una nuova fase di sviluppo. Ancora oggi vi sono migliaia d’imprese piccole e grandi che soffrono perchè la struttura pubblica non paga i servizi ottenuti. Sei mesi, un anno, prima di avere le fatture saldate dalle amministrazioni locali o dalla struttura statale, quando pagano. Questo è uno dei motivi della recessione che ormai dura da anni e di cui non si vede la fine. I conti saranno in ordine, ma il Paese degrada e il lavoro diviene per intere generazioni un sogno. I vertici europei si ripetono e Monti ottiene sempre grandi apprezzamenti, ma la politica economica europea non cambia. Liberismo è la bandiera di tutti i governi del centrodestra e anche del nostro governo dei tecnici. Non importa che i risultati siano stati disastrosi da anni e che l’economia reale non cresca, l’importante è salvare le banche e l’ideologia. Che deve fare il centrosinistra per vincere le elezioni? Se la politica della destra al governo è stata disastrosa, quella dei tecnici al governo ha certamente introdotto elementi di giusto rigore nella spesa pubblica, ma non ha prodotto risultati significativi in termini di equità  e di crescita del prodotto interno e di possibilità  di trovare un lavoro per giovani e donne. L’Europa è certamente l’orizzonte obbligatorio per un centrosinistra che vuole governare. Ma l’orizzonte non può che essere mutato. La Comunità  europea ha nemici nei partiti e nei movimenti populisti, ma comincia ad avere cattiva fama anche nei movimenti popolari e democratici. Senza una politica che rimetta al centro il lavoro e lo sviluppo dell’economia reale, i nemici cresceranno. Un esempio? Il bilancio comunitario, cioè le risorse disponibili per gli investimenti in tanti settori, sarà  ridotto. La cosa ci riguarda direttamente. L’Umbria storicamente ha utilizzato risorse comunitarie in molti settori, a iniziare dal comparto agricolo. Molte delle realizzazioni di regione e autonomie locali sono state possibili grazie al sostegno comunitario, la modernizzazione della nostra comunità  è stata concepibile grazie ai fondi europei. L’ente regione, senza apporti europei, non è in grado di investire nemmeno un euro. Già  con l’allargamento a ventisette, le risorse per noi sono diminuite. Se il bilancio comunitario sarà  tagliato molti progetti delle amministrazioni umbre dovranno essere cestinati. Un centrosinistra che non affronta il rinnovamento dell’Europa favorirebbe le spinte disgregative già  diffuse in tanta parte dei Paesi comunitari. Le notizie su come il PD e SEL si apprestano a organizzare le primarie per la scelta dei parlamentari sono ancora frammentarie. Importante la scelta, ma non deve essere una presa in giro. Lo sarebbe se gli elettori fossero chiamati a ratificare quanto già  deciso dagli organi di partito. Ad esempio, le clausole di tutela dovrebbero riguardare i candidati provenienti dalla società  civile e non riservate al ceto politico già  noto e in campo da anni. Nei tempi andati dei partiti di massa, quando si voleva eleggere un “esterno” nuovo alla politica, si metteva a capolista per assicurargli l’elezione. Ricordo le elezioni del consiglio regionale nel 1975. Il PCI scelse di aprire le liste a rappresentanti della società  civile. Fu scelto il direttore dell’Archivio di Stato, Roberto Abbondanza. Inserito nella testa di lista, pur sconosciuto nel mondo politico, risultò secondo degli eletti, dopo Pietro Conti. Altri tempi.
Corriere dell’Umbria 16 dicembre 2012

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