Un SMS utile

ricevo un sms interessante per scegliere per chi votare eccolo:

Quello che i media non dicono sulla legge elettorale…facciamo chiarezza:
per non fare vincere Berlusconi bisogna votare La Sinistra-L’Arcobaleno.
Nelle regioni tradizionalmente “rosse” come la nostra, dove è quasi scontata la vittoria del PD, votare la Sinistra L’Arcobaleno vuol dire TOGLIERE SEGGI AL PDL. Non a caso, la simulazione in cui la Sinistra-L’Arcobaleno raggiunge il 9,3% (21 senatori) è anche quella in cui Berlusconi prende meno seggi (154).
Vi spieghiamo il perchè:

Alla CAMERA:
Com’è noto, alla Camera con questa legge elettorale basta un solo voto in più rispetto a tutti gli altri partiti per aggiudicare 340 deputati (il 54%). Visto che a Montecitorio Berlusconi è in testa in tutti i sondaggi, Pd, La Sinistra-L’Arcobaleno e Udc si spartiranno i 270 deputati restanti. Chi parla di pareggio dunque deve necessariamente concentrarsi su palazzo Madama cioè il Senato.
Al SENATO:
Vediamo il caso dell’Umbria. La legge assegna all’Umbria 7 seggi al Senato. Quattro andranno al partito di maggioranza (presumibilmente il PD) gli altri tre verranno divisi tra le forze che raggiungeranno almeno l’8%, ma non è detto che questa percentuale basti. E’ facile capire che se La Sinistra-L’Arcobaleno non dovesse ottenere un successo tutti e tre i seggi andranno a Berlusconi, mentre se gli elettori premieranno la Sinistra unita un seggio andrà  alla Sinistra-L’Arcobaleno.
Il Messaggero, in uno studio pubblicato recentemente, rovescia tutti i luoghi comuni costruiti ad arte sul «voto utile» grazie ad un’operazione di chiarezza che ribalta l’analisi del bipartitismo artificiale Veltroni-Berlusconi prendendo in considerazione le forze principali in campo. L’analisi del Messaggero tracciando 4 scenari constata che «il controllo del Senato non dipende solo dallo scontro diretto Berlusconi e Veltroni» ma soprattutto dal risultato delle altre forze politiche. Per come è fatta la legge elettorale e per la serie storica di dati tra regioni «bianche» e «rosse» una maggioranza chiara (di destra) con un successo della Sinistra-L’Arcobaleno è quasi impossibile.
Quindi contro la martellante campagna di stampa e televisione i dati provano che chi non vuole far vincere Berlusconi e non vuole accordi tra PDL e PD deve votare La SINISTRA-L’ARCOBALENO.

Un voto utile? Si può dare

Nel mese di marzo mese si sono svolte le elezioni amministrative in Francia e le elezioni politiche in Spagna. In entrambi i Paesi ha vinto la sinistra. Non un generico centrosinistra, non indefiniti riformisti ma una sinistra, in Francia composta di socialisti, comunisti e verdi, ed in Spagna da un partito che si definisce socialista, il PSOE di Zapatero. Nel dopo elezioni i cittadini gridano: ”Spagna socialista” e Zapatero assicura che continuerà a governare partendo da coloro che meno posseggono. Zapatero si conferma come il vero leader di una sinistra europea che non rinuncia a trasformare la realtà. Ciò che i riformisti italiani considerano pericoloso estremismo laicista, in Spagna sono leggi dello Stato nonostante la feroce contrarietà dei vescovi spagnoli. Nessuna guerra di religione ma la semplice riaffermazione della laicità dello Stato. Per noi italiani sembra un sogno. Soltanto ai tempi di Papa Pacelli l’influenza politica della chiesa sulle questioni terrene ha avuto tanto rilievo. Allora resistette De Gasperi al tentativo di tornare ai tempi del papa re. Adesso soltanto la Sinistra Arcobaleno e i socialisti di Boselli sembrano interessati alla questione della laicità dello Stato.
La campagna elettorale si svolge come uno commercial continuo e per il PD la parola magica diviene il riformismo, senza aggettivi. Si può fare. Cosa? Slogan ben formulati ed è tutto. Veltroni dichiara il Partito Democratico un partito riformista e non un partito di sinistra. Viva la chiarezza. Nessuna osservazione ma questa scelta tende ad escludere quella rivendicata consonanza con ciò che Zapatero ha realizzato, come socialista, in Spagna.
Prodi ha annunciato il suo ritiro dalla politica attiva. Sconfitto, non ha fatto finta di niente come è consuetudine di quasi tutti i leader di questi anni difficili per la politica. Prodi ha scelto di uscire di scena assumendosi la responsabilità del fallimento dell’Unione.
Non è ingiurioso addebitare alla sinistra le responsabilità esclusive delle mancate riforme del governo Prodi? La libera scelta di Veltroni di mollare la sinistra a vantaggio di Di Pietro e radicali è legittima, mistificare è cosa sgradevole. Alcune rivendicazioni della sinistra al governo contro la precarietà sono oggi nel programma del PD e quindi si presume che non esageravano Fabio Mussi o Ferrero quando chiedevano che si affrontasse questo problema. Ripetutamente la sinistra ha richiesto che il governo facesse fronte alla questione dei livelli salariali e delle pensioni. Oggi Veltroni assicura che questa è la priorità del Paese.
La sinistra al governo suggeriva un’azione di risanamento dei conti pubblici graduale a vantaggio di politiche di sviluppo e di riequilibrio sociale. Oggi Veltroni dice basta con la politica dei due tempi, prima risaniamo poi investiamo sullo sviluppo. Esattamente quello che hanno sostenuto per anni gli economisti della sinistra.
Perché non è stato fatto dal governo killerato da Mastella? Il PD dove era?
Siamo in campagna elettorale e difficilmente un discorso di verità potrà essere ascoltato. Ci spetta di scegliere come votare sulla base dei molti spot che ci propinano giornalmente i competitori.
Eravamo preoccupati. Berlusconi appariva poco brillante e un po’ moscio con quei suoi girocollo da playboy di provincia. Rimessa la cravatta, il cavaliere è tornato a brillare e a produrre quelle gaffe che lo hanno reso famoso e divertente nel mondo. Il bon ton dimenticato. Ci siamo tranquillizzati ascoltando le sua: “Alitalia agli italiani” e le spiegazioni per la candidatura di Ciarrapico con gli apprezzamenti della comunità ebraica e del partito popolare europeo. Rientra nella norma berlusconiana il dileggio per chi è dall’altra parte. Il povero Veltroni è stato paragonato addirittura a Giuseppe Stalin.
Riduzione delle tasse, taglio della spesa pubblica, liberalizzazione dei servizi pubblici, sono gli slogan che rendono i programmi di PD e PDL molto simili. Berlusconi ha affermato che potrebbe votarlo il programma di Veltroni. Non lo fa perché preferisce sacrificarsi Lui per il bene del Paese.
Uniti contro le tasse e contro la spesa pubblica PD e PDL assicurano a tutti, ricchi e poveri, la salvezza dell’Italia.
Che le tasse sui redditi da lavoro siano alte è possibile. Che le tasse sui redditi da rendita finanziaria siano irrisorie è certo.
Sembra che le nostre classi dirigenti non apprendano nulla dall’esperienza altrui. L’ondata di crisi che travolge l’occidente e l’oriente appare come un castigo divino e non il risultato delle politiche liberiste dell’America di Bush e dell’Europa guidata dalla destra economica.
L’amministrazione Bush ha improntato tutta la sua politica sui tagli alle tasse e sulla riduzione dei servizi al cittadino. La spesa pubblica è esplosa per le guerre volute da Bush. Il risultato? La recessione americana, l’impoverimento di milioni e milioni di americani e l’esportazione della crisi in ogni angolo del mondo. Un disastro. Molti sostengono che la crisi economica attuale è la peggiore del dopoguerra. Dopo trenta anni di dominio del liberismo e del libero mercato, a vent’anni dal crollo del blocco sovietico, non è il caso di mettere in discussione l’ideologia liberista dominante? Non ha dimostrato a sufficienza la sua incapacità di risolvere i problemi dell’umanità?
Il partito di Veltroni non sembra interessato a porsi la questione. (altro…)

Un voto utile? Si può dare

Nel mese di marzo mese si sono svolte le elezioni amministrative in Francia e le elezioni politiche in Spagna. In entrambi i Paesi ha vinto la sinistra. Non un generico centrosinistra, non indefiniti riformisti ma una sinistra, in Francia composta di socialisti, comunisti e verdi, ed in Spagna da un partito che si definisce socialista, il PSOE di Zapatero. Nel dopo elezioni i cittadini gridano: “Spagna socialista” e Zapatero assicura che continuerà  a governare partendo da coloro che meno posseggono. Zapatero si conferma come il vero leader di una sinistra europea che non rinuncia a trasformare la realtà . Ciò che i riformisti italiani considerano pericoloso estremismo laicista, in Spagna sono leggi dello Stato nonostante la feroce contrarietà  dei vescovi spagnoli. Nessuna guerra di religione ma la semplice riaffermazione della laicità  dello Stato. Per noi italiani sembra un sogno. Soltanto ai tempi di Papa Pacelli l’influenza politica della chiesa sulle questioni terrene ha avuto tanto rilievo. Allora resistette De Gasperi al tentativo di tornare ai tempi del papa re. Adesso soltanto la Sinistra Arcobaleno e i socialisti di Boselli sembrano interessati alla questione della laicità  dello Stato.
La campagna elettorale si svolge come uno commercial continuo e per il PD la parola magica diviene il riformismo, senza aggettivi. Si può fare. Cosa? Slogan ben formulati ed è tutto. Veltroni dichiara il Partito Democratico un partito riformista e non un partito di sinistra. Viva la chiarezza. Nessuna osservazione ma questa scelta tende ad escludere quella rivendicata consonanza con ciò che Zapatero ha realizzato, come socialista, in Spagna.
Prodi ha annunciato il suo ritiro dalla politica attiva. Sconfitto, non ha fatto finta di niente come è consuetudine di quasi tutti i leader di questi anni difficili per la politica. Prodi ha scelto di uscire di scena assumendosi la responsabilità  del fallimento dell’Unione.
Non è ingiurioso addebitare alla sinistra le responsabilità  esclusive delle mancate riforme del governo Prodi? La libera scelta di Veltroni di mollare la sinistra a vantaggio di Di Pietro e radicali è legittima, mistificare è cosa sgradevole. Alcune rivendicazioni della sinistra al governo contro la precarietà  sono oggi nel programma del PD e quindi si presume che non esageravano Fabio Mussi o Ferrero quando chiedevano che si affrontasse questo problema. Ripetutamente la sinistra ha richiesto che il governo facesse fronte alla questione dei livelli salariali e delle pensioni. Oggi Veltroni assicura che questa è la priorità  del Paese.
La sinistra al governo suggeriva un’azione di risanamento dei conti pubblici graduale a vantaggio di politiche di sviluppo e di riequilibrio sociale. Oggi Veltroni dice basta con la politica dei due tempi, prima risaniamo poi investiamo sullo sviluppo. Esattamente quello che hanno sostenuto per anni gli economisti della sinistra.
Perchè non è stato fatto dal governo killerato da Mastella? Il PD dove era?
Siamo in campagna elettorale e difficilmente un discorso di verità  potrà  essere ascoltato. Ci spetta di scegliere come votare sulla base dei molti spot che ci propinano giornalmente i competitori.
Eravamo preoccupati. Berlusconi appariva poco brillante e un po’ moscio con quei suoi girocollo da playboy di provincia. Rimessa la cravatta, il cavaliere è tornato a brillare e a produrre quelle gaffe che lo hanno reso famoso e divertente nel mondo. Il bon ton dimenticato. Ci siamo tranquillizzati ascoltando le sua: “Alitalia agli italiani” e le spiegazioni per la candidatura di Ciarrapico con gli apprezzamenti della comunità  ebraica e del partito popolare europeo. Rientra nella norma berlusconiana il dileggio per chi è dall’altra parte. Il povero Veltroni è stato paragonato addirittura a Giuseppe Stalin.
Riduzione delle tasse, taglio della spesa pubblica, liberalizzazione dei servizi pubblici, sono gli slogan che rendono i programmi di PD e PDL molto simili. Berlusconi ha affermato che potrebbe votarlo il programma di Veltroni. Non lo fa perchè preferisce sacrificarsi Lui per il bene del Paese.
Uniti contro le tasse e contro la spesa pubblica PD e PDL assicurano a tutti, ricchi e poveri, la salvezza dell’Italia.
Che le tasse sui redditi da lavoro siano alte è possibile. Che le tasse sui redditi da rendita finanziaria siano irrisorie è certo.
Sembra che le nostre classi dirigenti non apprendano nulla dall’esperienza altrui. L’ondata di crisi che travolge l’occidente e l’oriente appare come un castigo divino e non il risultato delle politiche liberiste dell’America di Bush e dell’Europa guidata dalla destra economica.
L’amministrazione Bush ha improntato tutta la sua politica sui tagli alle tasse e sulla riduzione dei servizi al cittadino. La spesa pubblica è esplosa per le guerre volute da Bush. Il risultato? La recessione americana, l’impoverimento di milioni e milioni di americani e l’esportazione della crisi in ogni angolo del mondo. Un disastro. Molti sostengono che la crisi economica attuale è la peggiore del dopoguerra. Dopo trenta anni di dominio del liberismo e del libero mercato, a vent’anni dal crollo del blocco sovietico, non è il caso di mettere in discussione l’ideologia liberista dominante? Non ha dimostrato a sufficienza la sua incapacità  di risolvere i problemi dell’umanità ?
Il partito di Veltroni non sembra interessato a porsi la questione. (altro…)

Copyright

Una delle più confuse campagne elettorali del dopoguerra. E’ un rincorrersi di promesse di cui la destra populista e partito democratico si rinfacciano il copyright delle proposte. Veltroni garantisce l’aumento delle pensioni? Berlusconi si impegna a legare le pensioni al costo della vita. Le risorse per farlo? Non si conoscono. Ne si conosce perchè il governo Berlusconi prima e quello Prodi successivamente non lo hanno legiferato quando governavano il Paese. Non erano folli i ministri della sinistra quando ponevano la questione del risarcimento sociale quale priorità  del governo Prodi se Veltroni e addirittura Berlusconi oggi promettono la stessa cosa richiesta per mesi da Ferrero, Mussi e Diliberto.
Comunque, alla ricerca del colpo di teatro che sposti gli orientamenti dell’elettorato, Veltroni e Berlusconi la fanno da padroni nei giornali e nelle televisioni alla faccia della legge che prevede, per le TV, uguale possibilità  di accesso per tutte le forze politiche al di là  del peso elettorale. La faticosa campagna solitaria di Veltroni obbliga il cavaliere a rincorrere il capo del PD e già  questo è una novità .
Gli altri competitor stanno a guardare scavalcati a destra e a sinistra dai due duellanti. Ogni tanto invitati a qualche talk show i leader dei partiti minori sembrano annichiliti dalla scelta di tutti i mass media di assegnare ai due contendenti maggiori quasi tutto lo spazio della comunicazione. I vari Casini, Bertinotti, Boselli e Storace provano a dimostrare l’utilità  di una scelta di voto diversa da quella del “voto utile” ma il fuoco di sbarramento dei giornali rende problematico l’obbiettivo.
Per il popolo che fu della sinistra, la vittoria di Berlusconi è una specie di incubo che si spera evitare dando forza al PD anche a dispetto dei propri ideali e, magari con la puzza al naso, votare per la Binetti o per Rutelli. Sembrerebbe una scelta razionale ma forse non è la sola decisiva. Il berlusconismo permea la società  italiana da molti anni e la esangue democrazia italiana ha certo la necessità  di un PD forte ma è anche vero che il partito di Veltroni ha bisogno di una sinistra politica presente in Parlamento altrimenti i democratici sarebbero assorbiti dal populismo della destra.
Non guasterebbe una dose di saggezza nel guardare oltre l’interesse al voto per il proprio partito.
E’ accertato, ad esempio, che se la Sinistra Arcobaleno non raggiunge, in certe regioni, l’8% dei voti al Senato, i senatori che non ottiene vanno alla coalizione di Berlusconi e non a quella di Veltroni. Ormai lo riconoscono e lo scrivono anche i teorici del voto utile che le elezioni saranno decise dal risultato di alcuni dei partiti minori. Ma poi che significa voto utile? Per decenni una parte consistente dell’elettorato ha votato per il PCI pur sapendo che non ci sarebbe stato un governo con i comunisti. Volevano, quegli elettori, vedere rappresentati in Parlamento i valori e gli ideali in cui credevano. Non tutta la politica si esaurisce con la presenza nel governo. Anche la rappresentanza rende la democrazia vitale. Il voto è sempre utile. Forse dovrebbe essere anche libero.

Transumanti

Oggi scade il termine per la preparazione delle liste elettorali. I partiti hanno alla fine scelto chi nominare in Senato e alla  Camera dei Deputati. Agli elettori rimane la sola scelta del simbolo cui dare il consenso. I fortunati sono già  stati scelti. Una grande trasmigrazione tra un collegio e un altro è stata necessaria per assicurare il posto sicuro a pinco e a pallino. Candidati toscani trasferiti in Sicilia, siciliani candidati in Emilia, laziali in lista in Umbria, pugliesi indicati in Campania e così via. Chissà  perchè questo esodo da collegio in collegio che riguarda tutti gli schieramenti politici. Comunque ormai è fatta e lamentarsi non serve a nulla. A leggere i giornali in tutte le regioni è successo quanto è successo in Umbria. I catapultati da Roma hanno reso risibile la rivendicazione di proposte autonome del territorio. Tutti si dicono federalisti convinti, ma i gruppi dirigenti locali hanno autonomia zero, quando si tratta di candidare qualcuno per Camera o Senato. Dicono che la legge elettorale voluta dal centrodestra è repellente, ma poi la utilizzano alla grande per decidere a Roma tutti i fortunati nominati per il Parlamento.
In genere come sono le liste? La determinazione di Walter Veltroni a costruire un partito all’americana come risposta alla crisi della democrazia italiana, ha portato alla messa in campo di liste che sembra contengano il tutto e il contrario del tutto. Ma il Partito Democratico americano è proprio questo: un contenitore in cui l’identità  è scomparsa. Assume rilievo esclusivamente la condivisione dei programmi e della leadership del momento. Un partito del leader che ha il potere di scegliere chi nominare nelle istituzioni democratiche.
Dirigenti di qualità  ed esperienza sono stati sistemati in collocazioni sicure ma anche nuove forze entreranno in Parlamento grazie alle scelte dei capi partito.
Non mancano portaborse, segretarie, amici degli amici, mogli e mariti. Anche essi sono stati sistemati in modo da poter essere eletti il 13 e 14 aprile. Negare che vi sia stato un processo di rinnovamento sarebbe ingiusto ma molte scelte rimangono misteriose e certamente la trasparenza delle nomine non è stata la caratteristica fondamentale. Curioso che una delle polemiche tra il PD e la Sinistra arcobaleno sia stata sul numero di operai presenti nelle liste dei due schieramenti politici. Uno degli artefici della polemica sugli operai in lista è stato un certo Paolo Nerozzi.
Gli addetti ai lavori conoscono Paolo Nerozzi come sindacalista nazionale della CGIL e come uno dei fondatori della Sinistra democratica. Con l’approssimarsi delle elezioni ha cambiato parere e collocazione: ha lasciato la Sinistra democratica ed è entrato nel Partito Democratico. L’ormai ex sindacalista è tra gli eletti sicuri ed avrà  come capolista il celebre industriale veneto Fausto Calearo. Il Calearo è divenuto famoso per diversi motivi. Lo scorso anno al convegno di Comunione e Liberazione aveva dichiarato la sua comprensione per gli evasori fiscali suscitando i rimproveri anche di Montezemolo. Nei mesi successivi, alla presidenza della Federmeccanica Calearo, svolgendo il ruolo di falco, ha ritardato fin che ha potuto la firma del rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Poi, indicato da Veltroni come capolista del PD, in una trasmissione televisiva ha santificato Clemente Mastella per aver fatto cadere il governo Prodi, aggiungendo per chiarezza che aveva accettato di essere candidato per i democratici semplicemente perchè Berlusconi non gli aveva fatto prima la stessa proposta. La passione politica dell’industriale veneto è indiscutibile.  Il Nerozzi, in lista con questo bel tipo, pensa bene di polemizzare con Bertinotti perchè ci sono pochi operai nelle liste della Sinistra da cui lo stesso Nerozzi è fuggito per approdare nel PD. (altro…)

Candidati

Questa volta, a differenza delle tre precedenti occasioni elettorali, Berlusconi esclude i miracoli. Propone sette “missioni” per salvare il Paese disastrato dal governo Prodi.
Come se arrivasse dalla luna e dimentico dei cinque anni di governo di centrodestra, il cavaliere continua ad inseguire un Walter Veltroni che, da una città  all’altra, impone temi e progetti per il governo che intende guidare.  Un Berlusconi contenuto e senza cravatta, continua ad accusare l’ex sindaco di Roma di plagiare il Suo programma. Ha ragione il Cavaliere? Gli esperti sostengono che vi sono punti in comune tra le idee del PD e quelle del PDL . Ad esempio sia Veltroni che Berlusconi si impegnano ad abbassare le tasse a partire da quelle sui redditi da lavoro. Curiosamente dopo anni di oblio torna in scena il mondo del lavoro come emergenza nazionale. In due decenni i salari e gli stipendi italiani sono passati dall’essere tra i più alti d’Europa ad essere i più bassi della Comunità . Qualcosa bisognerà  pur fare se si vuole rivitalizzare il consumo interno e bloccare il processo di recessione sollecitato dalla crisi americana. Così Berlusconi promette la detassazione di straordinari e tredicesime e Veltroni aumenti salariali legati alla produttività . Detassare gli straordinari nella sostanza significa implementare le ore di lavoro aggravando le già  precarie condizioni di vita dei lavoratori.
Legare gli aumenti salariali alla produttività  presuppone la comprensione del perchè la produttività  in Italia è tra le più basse d’Europa. Dieci volte inferiore a quella della Svezia. Ma nel Paese scandinavo l’organizzazione del lavoro, la qualità  degli impianti e dei mezzi di produzione, la formazione professionale sono radicalmente diverse da quelle italiane. Siamo all’ultimo posto per gli investimenti in ricerca e sviluppo. Una ricerca della FIOM ha accertato che un operaio italiano metalmeccanico ha un processo di formazione di 480 minuti all’anno. In queste condizioni la produttività  del lavoro non può crescere in maniera significativa. (altro…)