da Francesco Mandarini | Mag 1, 2006
Riusciranno Bertinotti e Marini, neo Presidenti di Camera e
Senato, a ridare ruolo e significato al lavoro del Parlamento?
L’impresa non sarà facile. Sono ormai decenni che le sedi della
rappresentanza popolare hanno visto indebolita la loro immagine.
Non è che le attività parlamentari siano al centro dell’attenzione
di chicchessia. Il giudizio popolare, venato da un qualunquismo
purtroppo diffuso, può essere riassunto nella formula: “I
parlamentari? Dei privilegiati che hanno poco da fare e che
costano moltissimo”. Ribaltare questa immagine è compito arduo. Si
tratta di rivitalizzare una democrazia esangue dopo anni di
videocrazia. Qualche sommesso consiglio. Aprir bocca davanti ad
una telecamera per dare fiato, come spessissimo accade, piuttosto
che comunicare qualcosa di interessante va evitato.
Ogni tanto, piuttosto che un dibattito televisivo, si privilegi un
libro o una discussione nel territorio. Sgradevole l’uso
enfatizzato dell’auto blu con le sirene urlanti che attraversano
con il rosso. La sobrietà nei comportamenti dei rappresentanti del
popolo non dovrebbe essere l’eccezione, ma la regola. La politica
deve ritrovare un rapporto di rispetto con la gente comune e ciò
può essere ottenuto con il lavoro di molti cercando di capire
quanto in basso è arrivata la democrazia repubblicana. Bisogna che
anche nel centrosinistra maturi la questione del conflitto
d’interessi in tutti i suoi aspetti. E’ macroscopico per
Berlusconi, ma in Italia di conflitti d’interesse ve ne sono
moltissimi e riguardano molti. Ad esempio tutta la legislazione
sulle incompatibilità e sull’ineleggibilità alle cariche pubbliche
è una miniera di conflitti d’interesse. Le conseguenze sono
tragiche per il funzionamento della cosa pubblica. Pensate al
paradosso di due presidenti di regione, Formigoni e Galan, che
sono incompatibili con il ruolo di senatori, ma per intanto sono
stati eletti e a loro comodo sceglieranno se rimanere a Roma o
tornare a fare i presidenti. Un massacro istituzionale.
Si tratta di individuare le linee di una politica istituzionale
radicalmente diverse da quelle che hanno prevalso negli ultimi
quindici anni e che ha portato al mal funzionamento della cosa
pubblica.
E’ vero che nei cinque anni di governo la destra ha svilito
qualsiasi forma di autonomia ed il potere legislativo è stato
succube del volere del Capo dell’esecutivo. Decretazione e voti di
fiducia hanno impedito qualsiasi vera dialettica parlamentare. Di
fatto la divisione dei poteri tra esecutivi e legislativi è stata
in pratica annullata ad ogni livello istituzionale. Il problema
non è soltanto riconducibile al “cesarismo” di Berlusconi.
Decisive sono state anche le scelte istituzionali del
centrosinistra. Il presidenzialismo regionale è stato un aiutino
non da poco allo svuotamento delle competenze delle assemblee.
Ad esempio, un esame attento del movimento legislativo della
Regione dell’Umbria dimostrerebbe l’assoluta marginalità del
lavoro dell’assemblea regionale. Le competenze in capo ad un
consiglio comunale sono insignificanti per la vita dei cittadini.
Le cose sono complicate anche perchè nel senso comune di molta
della classe politica prevale una visione leaderistica della
democrazia. L’elezione diretta di sindaci e presidenti ha prodotto
una vera e propria feudalizzazione della rappresentanza con
conseguenze funeste nel rapporto tra politica e cittadini. La
scelta degli elettori sempre più piegata alle esigenze delle
carriere personali dei politici, siano essi grandi feudatari o
signorotti locali. Il voto di scambio si conferma un micidiale
veleno per la democrazia.
Che fare? Le cose sono molto complicate e il dato che segna questa
fase è quello di un’incertezza e di una precarietà istituzionale.
Berlusconi giovedì aveva assicurato che sabato sarebbe salito al
Colle per rassegnare le dimissioni. Ci ha ripensato. Lo farà
martedì. Per intanto, dopo la “guerriglia” al Senato ha
preannunciato lotta dura senza paura in Parlamento e nelle piazze
se il nuovo Presidente della Repubblica non sarà uno della rosa
che Forza Italia si appresta a presentare. Per dimostrare la Sua
benevolenza il primo nome della lista sarà quello di Gianni Letta,
persona degnissima che poi ha il pregio di essere il
Sottosegretario alla Presidenza del governo Berlusconi. Una vera
figura super partes. Contemporaneamente il cavaliere sconfitto
preannuncia altri ricorsi contro le elezioni truffa e continua a
non riconoscere la legittimità di un governo Prodi.
In democrazia i vuoti di potere sono pericolosi. Bisogna che chi
può e deve, acceleri per concludere la transizione tra Berlusconi
e Prodi. Fino al diciotto maggio Ciampi sarà Presidente della
Repubblica con pieni poteri. Insediati i presidenti di Camera e
Senato la quindicesima legislatura è iniziata. La legge elettorale
voluta da Berlusconi non prevede consultazioni di alcun tipo. Il
Presidente della Repubblica deve dare l’incarico al leader della
coalizione che ha vinto le elezioni, questo dice la legge. Meglio
applicarla nell’interesse del Paese.
Corriere dell’Umbria 1° Maggio 2006
da Francesco Mandarini | Mag 1, 2006
Riusciranno Bertinotti e Marini, neo Presidenti di Camera e
Senato, a ridare ruolo e significato al lavoro del Parlamento?
L’impresa non sarà facile. Sono ormai decenni che le sedi della
rappresentanza popolare hanno visto indebolita la loro immagine.
Non è che le attività parlamentari siano al centro dell’attenzione
di chicchessia. Il giudizio popolare, venato da un qualunquismo
purtroppo diffuso, può essere riassunto nella formula: “I
parlamentari? Dei privilegiati che hanno poco da fare e che
costano moltissimoâ€. Ribaltare questa immagine è compito arduo. Si
tratta di rivitalizzare una democrazia esangue dopo anni di
videocrazia. Qualche sommesso consiglio. Aprir bocca davanti ad
una telecamera per dare fiato, come spessissimo accade, piuttosto
che comunicare qualcosa di interessante va evitato.
Ogni tanto, piuttosto che un dibattito televisivo, si privilegi un
libro o una discussione nel territorio. Sgradevole l’uso
enfatizzato dell’auto blu con le sirene urlanti che attraversano
con il rosso. La sobrietà nei comportamenti dei rappresentanti del
popolo non dovrebbe essere l’eccezione, ma la regola. La politica
deve ritrovare un rapporto di rispetto con la gente comune e ciò
può essere ottenuto con il lavoro di molti cercando di capire
quanto in basso è arrivata la democrazia repubblicana. Bisogna che
anche nel centrosinistra maturi la questione del conflitto
d’interessi in tutti i suoi aspetti. E’ macroscopico per
Berlusconi, ma in Italia di conflitti d’interesse ve ne sono
moltissimi e riguardano molti. Ad esempio tutta la legislazione
sulle incompatibilità e sull’ineleggibilità alle cariche pubbliche
è una miniera di conflitti d’interesse. Le conseguenze sono
tragiche per il funzionamento della cosa pubblica. Pensate al
paradosso di due presidenti di regione, Formigoni e Galan, che
sono incompatibili con il ruolo di senatori, ma per intanto sono
stati eletti e a loro comodo sceglieranno se rimanere a Roma o
tornare a fare i presidenti. Un massacro istituzionale.
Si tratta di individuare le linee di una politica istituzionale
radicalmente diverse da quelle che hanno prevalso negli ultimi
quindici anni e che ha portato al mal funzionamento della cosa
pubblica.
E’ vero che nei cinque anni di governo la destra ha svilito
qualsiasi forma di autonomia ed il potere legislativo è stato
succube del volere del Capo dell’esecutivo. Decretazione e voti di
fiducia hanno impedito qualsiasi vera dialettica parlamentare. Di
fatto la divisione dei poteri tra esecutivi e legislativi è stata
in pratica annullata ad ogni livello istituzionale. Il problema
non è soltanto riconducibile al “cesarismo†di Berlusconi.
Decisive sono state anche le scelte istituzionali del
centrosinistra. Il presidenzialismo regionale è stato un aiutino
non da poco allo svuotamento delle competenze delle assemblee.
Ad esempio, un esame attento del movimento legislativo della
Regione dell’Umbria dimostrerebbe l’assoluta marginalità del
lavoro dell’assemblea regionale. Le competenze in capo ad un
consiglio comunale sono insignificanti per la vita dei cittadini.
Le cose sono complicate anche perché nel senso comune di molta
della classe politica prevale una visione leaderistica della
democrazia. L’elezione diretta di sindaci e presidenti ha prodotto
una vera e propria feudalizzazione della rappresentanza con
conseguenze funeste nel rapporto tra politica e cittadini. La
scelta degli elettori sempre più piegata alle esigenze delle
carriere personali dei politici, siano essi grandi feudatari o
signorotti locali. Il voto di scambio si conferma un micidiale
veleno per la democrazia.
Che fare? Le cose sono molto complicate e il dato che segna questa
fase è quello di un’incertezza e di una precarietà istituzionale.
Berlusconi giovedì aveva assicurato che sabato sarebbe salito al
Colle per rassegnare le dimissioni. Ci ha ripensato. Lo farÃ
martedì. Per intanto, dopo la “guerriglia†al Senato ha
preannunciato lotta dura senza paura in Parlamento e nelle piazze
se il nuovo Presidente della Repubblica non sarà uno della rosa
che Forza Italia si appresta a presentare. Per dimostrare la Sua
benevolenza il primo nome della lista sarà quello di Gianni Letta,
persona degnissima che poi ha il pregio di essere il
Sottosegretario alla Presidenza del governo Berlusconi. Una vera
figura super partes. Contemporaneamente il cavaliere sconfitto
preannuncia altri ricorsi contro le elezioni truffa e continua a
non riconoscere la legittimità di un governo Prodi.
In democrazia i vuoti di potere sono pericolosi. Bisogna che chi
può e deve, acceleri per concludere la transizione tra Berlusconi
e Prodi. Fino al diciotto maggio Ciampi sarà Presidente della
Repubblica con pieni poteri. Insediati i presidenti di Camera e
Senato la quindicesima legislatura è iniziata. La legge elettorale
voluta da Berlusconi non prevede consultazioni di alcun tipo. Il
Presidente della Repubblica deve dare l’incarico al leader della
coalizione che ha vinto le elezioni, questo dice la legge. Meglio
applicarla nell’interesse del Paese.
Corriere dell’Umbria 1° Maggio 2006
da Francesco Mandarini | Apr 16, 2006
Molto rumore per nulla? Questa volta il rumore rende evidente una
grave emergenza democratica. Si sono svolte elezioni che hanno
visto la partecipazione di una percentuale altissima di elettori.
Una pessima legge elettorale, voluta dalla destra, ha prodotto
comunque una maggioranza parlamentare che pur risicata al Senato,
consente comunque la formazione di un governo. Soltanto dopo
cinque giorni il Ministro degli Interni riconosce che le schede da
ricontrollare per le elezioni della Camera dei Deputati sono
duemilacentotrentuno. Errore materiale, dice il Ministro e i
brogli della sinistra, denunciati dalla Casa della Libertà , si
rivelano per quello che erano. L’ultima raffica di Salò si
potrebbe dire esagerando. L’ultima gag del cavaliere sconfitto se
si vuol essere buoni. Il Capo non riconosce di aver perso e il
mondo si stupisce. L’ira berlusconiana è comprensibile. Sconfitto
in piena “zona Cesarini” da un goal segnato da un oriundo. Una
beffa. Ma sconfitta è stata.
In sessanta anni di democrazia repubblicana è la prima volta che
un presidente del consiglio sconfitto non vuole farsi da parte.
Berlusconi non è mai stato un capo di governo capace di intendere
il funzionamento della democrazia. Nessuno ha vinto, dice il
Nostro. Eppure i numeri dicono il contrario: il centrodestra ha
perso, la coalizione diretta da Prodi ha vinto. Che fare? Allo
sbigottimento non può che seguire l’assunzione di responsabilità
di chi ha la maggioranza nei due rami del Parlamento senza altra
intenzione che fare bene il suo mestiere avendo come unico vincolo
l’interesse nazionale.
Che il Paese sia spaccato a metà è una banalità dei commentatori
politici che non hanno altro da scrivere. Non è la stessa cosa in
Inghilterra o in Usa o in Svezia e non lo è stato in Italia a
partire dal 1994?
Il voto comporta sempre una lacerazione tra schieramenti
contrapposti. La democrazia prevede una maggioranza e una
minoranza che hanno responsabilità diverse.
Prospettare un governo di larghe intese che metta assieme
Bertinotti, Prodi e Berlusconi è una bufala. Dopo cinque anni di
prepotenze della destra e dopo una campagna elettorale piena di
livore come è pensabile un tutti insieme appassionatamente? Un
governo con Previti alla Giustizia, Storace agli Interni e Bondi
alla Cultura? Volete consociarvi con i bollitori di bambini
signori e signore della destra? Tra Aldo Moro e Fabrizio Cicchitto
qualche differenza la nota anche Fassino.
L’Unione faccia il suo mestiere e cerchi di governare con le sue
forze. Ricostruire un terreno di rispetto reciproco richiede anni
di lavoro, mentre è urgente una svolta per risolvere i gravissimi
problemi lasciati dal governo delle destre.
Il centrosinistra dovrà analizzare con rigore un risultato
elettorale non esaltante. Perdere regioni conquistate soltanto un
anno fa non è cosa da poco. Qualche quesito rispetto alla qualità
dei governi regionali e locali è d’obbligo. La tracotanza di
qualche sindaco o presidente di regione del nord forse non ha
affascinato l’elettorato.
Anche il risultato umbro segna una qualche svolta rispetto a trend
elettorali consolidati. Non sarà l’inizio della fine come spera
qualche dirigente della destra umbra, ma è indubbio che si tratta,
per il centrosinistra, di un voto che mette in discussione la
qualità dell’offerta politica di molti partiti.
Il successo di Rifondazione e dello stesso PCDI può essere letto
attraverso la crisi di identità dei diessini. E’ un dato nazionale
che in Umbria si aggrava e sembra rendere obbligatoria la scelta
di andare alla costruzione del partito democratico. E’ una
scorciatoia o è la logica conclusione di un processo iniziato con
lo scioglimento del PCI? Per molti il partito democratico è un
elemento di chiarificazione e per altri di liberazione.
Terminerebbe una storia e forse ciò stimolerà la sinistra radicale
(?) a fare scelte di aggregazione. Mettere in un unico contenitore
Rutelli, Fabio Mussi, Cacciari e Renato Locchi, potrà sembrare una
forzatura, ma la strada sembra tracciata.
L’Ulivo ha confermato il dato delle elezioni europee e DS e
Margherita hanno subito un ridimensionamento significativo. Forza
Italia è rimasto il primo partito e Fassino ha mancato
l’obbiettivo di essere il Capo del più forte partito italiano. In
Umbria segretari, amministratori e varia umanità giustificano il
voto umbro prescindendo troppo dal loro lavoro. Forse sarebbe
tempo di riflettere meglio su come è percepito l’esercizio del
potere del ceto politico nella nostra comunità . Importante capire
perchè la discussione politica si concentra sempre di più sui
destini dei singoli e mai sulle scelte da fare per innovare la
società umbra. Per quanto potrà durare tutto ciò?
Utile sarebbe un’indagine rigorosa sulla rappresentazione sociale
della classe dirigente amministrativa. A naso si può parlare di un
ceto politico che proviene prevalentemente dal settore pubblico.
Le conseguenze sono molto importanti. La carenza di rappresentanza
dei settori più dinamici della società e della cultura
impoveriscono il rapporto con i cittadini. Prevale l’autoconservazione
sul rinnovamento delle classi dirigenti facendo
emergere conservatorismo e debolezza progettuale.
La carriera, anche nei migliori, prevale sul progetto collettivo.
Che la politica sia un mondo a parte che coinvolge soltanto gli
addetti ai lavori e loro famigli è cosa nota. Che le spese per
l’autoriproduzione del ceto siano in espansione non aiuta a
conquistare voti. Come soddisfare l’esigenza di mantenere la
tenuta sociale dell’Umbria con la spesa pubblica da ridimensionare
per carenza di risorse? Certo i qualunquisti di sempre avranno
vita facile se non arriveranno, dal Centro e dalle periferie,
forti segnali di rinnovato rigore e di un’etica politica che
guardi all’interesse generale piuttosto che a quello del singolo.
Corriere dell’Umbria 16 aprile 2006
da Francesco Mandarini | Apr 16, 2006
Molto rumore per nulla? Questa volta il rumore rende evidente una
grave emergenza democratica. Si sono svolte elezioni che hanno
visto la partecipazione di una percentuale altissima di elettori.
Una pessima legge elettorale, voluta dalla destra, ha prodotto
comunque una maggioranza parlamentare che pur risicata al Senato,
consente comunque la formazione di un governo. Soltanto dopo
cinque giorni il Ministro degli Interni riconosce che le schede da
ricontrollare per le elezioni della Camera dei Deputati sono
duemilacentotrentuno. Errore materiale, dice il Ministro e i
brogli della sinistra, denunciati dalla Casa della Libertà , si
rivelano per quello che erano. L’ultima raffica di Salò si
potrebbe dire esagerando. L’ultima gag del cavaliere sconfitto se
si vuol essere buoni. Il Capo non riconosce di aver perso e il
mondo si stupisce. L’ira berlusconiana è comprensibile. Sconfitto
in piena “zona Cesarini†da un goal segnato da un oriundo. Una
beffa. Ma sconfitta è stata.
In sessanta anni di democrazia repubblicana è la prima volta che
un presidente del consiglio sconfitto non vuole farsi da parte.
Berlusconi non è mai stato un capo di governo capace di intendere
il funzionamento della democrazia. Nessuno ha vinto, dice il
Nostro. Eppure i numeri dicono il contrario: il centrodestra ha
perso, la coalizione diretta da Prodi ha vinto. Che fare? Allo
sbigottimento non può che seguire l’assunzione di responsabilitÃ
di chi ha la maggioranza nei due rami del Parlamento senza altra
intenzione che fare bene il suo mestiere avendo come unico vincolo
l’interesse nazionale.
Che il Paese sia spaccato a metà è una banalità dei commentatori
politici che non hanno altro da scrivere. Non è la stessa cosa in
Inghilterra o in Usa o in Svezia e non lo è stato in Italia a
partire dal 1994?
Il voto comporta sempre una lacerazione tra schieramenti
contrapposti. La democrazia prevede una maggioranza e una
minoranza che hanno responsabilità diverse.
Prospettare un governo di larghe intese che metta assieme
Bertinotti, Prodi e Berlusconi è una bufala. Dopo cinque anni di
prepotenze della destra e dopo una campagna elettorale piena di
livore come è pensabile un tutti insieme appassionatamente? Un
governo con Previti alla Giustizia, Storace agli Interni e Bondi
alla Cultura? Volete consociarvi con i bollitori di bambini
signori e signore della destra? Tra Aldo Moro e Fabrizio Cicchitto
qualche differenza la nota anche Fassino.
L’Unione faccia il suo mestiere e cerchi di governare con le sue
forze. Ricostruire un terreno di rispetto reciproco richiede anni
di lavoro, mentre è urgente una svolta per risolvere i gravissimi
problemi lasciati dal governo delle destre.
Il centrosinistra dovrà analizzare con rigore un risultato
elettorale non esaltante. Perdere regioni conquistate soltanto un
anno fa non è cosa da poco. Qualche quesito rispetto alla qualitÃ
dei governi regionali e locali è d’obbligo. La tracotanza di
qualche sindaco o presidente di regione del nord forse non ha
affascinato l’elettorato.
Anche il risultato umbro segna una qualche svolta rispetto a trend
elettorali consolidati. Non sarà l’inizio della fine come spera
qualche dirigente della destra umbra, ma è indubbio che si tratta,
per il centrosinistra, di un voto che mette in discussione la
qualità dell’offerta politica di molti partiti.
Il successo di Rifondazione e dello stesso PCDI può essere letto
attraverso la crisi di identità dei diessini. E’ un dato nazionale
che in Umbria si aggrava e sembra rendere obbligatoria la scelta
di andare alla costruzione del partito democratico. E’ una
scorciatoia o è la logica conclusione di un processo iniziato con
lo scioglimento del PCI? Per molti il partito democratico è un
elemento di chiarificazione e per altri di liberazione.
Terminerebbe una storia e forse ciò stimolerà la sinistra radicale
(?) a fare scelte di aggregazione. Mettere in un unico contenitore
Rutelli, Fabio Mussi, Cacciari e Renato Locchi, potrà sembrare una
forzatura, ma la strada sembra tracciata.
L’Ulivo ha confermato il dato delle elezioni europee e DS e
Margherita hanno subito un ridimensionamento significativo. Forza
Italia è rimasto il primo partito e Fassino ha mancato
l’obbiettivo di essere il Capo del più forte partito italiano. In
Umbria segretari, amministratori e varia umanità giustificano il
voto umbro prescindendo troppo dal loro lavoro. Forse sarebbe
tempo di riflettere meglio su come è percepito l’esercizio del
potere del ceto politico nella nostra comunità . Importante capire
perché la discussione politica si concentra sempre di più sui
destini dei singoli e mai sulle scelte da fare per innovare la
società umbra. Per quanto potrà durare tutto ciò?
Utile sarebbe un’indagine rigorosa sulla rappresentazione sociale
della classe dirigente amministrativa. A naso si può parlare di un
ceto politico che proviene prevalentemente dal settore pubblico.
Le conseguenze sono molto importanti. La carenza di rappresentanza
dei settori più dinamici della società e della cultura
impoveriscono il rapporto con i cittadini. Prevale l’autoconservazione
sul rinnovamento delle classi dirigenti facendo
emergere conservatorismo e debolezza progettuale.
La carriera, anche nei migliori, prevale sul progetto collettivo.
Che la politica sia un mondo a parte che coinvolge soltanto gli
addetti ai lavori e loro famigli è cosa nota. Che le spese per
l’autoriproduzione del ceto siano in espansione non aiuta a
conquistare voti. Come soddisfare l’esigenza di mantenere la
tenuta sociale dell’Umbria con la spesa pubblica da ridimensionare
per carenza di risorse? Certo i qualunquisti di sempre avranno
vita facile se non arriveranno, dal Centro e dalle periferie,
forti segnali di rinnovato rigore e di un’etica politica che
guardi all’interesse generale piuttosto che a quello del singolo.
Corriere dell’Umbria 16 aprile 2006
da Francesco Mandarini | Mar 26, 2006
Gli amici si riconoscono nel momento del bisogno, afferma un
vecchio detto popolare. E Berlusconi di bisogno ne ha tanto. La
campagna elettorale, nonostante le performance straordinarie in
televisione e nelle convention, non va benissimo per il cavaliere.
I sondaggi continuano a dare perdente il centrodestra e Lui è uno
abituato a vincere ed ha molte conoscenze all’estero. Così l’amico
di tante avventure gloriose, George W.Bush, ha deciso di far
emettere al Dipartimento di Stato americano un warning per i
cittadini Usa che si trovano in Italia. Attenzione, comunicano, il
Bel Paese è zona a rischio di violenze e di attentati, meglio
evitare. Come per le elezioni in Irak e in Afghanistan, così per
le elezioni in Italia, stesso avvertimento. Sembra di sognare e se
non ci fosse da piangere ci si potrebbe ridere sopra. Non è il
caso. E’ statisticamente certo che è più rischioso passeggiare un
giorno per i quartieri di Los Angeles che vivere sei mesi in
qualsiasi città europea, ma la cosa non ha rilievo per
l’Amministrazione Usa. Bisogna aiutare l’amico italiano. E non c’è
bisogno di essere antiamericani per indignarsi per questa
ingerenza che non aiuta certo l’immagine del nostro Paese. Per
fortuna nelle città italiane si incontrano molti americani.
Se si domanda a qualcuno di essi cosa pensa del warning di Bush
avrai come risposta un sorriso imbarazzato e un avvertimento: la
scommessa è riprodurre in Italia il clima di paura che ha permesso
a Bush la riconferma elettorale. Una vittoria che è stata figlia
anche della violenta campagna mediatica della Casa Bianca sul
“rischio terrorismo”. La paura è cattiva consigliera.
La volontà berlusconiana di drammatizzare la campagna elettorale è
così plateale che l’aiutino americano rientra nello schema.
La mia è una generazione che ha conosciuto, purtroppo, la stagione
della strategia della tensione. Forse abbiamo imparato a non
sottovalutare quanto possono fare poteri oscuri per bloccare
ricambi di classe dirigente. La loggia Propaganda Due non esiste
formalmente più, ma quanti piduisti rimangono nei luoghi del
potere formale o nascosto? Interessa poco la considerazione che al
governo ci sta Berlusconi che ha anche la responsabilità dei
servizi preposti all’ordine pubblico o che i servizi segreti
italiani non abbiano lanciato alcun allarme.
L’importante per la destra è fare la vittima dell’aggressività
della sinistra. Chi sfascia vetrine non è di destra o di sinistra,
è semplicemente un imbecille violento. Considerare i duecento
ragazzi che hanno fischiato il Capo a Genova come contigui al
terrorismo sembra eccessivo anche a Giuliano Ferrara. Ha un bel
dire il Presidente Ciampi sulla mancanza di rischi per la nostra
democrazia. L’appello presidenziale è ininfluente per i
berluscones, ciò che importa è evitare una campagna elettorale che
affronti i problemi veri della gente. Per andare in prima pagina,
e ci riesce bene, il Nostro deve insultare e intimorire i
cittadini. Sei proprietario di casa? I comunisti ti tasseranno.
Sei un piccolo risparmiatore? I tuoi BOT sono a rischio. I
capitali accumulati? Fuggono tutti verso il Lussemburgo. E giù
insulsaggini e colpi di teatro.
L’ultima sceneggiata al convegno degli industriali a Vicenza. Il
gruppo dirigente della Confindustria è stato accusato di filo
comunismo perchè non tutti sono sembrati entusiasti del
berlusconismo e dei suoi trionfi.
La catastrofe è che il grande comunicatore non riesce più a bucare
lo schermo. La gente si annoia.
Molti considerano questa campagna elettorale come la peggiore
della nostra storia repubblicana. Si tratta del trionfo della
videocrazia sulla democrazia? Il rischio c’è anche per
responsabilità dell’Unione. Il leggendario “casa per casa” dei bei
tempi antichi richiedeva passione politica, un’organizzazione e un
impegno che non si trova più in nessun partito. Siamo diventati
così tutti teleutenti appassionati dei dibattiti televisivi. Lo
share come è stato? Il sondaggio che dice: ha vinto Diliberto o
Berlusconi? E così a discutere come esperti di comunicazione e
l’Unione non sembra in grado di utilizzare l’unica vera risorsa
che ha: la passione democratica di tanti elettori. E’ vero che la
mancanza dei candidati da eleggere (sono stati già nominati dai
partiti) incide sulla qualità della competizione elettorale, ma
per un comune mortale partecipare ad un dibattito politico è
difficile come vincere alla lotteria. Si discute e ci si schiera
sull’ultima apparizione televisiva di questo o di quello e, in
questa ultima settimana, dell’ultimo film di Moretti. Farà bene o
male all’Unione il lavoro del regista romano? Interrogativo
angosciante. Sarebbe meglio cominciare a riflettere sulle prossime
performance di Berlusconi ed attrezzarsi alla bisogna.
Se vince il centrosinistra significa che vi sono stati brogli.
Così ha sentenziato Berlusconi. Vuoi vedere che sarà necessario
far intervenire osservatori internazionali come è avvenuto in
Bielorussia? Come un novello Lukashenco, Prodi si appresterebbe a
truccare il risultato elettorale. Indignarsi per la balordaggine
berlusconiana è necessario ma serve a poco, altre ne sentiremo.
D’altra parte anche i suoi prodi cavalieri utilizzano la
creatività come strumento essenziale. Prendiamo il socialista
pentito ex piduista, Fabrizio Cicchitto. Audacemente viene in
Umbria a denunciare il pluridecennale regime comunista che governa
Regione e Comuni. Erano truccate anche le elezioni regionali
dell’anno scorso o la qualità del governo locale, unita alla
pochezza dell’alternativa della destra è il motivo del consenso ai
partiti del centrosinistra? Dubbio permanente. E poi perchè la
destra non valorizza i valorosi imprenditori umbri che con
coraggio, contro il dittatura di Locchi, Raffaelli e della
Lorenzetti, hanno sottoscritto tanti quattrini per Forza Italia in
occasione della visita dell’Uomo della Provvidenza?
Corriere dell’Umbria 26 marzo 2006
da Francesco Mandarini | Mar 26, 2006
Gli amici si riconoscono nel momento del bisogno, afferma un
vecchio detto popolare. E Berlusconi di bisogno ne ha tanto. La
campagna elettorale, nonostante le performance straordinarie in
televisione e nelle convention, non va benissimo per il cavaliere.
I sondaggi continuano a dare perdente il centrodestra e Lui è uno
abituato a vincere ed ha molte conoscenze all’estero. Così l’amico
di tante avventure gloriose, George W.Bush, ha deciso di far
emettere al Dipartimento di Stato americano un warning per i
cittadini Usa che si trovano in Italia. Attenzione, comunicano, il
Bel Paese è zona a rischio di violenze e di attentati, meglio
evitare. Come per le elezioni in Irak e in Afghanistan, così per
le elezioni in Italia, stesso avvertimento. Sembra di sognare e se
non ci fosse da piangere ci si potrebbe ridere sopra. Non è il
caso. E’ statisticamente certo che è più rischioso passeggiare un
giorno per i quartieri di Los Angeles che vivere sei mesi in
qualsiasi città europea, ma la cosa non ha rilievo per
l’Amministrazione Usa. Bisogna aiutare l’amico italiano. E non c’è
bisogno di essere antiamericani per indignarsi per questa
ingerenza che non aiuta certo l’immagine del nostro Paese. Per
fortuna nelle città italiane si incontrano molti americani.
Se si domanda a qualcuno di essi cosa pensa del warning di Bush
avrai come risposta un sorriso imbarazzato e un avvertimento: la
scommessa è riprodurre in Italia il clima di paura che ha permesso
a Bush la riconferma elettorale. Una vittoria che è stata figlia
anche della violenta campagna mediatica della Casa Bianca sul
“rischio terrorismoâ€. La paura è cattiva consigliera.
La volontà berlusconiana di drammatizzare la campagna elettorale è
così plateale che l’aiutino americano rientra nello schema.
La mia è una generazione che ha conosciuto, purtroppo, la stagione
della strategia della tensione. Forse abbiamo imparato a non
sottovalutare quanto possono fare poteri oscuri per bloccare
ricambi di classe dirigente. La loggia Propaganda Due non esiste
formalmente più, ma quanti piduisti rimangono nei luoghi del
potere formale o nascosto? Interessa poco la considerazione che al
governo ci sta Berlusconi che ha anche la responsabilità dei
servizi preposti all’ordine pubblico o che i servizi segreti
italiani non abbiano lanciato alcun allarme.
L’importante per la destra è fare la vittima dell’aggressivitÃ
della sinistra. Chi sfascia vetrine non è di destra o di sinistra,
è semplicemente un imbecille violento. Considerare i duecento
ragazzi che hanno fischiato il Capo a Genova come contigui al
terrorismo sembra eccessivo anche a Giuliano Ferrara. Ha un bel
dire il Presidente Ciampi sulla mancanza di rischi per la nostra
democrazia. L’appello presidenziale è ininfluente per i
berluscones, ciò che importa è evitare una campagna elettorale che
affronti i problemi veri della gente. Per andare in prima pagina,
e ci riesce bene, il Nostro deve insultare e intimorire i
cittadini. Sei proprietario di casa? I comunisti ti tasseranno.
Sei un piccolo risparmiatore? I tuoi BOT sono a rischio. I
capitali accumulati? Fuggono tutti verso il Lussemburgo. E giù
insulsaggini e colpi di teatro.
L’ultima sceneggiata al convegno degli industriali a Vicenza. Il
gruppo dirigente della Confindustria è stato accusato di filo
comunismo perché non tutti sono sembrati entusiasti del
berlusconismo e dei suoi trionfi.
La catastrofe è che il grande comunicatore non riesce più a bucare
lo schermo. La gente si annoia.
Molti considerano questa campagna elettorale come la peggiore
della nostra storia repubblicana. Si tratta del trionfo della
videocrazia sulla democrazia? Il rischio c’è anche per
responsabilità dell’Unione. Il leggendario “casa per casa†dei bei
tempi antichi richiedeva passione politica, un’organizzazione e un
impegno che non si trova più in nessun partito. Siamo diventati
così tutti teleutenti appassionati dei dibattiti televisivi. Lo
share come è stato? Il sondaggio che dice: ha vinto Diliberto o
Berlusconi? E così a discutere come esperti di comunicazione e
l’Unione non sembra in grado di utilizzare l’unica vera risorsa
che ha: la passione democratica di tanti elettori. E’ vero che la
mancanza dei candidati da eleggere (sono stati già nominati dai
partiti) incide sulla qualità della competizione elettorale, ma
per un comune mortale partecipare ad un dibattito politico è
difficile come vincere alla lotteria. Si discute e ci si schiera
sull’ultima apparizione televisiva di questo o di quello e, in
questa ultima settimana, dell’ultimo film di Moretti. Farà bene o
male all’Unione il lavoro del regista romano? Interrogativo
angosciante. Sarebbe meglio cominciare a riflettere sulle prossime
performance di Berlusconi ed attrezzarsi alla bisogna.
Se vince il centrosinistra significa che vi sono stati brogli.
Così ha sentenziato Berlusconi. Vuoi vedere che sarà necessario
far intervenire osservatori internazionali come è avvenuto in
Bielorussia? Come un novello Lukashenco, Prodi si appresterebbe a
truccare il risultato elettorale. Indignarsi per la balordaggine
berlusconiana è necessario ma serve a poco, altre ne sentiremo.
D’altra parte anche i suoi prodi cavalieri utilizzano la
creatività come strumento essenziale. Prendiamo il socialista
pentito ex piduista, Fabrizio Cicchitto. Audacemente viene in
Umbria a denunciare il pluridecennale regime comunista che governa
Regione e Comuni. Erano truccate anche le elezioni regionali
dell’anno scorso o la qualità del governo locale, unita alla
pochezza dell’alternativa della destra è il motivo del consenso ai
partiti del centrosinistra? Dubbio permanente. E poi perché la
destra non valorizza i valorosi imprenditori umbri che con
coraggio, contro il dittatura di Locchi, Raffaelli e della
Lorenzetti, hanno sottoscritto tanti quattrini per Forza Italia in
occasione della visita dell’Uomo della Provvidenza?
Corriere dell’Umbria 26 marzo 2006