da Francesco Mandarini | Ott 30, 2005
Il segretario diessino, Piero Fassino, con una lettera ad un
giornale, annuncia l’intenzione di lavorare per dare risposta alla
domanda contenuta nella grande partecipazione popolare al voto per
le primarie volute da Prodi e Bertinotti. Fassino ritiene che
anche gli elettori debbano contribuire alla scelta dei candidati
per le prossime elezioni politiche. Forse Fassino si è reso conto
che il meccanismo delle oligarchie romane che decidono tutto non è
il massimo della trasparenza e se confermato anche questa volta,
potrebbe produrre disaffezione e magari rendere più precaria una
probabile vittoria elettorale. Come procedere? Primarie e grandi
assemblee di eletti ed elettori, questi gli strumenti da
utilizzare dice il segretario. La problematica non è da poco.
Il metodo delle primarie fu introdotto nella legislazione dello
stato del Wisconsin nel 1903. Si diffuse lentamente negli altri
stati americani fino alla prima guerra mondiale, dopodichè cadde
per molti anni nell’oblio. Il progetto che stava dietro alle
primarie era molto semplice. L’ala riformatrice della democrazia
americana riteneva che i partiti, democratico e repubblicano,
fossero caduti in mano a capi inamovibili (spesso corrotti) e
apparati gerarchici capaci di autoperpetuarsi attraverso il
controllo delle tessere e dei congressi. L’unica strada per
rompere quel potere fu individuata nel far scegliere i candidati
non ai partiti, ma agli elettori. I riformatori non vinsero la
loro battaglia all’interno dei partiti. Riuscirono a vincerla
fuori facendo introdurre nella legislazione degli Stati l’obbligo
delle primarie. Questo suscitò grandi dibattiti. I partiti da
associazioni private volontarie rischiavano di divenire una sorta
di agenzie statali. E così è accaduto. Per partecipare al voto,
organizzato dalle strutture pubbliche e non dai partiti, furono
posti vincoli a seconda i diversi Stati e ciò ridimensionò il
processo riformatore. Ma forse in un Paese come l’Italia potrebbe
andare diversamente. Dipende dalla volontà politica dagli
innovatori nostrani.
Che la problematica della democrazia del nostro Paese sia in parte
simile a quella che dovettero contrastare i riformatori americani
è evidente.
Che cosa sono oggi i partiti politici? Come funziona la loro vita
interna? Come si seleziona la classe dirigente?
In un dibattito a Città di Castello a cui ho partecipato, un
vecchio compagno di militanza ha detto: “nei partiti di oggi
esiste una norma: qui non si parla di politica, si discute di
organigrammi”. Esagerava o è vero che le strutture organizzative
dei partiti non funzionano se non in occasione delle elezioni?
Come si sono scelti i candidati e chi li ha scelti?
Al di là dell’ignominia della legge elettorale berlusconiancasiniana
o anche per questa bruttura, i candidati dell’Ulivo
dovranno essere selezionati con procedure rigorosamente
democratiche e trasparenti, con una forte partecipazione di
popolo. Ogni voto dovrà essere acquisito sulla base di un consenso
ai programmi, ma anche attraverso un apprezzamento di popolo per
il concorrente alla carica. Le liste non dovrebbero essere stilate
nelle segrete stanze delle sedi di partito pena il rischio di
scarsa mobilitazione per il voto.
E’ noto che nella Casa delle Libertà , essendoci un proprietario,
la questione non si pone. Berlusconi da buon padre di famiglia
saprà redimere le diverse esigenze. I candidati, ne siamo certi,
saranno scelti in rapporto al grado di fedeltà al capo clan, ma
nel centrosinistra le problematiche sono, per fortuna, diverse.
Siamo certi o almeno lo speriamo che, nonostante il successo,
Prodi, non vorrà interferire con la scelta di tutti i candidati
dell’Ulivo.
Come procedere non è scelta facile e forse sarebbe saggio
discutere di questo piuttosto che schierare le truppe dietro o
contro il Sindaco Cofferati. Persona da molti apprezzata che deve
gestire una città complessa e vivace. Una città che ha imparato a
conoscere soltanto recentemente accettando il sacrificio della
carica di primo cittadino. L’elettorato bolognese gli ha dato un
forte mandato di governo e si attende da Lui grandi risultati. Il
fronte aperto dal sindaco non è cosa da poco e sarebbe sciocco
considerare la questione del vivere urbano come questione
secondaria. La sicurezza non è questione di destra o di sinistra.
E’ vero. Ma come si ottiene una convivenza sicura può essere
invece frutto di scelte condivise o no. L’immigrazione è problema
complesso da gestire e utile sarebbe affrontare il problema con
uno sforzo di comprensione dei passaggi necessari a rendere
l’inclusione frutto della legalità , ma anche della solidarietà . E’
una illegalità diffusa l’obbligare a lavorare in nero o pretendere
affitti mostruosi per posti letto in fondi e cantine? Non è che ci
sia una grande attenzione verso queste forme di illegalità . Ma
forse sbagliamo valutazione e per ignoranza non conosciamo le
intenzioni dei governanti al riguardo.
La tolleranza zero è uno slogan che può funzionare nella
propaganda della destra. Non può essere lo slogan dei democratici.
Consiglierei, al riguardo, la lettura di un testo di Bronislaw
Geremek titolato “Uomini senza padrone”. E’ una sorta di storia
dell’umanità attraverso l’analisi dei comportamenti delle classi
dirigenti nei confronti delle masse di poveri affamati, dei
mendicanti e dei diversi da noi. Libro istruttivo il cui studio
forse sarebbe utile a chi ha le responsabilità di gestire le
contraddizioni della globalizzazione. Legge e ordine è una boutade
bella in bocca ad uno sceriffo di Tombstone o di El Paso. A
Bologna suona male.
Corriere dell’Umbria 30 ottobre 2005
da Francesco Mandarini | Ott 27, 2005
Nessuno dubbio. I milioni di elettori che hanno partecipato alle
elezioni hanno voluto sollecitare il centrosinistra a unirsi verso
la formazione del partito democratico. Non ha dubbi Fassino, non
ne ha Bassolino, Rutelli ne è certo. Un solo partito per tutti i
riformisti d’Italia questo è il sogno che avevano in testa gli
italiani che si sono messi in fila il 16 ottobre per votare alle
primarie. Se questo è il sogno dobbiamo tutti cambiare le icone
della nostra passione politica: via tutti i vecchi volti dei
leader del movimento operaio italiano,europeo e mondiale.
Attacchiamo alle pareti delle nostre case i volti di Roosevelt,
Kennedy, Tony Blair, Schmidt e passando per Benjamin Franklin,
Thomas Jefferson, inneggiamo a Abraham Lincoln. Topolino e Nembo
Kid farebbero glamour. Facciamo nostra “l’identità che segna gli
Stati Uniti: il pionierismo”. ” Dobbiamo essere Socialisti e
Kennediani”, titola il Corriere della Sera un’intervista a
Fassino. Leggendola si rimane stupefatti e non si sa se prevale
nelle dichiarazioni del segretario diessino l’ignoranza della
storia o la malafede di chi non avendo un’idea autonoma rispetto
alle esigenze di una società complessa come quella italiana,
insegue modelli che non hanno niente da dire e poco a che fare con
la storia del nostro Paese. Che la sinistra italiana (gli arcaici
comunisti innanzitutto) abbiano studiato e in certe fasi,
apprezzato quello che accadeva in America non è una novità . Molti
hanno studiato e imparato la lezione di “Americanismo e Fordismo”
e certo il movimento operaio italiano ha tratto frutto da quelle
analisi. Altra cosa è il voler importare un modello democratico
che ha un senso in una storia nazionale completamente diversa
dalla nostra e che è criticato anche negli Usa. La scarsa
partecipazione alle elezioni non è una grande attrattiva. O questo
è un particolare insignificante per giudicare una democrazia?
Qualche intervista televisiva in meno e qualche lettura in più
aiuterebbe a dire qualche banalità in meno.
Il bipartitismo è frutto di quella storia e ha poco senso in un
Paese come il nostro. La prova? Si è sperimentato per oltre dieci
anni un sistema maggioritario e il risultato è sotto gli occhi di
tutti: i partiti sono diventati una ventina, la democrazia si è
impoverita e tutta la politica è gestita da oligarchie
autoreferenziali,litigiose e politicamente mediocri.
Sono quindici anni che i leader del centrosinistra accendono i
fuochi della ricerca di un contenitore diverso da quello di un
partito di massa senza che si sia trovato uno sbocco positivo. Il
comportamento dei leader ricorda quello imperante negli anni
cinquanta nell’Unione Goliardica Italiana. L’Ugi era la
organizzazione della sinistra che organizzava gli studenti
universitari. L’organizzazione entrò nella leggenda per la sua
litigiosità interna e perchè quasi tutti i dirigenti svilupparono
una formidabile capacità di manovra e di furbizia che aiutarono
carriere politiche importanti. Se si analizzano i curriculum di
molti attuali dirigenti politici troverete il riferimento alla
struttura studentesca di cui sopra. Del centrosinistra la furbizia
sembra il carattere dominante anche all’interno dell’Unione. Il
furbo Rutelli “radicale” avversario di Prodi si è subito adeguato
al successo del professore e ha rilanciato assieme alla lista
dell’ulivo il partito democratico.
Domanda. Di fronte ad un Paese smarrito dal berlusconismo
imperante e da una crisi economica che rende precaria la vita alla
maggioranza del popolo, nella prospettiva di elezioni politiche
difficilissime, è proprio necessario dividersi un’altra volta tra
riformisti duri e puri e chi vuol costruire qualcosa di diverso
dal blairismo?
Chi è andato a votare per Prodi o Bertinotti voleva soltanto far
sapere agli addetti ai lavori che forze della democrazia
importanti sono ancora in campo nonostante le bestialità di
Berlusconi e malgrado le mediocri risse dei leader dell’Unione.
Bisogna saper patrimonializzare queste forze cercando di dare
sbocchi organizzati a questa spinta democratica o far finta che
niente è successo? Veramente credete che i quattro milioni e mezzo
che hanno votato lo hanno fatto perchè affascinati dal
maggioritario? Non ha forse prevalso l’indignazione contro
Berlusconi piuttosto che l’amore per Pecoraro Scanio, Bertinotti o
Prodi? Senza alcun merito l’Unione ha avuto una spinta formidabile
dal voto alle primarie. Delittuoso sarebbe mettere tra parentesi
la domanda di partecipazione espressa da tanta gente e riprendere
con le banalità che caratterizzano troppo spesso il dibattito
interno al centrosinistra.
Che fare? La truffa della nuova legge elettorale falsamente
proporzionale, ha provocato lo smarrimento del ceto politico di
sinistra, di centro e di destra. Il posto al sole non è più sicuro
per molti. Ad esempio i diessini rischiano con la lista unitaria
di fare da portatori d’acqua ai piccoli partiti dell’Unione e alla
stessa Margherita.
Si rifanno i conti e si scopre che se vittoria sarà , quella
dell’Unione rischia di essere una vittoria dimezzata.
Anche per evitare questo rischio assume rilievo il modo come
costruire le liste elettorali. I candidati non possono essere
soltanto affare delle oligarchie di partito. La grande questione è
come innescare processi democratici che diano un senso alla
politica: la crisi del Paese è anche crisi della democrazia.
Il parere sulle primarie come scelta dei candidati è molto
differenziato anche all’interno di questo giornale. In genere e a
ragione non ci piace la personalizzazione della politica. Troppi
danni ha già prodotto. Anche con durezza siamo stati contrari al
presidenzialismo regionale e consideriamo il meccanismo
elettorale incentrato nel collegio uninominale un disastro.
Non si può però non prendere atto che i partiti hanno una vita
interna democratica inesistente. Sono caste quelle che gestiscono
la politica. In questa situazione l’unica possibilità di
partecipazione sembrerebbe essere il voto. Uno stimolo a
modificare le cose si potrebbe individuare nel rendere
obbligatorio per i partiti il meccanismo delle primarie per la
scelta dei candidati ad ogni livello? Discutiamone.
Intanto suggeriamo ai consiglieri regionali dell’Umbria impegnati
nella Commissione Statuto ad affrontare la questione delle forme
3
della partecipazione nella nostra terra. Abbiamo l’impressione che
le priorità siano altre per i consiglieri. Vescovi e cardinali,
preti e quanto d’altro risollecitano la questione delle radici
cristiane dell’Umbria. Altri sollecitano l’enfatizzazione della
sussidiarietà anche per la gestione di servizi pubblici primari.
Noi non siamo mangiapreti, tutt’altro, ma laici lo siamo davvero
ed è per questo che non riteniamo affatto che la questione delle
radici sia questione da introdurre nello statuto dell’Umbria. Non
ne vediamo l’esigenza anche perchè ognuno di noi ha il diritto di
ricercare dove vuole le proprie radici senza che ci vengano
imposte per legge.
Per quanto riguarda la privatizzazione dei servizi la pensiamo
come l’Organizzazione Mondiale della Sanità : i migliori servizi
sanitari sono esclusivamente quelli pubblici. Ad esempio nelle
graduatorie mondiali la sanità Usa (tutta privata) è al
diciannovesimo posto e la sanità della vecchia Francia (gran parte
pubblica)al primo.
Non si capisce perchè l’Umbria dovrebbe importare nel servizio
sanitario il modello privatistico quando questo costa di più e
funziona peggio. Scommettiamo che nemmeno Fassino riuscirà a
vincere le resistenze dell’Assessore Rosi.
Micropolis ottobre 2005
da Francesco Mandarini | Ott 25, 2005
L’Onorevole Rutelli ha cambiato nuovamente idea. Lo sappiamo da
tempo, il personaggio non brilla certo per certezze granitiche.
Ricordate? Soltanto tre mesi or sono il capo della Margherita
negò ogni possibilità di lista dell’Ulivo provocando una crisi
verticale nel centrosinistra? Prodi fece fuoco e fiamme, ma alla
fine la tesi di Rutelli si impose: ognuno con la sua lista. Punto
e a capo. Il contentino per Prodi fu trovato nelle primarie a
ottobre.
Si sa come è andata. Un evento subito più che voluto, si è
trasformato in un grande evento democratico. Milioni di persone
hanno partecipato ad un voto ritenuto dai grandi commentatori
inutile e dannoso. Si è votato dall’Australia a New York, da
Agrigento a Torino. Un altro miracolo di Berlusconi si è
realizzato. A dispetto degli scettici, è stato dimostrato che la
partecipazione alla vita politica della gente è ancora una risorsa
formidabile per l’Italia. Il sorriso a trentasei denti del
cavaliere si è spento di fronte ad un fatto che ha
dell’incredibile: milioni di cittadini hanno risposto all’appello
al voto per la scelta del leader del centrosinistra nonostante che
la grande stampa e gli opinion maker avessero discettato per
settimane sulla futilità del voto. Ancora eccitato dalla vittoria
ottenuta imponendo una legge elettorale truffaldina, l’uomo di
Arcore ha subito lo sberleffo di vedere il centrosinistra
rilanciato quando sembrava nuovamente allo sbando. La lista
dell’Ulivo che sembrava morta, torna ad essere l’unica soluzione
possibile anche per il fiero Rutelli. Anzi per l’ex radicale
convertito al moderatismo non solo la lista unitaria per le
prossime elezioni è necessaria, ma il Nostro addirittura sollecita
la costruzione di un solo partito tra DS e Margherita. Esagerato
come al solito, Rutelli alza la posta e, interpretando a modo suo
l’esito delle primarie, vuole far sparire dall’orizzonte diessino
l’Internazionale Socialista a vantaggio di un partito democratico
all’americana. Altro giro, altro walzer. Si ricomincia la danza.
E’ una sorta di coazione a ripetere, una malattia, quella dei
dirigenti del centrosinistra. Il voler apparire con roboanti
dichiarazioni in TV o nei giornali è una specie di droga.
Si ottiene, immeritatamente, un successo clamoroso con il voto
alle primarie? Subito si ritrova il modo per tornare a dividersi.
A pochi mesi dalle elezioni, con un Paese stravolto dal
berlusconismo, che senso ha riaprire una dibattito che non ha
fatto un passo in avanti da quindici anni a questa parte? Pensate
che quei quattro milioni trecentosessantunmila cittadini che hanno
votato domenica facendo file interminabili sono interessati ad una
discussione del genere? Che messaggio date? Grazie di aver votato
e adesso tutti a casa che abbiamo da discutere tra noi che siamo i
professionisti della politica?
Non sarebbe meglio che i leader dell’Unione si impegnassero a
capire perchè le primarie hanno avuto quel risultato?
Domande inutili, la soap opera continuerà , ne siamo certi.
Il ceto politico sembra impermeabile alla realtà . Stupisce molto
che dirigenti politici non di primissimo pelo, non siano
preoccupati dal fatto che nessuno aveva lontanamente immaginato
che una elezione in cui il vincitore era già dato, avrebbe
mobilitato tanti volontari e tanta gente. La spiegazione va
ricercata nel distacco radicato tra le sensibilità del popolo e le
priorità degli addetti ai lavori. I partiti non hanno più
terminali intelligenti che rappresentano e raccontano la realtà .
Domenica chi ha votato voleva semplicemente dire ci siamo,
vogliamo interferire con la politica, questa volta ci riprendiamo
la delega, basta con le baruffe di casta. E’ vero che la sconfitta
è orfana e la vittoria ha molti padri, ma interpretare il voto
piegandolo a visioni di parte è una sciocchezza politica che fa
soltanto danni.
Non sarebbe più utile costruire sedi non occasionali di
partecipazione democratica utilizzando la campagna elettorale?
Perchè non avvalersi di quanto successo alle primarie per ridare
sangue ad una politica impoverita da anni di miseria ideale? Come
si procede a formare le liste, si riuniscono i capi partito e si
decidono gli eletti o si chiamano gli elettori ad esprimere
candidature anche fuori dall’inossidabile apparatik?
I partiti di massa degli anni passati non sono riproducibili. Sono
mutate tante cose e gli strumenti di comunicazione sono diversi da
quelli conosciuti. Il mezzo televisivo ha un tale impatto da far
ritenere obsoleti rapporti bi-direzionali quali sono le
tradizionali forme del comizio o della riunione nel territorio. I
dirigenti politici hanno così rapporti diretti occasionali con i
cittadini. Feste di partito, elezioni e qualche raro dibattito
pubblico. Si è radicata in questo modo la convinzione che la
propria carriera politica sia decisa all’interno del ceto
politico. Raramente ormai, ce ne sono ancora per fortuna, coloro
che fanno politica hanno relazioni continue con gli iscritti al
partito o con gli elettori. Si preferiscono le lobbies e il
consenso lo si ricerca tra coloro che contano. Avere un
appuntamento con certi amministratori comporta lo stesso rischio
che corre colui che, sfortunatamente, deve avere un’indagine o un
intervento all’ospedale Silvestrini di Perugia. Attese infinite
spesso senza risultato.
Quanto può durare una situazione così? Berlusconi è in declino lo
sostengono tutti. Si dice che nemmeno le manovre del rigoroso
Casini riuscirà a salvarlo dalla sconfitta. Quando sarà
politicamente rimosso come si farà a portare la gente a votare
ancora? Come si farà a spiegare, una volta al governo del Paese,
le difficoltà della spesa pubblica se non si riabitua il popolo a
discutere di politica e non dell’ultima cravatta di Bertinotti?
Corriere dell’Umbria 23 ottobre 2005
da Francesco Mandarini | Ott 16, 2005
Si è trattato di un blitz perfettamente riuscito. Berlusconi
questa volta è stato ben guidato. In tre giorni di lavori
parlamentari e il cavaliere è riuscito a scompaginare tutti i
piani del centrosinistra e a dimostrare che la Casa della Libertà
è una famiglia in cui c’è un solo padre-padrone con molti
maggiordomi e molta servitù. Berlusconi potrà scegliere ad uno ad
uno i candidati di Forza Italia per il prossimo parlamento. Quella
che ci riserva la riforma elettorale votata giovedì scorso, è una
democrazia particolare, si tratta di una democrazia “scortata” dal
leader maximo che non comprende alcuna forma di libertà di
pensiero. Il rapporto dell’eletto non sarà con l’elettore, ma con
il padrone del partito. E’ tempo di riconsiderare la qualità
politica del capo del governo. Principi pochi, coerenze nessuna,
attenzione agli interessi del Paese assente, ma in compenso una
capacità di manovra e di scelta dei punti deboli degli avversari
straordinaria. Altro che un qualsiasi professionista della
politica. E’ stato lui a fare la mossa del cavallo che ha messo
sotto scacco il centrosinistra. Per fortuna non si tratta ancora
di scacco matto, ma qualche dubbio sulla sicura vittoria è venuto
anche a Vanino Chiti ed anche Pecoraro Scanio non è più
allegramente certo di fare il ministro.
Non si discute più nei salotti e nelle segrete stanze quali
saranno i prossimi ministri del sicuro governo Prodi. La vittoria
per l’Unione non è più indubitabile e comunque avrà una dimensione
diversa, meno seggi da spartire. Con i meccanismi della nuova
legge elettorale niente sarà più tranquillo. Scompare il collegio
privo di rischio e, la dipartita del feudo, ha già fatto aumentare
l’uso di forti tranquillanti nel ceto politico di destra, di
centro e di sinistra. La carriera politica si può improvvisamente
interrompere. Difficile dire quanto profondo sia nel popolo il
dolore per la fine del sistema maggioritario vigente. Le leggi
elettorali sono argomento complesso da capire e da spiegare.
Quello che è indubitabile è che all’arroganza dei berluscones
corrisponde una sorta di inebetito stupore in molti leader del
centrosinistra.
L’ottimo Francesco Rutelli, vero novello Machiavelli del
ventunesimo secolo, soltanto una settimana fa ipotizzava la
sconfitta del cavaliere grazie a trentuno franchi tiratori della
maggioranza. Sappiamo come il sogno rutelliano è andato a finire.
In ogni caso è politicamente corretto, per una coalizione che vuol
andare oltre il berlusconismo, sperare di vincere una battaglia
grazie ai franchi tiratori?
Invece di aprire bocca e dare fiato, non sarebbe più saggio
riflettere un attimo per capire perchè una cosa è successa. Non è
venuto il tempo di un bilancio veritiero sui disastri prodotti da
oltre dieci anni di improvvisazioni di tutti i partiti, sulle
questioni istituzionali? Può scaldare gli animi dei democratici un
sistema elettorale come l’attuale, che ha prodotto una
frantumazione straordinaria della politica? Può sollecitare
passione e interesse uno sbriciolamento che è riuscito a dare
potere e forza inusitata ai piccoli partiti e ai partiti
personali? Nella “sventurata” prima repubblica i partiti politici
erano sette o otto. Quanti sono oggi? Diciotto, venti e chi lo sa.
Aver avuto una posizione inossidabile su una legge elettorale
sbagliata non è stata prova di intelligenza politica.
Invece di procedere come treni con improvvisazioni incaute come
l’elezione diretta di sindaci e presidenti, forse sarebbe stato
più saggio affrontare, negli anni passati, la questione della
forme della democrazia in maniera più organica e previdente. Si
sono fatte scelte istituzionali importanti senza considerare
quanto ciò favoriva il consolidarsi di un sistema politico in cui
il berlusconismo trovava vigore ed energia. Proprio perchè la
leaderite non è malattia esclusiva del nostro Paese, è necessario
avere alcune certezze in temi istituzionali. Evitare di rincorrere
modelli lontani dalla nostra storia è cosa intelligente. Da questo
punto di vista la stagione della legislazione voluta
dall’onorevole Bassanini è esemplare. Risultato? Macchina pubblica
più costosa, l’efficienza permane a macchie di leopardo, la
politica privata di un ruolo significativo.
Non è stupefacente che soltanto il presidente Ciampi continui a
ricordare come la nostra Costituzione (quella vigente) rimane una
tra le Carte le più avanzate al mondo? Perchè la sinistra
riformista ha voluto per dieci anni modificarla?
Piuttosto non è forse meglio spendere energie per costruire una
nuova fase di democrazia partecipata?
Ad esempio oggi si svolgono le primarie volute dal centrosinistra
per la scelta del candidato a leader della coalizione. Si può
essere d’accordo o no con questa forma di partecipazione, ma è
indubbio che considerando la povertà della vita democratica dei
partiti, anche poter esprimere un voto diviene occasione di
presenza nella politica. Domanda. La vicenda primarie si conclude
oggi o si può ritenere che, almeno il centrosinistra, si impegna
ad utilizzare questo metodo per la scelta di tutti i candidati per
tutte le elezioni? Magari legiferando nelle regioni a guida
centrosinistra, sarebbe un buon segnale.
Si è insediata la nuova commissione per lo statuto della regione
dell’Umbria. Spero di non essere bollato da perfido laicista se
suggerisco che, piuttosto che occuparsi delle radici religiose
della nostra comunità , argomento degno ma non decisivo, la
commissione statuto rifletta su come costruire strumenti per
rendere viva una democrazia di massa. Esagerava Aldo Capitini
quando ricordava che il potere è di tutti? Bisognerebbe
discuterne.
Corriere dell’Umbria 16 ottobre 2005
da Francesco Mandarini | Ott 9, 2005
Un sistema elettorale proporzionale con un premio di maggioranza è
una contraddizione in termini. Fissare per legge il numero esatto
dei parlamentari che costituiscono la maggioranza, è un obbrobrio
in contrasto con la Costituzione. Il vincolo di mandato previsto
per i parlamentari dalla proposta di legge dei berluscones è
anch’esso in conflitto con la carta costituzionale. Se passerà la
nuova legge non avremo parlamentari liberi di esprimere le loro
opinioni, ma vassalli e baronie proni al volere del capo del
governo e subordinati alle segreterie dei partiti. Scompare
l’autonomia del potere legislativo del parlamento.
Una legge elettorale che assegna ai partiti e non agli elettori,
la scelta degli eletti è una mostruosità che l’onorevole Casini
vuole imporre, magari con garbo, agli italiani.
La democrazia italiana è in gravi ambasce proprio perchè le
strutture che dovrebbe organizzarla, i partiti, sono divenuti
quasi tutti uffici di collocamento gestiti da oligarchie che
perpetuano il loro potere elezione dopo elezione.
E’ vero che questo proposto è il sistema elettorale vigente nella
regione Toscana. Forse sarebbe meglio prendere da quella
civilissima comunità altri insegnamenti piuttosto che un sistema
elettorale sbagliato che certo non aiuta a recuperare il rapporto
con la politica dei cittadini. Ma questa è un’opinione come
un’altra che lascerà il tempo che trova.
Dopo il “mattarellum” avremo il “toscanellum”? Si va avanti o si
va indietro? Il sistema elettorale vigente non era il massimo. Un
misto tra maggioritario e proporzionale che assicura un potere
esclusivo alle segreterie nazionali nella scelta dei candidati.
Una bella centralizzata lottizzazione intercoalizione che
catapultava nel territorio i prescelti per il parlamento. E in
Umbria di catapultati ne abbiamo conosciuti diversi e per la
verità , non sempre il rapporto eletto e territorio di elezione è
stato splendido. Chi non ricorda l’elezione di Adornato? E chi ha
visto recentemente passare per Perugia l’onorevole Monaco?
E si potrebbe andare avanti nel ricordare come le scelte romane
non abbiano sempre soddisfatto l’esigenza di un minimo rapporto
con i rappresentanti dell’Umbria in parlamento.
La proposta della destra di modifica del sistema elettorale rende
la vita degli elettori ancora più semplice. Perchè affaticarci a
pensare quale donna o uomo votare? Facciamo come in Toscana. Si
vota un partito ed il partito sceglie chi verrà eletto. Conoscendo
la qualità della vita democratica delle formazioni politiche è
difficile pensare a processi di selezione del personale politico
trasparenti e rigorosi. La parola partecipazione è scomparsa ormai
da tempo dalla pratica dei partiti. Luoghi privilegiati di quasi
tutti i professionisti della politica sono da tempo i salotti
televisivi e non le fredde sezioni di partito. Spesso si tratta di
partiti personali, oligarchie ristrette che hanno legami feudatari
con il territorio e scarsi rapporti con la società e con le forze
sociali. Sono un mondo a se, spesso separato dal comune sentire.
Esageriamo nella descrizione del disastro o c’è del vero quando si
afferma che la questione democratica è diventata una delle tante
emergenze del Paese? La cosa può non interessare Berlusconi o
Fini, ma è vitale per Prodi e per la sinistra. Stupisce che
l’argomento abbia assunto rilievo nel centrosinistra soltanto
quando la destra, sponsor radicale del sistema elettorale
maggioritario, si sia riconvertita ad un sistema proporzionale
mistificato. Chi predilige il sistema proporzionale non può che
considerare la legge proposta dalla Casa della Libertà un
imbroglio pericoloso e da respingere. Domanda ingenua: non era il
caso di affrontare prima la questione dell’impoverimento della
democrazia italiana? Non è questo un tema programmatico primario
se si vuole governare con il consenso dei cittadini e non con gli
spot televisivi come ha fatto il cavaliere di Arcore?
Soltanto Ciampi ci può salvare? Sembra proprio di sì.
L’impoverimento che provocherà la finanziaria per il 2006,
proposta dal pimpante Tremonti, sarà di tale misura da richiedere
per contrastarlo una straordinaria mobilitazione delle coscienze e
delle forze vive della nazione. L’Umbria è, tra le regioni del
centro, la zona con la più alta percentuale di famiglie povere. La
cosa è grave e di forte rilievo politico. Se ne dovrà pur
discutere. La nostra povertà è attenuata da un livello di servizi
collettivi decenti e a volte eccellenti. Si deve sapere che con i
tagli della finanziaria una parte del nostro welfare dovrà essere
ridimensionato e saranno i più deboli a subirne le conseguenze.
Bisogna saper reagire con intelligenza e con una politica
trasparente. Come riportare la gente a discutere di una politica
che serve ai più e non soltanto al ceto degli addetti ai lavori?
Oggi a Roma si svolge la manifestazione dell’Unione contro la
legge elettorale e contro la finanziaria. Anche la scesa in piazza
del popolo può essere utile se si hanno le idee chiare e si riesce
a individuare i valori capaci di sollecitare una intelligenza
collettiva. E’ certamente giusto contrastare una legge elettorale
pericolosa come quella in discussione la prossima settimana.
Con tutta la simpatia che si può avere per Bracco, Bocci, Vinti o
per Sebastiani e Rossi (se si vota per il centrodestra) non sembra
proprio il massimo della democrazia che siano essi e non gli
elettori a scegliere i parlamentari dell’Umbria. Il meccanismo
delle liste di partito ricorda un po’ quello delle tristi
democrazie popolari dell’est europeo. Qualche brivido è legittimo.
Corriere dell’Umbria 9 ottobre 2005