Rileggetevi le dichiarazioni del centrodestra all’inizio di questa tornata elettorale.
Doveva essere confermato l’apprezzamento del popolo per il governo Berlusconi-Scillipoti. Una sorta di referendum a riprova dell’appeal del Cavaliere a segnalare il disprezzo popolare verso l’accanimento delle “toghe rosse” contro il più amato dagli italiani.
Non è andata esattamente così. Nella Milano berlusconizzata da una quindicina d’anni, il responso elettorale è stato tale che il ciarliero ministro La Russa, sudato e affranto, non ha potuto che riconoscere che le cose non erano andate benissimo. A Milano, un gentile signore, Pisapia, era risultato vincente con uno scarto di oltre il sei per cento dei voti, ha obbligato al ballottaggio la sindaco uscente. In cinque anni Berlusconi ha perso la metà  delle sue preferenze personali nonostante la chiamata alle armi del suo popolo, delle sue televisioni e degli svariati opinion maker. La Lega non ha intercettato uno che sia uno dei voti persi dal partito di proprietà  del Cavaliere di Arcore. Un disastro elettorale diffuso in tutta Italia, non solo a Milano. Sono stati chiamati alle urne oltre tredici milioni di elettori, non si è trattato di un sondaggio quindi, ma della dimostrazione che il centrodestra non ha più la maggioranza nel Paese.
Difficile immaginare un ripensamento dell’elettorato nei ballottaggi di oggi e domani. Non è stato carino da parte del Capo definire deficienti, a reti tv unificate, tutti coloro che hanno votato per il centrosinistra. Per un leader insultare chi la pensa in maniera diversa dal verbo del signore di Mediaset non è cosa buona. E la gag inscenata al G8 con il soliloquio berlusconiano di fronte all’attonito Obama ha certamente avuto un successo mondiale, ma difficilmente convincerà  l’elettorato di Milano a scegliere la Moratti e non Pisapia. Anche la boutade leghista dello spostamento al Nord dei ministeri si va rivelando come un’altra balla padana che non sposterà  un voto. Di tanto sono ormai convinti anche gli uomini e le donne del Popolo della Libertà . Infatti, ci rassicurano che, anche se sconfitti nei ballottaggi, non andranno a casa. Il governo è saldo e continuerà  a governare per altri due anni ancora. E’ scattato il contrordine: prima si trattava di elezioni decisive per il sostegno al governo. Dopo la prima tornata elettorale, la tesi è divenuta quella dell’insignificanza del voto amministrativo rispetto alla tenuta della maggioranza. Cicchitto e Bossi hanno cambiato idea. Formalmente non c’è niente da osservare: nel Parlamento dei nominati e degli acquisiti i voti ci sono ed altri potranno essere acquistati. Concretamente si tratta di valutare se mantenere il Paese in uno stato di perenne crisi istituzionale in un momento difficilissimo è la cosa giusta da prospettare. Se la presidente uscente della Confindustria descrive l’Italia come una nazione ferma da dieci anni e tutti gli indicatori economici e sociali descrivono un malessere diffuso in tutti i ceti, forse ci sarebbe bisogno di una politica che si pone obbiettivi diversi dal galleggiamento e dalla conservazione dell’esistente.
Se le elezioni hanno dimostrato le difficoltà  del centrodestra, è anche vero che non è semplice capire se finalmente il centrosinistra abbia invertito la tendenza alla frantumazione o se il Partito Democratico abbia acquisito quel consenso e quella credibilità  fino ad oggi molto deboli. Si tratta di elezioni che contengono elementi localistici che hanno inciso nel voto. Esemplare la vicenda del comune di Bologna dove il candidato del centrosinistra passa al primo turno con difficoltà  in presenza di una Lega al dieci per cento e dei così detti Grillini che con un altro 10 per cento segnalano la difficoltà  del PD e della coalizione a recuperare consensi dopo le cattive amministrazioni passate.
Se si analizza il voto in Umbria situazione per situazione, l’impressione è quella di un voto che nè per il centrodestra nè  per il centrosinistra c’è da stare allegri. E’ vero che la destra riconquista una città  importante come Nocera Umbra a causa delle divisioni nel centrosinistra. Non è poco e ciò sembra la continuazione del degrado nei consensi al centrosinistra degli ultimi anni. L’Umbria Rossa sembra ormai una leggenda da raccontare ai nostri nipoti. Un come eravamo nei bei tempi antichi. Il dato che sembra prevalere è che la destra non vince per meriti propri ma per le implosioni diffuse nel PD e nella coalizione. Vincere in certi comuni per poche decine di voti rappresenta per il centrosinistra un successo che lascia morti e feriti e che conferma quanto difficile rimanga l’amalgama tentato con la fondazione del partito democratico. Cercare di capire perchè l’amministrazione di Terni sia entrata in crisi e come e perchè ne sia uscita è stata impresa difficile. Gli esperti mi hanno dato spiegazioni che descrivono problematiche che poco hanno a che fare con la politica o meglio niente a che fare con gli interessi dei cittadini ma con i destino di un ceto politico: assicurare carriere e collocazioni da qui al 2020 agli eterni addetti ai lavori è stato il non detto della crisi ternana. Così mi è stato spiegato. Gran parte degli osservatori politici ritengono che il ciclo di Berlusconi sia entrato nella sua fase terminale. I più accorti sostengono che la fase che si va aprendo non sarà  di facile gestione. La democrazia italiana è sfibrata da decenni di cattiva politica e non basterà  che salti il Tappo per rinsanguarla. Di tappi ne devono saltare molti altri. E’ essenziale, urgente, impellente che la politica si rinnovi nei suoi protagonisti. Se è vero che non basta essere giovani per essere innovatori è pur vero che senza sperimentare una nuova generazione di dirigenti la politica non si rinnova. Responsabilità  dei leader già  in campo è quella di aiutare la crescita di coloro che hanno iniziato ad impegnarsi in politica. Anche stando in seconda fila i “vecchi” possono essere utili e apprezzati quando sostengono un giovane sindaco o un assessore alle prime armi. Ve ne sono anche in Umbria. Si tratta di dar loro fiducia e ricordare loro che ciò che ha valore rimane sempre quello di lavorare per l’interesse collettivo. La carriera personale non può che essere in subordine a quell’interesse.

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