da Francesco Mandarini | Gen 27, 2008
I senatori Lamberto Dini e Clemente Mastella sono tornati nella loro casa politica. Colpiti dalla magistratura nei propri affetti coniugali, hanno votato la sfiducia al Governo Prodi. Finisce con questo voto l’esperienza dell’Unione e del centrosinistra. Una coalizione che ha per due volte battuto in competizioni elettorali Berlusconi e che per due volte non e’ riuscita a portare a compimento il proprio programma di governo. Le ragioni sono molte, ma mettere insieme Diliberto con Mastella non e’ stata cosa semplice. Il disastro del governo di centrodestra era stato tale da consentire di aggregare anche i moderati (?) nell’Unione, ma vinte male le elezioni del 2006, Prodi ha dovuto barcamenarsi tra spinte e controspinte che rendevano l’azione di governo a volte incomprensibile e comunque incapace di risolvere l’emergenza del declino del livello di vita di una parte consistente del popolo italiano. Anche i grandi commentatori della politica hanno teso a marginalizzare i successi conseguiti da Prodi nel risanamento dei conti pubblici. Dimenticando che l’Italia guidata da Berlusconi era giunta ad un passo dal tracollo del conti pubblici e con una economia a crescita zero, hanno dato per banali il risultati di risanamento e considerata la lotta all’evasione fiscale, e i suoi risultati non decisivi per la tenuta del Paese e come insignificanti gli apprezzamenti di Bruxelles e delle agenzie di rating per il risanamento della spesa pubblica. Si e’ preferito enfatizzare i rischi per il governo dovuti all’estremismo della sinistra. Personalmente non ho apprezzato alcune forzature “ideologiche” di esponenti della sinistra. Visti i rapport di forza nella coalizione e nel Paese, bisognava usare ,  in certe circostanze, maggior cautela. Ma il limite vero della sinistra al governo e’ stato quello di aver esaurito la sua funzione all’interno della struttura pubblica indebolendo il rapport con la base sociale di riferimento. Anche la sinistra e’ caduta nell’avanspettacolo dei salotti televisivi. E i rapporti di massa si sono esauriti in qualche manifestazione alle feste di partito e poco altro. Certamente non e’ stato Giordano il killer di Prodi. Anzi. Come si e’ visto, Prodi e’ caduto per l’estremismo dei moderatissimi e religiosissimi mastelliani. Divertente il fatto che il cardinal Bagnasco dichiari:” La Conferenza Episcopale Italiana, non c’entra niente con la caduta del governo”. Esilarante. La storia appena cominciata e’ gia’ finita, cantava Sergio Endrigo negli anni ’60. Il Partito Democratico sta eleggendo in queste settimane i propri organismi di direzione politica a livello locale. E’ un partito in costruzione che non ha avuto fino ad oggi alcun riscontro elettorale e ancora non sa bene cosa fara’ da grande.
Nato per rinnovare la politica ital;ana e per sostenere il governo Prodi, a tre mesi dalle fantastiche primarie, il PD si trova di fronte alla caduta del governo , alla distruzione della coalizione che sosteneva Prodi e a tensioni interne da far paura. Un disastro politico. Certo Veltroni assicura che il nuovo partito ha la forza per correre da solo con qualsiasi sistema elettorale, ma sembra legittimo il dubbio di molti che questa scelta apra una austostrada alla vittoria del centrodestra berlusconiano. Ma al nuovo che avanza bisogna dare fiducia. Veltroni gioca la carta del voto utile convinto che di fronte all’alternativa tra PD e Casa delle Liberta’ anche il popolo di sinistra scegliera’ Veltroni. La cosa non e’ affatto scontata. E’ sofferente, ma viva ,una parte della societa’ che ritiene essenziale la presenza di una forza di sinistra alternativa al berlusconismo e che non riconosce nel PD un partito che contiene i valori della sinistra. A torto o ragione questa sinistra non e’ disponibile a scomparire per rafforzare una formazione politica che al momento non ha un’anima riconoscibiile. Con la consapevolezza che una scelta di questo genere comporta la messa in discussione di tutto il sistema amministrativo pubblico. Il PD gestisce con altri gran parte delle regioni e dei comuni italiani. Correre da solo puo’ avere risultati dirompenti non solo a Roma, ma anche nel resto del Paese. Il PD puo’ forse affermarsi nelle regioni rosse e non in tutte ma dubito che in Piemonte o in Calabria la corsa in solitudine sia vincente. Ma se questo si vuole, ad ognuno le proprie responsabilita’. Il rinnovamento della politica e’ obbligatorio ed e’ urgente dare segnali che dimostrano la volonta’ di svecchiare un ceto politico irrigidito da decenni di gestione del potere. Un ceto politico che, negli ultimo anni, sta dando una pessima prova di se’ per autoreferenzialita’ e per incapacita’ nell’amministrare anche la normalita’. Il disastro dei rifiuti e’ ormai un emblema del fallimento di un’intera classe dirigente e di un progetto politico tutto incentrato sulla personalizzazione della politica. Se non si e’ consapevoli di questo qualsiasi sistema elettorale si scelga il depauperamento della democrazia non potra’ che accentuarsi.
Berlusconi e’ gia’ in campagna elettorale e naturalmente comincia con le promesse. La prima e’ quella dell’abolizione dell’ICI e la seconda quella di un decreto che impedisce le intercettazioni se non per delitti di mafia o simili. Che dire? Nei cinque anni di governo il cavaliere di Arcore e’ riuscito a fare tanti condoni fiscali da rendere il nostro Paese il piu’ ingiusto in Europa nella ripartizione della tassazione. Redditi da lavoro massacrati a vantaggio degli evasori sistematici e con il risultato che si conosce per i conti pubblici. Come e’ noto la magistratura non rientra tra i poteri che il governo puo’ controllare e il sogno di Berlusconi rimane quello di mettere sotto tutela i giudici. Non ci aspetta niente di nuovo con il ritorno della destra al potere. Sappiamo di cosa si tratta.
Che fare? Cosa augurarsi? Sono iniziate le consultazioni e gli scenari sembrano ancora confuse. Andare al voto subito con questa legge elettorale? Personalmente lo riterrei disastroso. Quando la legge fu approvata molti la definirono una truffa anticostituzionale. Successivamente il proponente, l’ottimo Calderoli, la defini’ una bella porcata. Una legge che espropria il cittadino dalla scelta dei propri rappresentanti. Gli eletti furono decisi tutti a Roma dagli oligarchi di destra, di centro e di sinistra. I cittadini potevano soltanto scegliere il simbolo di partito senza conoscere nemmeno la faccia del parlamentare che sarebbe stato eletto. Il presidente Napolitano ha perfettamente ragione quando insiste per formare un governo a termine che abbia come compito primario la modifica della legge elettorale.  Sarebbe sbagliato se la sinistra popolare non si facesse carico di questa esigenza. La salvaguardia del sistema democratico e’ responsabilita’ primaria delle forze della sinistra. Si lasci solo Berlusconi a chiedere elezioni subito senza modificare le regole ignobili che lui ha volute imporre all’Italia. La tempesta economica che sta maturando in tutto il mondo richiede un governo che sappia riconquistare la fiducia di un popolo stordito dal populismo e dalla mediocrita’ dell’agire politico.
da Francesco Mandarini | Gen 21, 2008
Per il governo Prodi inizia un’altra settimana di passione.
La pretesa dei mastelliani di votare una mozione di fiducia assoluta per l’ex ministro è una richiesta che non sta nè in cielo nè in terra. Non ricevibile per una maggioranza che non può allinearsi alle violente espressioni usate da Mastella contro la magistratura senza aprire un conflitto istituzionale tra poteri dello Stato. Di Pietro dichiara la propria insoddisfazione per l’interim di Prodi al ministero della giustizia. Mastella urla: “Mai più in un governo con Di Pietro”. Mercoledì sarà discussa anche la mozione di sfiducia al ministro Pecoraro Scanio presentata dal centrodestra. Il manipolo dei diniani ha già annunciato che voterà con i berluscones. Dovrà , nella settimana, essere votata la “bozza Bianco” relativa alla riforma della legge elettorale. Probabile che non se ne farà niente. Nel Centrosinistra e nel centrodestra non ci sono due partiti che la pensano alla stessa maniera rispetto al tipo di sistema elettorale da introdurre. Soltanto gli interessi oggettivamente convergenti di Veltroni e Berlusconi sembrano consolidarsi. Con in mano l’arma del referendum, sia il capo del PD che il Cavaliere possono ambire ad una legge elettorale che premi i partiti maggiori e penalizzi tutti gli altri. Questi ultimi sembrano incapaci di qualsiasi idea da mettere in campo diversa dal mantenimento dell’esistente.
E’ intollerabile che la sinistra non sia capace di una proposta che affronti la frammentazione del sistema politico e continui a guardare al proprio particolare e alla propria bandierina.
Un sistema politico in cui ai partiti di massa si sono sostituiti partiti personali che divengono a volte famigliari. Agli organi di partito sono subentrate le oligarchie inamovibili.
E’ vero che l’Italia è la terra dei campanili e dei feudi personali, ma quando il localismo e il familismo infradiciano la vita di un Paese è tempo di dire basta. Indignarsi non basta. Qualcosa bisognerà pur fare per evitare il tracollo della democrazia rappresentativa, altrimenti arriverà un nuovo Cesare. (altro…)
da Francesco Mandarini | Gen 17, 2008
Come in un incubo che solo George Orwell avrebbe potuto descrivere, un’intera classe politica viene soffocata dai rifiuti. La vicenda dell’emergenza della Campania è rilevatrice di alcune verità .
La prima certezza è la chiusura di una lunga fase politica nata dalla catastrofe provocata da tangentopoli. Iniziò la stagione dei sindaci eletti direttamente dal popolo e per questo in grado di scavalcare le vecchie oligarchie dei partiti. Si inaugurò l’era dell’ammirazione per il sindaco capace di raggiungere il 60% dei consensi. Così popolari da scavalcare le oligarchie obsolete del passato grazie a un appassionato rapporto personale e carismatico con gli elettori.
In una sbornia collettiva che adombrava il “partito dei sindaci”, la politica diviene l’apparire, il dichiarare. Tra l’essere e l’apparire non c’è partita. Tutti ambiscono ad essere visibili. Così la politica si trasforma in un avanspettacolo dove le idee contano poco rispetto alla qualità della cravatta indossata in TV. Immagine, autopromozione, comunicazione, pubbliche relazioni.
E’ questo il vangelo di ogni leader ad ogni livello.
E’tempo di fare un bilancio veritiero di questa stagione. La scomparsa dei partiti di massa ha messo in campo una classe dirigente che, alzando la bandiera del “nuovo che avanza”, ha personalizzato la politica. Non ci sono più gruppi dirigenti di partito ma singoli leader che, a tutti i livelli, hanno costruito un agire politico essenzialmente basato sul consenso personale e non su un’idea politica costruita assieme ad altri. L’io prevale sul noi. Poco affascinati dall’interesse generale, questi “capi” sono diventati feudatari di una città , di una regione, di un territorio. Le qualità politiche personali hanno ovviamente inciso diversamente sulle realtà . Ad ottimi sindaci, si sono affiancate personalità la cui unica capacità è stata la bravura nella costruzione di un sistema di potere che consentiva la loro personale carriera politica. Nella stagione dei sindaci, cui è seguita quella dei “governatori”, sono state annichilite le competenze di tutte le assemblee elettive. Sindaci e presidenti hanno costruito le personali squadre di giunta e ai consiglieri è rimasto il “potere” di interpellanza. Non sarà anche la scomparsa del valore della rappresentanza nelle istituzioni ad allontanare la gente dalla politica?
Per molti il localismo è stata la bussola dell’amministrare la struttura pubblica. Non per cattiva volontà , ma perchè il consenso personale deve prevalere, con l’elezione diretta, sull’interesse generale, quando questo richiede scelte che possono essere non popolari. (altro…)
da Francesco Mandarini | Gen 7, 2008
Lo champagne bevuto per l’anno nuovo non ha fatto bene ai nostri leader politici. Chi si augurava che con l’anno nuovo sarebbe arrivata un po’ di serietà nella politica italiana si è sbagliato.
Questa volta tocca al vicesegretario del partito democratico l’oscar dell’improvvisazione. La logorrea dichiaratoria ha portato l’onorevole Franceschini a far saltare il tavolo, malfermo, della riforma elettorale. Dalle numerose consultazioni di Veltroni sembrava emergere una proposta che, partendo dal sistema elettorale tedesco, portasse a qualcosa di coerente con il sistema istituzionale italiano. Anche l’organo ufficiale del PD, “La Repubblica”, aveva titolato: “ Veltroni meraviglia tutti proponendo un sistema elettorale proporzionale”. “Veltroni convertito al tedesco”. E così via. Ci eravamo sbagliati, il sindaco di Roma rimane convinto che è all’America che bisogna guardare per riformare l’Italia. Franceschini ritiene necessario per il Paese, “l’uomo forte” eletto direttamente dal popolo. La sbornia per Sarkozy ha fatto un’altra vittima.
La proposta del PD era e rimane il modello semipresidenziale alla francese. Il sogno di Franceschini è eleggere il sindaco d’Italia. Non si conosce in quale organismo e in quale occasione il gruppo dirigente dei democratici abbia fatto la scelta “francese”. I giornali non ne hanno parlato. Personalmente non amo il cesarismo da qualsiasi latitudine venga il Cesare di turno. Non ho nostalgia del partito dei funzionari se non per la serietà che, quasi sempre, dimostravano i dirigenti politici del tempo che fu. E’ certamente bizzarro un partito che funziona attraverso le dichiarazioni dei singoli senza che un organismo discuta prima delle scelte da fare.
Considerando in aggiunta, quello che l’elezione diretta di sindaci e presidenti ha prodotto in Campania qualche dubbio sorge rispetto ai plebisciti personali. Una volta eletto direttamente un sindaco o un presidente, costi quel che costi, ha bisogno per conservare il consenso, inseguire ogni particolarismo. La governabilità di per se non assicura una buona amministrazione. Dopo 15 anni di amministrazioni stabili in Campania sì tocca con mano il fallimento dell’esperienza di governo del centrosinistra. La parabola è terrificante. Un tempo le università americane studiavano il modello sociale delle amministrazioni delle regioni rosse. Oggi le prime pagine della stampa estera descrivono la vergogna di Napoli. Non è un bel leggere.
Anche per questo, detesto la personalizzazione della politica e preferisco la democrazia della maggior parte dei Paesi europei fondata sui partiti alla democrazia americana incentrata sulla personalizzazione della politica. (altro…)