Per il governo Prodi inizia un’altra settimana di passione.
La pretesa dei mastelliani di votare una mozione di fiducia assoluta per l’ex ministro è una richiesta che non sta nè in cielo nè in terra. Non ricevibile per una maggioranza che non può allinearsi alle violente espressioni usate da Mastella contro la magistratura senza aprire un conflitto istituzionale tra poteri dello Stato. Di Pietro dichiara la propria insoddisfazione per l’interim di Prodi al ministero della giustizia. Mastella urla: “Mai più in un governo con Di Pietro”. Mercoledì sarà  discussa anche la mozione di sfiducia al ministro Pecoraro Scanio presentata dal centrodestra. Il manipolo dei diniani ha già  annunciato che voterà  con i berluscones. Dovrà , nella settimana, essere votata la “bozza Bianco” relativa alla riforma della legge elettorale. Probabile che non se ne farà  niente. Nel Centrosinistra e nel centrodestra non ci sono due partiti che la pensano alla stessa maniera rispetto al tipo di sistema elettorale da introdurre. Soltanto gli interessi oggettivamente convergenti di Veltroni e Berlusconi sembrano consolidarsi. Con in mano l’arma del referendum, sia il capo del PD che il Cavaliere possono ambire ad una legge elettorale che premi i partiti maggiori e penalizzi tutti gli altri. Questi ultimi sembrano incapaci di qualsiasi idea da mettere in campo diversa dal mantenimento dell’esistente.
E’ intollerabile che la sinistra non sia capace di una proposta che affronti la frammentazione del sistema politico e continui a guardare al proprio particolare e alla propria bandierina.
Un sistema politico in cui ai partiti di massa si sono sostituiti partiti personali che divengono a volte famigliari. Agli organi di partito sono subentrate le oligarchie inamovibili.
E’ vero che l’Italia è la terra dei campanili e dei feudi personali, ma quando il localismo e il familismo infradiciano la vita di un Paese è tempo di dire basta. Indignarsi non basta. Qualcosa bisognerà  pur fare per evitare il tracollo della democrazia rappresentativa, altrimenti arriverà  un nuovo Cesare. 
Tutti in allegria al referendum elettorale o sono preferibili le elezioni anticipate? O è meglio un bel governo istituzionale con Tremonti al ministero dell’economia, Gasparri alle comunicazioni e Di Pietro alla giustizia? I tre scenari sono terrificanti. Siamo impallati in una situazione politica in cui nessuno sembra in grado di capire fino in fondo quali sono le vere emergenze dell’Italia. La pessima popolarità  del governo Prodi è giustificata dalla litigiosità  che ha contraddistinto questi diciotto mesi di governo ma non dai risultati raggiunti nel bonifica dei conti pubblici e in altri atti legislativi. La differenza tra il governo Prodi e i cinque anni di governo Berlusconi è certificata anche dall’apprezzamento che agenzie di rating e la commissione europea hanno dato dell’azione di risanamento della finanza pubblica. Il non simpatico Padoa Schioppa è riuscito nell’impresa di riparare i danni prodotti dal simpatico Giulio Tremonti e non è stata cosa da poco.
Il Paese reale continua a guardare attonito ad un ceto politico che sembra incapace di farsi carico degli interessi della comunità . Un ceto che sembra in grado soltanto di guardare esclusivamente a come proseguire nella personale carriera politica.
L’emergenza dell’Italia non sono le storie giudiziarie della famiglia Mastella o di Berlusconi, l’emergenza è di carattere sociale.
Sta esplodendo un malessere di massa rispetto ad una situazione economica che ogni giorno diventa più insostenibile per milioni e milioni di italiani. Ancora oggi vi sono lavoratori, oltre sei milioni, che non hanno avuto il contratto di lavoro rinnovato eppure è ormai cosa evidente che lo sviluppo economico non si consolida perchè i consumi delle famiglie sono troppo bassi. Senza una domanda interna che riprende a crescere non si va da nessuna parte.
Lo spostamento di risorse dai redditi di lavoro a quelli del profitto e della finanza e della rendita è stato micidiale non soltanto dal punto di vista della giustizia sociale, ma anche da quello della più generale crescita dell’Italia.
Responsabilità  di questa situazione è innanzi tutto delle forze sociali. Colpisce il fatto che la classe imprenditoriale non sembra cosciente del rischio che si corre non invertendo la tendenza all’impoverimento delle grandi masse dei lavoratori. Pensare di conquistare i mercati globalizzati agendo esclusivamente sul costo del lavoro e non sull’innovazione di prodotto è un errore ormai certificato anche da economisti liberal. La responsabilità  delle scelte per cambiare la situazione sono degli attori sociali ma anche del governo.
Prodi ha più volte, recentemente, detto che questa è la priorità  del suo governo. Era ora. Forse è tardi, ma sarebbe tragico se la classe dirigente politica scegliesse di far cadere il governo per motivi che non sono d’interesse generale. E, con tutto il rispetto, i destini dei vari Di Pietro, Dini e Mastella non lo sono.
E’ apprezzabile il desiderio del Partito Democratico di innovare il sistema politico. Meno alcune scelte  se queste rischiano di mettere in discussione la vita del governo di centrosinistra in un momento così delicato per il Paese come l’attuale.
Riformar bisogna tenendo bene a mente che le scorciatoie a volte producono pessimi risultati.

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