da Francesco Mandarini | Set 28, 2010
Molto rumore per nulla? Non direi. Dopo la direzione del Pd di questi giorni gli esperti sostengono che i veltroniani, dopo le reazioni aspre di parti consistenti di iscritti ed elettori del PD, abbiano ridimensionato le loro aspettative accontentandosi delle aperture di Bersani all’esigenza di una discussione per rilanciare il partito. Invece di votare contro, si sono astenuti. Bene. Bravi. Il Paese è loro grato. Coloro che esperti non sono continuano a non capire che cosa significasse l’ennesima discesa in campo di Veltroni. Gli intendimenti dei settantasei parlamentari che hanno firmato un documento che segue altri documenti di altri pezzi del PD, hanno ballato una sola estate? No: essi rappresentano una corrente che si è formata rompendo la corrente di minoranza uscita dall’ultimo congresso che, attraverso le primarie, ha eletto Bersani alla segreteria del PD. Non condivido la tesi che tutto questo è utile per garantire che, con le elezioni alle porte, sia necessario organizzarsi al fine di garantirsi posti nelle liste in nome delle varie sensibilità del partito. Una cattiveria questa detta da chi non accetta discussioni?
Discutere in genere è buona cosa quando esistono tesi contrapposte rispetto alle esigenze che si vogliono esplicitare. C’è qualcuno che può spiegare almeno a grandi linee quali sono le idee di un partito che dovrebbe rappresentare il fulcro di un’alternativa al berlusconismo? Si dice lavoro al primo posto, ma poi ha ragione Marchionne o la CGIL? E chi lo sa. Un partito non è un’accademia di filosofi che discutono sui destini dell’uomo, ma uno strumento la cui missione è quella di contribuire alla crescita di una società aiutando le forze sociali e culturali a risolvere i problemi che si presentano. Non si può essere credibili se non si ha la capacità di scegliere quali interessi rappresentare e contro quali interessi combattere. Non è questione di lotta di classe, quella è già in atto da tempo, è questione di decidere se la crisi deve continuare ad essere pagata dagli stessi che la pagano da decenni o è tempo che anche coloro che si sono arricchiti in questi decenni contribuiscono, secondo il dettato Costituzionale, al bene dell’Italia.
La politica in Italia sembra essersi ridotta a una sorta di guerra di bande il cui scopo è quello di annichilire il proprio avversario. Sia esso interno al partito o esterno l’importante è rafforzare il proprio potere favorendo i propri clientes. L’esplosione della crisi del centrodestra è sotto gli occhi di tutti e i suoi aspetti grotteschi non fanno che renderla più pericolosa. Un Paese appeso alla lite per il condominio di Montecarlo è un Paese a cui le classi dirigenti prospettano un pessimo futuro. Se anche la presidente della Confindustria è arrivata a concludere, dopo mesi di pensamenti, che l’Italia è messa peggio di tanti altri le prospettive, nonostante il parere del giulivo Ministro Sacconi, non sembrano brillanti. Richiedere che la politica svolga diversamente il proprio compito non sembra essere una forzatura da estremisti e se lo richiede anche la Marcegaglia, qualcosa di vero dovrebbe esserci.
Che con i chiari di luna che attraversiamo, ancora oggi non ci sia il Ministro allo Sviluppo economico è una sorta di barzelletta da non raccontare ai bambini.
Siamo l’unico Paese in Europa che non ha uno straccio di politica industriale e pensare che, superata la crisi finanziaria, si ricomincerà a produrre come prima gli stessi beni è semplicemente da irresponsabili.
Eppure il ceto politico continua imperterrito a svolgere i suoi riti e baruffa dopo baruffa si accelera il processo di degrado della democrazia e dell’economia italiana.
Con l’autunno arrivano gli aumenti di tutte le tariffe per i servizi pubblici. Cosa scontata visti i tagli di Tremonti ai bilanci delle amministrazioni territoriali. Ciò che scontato non sarebbe dovuto essere è la mancanza di una campagna d’informazione e di mobilitazione dell’opinione pubblica rispetto al degradarsi di tutto ciò che è pubblico. Un amico amministratore sconsolato mi ha raccontato della difficoltà che incontra nel cercare di spiegare alla gente lo stato della finanza comunale e dell’esigenza di aumentare le tariffe pur tagliando servizi.
La reazione più diffusa è quella contro la “casta”. Il siete tutti uguali è l’affermazione più diffusa. Assieme alla richiesta di colpire gli sprechi nella pubblica amministrazione, c’è un astio e un rancore che non nasce dal qualunquismo sparso a piene mani da tanti. La delusione è dovuta principalmente dal fatto che anche nel centrosinistra è prevalsa per anni la tesi che il privatizzare era bello e la gestione pubblica di per sè faceva schifo. Invece di scommettere sulla riqualificazione della spesa e sull’innovazione del rapporto tra cittadino e amministratore, si è ottusamente seguita l’ideologia liberista del ridimensionamento della presenza pubblica anche nella gestione di beni che non possono che essere collettivi. Quanto patrimonio si è venduto in questi anni per far quadrare i bilanci? Sarebbe da sciocchi non considerare utile vendere strutture che non hanno alcun interesse generale, ma quando di tratta di società che gestiscono pezzi di città o beni come l’acqua, la cosa assume altro significato. Amministrare oggi un Comune o una Regione è molto difficile. Lo si può far meglio se si riesce a recuperare un rapporto di fiducia con la popolazione sulla base di concrete svolte nel modo di comunicare le difficoltà ma anche le possibilità di salvaguardare il ruolo dei servizi al cittadino assieme a stimoli che combattono la pesante crisi economica dell’Umbria. Non sono un esperto, ma quanto sarebbe apprezzato da artigiani o altri fornitori se i pagamenti del settore pubblico fossero accelerati? Non ne trarrebbe beneficio l’economia complessiva?
Per fortuna che Berlusconi c’è. Un’altra bella notizia, proprio ieri ci ha promesso che il disegno di legge contro le intercettazioni riprenderà il suo iter legislativo. Allegria, siamo tutti salvi.
da Francesco Mandarini | Set 22, 2010
Doveva nascere un Movimento con la maiuscola, poi viste le reazioni, si è preferito la minuscola per connotare il documento che certifica la ridiscesa in campo di Walter Veltroni.
Lungi da me ogni tentativo di criminalizzare una minoranza politica. Arcaico come sono ritengo ancora che il dissenso come il dubbio siano il sale della democrazia. Il problema si pone quando si vuol vendere panna irrancidita per panna fresca. Le perplessità nascono quando si continua a ragionare senza alcun bilancio di quello che una linea politica ha prodotto nel concreto operare di una formazione politica nata per cambiare il mondo conosciuto. Rilanciare lo spirito maggioritario della fondazione del PD, lo spirito del Lingotto si dice, prescinde completamente da un’analisi dello stato della democrazia italiana, oggi in questa fine estate. Non tiene conto del fatto che i due partiti maggiori (PD e PDL) in due anni, secondo i sondaggi citati da Veltroni, passano dal 70% dei voti ottenuti nelle elezioni del 2008, al 55% di oggi. Veltroni sostiene che Lui segretario il PD raggiunse quasi il 34% ed oggi Bersani otterrebbe il 25%. Forse sarebbe utile ricordare che quel quasi 34% contiene la cannibalizzazione di tutte le forze di sinistra che, grazie al corriamo da soli del PD veltroniano, non sono più rappresentate. Si potrebbe sostenere con qualche ragione che non è un dramma se Pecoraro Scanio o Diliberto non siano stati eletti, ma la questione è che nessuno rappresenta più, nella massima assemblea elettiva forze, culture e sensibilità che sono state importanti nella democrazia italiana. L’aumento esponenziale dell’astensione al voto dimostra che non esiste più il voto utile o il cemento dell’antiberlusconismo che porta voti al partito più grande. Il turarsi il naso e votare non vanno più di moda. Nel documento dei 75 veltroniani non si considera per nulla l’evidente crisi del bipolarismo maggioritario all’italiana. Unica bibbia del centrosinistra come del centrodestra il maggioritario plebiscitario sta facendo acqua da tutte le parti, sia a destra che nel centrosinistra. Forse non è garbato chiedere un’analisi critica di come per quasi venti anni le forze del centrosinistra hanno operato per riformare il sistema politico. Ma in mancanza di qualsiasi capacità di analisi di coloro che ci chiedono il voto, sollecitare una riflessione sull’accaduto sembrerebbe il minimo.
Il berlusconismo non è una maledizione divina. E’ il risultato delle scelte o delle non scelte delle forze politiche in campo a destra ma anche nel centrosinistra. Forze che si sono fatte trascinare dai miti della seconda repubblica. Liberismo, giustizialismo, plebiscitarismo. La governabilità a discapito di ogni valore di rappresentanza politica o sociale non è il frutto marcio della destra, ma il risultato dell’ideologia dominante anche nel centrosinistra. La grande riforma coma panacea del Paese è il filo nero che, partendo dal craxismo, arriva a Berlusconi, trascinando anche pezzi decisivi del centro-sinistra. Il Parlamento è stato svuotato di ogni potere per volontà del Capo, ma tutte le assemblee, dei comuni, delle province e delle regioni hanno perso ogni possibilità di svolgere un ruolo dopo che leggi del centrosinistra hanno consegnato tutto il potere al presidente o al sindaco eletto dal popolo.
Che dire poi delle leggi elettorali vigenti anche in regioni governate dal centrosinistra? Lasciamo perdere. Sarà anche in difficoltà il cavaliere, ma i competitor non sembrano in grande forma. Perchè continua a dominare la scena il cavaliere di Arcore? Dopo l’incapacità di governo dimostrata dalla destra ci sarebbe di che fare per le forze di opposizione. Un Paese allo sbando ha bisogno di idee e di valori che rimettano a leva le energie migliori. Invece il maggior partito di opposizione rischia l’implosione. Ricomincia con gli stessi partecipanti l’eterno gioco dell’oca. Un pregevole intellettuale, Michele Ainis, ha scritto un bel pezzo sulla Stampa di Torino intitolato “La repubblica degli ex”. Ricorda le giravolte, i cambi di casacca e di ruoli dei diversi protagonisti della vicenda politica italiana degli ultimi decenni. L’articolo avrebbe bisogno di un’integrazione che a me viene spontanea. Nel gennaio del 2000 si svolse il congresso dei DS, Segretario Walter Veltroni. Lo slogan congressuale era “I care”. Fu considerato un omaggio alla democrazia americana dei kennediani italiani. Finalmente dopo la lunga storia segnata dalle elaborazioni gramsciane, si poteva anche a sinistra entusiasmarsi per l’America. Per chi conosce la democrazia che ha prodotto Obama, ma anche Reagan, la scelta del congresso diessino suscitò qualche perplessità . Non per settarismo ma perchè era evidente la mistificazione. L’inganno consiste nel fatto che se si vuol fare come in America bisogna avere una certa coerenza altrimenti si rischia la truffa ideologica. Nel mondo anglosassone vige una regola non scritta. La regola prevede che un leader sconfitto o che ha terminato un mandato di governo, cessi di essere protagonista della vita politica. Le ridiscese in campo non esistono. Margaret Thatcher è stata la principale protagonista della rivoluzione conservatrice degli anni ’70 e ’80. Ha governato la Gran Bretagna per 18 anni poi, per decisione del partito, fu sostituita da Major.
La signora lasciò con auto privata Downing Street e si ritirò a vita privata. In questi anni non un qualsiasi tentativo di intervenire nella vita politica. Nessuno sentirà più parlare di Gordon Brown come dirigente politico. Tony Blair dominatore del New-Labour, nelle scorse settimane ha detto di non escludere un suo rientro in politica: è stato sommerso da urla così diffuse nel Paese che sembra abbia cambiato idea. L’avversione è stata così palese e rumorosa che Tony ha scelto di non presentare più il suo libro di memorie. Insomma chi perde va a casa e cambia mestiere. In Italia invece si preferisce il gioco dell’oca. Si cambiano caselle, non si fa mai un bilancio del lavoro svolto, e si aspetta di ridiscendere in campo. Dopo aver impedito ai giovani di crescere come dirigenti politici, i nostri dicono che non possono mettersi da parte. Mancano le forze giovani. Giocano loro, lo fanno per generosità .
da Francesco Mandarini | Set 13, 2010
Un vecchio industriale perugino mi ha offerto un aperitivo. Voleva sfogarsi per la situazione del Paese. Angosciato per le prospettive mi ha detto con tristezza: ” In ogni classifica internazionale l’Italia è sempre all’ultimo posto. E’ un’immagine inconcepibile per un Paese che è stato nei decenni passati in tanti campi leader indiscusso. Sono vecchio e non ho preoccupazioni personali. Ma i miei figli? I miei nipoti in quale società vivranno? Berlusconi, non ha fatto nulla per affrontare la crisi ed è quello che è, ma dall’altra parte c’è il nulla, il vuoto assoluto. Meglio che rimanga il Cavaliere perchè è meglio del nulla”. Conoscendo le qualità democratiche e il valore imprenditoriale dell’interlocutore, non potevo far finta di non capire. Balbettando qualche banale difesa del centrosinistra ho cercato di rincuorarlo, ma gli argomenti erano fragili, poco convincenti. Non me la sono cavata bene, ma qualche motivo a giustificazione della mia insufficienza credo di averlo. Il quadro politico del dopo agosto ha qualcosa di surreale. Il centrodestra è messo malissimo. Grazie alla legge elettorale truffaldina Berlusconi aveva una maggioranza parlamentare schiacciante. In due anni questa maggioranza si è spappolata per l’incapacità del leader di affrontare altri problemi che non siano i suoi processi. Un Paese bloccato prima dalla discussione sulle intercettazioni, poi dal processo breve, poi dalla legge sul legittimo impedimento. Nel frattempo non c’è settore della società che non è in apnea per la mancanza di provvedimenti governativi adeguati alla crisi. O meglio gli unici interventi sono stati quelli del blocco dei salari del pubblico impiego e dei tagli a scuola, trasporti, sanità pubblica. Un tempo si sarebbe detto che il centrosinistra avrebbe una prateria per affermare una nuova idea dello sviluppo del Paese. Invece ogni pezzo del centro sinistra appare rinchiuso nel proprio orto o orticello. C’è qualcuno che può legittimamente sostenere che il gruppo dirigente del PD ha la stessa idea su una singola questione? Che la legge elettorale sia rivoltante è certo come è certo che nel PD non si è avuto ancora il tempo, in quattro anni, di presentare una proposta alternativa perchè i vari inossidabili dirigenti del partito a vocazione maggioritaria non si mettono d’accordo. Soltanto il presidente della regione Toscana ha il coraggio di fare autocritica impegnandosi a modificare la legge elettorale toscana superando liste bloccate, listini e abnormi premi di maggioranza. La Fiat vuole unilateralmente modificare la contrattazione? Nel PD i tifosi di Marchionne impongono il silenzio stampa. Soltanto balbettii che non convincono nè gli operai nè i fautori dell’affermarsi del modo di produzione asiatico anche in Italia.
Di fronte alle esternazioni estere di Berlusconi si usa lo stesso ritornello. Che brutta figura per l’Italia! Argomento serio ma insufficiente a far capire al popolo il rischio che sta correndo la democrazia italiana. Trovo scontato l’attacco di Berlusconi alla magistratura. Illegittimo ma coerente con la visione padronale del nostro. Ma è più allarmante la tenacia con cui il capo del governo, in ogni sede, prospetta un modello di democrazia che ricorda quello delle democrazie popolari simil Bulgaria o Romania dei tempi di Ceausescu. Non è casuale che Berlusconi abbia dichiarato che Putin sia “un dono di dio” per la Russia. Il modello di governo imposto dall’ex uomo del Kgb ai popoli russi è lo stesso che ha in testa l’uomo di Arcore. Parlamento senza alcun potere, magistratura sottoposta al potere politico, sistema informativo silenziato. Berlusconi è veramente convinto che tutto ciò vada bene anche in Italia. Ha iniziato imponendo un parlamento di nominati, proseguendo con gli attacchi al potere giudiziario e mettendo i vari Minzolini nei gangli del sistema della comunicazione. I fautori delle riforme bipartisan hanno consapevolezza di ciò che ha in testa la destra populista?
Forse è necessario che il partito di opposizione più importante faccia il suo dovere ad iniziare a darsi un’idea di Paese alternativa a quella della destra. Invece si ragiona soltanto in termini di sigle da aggregare o rifiutare nello schieramento alternativo al berlusconismo. Una parte del PD vorrebbe imporre una specie di diga a tutto ciò che appare di sinistra. Si continua con la solita banalità per cui le elezioni si vincono al centro e si considerano ininfluenti i milioni di elettori che continuano a considerare la sinistra come un’opzione legittima e importante.
Domanda: c’è qualcuno nel PD che ha analizzato e studiato i flussi elettorali e la motivazione dell’esplodere delle astensioni? Ad ascoltarli, studiare non sembra più necessario nemmeno ai politici. Se lo facessero scoprirebbero cose interessanti. Ad esempio capirebbero che il giudizio terrificante sulla casta non riguarda soltanto gli uomini e le donne del centrodestra, ma coinvolge gran parte del ceto politico e amministrativo in campo. Il sono tutti uguali ha fatto strada nella testa della gente perchè le ottime persone che si occupano di politica, e ce ne sono molte, non riescono a svolgere il loro ruolo in un mondo in cui conta più l’appoggio del feudatario che le idee e il lavoro di cui si è portatori. Adeguarsi è troppo spesso la sola strada aperta per continuare nel lavoro politico-amministrativo. Sommessamente un consiglio agli addetti ai lavori. Le elezioni sono state spostate almeno alla prossima primavera. C’è il tempo per costruire una piattaforma politica alternativa al berlusconismo. Bisogna farlo in un rapporto stretto con il popolo, con le culture, le intelligenze e la creatività di cui è ancora ricca la democrazia italiana. Nonostante le brutture di questi anni ci sono ancora uomini e donne che hanno la cultura, la passione e l’intelligenza per bloccare la decadenza del Paese. Berlusconi sostiene di essere stato eletto dalla maggioranza del popolo. Non è vero. La maggioranza del popolo non ha votato per il presidente del Milan e non saranno Ibra o Robinho a garantire la vittoria nella futura tenzone.
da Francesco Mandarini | Set 3, 2010
Il presidente della regione Toscana ha annunciato che la legge elettorale che regolamenta le elezioni in quella regione, sarà modificata radicalmente. Perchè? Semplice. La famosa legge “porcellum” voluta nel 2006 da Berlusconi e dalla destra, è figlia legittima della legge toscana. Lo scandalo provocato in questi anni dalla pessima legge è dovuto, come è noto, ai meccanismi che provocano l’espropriazione del diritto dell’elettore a scegliere i propri rappresentanti in parlamento e, attraverso il premio di maggioranza, a rendere la volontà popolare falsificata. Per rendere lo scandalo accettabile è tempo che anche le leggi elettorali di quella stagione deleteria vengano rese coerenti con il dettato costituzionale. Listini, liste bloccate e premi di maggioranza non lo sono. La cosa riguarda la Toscana, ma anche la mia amata Umbria. Soltanto pochi mesi prima le ultime elezioni il consiglio regionale con voto bipartisan votò una legge che prevede listino e premio di maggioranza. Scandalo diffuso anche a queste latitudini. Speriamo che anche Catiuscia Marini annunci le modifiche alla legge elettorale vigente in Umbria che, come è noto, se ha salvaguardato un pezzo di casta non è apprezzata da molti in nome della democrazia costituzionale.