L’Accademia di belle arti di Perugia è vicino al collasso. Studenti e docenti si sono mobilitati e mercoledì scorso si è svolta una vivace manifestazione organizzata dai giovani dell’Accademia. La prima occupazione studentesca dell’Accademia si svolse nel 1964: per due mesi la scuola fu occupata con l’obbiettivo di sollecitare la statalizzazione della struttura. Politici, istituzioni locali di ogni tipo s’impegnarono a sollecitare il governo a inglobare l’accademia nel sistema scolastico statale. Niente concretamente successe. Nell’anno accademico del 1968 l’occupazione durò praticamente per tutto l’anno e ancora una volta, le classi dirigenti s’impegnarono per la statalizzazione. In quarantacinque anni non abbiamo fatto un passo avanti. O meglio nel 1999 il Parlamento, su proposta del governo di centrosinistra, approvò una legge che prevedeva un’accademia per ciascuna regione. Sembrava fatta ed invece la legge non è stata ancora applicata nè dai governi di centrosinistra nè da quelli guidati da Berlusconi. Da qui la paralisi. La sostanza è che sono state le istituzioni locali a doversi far carico delle spese per il mantenimento di una struttura culturale nata nel 1573 e da tutti considerata una ricchezza per la nostra regione. La vicenda è emblematica e sollecita una riflessione sulla qualità  delle nostre classi dirigenti. Politiche e non che siano, le leadership degli ultimi decenni non hanno saputo risolvere un problema importante per la qualità  dello sviluppo culturale ed economico dell’Umbria. In attesa dell’araba fenice, chiamata statalizzazione, le amministrazioni comunali e provinciali hanno per decenni investito risorse importanti per mantenere in vita l’accademia perugina e, recentemente, anche la Regione dell’Umbria ha previsto un sostegno finanziario. Ritengo errato imputare agli enti locali le responsabilità  finanziarie della situazione denunciata dagli studenti. E’ anche una ritorsione sbagliata prendersela con l’attuale governo per la mancata applicazione della legge del 1999. Anche governi di centrosinistra non hanno fatto nulla al riguardo. Ad essere onesti, non si salva proprio nessuno dei nostri governanti. Il governo locale è sottoposto ad uno stress finanziario dovuto alla situazione generale della finanza pubblica che ridimensiona la capacità  di spesa. Trovare altre risorse per l’Accademia sarà  difficile senza un intervento statale. Ma non è solo questione di soldi. Ciò che è mancata in questi anni da parte di tutti, è stata la consapevolezza del ruolo che la struttura avrebbe potuto avere in una regione che dovrebbe fare della risorsa cultura uno degli assi portanti dello sviluppo della nostra terra. L’accademia è stata essenzialmente vissuta come un problema e non come una risorsa su cui investire capacità  progettuale e attenzione politica e amministrativa. Impressiona poi il fatto che non c’è stato parlamentare, sottosegretario, ministro o presidente che in questi quarant’anni non abbia assicurato che: la statizzazione è cosa fatta. Da ultimo il sottosegretario Pizza è venuto a Perugia ad inaugurare l’anno accademico e ha rassicurato: sarete statalizzati. Promessa da marinaio? Il sindaco Locchi sembra esserne convinto. Perchè il processo della statalizzazione non è andato avanti? Per molti motivi. Per una lunga fase in modo sotterraneo e non esplicitato, vi sono state forze che, in nome dell’autonomia del patrimonio dell’Accademia Pietro Vannucci, non volevano la statalizzazione e pur accettando modifiche dello statuto che aprivano la strada per l’istituzione della “Fondazione Accademia di Belle Arti Pietro Vannucci” hanno sistematicamente lavorato contro il trasferimento allo Stato dei corsi d’insegnamento dell’Accademia. Statalisti a Perugia di fronte agli studenti e a Roma a perorare la peruginità  dell’Accademia. Quando si alza la bandiera dell’autonomia ci possono essere nobili cause. A volte, dietro il vessillo, invece, soltanto la volontà  di mantenere piccoli poteri che, in una città  come Perugia, possono essere ritenuti degni di grandi manovre e di cieca conservazione. La sostanza è che siamo ancora al 1964 e l’Accademia rischia alla grande. Responsabilità  del governo centrale è quella di applicare una legge vigente creando in Umbria un’accademia statale. Responsabilità  delle istituzioni locali quella di progettare assieme ad altre forze locali un ruolo per la Fondazione all’interno di un ragionamento sulla risorsa “cultura” per un nuovo sviluppo dell’Umbria. Quale occasione migliore di una campagna elettorale per presentare le proprie idee anche su questioni particolari come può essere considerata la vicenda dell’Accademia? I candidati a sindaco hanno cominciato la loro comunicazione con gli elettori. Siamo al riscaldamento pre partita e difficile comprendere come si muoveranno i vari candidati, tra l’altro non tutti già  noti. Sarebbe bello se, oltre alla scontata rassicurazione agli elettori sull’emergenza sicurezza o sul contenimento dell’immigrazione, si discutesse e si proponessero progetti che diano un’idea di quale città  si vorrebbe costruire proprio a partire dalle risorse già  presenti nelle nostre città . Una piccola comunità , come quantitativamente è quella umbra, ha bisogno di costruire nicchie di sviluppo capaci di competere non solo nella produzione di merci ma anche sulla qualità  della vita. E la qualità  della vita di un popolo si misura anche per la cultura che si riesce a far vivere ai propri cittadini e magari ai turisti. La cultura non sono soltanto eventi che si concludono in una serata, ma anche strutture stabili capaci di dare risposta all’esigenza di aggregazione delle nuove generazioni. Generazioni a cui non può spettare come destino soltanto quello di bere birra in bicchieri di plastica e tirar mattino deambulando nei nostri centri storici. E’ un poco triste tale prospettiva.

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