da Francesco Mandarini | Feb 25, 2007
I profeti di sventura di destra, di centro e sinistri riformisti alla Giuliano Amato erano stati smentiti. Nonostante i pessimi presagi di incidenti, soltanto una settimana fa la sinistra aveva saputo partecipare ad una manifestazione di massa assieme a uomini e donne di Vicenza senza che si verificasse il minimo atto di estremismo, nemmeno verbale.
Pochi giorni dopo in Senato, il governo Prodi è stato battuto e si è aperta una crisi di governo i cui esiti sono tutti da verificare. Chi ha fatto cadere Prodi? La grande stampa ha fatto in modo da far ricadere le colpe sulle spalle dei partiti di Bertinotti e Diliberto. Ciò ha prodotto nel popolo che ha votato centrosinistra indignazione, collera e scoramento. Occorre dire la verità : il governo Prodi è caduto non per l’estremismo dei due Senatori della sinistra, ma per la sua debolezza politica e numerica. Che sarebbe successo se i senatori Rossi e Turigliatto avessero votato a favore della relazione di D’Alema? Il quorum non sarebbe stato raggiunto e la crisi si sarebbe aperta ugualmente. Come non domandarsi quale futuro ha un governo di centrosinistra che deve fare affidamento sui voti di Andreotti e Pininfarina? Responsabilità dei due senatori è stata quella di aprire la strada alla canea anti-sinistra che non riguarda tanto o soltanto la destra politica, ma parti consistenti degli opinion maker italiani e settori importanti del mondo dei riformisti.
Sono mesi che Prodi viene presentato come ostaggio della sinistra radicale. Non c’è atto del governo che possa confermare questa subalternità , ma il progetto politico dei vari editorialisti di Repubblica o del Corriere della Sera è di tagliare, annichilire la parte sinistra del centrosinistra. Non interessa ai nostri che l’Unione ha vinto le elezioni anche grazie ai voti del popolo della sinistra. Le idee, i valori di questa parte degli italiani non hanno dignità politica, devono essere in ogni caso disattesi. Non è sufficiente il fatto che gli elettori abbiano votato sulla base di un programma sottoscritto da Bertinotti e Diliberto? Non deve Prodi attuare quel programma?
La manovra è riuscita i dodici comandamenti di Prodi, accettati da tutti i partiti dell’Unione, sono presentati come una netta sterzata al centro del governo del professore. Complimenti, il problema sarà verificare come questo impatterà con quella parte della popolazione italiana già fortemente delusa dalla sordità dei governanti a cui si è dato il voto. Quello che impressiona è l’assoluta incapacità della classe dirigente dell’Unione di rapportarsi al comune sentire della gente. Le caste hanno questo limite.
da Francesco Mandarini | Feb 13, 2007
Nella mia infanzia frequentavo una chiesa in Porta Sant’Angelo. Ricordo che nel confessionale era affisso un manifesto che dichiarava scomunicati tutti coloro che erano iscritti al PCI o alle organizzazioni sociali della sinistra. La decisione del Papa Pio XII non impedì che la sinistra prosperasse elettoralmente e gli iscritti al PCI e al sindacato esplodessero. Si dirà altri tempi, altre speranze, altri uomini e donne. Negli ultimi anni sembra che, anche nella dirigenza della sinistra, dichiarare pubblicamente la propria religiosità sia diventata consuetudine. Il massimo lo si è visto quando dei leader sposati civilmente, dopo aver concepito figli e figlie, a cinquanta anni decidono di risposarsi in chiesa. Folgorazioni. La morale laica non va di moda. Per chi, come il sottoscritto, non ha il dono della fede, sono tempi duri. Il conforto viene dal sapere che la Carta Costituzionale regolamenta i rapporti tra lo Stato e la Chiesa in maniera limpida. L’autonomia dell’uno è garanzia anche per l’altra. Sarebbe sbagliato rispondere con arroganza al fondamentalismo dei teodem alla Binetti. Nonostante tutto la tolleranza rimane un valore da salvaguardare. Senza farsi intimorire dall’aggressività dei talebani nostrani, gli uomini e le donne che rivestono cariche pubbliche, devono rispettare il dettato costituzionale al di là delle proprie convinzioni religiose. Aprire una guerra di religione in un Paese litigioso come l’Italia non è scelta che dimostra grande sensibilità per i problemi del popolo.
da Francesco Mandarini | Feb 13, 2007
Il treno diretto al partito democratico ha accelerato la sua corsa. Indetti congresso e manifestazioni varie, il gruppo dirigente diessino guidato da Fassino cerca, nella costruzione di un nuovo partito, la risposta alla difficile situazione del Paese. Sarebbe sciocco non valutare con serietà il tentativo di aggregare in un unico contenitore le forze che si autodefiniscono riformiste. In generale l’elettorato, anche di sinistra, ritiene ormai intollerabile la spinta alla frantumazione e indecente il proliferare dei “partiti personali” caratteristici di questa lunga transizione politica. La questione vera è se questa spinta all’unità ha scelto il giusto binario o se, come molti temono, non si tratti di una scorciatoia che porta ad un disastro politico. Rimango convinto che il tempo scelto per fare l’operazione sia sbagliato. Con un’esperienza governativa travagliata come quella di Prodi, la priorità doveva essere amministrare al meglio una situazione precaria come quella lasciata dal governo delle destre. E’ un’opinione ormai ininfluente: ad aprile il più significativo partito della sinistra italiana deciderà di approdare in una nuova identità politica. Una identità ancor oggi incerta nei suoi valori e nella sua visione del mondo e dell’Italia. Non sappiamo se prevarrà quella del “rutellismo” e soci o quella di Alfredo Reichlin. L’impressione è che, come sostiene più di un osservatore, si vada verso un partito all’americana dove tutto si decide attorno ai candidati e in cui le strutture portanti saranno i comitati elettorali.
Non è già oggi così? Difficile negare il fatto che i partiti del centrosinistra siano in grado di mobilitare i propri iscritti ed elettori esclusivamente in occasione di qualche tornata elettorale. La destrutturazione delle organizzazioni territoriali e la marginalizzazione del ruolo del “militante” ha reso precario il rapporto tra la base e i vertici dei partiti. Un tempo ad ogni campanile corrispondeva una sezione. Oggi i leader in genere comunicano tramite stampa e televisione.
Il successo del meccanismo delle primarie per la scelta dei candidati è la conferma in positivo della voglia della gente di partecipare. Non potendolo fare in altre circostanze, perchè non sollecitate dai partiti, si va a votare per scegliere il candidato come occasione di democrazia. Poi si conferma il meccanismo della delega in bianco e la politica torna ad essere cosa riservata alle oligarchie piccole e grandi. Non sarebbe tempo di invertire questa tendenza? Non sarebbe questo un problema da mettere al centro del nuovo partito? Per adesso non è così. Nonostante le rassicurazioni, il partito democratico rischia di essere un agglomerato di “partiti personali” e non un contenitore che organizza una democrazia partecipata.
da Francesco Mandarini | Feb 6, 2007
Giovedì scorso al senato il governo è andato sotto. Il centrodestra ha presentato un ordine del giorno di appoggio al governo Prodi, l’ovvia strumentalità del documento aveva indotto l’Unione a votare contro. Una fetta dei senatori margheritini ha scelto invece di votare a favore dell’ordine del giorno di Calderoli. Rutelli, leader della Margherita, si è arrabbiato, non con i suoi senatori indisciplinati, ma essendo un creativo, l’ex radicale ha pensato bene di mandare un ultimatum alla “sinistra radicale”. Il danno l’hanno prodotto un gruppo di margheritini, ma la colpa è stata dell’estremista (?) Giordano. Surreale, Ettore Petrolini un dilettante al confronto con il Ministro ai Beni Culturali. In realtà Rutelli non sembra sopportare che il presidente Prodi dia ascolto, qualche volta, anche ai desiderata della sinistra al governo. L’ex sindaco di Roma ha diritto di avere i suoi valori irrinunciabili, dettati dalla recente conversione alla fede cattolica, ma Pecoraro Scanio o Diliberto non possono chiedere niente. Nemmeno che Prodi applichi il programma con cui l’Unione ha vinto le elezioni. Devono ubbidir tacendo. Come figli di un dio minore, gli elettori di sinistra non hanno alcun diritto di essere rappresentati nelle scelte di un governo che pur hanno contribuito ad eleggere. Se non si è moderati alla Ciccio Bello, si deve tacere.
Berlusconi gongola. E’ riuscito ad andare in prima pagina in tutti i mass media per la sua storia d’amore con la moglie e per due sere tutti i salotti e strapuntini televisivi sono stati occupati da scienziati, filosofi e ballerine che discutevano attorno all’ avanspettacolo berlusconiano. Entusiasmante. Tutti si sono sentiti soddisfatti di pagare il canone Rai e orgogliosi della televisione commerciale italiana. E poi non bisogna essere provinciali. Se il popolo americano è stato annichilito per anni dalle avventure erotiche di Bill Clinton o quello inglese accalorato dalle vacanze miliardarie scroccate da Tony Blair nei suoi anni di regno, avremo o no il diritto noi italiani di conoscere e apprezzare i desideri amorosi del presidente dei presidenti?
Non è finita qui per il cavaliere disarcionato. Le difficoltà di Prodi lo inducono ad assicurare gli italiani: “tornerò presto al governo”. Masse plaudenti sono scese in piazza a reclamare il Capo dei Capi. Finalmente il Parlamento potrà tornare ad occuparsi degli “Affari del signor Giulio Cesare” e non delle banali problematiche che assillano il popolo italiano. Perchè in realtà , nonostante tutto, Prodi alcune scelte significative per affrontare il disastro lasciato da Tremonti e soci, le ha compiute sia in politica economica che in quella dei rapporti internazionali.
La cosa che più angoscia il popolo dell’Unione è il meccanismo delle docce scozzesi che vengono propinate dai nostri governanti allo sbigottito elettore. Si prendono provvedimenti apprezzabili (le liberalizzazioni) e non si fa in tempo a respirare che qualche leaderino del centrosinistra dice o compie, quasi sempre in diretta TV, una stupidaggine, magari motivandola con la libertà di coscienza. D’Alema cerca di trovare ruolo e spazio per una politica estera che abbia un senso e Prodi dalla Bulgaria decide che la questione del raddoppio della base americana di Vicenza è una decisione presa e indiscutibile. E’ soltanto un problema urbanistico.
Dopo la scivolata al Senato, la coalizione si accinge ad un nuovo vertice di maggioranza. Non si sa se ridere o piangere di fronte a tutto ciò. Siamo di fronte ad una classe dirigente ben, ben stagionata eppure sembrano dilettanti alla prima prova. Dimentichi dell’esperienza del 1996 continuano a non capire che lo spettacolo della politica non è molto amato dalla gente seria di questo Paese. Non soltanto perchè la sceneggiatura è datata, ma anche per la pessima prova di molti degli attori comprimari e protagonisti. Consiglierei di mettere all’ordine del giorno del summit dell’Unione un argomento: la serietà . Se ne sente un gran bisogno.
da Francesco Mandarini | Gen 30, 2007
In occasione della formazione del primo governo di centro-sinistra all’inizio degli anni ’60, l’Avanti, quotidiano del PSI uscì con un titolo a otto colonne: “Da oggi ognuno è più libero”. L’enfasi nasceva dal primo accordo tra socialisti e democristiani e provocò aspre contestazioni dall’opposizione di allora incentrata nel partito comunista. Quella stagione fu segnata da profondi mutamenti. Per un complesso di fattori, non ultimo la costante scesa in campo di studenti e lavoratori, il Paese attraversò un processo di grandi riforme che cambiarono molte cose e alla luce dell’oggi lo slogan dell’Avanti ebbe un senso. Nazionalizzazione dell’energia elettrica, riforma sanitaria, leggi sulla casa e sui diritti dei lavoratori, tutela della maternità , divorzio, istituzione delle regioni e via, via riformando, i vari governi di centro-sinistra, anche stimolati da un sindacato e da un PCI vigile ad un riformismo serio, mutarono il volto dell’Italia. Va ricordato che gran parte delle leggi di riforma furono possibili grazie alla convergenza in Parlamento di governo e l’opposizione di sinistra. Il riformismo dei cattolici che incontrava quello della sinistra il cui orizzonte era il socialismo. Niente a che vedere con il dibattito attuale sul Partito Democratico? No. Allora i partiti avevano identità e idee forti e a differenza di oggi le definizioni avevano un senso e una prospettiva.
Dopo il decreto relativo alle liberalizzazioni, il capo del governo attuale, Prodi, ha dichiarato: “L’economia italiana è liberata, abbiamo varato provvedimenti di straordinaria importanza. Si tratta di misure che rilanciano il paese”.
Sommessamente consiglierei qualche cautela. Sono provvedimenti che nel complesso vanno benissimo, ma pensare che l’Italia si sta avviando ad una stagione positiva perchè si liberalizzano gli orari di lavoro dei parrucchieri, perchè finirà la rapina sulle ricariche telefoniche o perchè avremo la targa dell’auto personalizzata, ce ne corre. Che il cittadino-consumatore (associazione che non mi piace) sia soggetto a varie angherie è vero e tutto ciò che elimina assurdi meccanismi, va salutato con entusiasmo. Ma riformare è tutt’altra cosa ed è tempo che i riformisti attuali ci dicano cosa e come riformare. Per intenderci la questione dello stato sociale va affrontata per ridimensionarlo o per cambiare i meccanismi che non funzionano più? Un riformista di destra affronta la questione delle pensioni guardando alla possibilità di tagliare quelle pubbliche e favorire quelle private. Il riformista di destra è indifferente rispetto alla condizione degli attuali pensionati. Una realtà difficile che denunciano in molti. E’ assolutamente insostenibile il fatto che gran parte delle pensioni sono sotto i 500 euro mensili. Si può affermare con ragione che tutte le pensioni hanno subito un ridimensionamento nel loro potere d’acquisto. Un riformismo non liberista dovrebbe necessariamente affrontare oltre i limiti d’età anche la questione delle pensioni povere.
Siamo tutti per la flessibilità , sembrerebbe, ma come la mettiamo con i redditi da lavoro dipendente flessibile o no che sia? Sapete a quanto ammonta il reddito di un metalmeccanico o di un impiegato comunale? Qualcuno ha coscienza dei redditi che i giovani percepiscono con il loro lavoro “flessibile”? Come faranno i giovani a pagare le loro pensioni private con l’attuale domanda di lavoro? Â In pochi decenni vi è stato uno spostamento massiccio, nel rapporto con il prodotto interno lordo, dei redditi da lavoro a quelli da capitale. Un riformista serio (di sinistra) rimane indifferente rispetto al fatto che l’arricchimento dei precettori di reddito da capitale non ha aumentato affatto la produttività delle imprese? Gli investimenti in ricerca e innovazione, infatti, sono rimasti praticamente fermi. Forse qualcosa non funziona nel libero mercato.