Il segretario diessino, Piero Fassino, con una lettera ad un
giornale, annuncia l’intenzione di lavorare per dare risposta alla
domanda contenuta nella grande partecipazione popolare al voto per
le primarie volute da Prodi e Bertinotti. Fassino ritiene che
anche gli elettori debbano contribuire alla scelta dei candidati
per le prossime elezioni politiche. Forse Fassino si è reso conto
che il meccanismo delle oligarchie romane che decidono tutto non è
il massimo della trasparenza e se confermato anche questa volta,
potrebbe produrre disaffezione e magari rendere più precaria una
probabile vittoria elettorale. Come procedere? Primarie e grandi
assemblee di eletti ed elettori, questi gli strumenti da
utilizzare dice il segretario. La problematica non è da poco.
Il metodo delle primarie fu introdotto nella legislazione dello
stato del Wisconsin nel 1903. Si diffuse lentamente negli altri
stati americani fino alla prima guerra mondiale, dopodichè cadde
per molti anni nell’oblio. Il progetto che stava dietro alle
primarie era molto semplice. L’ala riformatrice della democrazia
americana riteneva che i partiti, democratico e repubblicano,
fossero caduti in mano a capi inamovibili (spesso corrotti) e
apparati gerarchici capaci di autoperpetuarsi attraverso il
controllo delle tessere e dei congressi. L’unica strada per
rompere quel potere fu individuata nel far scegliere i candidati
non ai partiti, ma agli elettori. I riformatori non vinsero la
loro battaglia all’interno dei partiti. Riuscirono a vincerla
fuori facendo introdurre nella legislazione degli Stati l’obbligo
delle primarie. Questo suscitò grandi dibattiti. I partiti da
associazioni private volontarie rischiavano di divenire una sorta
di agenzie statali. E così è accaduto. Per partecipare al voto,
organizzato dalle strutture pubbliche e non dai partiti, furono
posti vincoli a seconda i diversi Stati e ciò ridimensionò il
processo riformatore. Ma forse in un Paese come l’Italia potrebbe
andare diversamente. Dipende dalla volontà  politica dagli
innovatori nostrani.
Che la problematica della democrazia del nostro Paese sia in parte
simile a quella che dovettero contrastare i riformatori americani
è evidente.
Che cosa sono oggi i partiti politici? Come funziona la loro vita
interna? Come si seleziona la classe dirigente?
In un dibattito a Città  di Castello a cui ho partecipato, un
vecchio compagno di militanza ha detto: “nei partiti di oggi
esiste una norma: qui non si parla di politica, si discute di
organigrammi”. Esagerava o è vero che le strutture organizzative
dei partiti non funzionano se non in occasione delle elezioni?
Come si sono scelti i candidati e chi li ha scelti?
Al di là  dell’ignominia della legge elettorale berlusconiancasiniana
o anche per questa bruttura, i candidati dell’Ulivo
dovranno essere selezionati con procedure rigorosamente
democratiche e trasparenti, con una forte partecipazione di
popolo. Ogni voto dovrà  essere acquisito sulla base di un consenso
ai programmi, ma anche attraverso un apprezzamento di popolo per
il concorrente alla carica. Le liste non dovrebbero essere stilate
nelle segrete stanze delle sedi di partito pena il rischio di
scarsa mobilitazione per il voto.
E’ noto che nella Casa delle Libertà , essendoci un proprietario,
la questione non si pone. Berlusconi da buon padre di famiglia
saprà  redimere le diverse esigenze. I candidati, ne siamo certi,
saranno scelti in rapporto al grado di fedeltà  al capo clan, ma
nel centrosinistra le problematiche sono, per fortuna, diverse.
Siamo certi o almeno lo speriamo che, nonostante il successo,
Prodi, non vorrà  interferire con la scelta di tutti i candidati
dell’Ulivo.
Come procedere non è scelta facile e forse sarebbe saggio
discutere di questo piuttosto che schierare le truppe dietro o
contro il Sindaco Cofferati. Persona da molti apprezzata che deve
gestire una città  complessa e vivace. Una città  che ha imparato a
conoscere soltanto recentemente accettando il sacrificio della
carica di primo cittadino. L’elettorato bolognese gli ha dato un
forte mandato di governo e si attende da Lui grandi risultati. Il
fronte aperto dal sindaco non è cosa da poco e sarebbe sciocco
considerare la questione del vivere urbano come questione
secondaria. La sicurezza non è questione di destra o di sinistra.
E’ vero. Ma come si ottiene una convivenza sicura può essere
invece frutto di scelte condivise o no. L’immigrazione è problema
complesso da gestire e utile sarebbe affrontare il problema con
uno sforzo di comprensione dei passaggi necessari a rendere
l’inclusione frutto della legalità , ma anche della solidarietà . E’
una illegalità  diffusa l’obbligare a lavorare in nero o pretendere
affitti mostruosi per posti letto in fondi e cantine? Non è che ci
sia una grande attenzione verso queste forme di illegalità . Ma
forse sbagliamo valutazione e per ignoranza non conosciamo le
intenzioni dei governanti al riguardo.
La tolleranza zero è uno slogan che può funzionare nella
propaganda della destra. Non può essere lo slogan dei democratici.
Consiglierei, al riguardo, la lettura di un testo di Bronislaw
Geremek titolato “Uomini senza padrone”. E’ una sorta di storia
dell’umanità  attraverso l’analisi dei comportamenti delle classi
dirigenti nei confronti delle masse di poveri affamati, dei
mendicanti e dei diversi da noi. Libro istruttivo il cui studio
forse sarebbe utile a chi ha le responsabilità  di gestire le
contraddizioni della globalizzazione. Legge e ordine è una boutade
bella in bocca ad uno sceriffo di Tombstone o di El Paso. A
Bologna suona male.
Corriere dell’Umbria 30 ottobre 2005

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