da Francesco Mandarini | Mag 28, 2010
I pessimisti sostengono che il nostro è un Paese senza memoria. Gli ottimisti considerano l’Italia una nazione a memoria corta. Scegliete voi ma per come sta andando la discussione sul processo che ci porterà all’Italia federale, propendo per la prima posizione. Non si spiega altrimenti la mancanza di cautela rispetto ad una procedura che abbiamo già sperimentato nel passato con la creazione nel 1970 degli istituti regionali. Quella fu una mezza riforma che comportò un aumento della spesa pubblica rilevante. Perchè successe? Senza alcun criterio i decreti attuativi della legge istitutiva, furono deliberati per trasferire personale dallo Stato alle regioni. In mancanza di professionalità adeguate i novelli enti non poterono che assumere personale per coprire le funzioni trasferite. I Ministeri non si svuotarono di personale mentre le poche risorse finanziarie assegnate alle regioni portarono a bilanci completamente squilibrati. Oltre il 70% della spesa regionale era, ed è, riferita al servizio sanitario. Attraverso referendum furono aboliti i ministeri dell’Agricoltura, della Sanità e del Turismo, ma con la consueta furbizia italiota si cambiò il nome dei ministeri ma nessun ministeriale rischiò il trasferimento. Le regioni diventarono, non tutte per fortuna, enti sovradimensionati e a loro volta centralistici nei confronti delle autonomie locali. Come sempre succede una mezza riforma non è meglio di nessuna riforma e quello che sembra morto, il centralismo, mangia il vivo, il vero decentramento. Con il federalismo sarà possibile trasferire da Roma a Bolzano o a Caltanisetta il personale dello Stato? Certo ci rassicura la presenza di Calderoli e Brunetta, ma qualche preoccupazione ci sembra legittima.
E’ ormai legge quello che viene chiamato il federalismo demaniale. Parti consistenti delle proprietà dello Stato centrale sono trasferite a zero costo alle regioni e agli altri enti locali. La cosa di per sè sembrerebbe ottima. Anche se i beni trasferiti al Nord del Paese sono il doppio di quelli assegnati alle regioni del Sud, l’idea di valorizzare il patrimonio delle autonomie potrebbe essere buona cosa, sembrerebbe un percorso intelligente. Il problema non è così semplice. Senza risorse per la gestione dei beni ed in presenza di enti al collasso finanziario come sono regioni e comuni, l’unica strada aperta è quella della vendita dei beni pubblici. Una gigantesca asta che potrà riguardare palazzi, ma anche le foreste, le acque o altri beni che pubblici sono e pubblici dovrebbero rimanere.
Non sarà così, non rimarranno pubblici. Lo spezzatino dovrà essere messo in vendita per riquadrare i bilanci. La manovra in gestazione nella testa del creativo Tremonti prevede il taglio dei trasferimenti a regioni e comuni di 4 miliardi, la spesa sanitaria sarà ridotta di 2 miliardi e mezzo. Indovinate che altra novità ? Un altro condono edilizio. Questa volta per coloro che hanno costruito case abusivamente. Dicono che si tratta di 2 milioni di case. Non è un errore di stampa. Due milioni di case abusive saranno condonate. Non si sa se ridere o piangere. Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani assicurano i nostri governanti. E’ un’attività questa che lasciano volentieri ai sindaci e ai presidenti di regione. Tagliano I.C.I,, trasferiscono meno risorse a comuni e regioni. In questa situazione che deve fare Boccali o la Marini?
O tagliano i servizi al cittadino o mettono nuove tasse, mi sembra scontato. Nemmeno a regime federale sarà previsto il batter moneta. (altro…)
da Francesco Mandarini | Mag 17, 2010
Sarà soltanto un’impressione dovuta all’incertezza dei tempi che viviamo, ma ormai nel nostro Paese si vanno consolidando due mondi separati. Quello della gente comune e quello del ceto politico. Traduzione. E’ durata pochi giorni l’euforia suscitata dall’accordo di Bruxelles di significativi interventi per riparare i danni della speculazione finanziaria che stava mettendo a rischio la stessa esistenza della valuta unica. Da un venerdì nero, quello della scorsa settimana, si è passati al venerdì nerissimo della settimana che si chiude. Le forze della speculazione, i grandi investitori istituzionali non hanno alcuna fiducia nei riguardi dei provvedimenti delle istituzioni europee. Hanno ripreso a scommettere sul ribasso dei titoli sovrani e le leggendarie agenzie di rating riprendono a dare voti a questo o quel Paese. I governi, la politica, non sembrano in grado di contrastare le forze del mercato finanziario.
Soltanto il Senato americano sta lavorando, con grande difficoltà , per introdurre vincoli e trasparenza nelle attività finanziarie. L’Europa non sembra in grado di uscire dall’ideologia liberista nonostante che sia stata questa l’ideologia che ha prodotto il disastro che stiamo vivendo ormai da anni. Gli stessi che hanno prodotto il danno continuano a pontificare sull’esigenza di contenere la spesa pubblica che, come sempre è accaduto, significa meno servizi al cittadino, salari più bassi, tagli al sistema pensionistico.
Si preannunciano anche per l’Italia provvedimenti “lacrime e sangue” simili a quelli già adottati dalla Grecia e dalla Spagna.
Le statistiche mondiali collocano i salari italiani ai livelli più bassi dei Paesi Ocse, ma in compenso la pressione fiscale italiana è tra le più elevate degli stessi Paesi. Il welfare italiano è tra i peggiori in termini di quota procapite. La spesa per la scuola per la ricerca, per la cultura, ridicolmente bassa. Disoccupazione giovanile e femminile tra le più alte d’Europa. Il precariato domina il mercato del lavoro.
Insomma, nonostante che siamo governati da un Re taumaturgo, siamo messi male. (altro…)
da Francesco Mandarini | Mag 12, 2010
In una settimana le Borse europee hanno bruciato oltre 450 miliardi di ricchezza finanziaria. Un Paese, la Grecia, è nel pieno di una crisi economico-sociale drammatica e molti osservatori allarmano sul rischio contagio e del fallimento della moneta unica europea.
Quadro allarmante che se dimostra l’irresponsabilità di quanti sostenevano che l’Italia era ormai fuori dalla crisi, sollecita riflessioni sui meccanismi che hanno portato a questa situazione.
Berlusconi ha denunciato l’inaffidabilità delle agenzie di rating. Il presidente ha perfettamente ragione. Dovrebbe andare avanti nell’analisi e domandarsi come sia possibile che le stesse agenzie (private) responsabili delle super valutazioni di titoli che poi si sono rivelati spazzatura, massacrando l’economia di tanti Paesi, bruciando posti di lavoro e i risparmi di tanta gente hanno ancora il potere di affossare le borse. Come è pensabile che siano ancora in grado di esprimere valutazioni credibili sul valore non di un’azienda, ma di uno Stato?
E’ noto poi che, negli Stati Uniti ci sono indagini e processi in atto, alcune grandi agenzie di rating hanno operato in pieno conflitto d’interesse. Iper valutavano titoli perchè erano coloro che emettevano “la spazzatura” che pagavano le agenzie stesse.
A New York, tra i tanti, c’è un grattacielo sede della Goldman & Sacks, la più grande banca d’affari del mondo. Nel grattacielo lavorano 7000 persone. Il loro stipendio medio annuale è di 750 mila dollari all’anno. La Banca è sotto indagine della SEC (organo di vigilanza della borsa americana) per le speculazioni che hanno portato alla crisi che ancora viviamo. Il libero mercato c’entra poco, il mondo sembra in mano a  strutture che hanno come unico scopo l’arricchimento dei manager costi quel che costi. Le valutazioni truffaldine rientrano nel gioco. Come è potuto accadere tutto ciò?
Sembra ormai che la politica dei Governi sia impotente, inutile come un frigorifero al polo nord. L’incapacità della politica a dare risposte ai problemi della condizione umana è il dato con cui si dovrebbero confrontare tutti i partiti. Il continuo calo, in tutto il mondo occidentale e non solo dei partecipanti al voto dimostra la scarsa fiducia dei popoli nella politica. Esemplare il risultato nelle elezioni inglesi. Non ha vinto nessuno, hanno perso tutti. I conservatori prendono la maggioranza dei voti, ma non dei seggi necessari a formare il governo. Nuove elezioni sono l’ipotesi più probabile. Un sistema elettorale pensato come massima salvaguardia della governabilità che è indifferente alla rappresentatività del Parlamento, non riesce a dare un governo alla Gran Bretagna. Perchè? La ragione principale credo vada ricercata sulla qualità scadente della proposta politica di tutti i partiti. Il newlabour, dopo 13 anni di governo, ha diversi scheletri nell’armadio. Guerre ingiuste si aggiungono ad un bilancio che può essere sintetizzato nel fatto che le diseguaglianze sociali sono le stesse che c’erano dopo i 18 anni di governo dei conservatori. I ricchi più ricchi, i poveri più poveri. I Conservatori incapaci di prospettare una politica diversa dal neoliberismo che, di questi tempi, non è il massimo se è certo che la crisi deriva dalle politiche neoliberiste. I liberal democratici qualche idea innovativa l’hanno proposta, ma rimangono ancora deboli nella classe dirigente.
In sintesi è l’incapacità del ceto politico di prospettare un’idea di società diversa da quella che la speculazione finanziaria impone. Ciò è dovuto essenzialmente alla scomparsa, ad ogni latitudine, di formazioni politiche che vivono in un rapporto virtuoso con la realtà che si vuole governare.
In un’indagine sui flussi elettorali nelle recenti elezioni regionali, l’Agenzia Umbria Ricerche e l’Università di Perugia hanno verificato che il non voto ha riguardato 301 mila persone.
IÂ partiti sono stati tutti penalizzati ma con diverse percentuali.
I più colpiti dall’astensione di massa sono stati il PDL e le liste di sinistra. Secondo l’indagine la destra ha perduto con il non voto il 30% dell’elettorato mentre la sinistra ne ha perduto il 35%. Per ciò che riguarda la destra i motivi possono essere molti e qualcuno li analizzerà con cura anche considerando che la forbice dei voti che la separano dal centrosinistra, si ridotta negli anni recenti. (altro…)