Non esiste Paese democratico al mondo in cui ci sono tanti sistemi elettorali come è nella situazione italiana. Conteggiando l’autonomia di scelta delle regioni in materia, sono ventisei i sistemi italiani con cui i cittadini sono chiamati a votare.
Una stravaganza che ha reso l’agire democratico faticoso e senza alcun appeal. Anche gli addetti ai lavori sono confusi quando ti spiegano un sistema di elezione, figuriamoci la gente comune.
Più che elettori consapevoli siamo tutti diventati “tifosi” nei match che l’amata televisione ci propina ogni sera. Al politico è richiesto di “sfondare” il video piuttosto che esprimere un pensiero decente. Con grande naturalezza i nostri parlamentari si cimentano in TV come cantanti, dicitori di poesie e spesso come cabarettisti di mediocre livello. Non tutti dimostrano l’intelligenza politica della Litizzetto. La politica come un “grande fratello” permanente sta annichilendo da anni la partecipazione democratica.
Lo sfibramento della democrazia ha moltissime ragioni e riguarda gran parte dei Paesi.  E’ indubbio che la politica abbia perso ormai da anni il suo ruolo di guida della crescita delle nazioni. Conta più una banca centrale o un giudizio del Fondo Monetario Internazionale che mille discussioni in un qualsiasi parlamento. L’ampliarsi del processo di astensione dal voto dimostra il distacco tra il popolo e la classe politica senza che le leadership diano importanza a questo processo di impoverimento democratico. In Italia le cose sono ancor più complicate dalla lunga transizione dalla prima alla seconda repubblica. Il protagonista politico vero di questi ultimi tredici anni è stato indubbiamente Berlusconi. Nel bene e nel male il cavaliere è riuscito a modificare nel profondo il senso comune di una parte consistente dell’elettorato. Gli stessi comportamenti politici di quasi tutti gli addetti ai lavori delle istituzioni ad ogni livello risentono dell’imprinting del berlusconismo. La leaderite acuta è la costante di molti capi e capetti eternamente in campo a destra, al centro e a sinistra. Cogliendo la profondità  della crisi della politica, il Capo della destra italiana ha saputo imporre il suo terreno di cultura: l’egoismo proprietario come filosofia di vita. E la proprietà  riguarda tutto anche lo “strumento” partito. Forza Italia è l’unico partito nell’universo che non ha mai svolto un congresso. Molte le convention, inesistente qualsiasi confronto interno. Al partito personale di Berlusconi si sono aggiunti i partiti famigliari. Il marito importante che fa eleggere la moglie, il convivente che cerca la poltrona per l’altro o l’altra, è tutto un inno alla famiglia, tradizionale o Dico che sia. E la famiglia in Italia è sacra. La legge elettorale voluta dal centrodestra è l’apoteosi di questo stato di cose. Le oligarchie hanno per legge nominato deputati e senatori. Se ci è scappato qualche parente catapultato in parlamento non deve scandalizzare. Questa è la politica del dopo partiti di massa. Il presidente Napolitano ha giustamente posto, nell’incaricare Prodi, la questione della modifica della legge elettorale.
Tutti i leader (eccetto Berlusconi) si sono precipitati a fare proposte e comunque a riconoscere il problema. Sono iniziati i distinguo dei partiti (sono venticinque i partiti italiani) e ognuno sta cercando di salvaguardare le proprie rendite di posizione. Mastella, che ha un partito famigliare, ha subito messo paletti: non sia mai che una forza politica come la sua rischi di essere fagocitata da una legge elettorale civile. Ne va della tenuta del governo e naturalmente per il prode Mastella è un problema di coscienza come per i No ai Dico.

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