da Francesco Mandarini | Giu 16, 2008
La fusione a freddo non è riuscita. Il gruppo dirigente del Partito Democratico rimane diviso tra ex DS ed ex Margherita, di forze nuove nemmeno l’ombra. La sconfitta elettorale ha accelerato un processo che può avere sbocchi drammatici. Se Veltroni definisce catastrofica ogni ipotesi di scissione significa che vi sono forze interne al PD che non escludono questa eventualità , altrimenti non si capisce l’allarme del segretario.
L’autorevole settimanale “Famiglia Cristiana” denuncia il disagio dei cattolici che hanno scelto l’adesione al Partito Democratico. Veltroni subirebbe troppo il fascino dei radicali. Mi sembra eccessivo. E comunque un partito che si prospetta privo di ideologie, dovrebbe esprimere una cultura unificante che trae origine soltanto dal programma e dai valori che questo contiene. Nella mia prima adesione ad un partito, il PCI, mi chiesero di aderire ad uno statuto che richiedeva all’iscritto soltanto l’adesione al programma. Non dovetti dichiarare nè le mie convinzioni religiose nè altro. Vincolanti i comportamenti eticamente corretti. Per molti anni ho lavorato con altri militanti molti dei quali di cultura e sensibilità religiosa, senza mai dover privilegiare questo o quello in rapporto alla sua convinzione religiosa.
Le chiamano culture e sensibilità , ma in realtà gli ex DS rimangono ex DS e gli ex margheritini ex margheritini. Due partiti, che continuano a vivere dentro il PD. Ciò ha conseguenze serissime nella vita del nuovo partito. Ad esempio la scelta fatta di riproporre Rutelli a sindaco ha origine nel fatto che candidando Zingaretti, ex DS, alla provincia di Roma, spettava ad un ex Margherita essere il candidato a sindaco di Roma. Per fare un favore ai romani si è riproposto Rutelli margheritino doc in nome delle appartenenze originali . I risultati si conoscono.
Mi hanno raccontato di organigrammi in itinere per le prossime amministrative. Quali i dilemmi? Questi: se il sindaco di Perugia sarà ancora un rappresentante del PD di provenienza diesse, il candidato a presidente della provincia dovrà essere di provenienza Margherita o potrà essere anch’esso un ex DS? Se il sindaco di Foligno sarà un PD di matrice Margherita, il sindaco di Terni dovrà rimanere un ex DS? E come la mettiamo con la presidenza della regione? Ancora un ex DS di matrice dalemiana o si preferirà un veltroniano o addirittura un ex Margherita? E se quegli “estremisti” della sinistra pretendessero un sindaco come la mettiamo? Sacrifichiamo un ex Margherita o un ex diesse o corriamo da soli? Si formano alleanze, si rompono antiche amicizie, si resta a disposizione per altri incarichi. Nonostante decenni e decenni di collocazioni varie nella macchina pubblica, l’obbiettivo di uno stagionato ceto politico di centrosinistra rimane l’incarico. La ricandidatura per qualche altro ente permane il sogno di una generazione divisa al proprio interno, ma che è riuscita nell’impresa di fare il vuoto sopra e sotto. I vecchi emarginati, i giovani praticamente inesistenti in politica attiva.
Come è facilmente intuibile è un gioco che appassiona soltanto gli interessati e che non serve a migliorare il pessimo rapporto tra la politica e i cittadini che anche in Umbria sta montando alla grande.
Le dimissioni di Prodi da presidente del PD provocano una fibrillazione che si accentua di fronte al rifiuto di Marini di essere eletto al posto di Prodi. Personalmente ritengo che Prodi abbia fatto una cosa giusta: di fronte alla sconfitta della sua coalizione di governo è stato giusto che lasciasse il posto a qualcun altro. Capisco il disagio. Non tutti gli sconfitti hanno seguito l’esempio del professore. Anzi, stanno tutti al loro posto e dimentichi del disastro prodotto continuano il loro gioco dell’oca. (altro…)
da Francesco Mandarini | Giu 11, 2008
Barack Obama sarà il candidato per il partito democratico alle elezioni presidenziali americane del prossimo novembre. Per fortuna le notizie dal mondo non sono soltanto disastri economici, guerre e tragedie ambientali. La nomination di Obama, ottenuta dopo un percorso che ha visto milioni e milioni di democratici impegnati per scegliere chi contrapporre al repubblicano McCain, è stata salutata con entusiasmo in tutte le parti del mondo.
Può stupire che in un momento in cui il diverso, di colore, di religione, di razza è oggetto di discriminazioni, di leggi speciali che incidono nella libertà di ciascuno, il Paese leader del mondo, gli Stati Uniti, esprimano un candidato nero per la presidenza e non il consueto wasp.
E’ una novità storica che dimostra la capacità della democrazia americana di rispondere con coraggio al degrado economico e sociale. Personalmente ritengo che la gravità della crisi economica e di egemonia dell’America sia tale da sollecitare una svolta radicale nella politica di quel grande Paese. Dopo sette anni di Bush non c’è settore della società americana che non sia in arretramento. Soltanto le grandi corporation del petrolio e degli armamenti vanno alla grande. La recessione non è più uno spettro, ma la dura realtà quotidiana di quel Paese. In Arkansas e in altri Stati, l’aspettativa di vita si è ridotta di quattro anni, la povertà è tale che paiono zone dell’Africa nera!! Non è un castigo divino, ma il risultato delle scelte dell’Amministrazione di G.W.Bush e delle sue guerre. La finanziarizzazione dell’economia ha fatto il resto.
Le spese militari sono più alte di quelle per la scuola e per la sanità . I ricchi sono stati detassati e la povertà riguarda ormai non solo i blue collar, ma anche ceti medi che fino a pochi anni or sono avevano standard di vita di buona qualità . Una realtà in grave difficoltà che ha stimolato il Partito Democratico a scommettere su un nuovo tipo di leader politico come Barack Obama. (altro…)
da Francesco Mandarini | Giu 7, 2008
Grande la letizia tra il popolo per la gioia che prova il Pontefice per il nuovo clima politico del Paese. Apprezzata la nuova stagione di dialogo tra le forze politiche che siedono in Parlamento, il Papa ha precisato le priorità della Nazione e, last but not least, rivendicato ulteriori finanziamenti alle scuole cattoliche. Il gentile Gianni Letta, sottosegretario alla presidenza del consiglio, ha definito quello del Papa, un buon viatico per il lavoro del governo. Ed ha ragione.
L’apprezzamento pontificio non è cosa di tutti giorni e con ragione il popolo della libertà esulta, mentre i vari leader assicurano che il “programma” dettato dal Vaticano sarà attuato. Il Partito Democratico osserva un rispettoso silenzio. Soltanto Pannella e pezzi della sinistra extraparlamentare, rivendicano il valore della laicità dello Stato. Ma sono minoranze che poco incidono nel concreto svolgersi delle scelte politiche del Paese.
A leggere i giornali non sembrerebbe proprio che il clima politico sia entusiasmante. Episodi di xenofobia si mescolano quasi quotidianamente ad una sorta di giustizia fai da te che rende precaria la vita non soltanto agli immigrati clandestini, ma anche a quelli che clandestini non sono. L’italica creatività ha prodotto, unico Paese in Europa, le ronde a salvaguardia della sicurezza e del decoro delle città . Non succede soltanto nelle città amministrate dalla Lega. Le ronde sono patrimonio anche di alcune amministrazioni di centrosinistra a conferma che è sempre più difficile capire dove sta la destra e dove la sinistra. Il ritardo con cui la sinistra ha avvertito l’esplodere della questione sicurezza è stato uno dei motivi della sconfitta elettorale. Si può anche arrivare in ritardo nel capire un’emergenza, ma la cosa che più angoscia è l’incapacità del centrosinistra di dare una risposta diversa da quella della tolleranza zero, all’ondata di immigrazione che sconvolge anche l’Italia.
Gli studiosi sostengono che il 2% del prodotto interno lordo sia dovuto a lavoratori clandestini. E’ noto che senza il lavoro degli immigrati interi settori dell’economia si fermerebbero al Nord, al Centro, al Sud del Paese. La cronica carenza di servizi sociali a sostegno delle famiglie è sdrammatizzata dal lavoro di assistenza di lavoratori e lavoratrici provenienti da tutto il mondo. L’Italia ha bisogno di questa forza lavoro ma nessuna politica di integrazione è stata fino ad oggi capace di dare dignità a questi uomini e donne.
Nella mia giovinezza politica sono andato spesso ad incontrare le comunità di italiani sparse per il mondo. L’Umbria è stata terra di emigrazioni massicce e soltanto nel 1972 ha recuperato gli abitanti del 1953. Non erano esperienze allegre quelle del lavoro politico tra gli emigranti del Belgio, della Svizzera o dell’Argentina. L’emigrare è drammaticamente triste e spesso non basta trovare un lavoro decente per superare il disagio della lontananza dalla propria terra. Quanti umbri, veneti, friulani, calabresi sparsi in ogni angolo del globo che negli anni sono divenuti classe dirigente in Paesi lontani. La memoria di quel travaglio che svuotò tante nostre città , dovrebbe essere insegnata nelle nostre scuole. Forse aiuterebbe ad affrontare con maggiore saggezza la problematica di un processo, le ondate migratorie, che ci preoccupa anche perchè difficilmente arrestabile. Se non mutano i rapporti economici tra Paesi ricchi e Paesi poveri la speranza di una vita migliore continuerà a spostare milioni e milioni di uomini e donne verso l’occidente ricco.
I processi di integrazione dei nostri emigranti si differenziava molto da zona a zona. I problemi erano molti, ma dappertutto era sottolineata un’esigenza primaria da soddisfare. Impossibile qualsiasi integrazione in mancanza del diritto al voto. Amministrativo innanzi tutto ma spesso anche il voto per le elezioni politiche. Giustamente si rivendicava il diritto a partecipare al processo democratico come condizione decisiva per l’inserimento nella società ospite.
Il diritto al voto è diritto primario in una società democratica. (altro…)
da Francesco Mandarini | Mag 31, 2008
Il sogno americano di Walter Veltroni si sta trasformando nell’incubo italiano di tutti noi.
Che dopo la disfatta si possa essere un po’ confusi rientra nella norma. Discutibile la scelta di addebitare al governo Prodi la responsabilità della vittoria della destra. Qualcuno osserva che la vittoria dell’ex squadrista fascista a Roma deriva essenzialmente dalla scelta di riproporre Rutelli unita al giudizio negativo sull’amministrazione di Walter Veltroni. Ma il dibattito è aperto e ragionevole. E’ razionale anche sostenere che le riforme istituzionali devono essere concordate tra maggioranza e opposizione. E’ anche miglior cosa discutere che insultare. Anche se sono quindici anni che Berlusconi aggredisce la sinistra e qualche risultato lo ha incassato, cercare di uscire dalla politica del bar dello sport sembra cosa accettabile.
L’ansia ci assale quando osserviamo che nella linea Veltroni, del dopo batosta, permane l’idea che, l’inseguimento della destra sul terreno che questa ha scelto, sia la linea politica che serve a contrastare il berlusconismo. Si corre dietro a Bossi nelle tematiche sulla sicurezza accettando che questa sia la priorità del Paese e senza uno straccio di proposta alternativa a quella razzista e della “legge e ordine” alla amatriciana. Sindaci del centrosinistra che si sentono sceriffi della frontiera americana e che applicano tranquillamente lo slogan della tolleranza zero. I nostri eroi considerano il lavavetri alla stregua del picciotto di mafia e del camorrista napoletano senza che ciò costituisca motivo di scandalo per i riformisti nostrani. Cedimento alla ideologia dominante si dirà . Ed è vero. Ma riflettere su ciò che diventerà l’Italia dopo la “legislatura costituente” voluta da Veltroni e Berlusconi è un grande stimolo alla fuga, per chi può, verso altri lidi. Abbiamo un Parlamento non di eletti dal popolo ma di nominati dai partiti ectoplasmi. Prima delle elezioni tutti hanno definito il sistema elettorale vigente per le elezioni alla Camera e al Senato un’ignominia. Incassato il voto PD e PDL si accingono a compiere la stessa ignominia modificando la legge elettorale per le elezioni europee del prossimo anno. Sbarramento e dovranno essere i capi partito a scegliere chi eleggere a Strasburgo. Capiamo Berlusconi, il leader massimo, ha un rapporto complesso con la democrazia rappresentativa. Ci indigna il partito di Veltroni che, non ancora soddisfatto della catastrofe prodotta imperterrito, continua a prefigurare un modello anglosassone della democrazia italiana e non si accorge di aiutare il processo che porterà l’Italia ad una democrazia sudamericana degli anni ’50.
Il caudillo è già all’opera e non si chiama Veltroni ma Berlusconi. Chiedesse il Veltroni un altro voto utile. Non aspettiamo altro.
da Francesco Mandarini | Mag 24, 2008
Studiosi ed analisti politici sono concordi nel ritenere che la destra politica, nella sua espressione berlusconiana, è maggioranza nel Paese dal 1994. Nettamente. Le sconfitte subite nel 1996 e nel 2006 dal Cavaliere sono da considerare una parentesi resa possibile da aggregazioni basate sul rifiuto del berlusconismo e non attorno a programmi di governo condivisi. Il tracollo della prima repubblica, incentrata sul dominio democristiano, ha impattato in un processo di riorganizzazione del capitalismo mondiale che ha comportato la marginalizzazione dell’Italia. Con la marginalizzazione del “sistema Italia” è arrivata la crisi del partiti che ha permesso a Berlusconi di iniziare un processo politico che ha avuto nel voto dell’aprile scorso la sua apoteosi. E’ ormai certificata l’egemonia politica e culturale del berlusconismo. La scomparsa della sinistra dalle aule parlamentari è la ciliegina sulla torta. Perchè è successo? I motivi sono molti, ma fondamentale è stata l’incapacità del centrosinistra di adeguare i propri obbiettivi e le proprie analisi ai processi messi in atto con la globalizzazione dei mercati (altro…)