Vuoti a perdere

Per chi come me ha vissuto tutta la vita “dentro le mura” cittadine l’indagine televisiva che descrive Perugia come una sorta di Chicago anni trenta è stato motivo di grande tristezza e indignazione. Non sono un esperto nè di ordine pubblico nè delle problematiche connesse con lo spaccio di sostanze stupefacenti. Conosco Perugia, ne ho visto il declino. E’ stato un processo iniziato con la crisi del suo sistema produttivo-industriale. Un processo enfatizzato da scelte di governo non sempre consapevoli di quello che stava concretamente succedendo. La straordinaria creatività  imprenditoriale degli anni sessanta, settanta e parte di quelli ottanta, trovava nella pubblica amministrazione una sponda che, se non sempre efficientissima, sapeva comunque favorire la crescita economica e sociale della città . Perugia per tanti anni è stato un crocevia d’incontri, di convegni, di un turismo non costruito soltanto su eventi, ma sulla valorizzazione del suo sistema produttivo. Un sistema molto internazionalizzato sia nel comparto alimentare, sia in quello meccanico, sia nel tessile abbigliamento. Ciò comportava la presenza nella comunità  cittadina di manager, di tecnici, di uomini e donne che sapevano guardare al mondo vivendo in una città  “minore” come Perugia. Alla crisi produttiva si è aggiunta l’uscita dal centro della città  di tutti gli headquarters d’imprese, banche, assicurazioni che, aggiunto allo svuotamento d’intere aree dei borghi cittadini, enfatizzarono la rendita immobiliare come motore dell’arricchimento di una parte di popolazione. Una ricchezza che non si è tradotta in alcun visibile beneficio per la comunità . Sarebbe utile un’indagine per calcolare quanti edifici ubicati nell’area allargata del centro sono vuoti, non hanno più una funzione, degradano in attesa che qualcuno si decida a indicarne un destino utile alla città . C’è un vuoto dovuto all’avidità  o alla mancanza d’iniziativa del privato. Ma c’è un vuoto dovuto alla pigrizia del settore pubblico incapace di riutilizzare le sue proprietà . Ad esempio, vogliamo parlare dell’ex carcere di Piazza Partigiani o dell’ex Lilli o dell’ex Turreno? Quante volte, giustamente, si è valorizzato il ruolo degli studenti nella vita della città ? Possibile che le classi dirigenti che si sono susseguite nei decenni, non abbiano avuto la lungimiranza di immaginare un campus universitario? Non è stato certo per avversione al costruire. Forse un ipermercato in meno e un campus in più sarebbe stato meglio. Chissà  come potrebbe essere la vita cittadina se si fosse concretamente incentivato il ritorno di abitanti nei vecchi borghi cittadini. Le classi dirigenti si giudicano dal come immaginano e costruiscono il futuro della loro comunità . Ai notabili attuali non si chiede di essere all’altezza di coloro che realizzarono la “fontana delle quattro stagioni”, ma forse è tempo di ripensare criticamente a quanto fatto per la città  negli ultimi decenni.

Erotizzati

Ricominciamo. Per anni abbiamo assistito a governanti che il giovedì affermano una cosa per poi, il venerdì, indignarsi perchè la stampa ha travisato il loro pensiero. Con l’arrivo del governo tecnico abbiamo sperato che la sobrietà  riguardasse anche il dichiarare. Nelle prime settimane è sembrato che ministri e sottosegretari usassero con parsimonia l’apparizione televisiva preferendo lavorare in silenzio. Conferenze stampa del governo soltanto per informare i cittadini delle scelte. Poche le esternazioni dei singoli. Poi è successo qualcosa. Come erotizzati dall’acquisita fama, alcuni, non tutti in verità , hanno cominciato ad aprire la bocca e a dargli fiato. Uno sciocchezzaio certo non volgare come quello cui ci aveva abituato il personale politico precedente, ma sciocchezze in libertà  e comunque affermazioni non supportate dalla realtà . Veramente il presidente Monti ritiene che la caduta degli investimenti in Italia sia dovuta all’articolo diciotto dello statuto dei lavoratori? Forse l’investitore italiano o straniero considera negativi altri fattori: il peso fiscale, l’alto costo dell’energia, l’inefficienza della struttura pubblica o l’arretratezza di tutte le infrastrutture del terziario tradizionale o di quello innovativo. La ventennale assenza di ogni politica industriale da parte dei governi non ha certo favorito nè gli investimenti privati nè quelli pubblici. C’entra poco l’articolo diciotto. Sostenere il contrario è senza fondamento. Il professore sa che la struttura produttiva del Paese è costituita da piccole imprese che non devono rispettare le norme dello Statuto, eppure gli investimenti sono stati scarsi. Non aiuta l’imprenditore, uno Stato che paga i fornitori a uno, due, tre anni dalla fatturazione. O un sistema bancario che per concedere un mutuo richiede garanzie impossibili da dare. Secondo quale arcano la crescita sarebbe impedita da un lavoro protetto? In Germania si cresce o no? Monti ha affermato che lo Stato ha avuto un atteggiamento “buonista” nei confronti del sociale. Professore, con il massimo rispetto le ricordo che l’Italia è nelle classifiche europee all’ultimo posto in molti settori che riguardano proprio il welfare. Non sarà  che il buonismo è stato per decenni riservato a quel dieci per cento della popolazione che possiede la metà  della ricchezza nazionale? Anche Lei ha evitato di incidere in quella ricchezza privata che, come sa, non produce alcun vantaggio per la collettività . La continuità  da Lei rivendicata con il governo precedente è legittimata dalle sue concrete scelte. Per favore, eviti al suo governo di riprodurre lo stesso meccanismo di occupazione degli spazzi televisivi, non sarebbe elegante. Almeno in questo sia un innovatore.

L’imprenditore eccellente

Autorità , borghesia e popolo, alla Sala dei Notari di Perugia, hanno reso omaggio a uno dei figli migliori che l’Umbria ha espresso dopo la fondazione della Repubblica. La morte di Leonardo Servadio ha sollecitato ricordi e apprezzamenti diffusi di là  dalle collocazioni politiche o sociali. E’ giusto così. Leonardo Servadio apparteneva a quella straordinaria generazione di uomini e donne che, riscattata l’Italia dalla vergogna fascista, hanno costruito la democrazia repubblicana; inventato un modello di sviluppo capace di emancipare una regione povera e marginale com’era l’Umbria del dopoguerra. Le masse contadine espulse dalla terra trovarono in imprenditori capaci e in una pubblica amministrazione sensibile, le occasioni di lavoro adatte a una vita più civile. Le dichiarazioni ufficiali ricordano i fatti salienti della storia imprenditoriale di Servadio. Nessuno dei dichiaranti ha, però, colto un dato peculiare di questa vicenda. L’inventore della “Elle Esse” aveva ben chiaro il ruolo che anche il più umile lavoratore delle sue fabbriche svolgeva per assicurare il successo. In tutti gli anni sessanta e settanta le condizioni delle lavoratrici erano considerate eccellenti. I rapporti con il sindacato operaio si basavano sul reciproco ascolto: il rispetto del lavoro era un fattore decisivo nella conquista di mercati. La produttività  era assicurata dagli investimenti in innovazione di prodotto e non dal semplice sfruttamento intensivo del lavoro. Il “miracolo” compiuto fu possibile perchè Servadio seppe, nel rispetto dei ruoli, valorizzare tutti i protagonisti del processo produttivo. La presidente Marini ha ricordato come Servadio fino all’ultimo non ha smesso di essere stimolo nei confronti delle istituzioni con progetti di grande spessore culturale. Vero, gentile presidente, ma, purtroppo questi stimoli non hanno trovato concretizzazioni. Perchè? Servadio non aveva mai avuto ne cercato santi in paradiso. Così i santi in paradiso hanno continuato imperterriti ad apprezzare gli stimoli e archiviarli in un silenzio assordante e a volte arrogante. Anche questa particolare storia ripresenta il problema della qualità  delle classi dirigenti. Abbiamo un problema in Umbria di questa natura. Non siamo soli evidentemente. La globalizzazione ha riguardato anche il dato della mediocrità  delle leadership. E’ questo un problema che riguarda tutto l’occidente, la crisi economica richiederebbe grandi protagonisti in tutti i settori della vita sociale. Purtroppo dobbiamo prendere atto che le crème de le crème, in questi giorni presente a Davos, hanno idee irrancidite e gli innovatori alla Servadio vanno ricercati altrove. Purtroppo l’altrove non è facile da trovare nemmeno in Umbria.

Taxi e farmacie

Riuscirà  il governo Monti a sopravvivere alla crescente tensione sociale dovuta all’aggravamento delle condizioni materiali del popolo? Il governo potrà  incassare il voto positivo al decreto sulle liberalizzazioni con un Parlamento in cui le libere professioni, toccate dal provvedimento suddetto, sono rappresentate da trecentoquarantuno parlamentari? Può vivere una democrazia in cui i partiti politici hanno perso la quasi totalità  della fiducia dell’elettorato e non sembrano in grado di invertire la tendenza al degrado? Siamo di fronte al paradosso di un governo che, a differenza di quello precedente, trova consenso e rispetto all’estero. Ancora oggi i sondaggi sono favorevoli per la compagine governativa ma Monti, sottoposto alle lobby che condizionano i partiti, non sembra in grado di individuare una strada diversa da quella che non ha funzionato nè in Grecia nè in Spagna. Aumentare il numero dei taxi o quello delle farmacie può anche essere buona cosa, ma se le aspirine, ad esempio, continueranno a costare dieci volte quello che costano a Londra il consumatore non trarrà  grandi benefici dall’aumento dei punti vendita. Forse di fronte all’impoverimento progressivo delle basi produttive del Paese ci sarebbe stato bisogno d’interventi più radicali in direzione di un nuovo sviluppo. Che un giovane per aprire un’attività  economica non sia sottoposto più a vincoli burocratici arcaici e a oneri insostenibili sembrerebbe cosa giusta. Ma se la struttura pubblica continua a non pagare i fornitori (ammontano a settanta i miliardi di euro i crediti che le piccole imprese hanno nei confronti di Comuni, Regioni, Stato) difficilmente si potrà  sperare nella crescita. Senza sviluppo le entrate fiscali diminuiscono e il debito pubblico aumenta. Si può essere d’accordo o no con la liberalizzazione degli orari dei negozi, ma se i consumi non riprendono, i punti vendita rimarranno aperti più a lungo ma saranno sempre vuoti. Che tutto ciò che è pubblico debba essere privatizzato, non è un obbligo dovuto a leggi naturali, ma è frutto di una scelta ideologica che, in assenza di una qualche ideale di sinistra, è divenuta il verbo divino. Che gli utenti abbiano tratto giovamento dalle privatizzazioni all’italiana è difficile dimostrarlo. Ad esempio la sanità  ha certamente eccellenze sia nel settore pubblico sia in quello privato, ma i costi sono molto più alti in quello privato. Basta confrontare i bilanci della sanità  nel Lazio (in maggioranza privatizzata) con quelli della nostra regione dove il privato è marginale. Certo anche la sanità  pubblica dovrebbe migliorare, ma senza risorse e facendo conto soltanto sui ticket il deterioramento è certo. Invece anche un buon welfare potrebbe aiutare un nuovo sviluppo, basterebbe uscire dalle ideologie ottocentesche.

La Signora

L’attacco all’Euro si va accelerando. Mezza Europa ha subito, a mercati finanziari aperti, il declassamento deciso dall’agenzia americana Standard&Poor. Tutte le Borse hanno chiuso in passivo. Nel “Manifesto” di ieri Marco D’Eramo scrive: “àˆl’ultima, ridondante riprova dello strapotere di queste agenzie private possedute dai più potenti capitalisti Usa: Moody’s è controllata da Warren Buffett attraverso il suo fondo Berkshire Hathaway, Standard&Poor dalla famiglia Lovelace attraverso il fondo Capital World Investors di Los Angeles; e questi fondi speculano sulle stesse valute su cui le agenzie di rating da loro possedute esprimono i propri giudizi: è poco giudicarlo un conflitto d’interessi.” Si rimane inorriditi a pensare che le condizioni di vita di milioni di persone dipendano dalla voracità  di pochi che, utilizzando l’inerzia dei governanti europei, riescono ad accumulare enormi ricchezze. Emerge chiaramente il fallimento delle politiche imposte al resto dell’Europa dal duetto franco-tedesco. La signora Merkell ha fino ad oggi impedito che la Banca Centrale Europea svolgesse il ruolo che esercita la Federal Reserve USA. Tagli ai bilanci pubblici; nessun intervento per la crescita economica dell’Europa. Insufficiente il fondo “salva stati”; niente Eurobond. Questa la linea tedesca. Se si continua così la prossima a subire il downgrading sarà  la grande Germania e l’Euro andrà  in malora. Che fare? Il governo italiano si appresta a liberalizzare e a privatizzare i servizi locali come volano di un nuovo sviluppo. Funzionerà ? Le esperienze passate non sono certo entusiasmanti. Ad esempio la privatizzazione delle banche non sembra aver prodotto vantaggi all’occupazione, il sistema bancario italiano rimane il più oneroso d’Europa per i clienti. E oggi ottenere un mutuo o un prestito da una banca è diventata impresa titanica. Che in molte parti del Paese i servizi pubblici sono inefficienti è cosa nota. Quello che non emerge è l’inefficienza e il costo per l’utenza di tanti servizi privatizzati. Anche nella nostra amata Umbria abbiamo molti esempi da analizzare. Ne vogliamo parlare rifuggendo dalle ideologie? Sarebbe utile conoscere i dati quantitativi e di qualità  dell’occupazione creata, dal privato, grazie al restringimento della presenza pubblica nel terziario. Sarebbe stupendo sapere quanto la politica in auge in questi anni della dismissione del patrimonio pubblico sia vantaggiosa per i cittadini . Vendere un immobile per poi riprenderlo in affitto non sembrerebbe una grande genialità . Indubitabile che superare le inefficienze e le burocrazie inutili devono essere tra le priorità  dei gestori la macchina pubblica. E’ augurabile che ciò avvenga salvaguardando tutto ciò che rientra nella categoria del bene pubblico.

Indignati

Difficile capire come si potrà  pagare il debito pubblico se non crescerà  la ricchezza del Paese. Le scelte del governo Monti non sembrano al momento in grado di invertire le tendenze recessive della nostra economia. In una situazione di recessione che sta diventando globale, il contenimento della spesa pubblica non sembrerebbe una grande idea se non accompagnata da scelte volte ad aumentare le entrate. J.M.Keynes sosteneva, durante la crisi iniziata in USA nel 1929, che l’austerità  ha un senso nei periodi di crescita non in tempi di depressione dell’economia. Non fu ascoltato. Vinsero i monetaristi e il diastro sconvolse l’intero pianeta. E’ ormai assodato che la storia non insegna nulla. Che il disastro sia stato provocato dalla speculazione finanziaria sembra evidente, ma l’azione di tutti i governi europei prescinde da questo punto di partenza e conferma la sua ideologia neoliberista. Cioè quella che ha portato alla situazione attuale. Le entrate possono nascere da una nuova fase di sviluppo, ma anche dall’acquisizione di ricchezza già  presente. Se in Italia l’evasione fiscale ha raggiunto i livelli a tutti noti, sembrerebbe ovvio che il problema essenziale è quello di trovare gli strumenti per fare emergere la suddetta ricchezza evasa. Se viene alla luce che in una città  glamour i controlli della finanza hanno dimostrato un’evasione fiscale diffusa, i cittadini in coro dovrebbero apprezzare il lavoro svolto dai controllori. Non è stato così. E’ nata una nuova categoria d’indignati e di combattenti per la libertà  d’evasione. Esponenti del PDL hanno denunciato lo stato di polizia e i rischi per il turismo! Evidentemente Cicchitto e company ritengono che negli USA viga una dittatura. E’ noto che negli Stati Uniti gli evasori fiscali sono messi spesso in galera. La legittima protesta per i benefit dei parlamentari sta assumendo i toni di una sgradevole crociata anche per le insopportabili reazioni degli interessati. Il problema è certo il costo degli addetti alla politica, ma forse la questione più grave da risolvere è lo stato della democrazia. Le assemblee elettive hanno perso qualsiasi valore di rappresentanza e la loro efficacia nelle decisioni di governo rasenta lo zero assoluto. Chi rappresenta un parlamentare? Non il cittadino elettore che ha semplicemente messo una croce su un simbolo di partito senza sapere chi lo rappresenterà . Essendo nominato dai “capi” e scelto non in base alle competenze ma rispettando semplici criteri di fedeltà , un deputato o un senatore rappresenta esclusivamente il suo benefattore. Una riflessione al riguardo degli opinion maker sarebbe utile più che la canea antipolitica.