da Francesco Mandarini | Lug 17, 2012
Per gli attori protagonisti il cast è a buon punto. Certa la presenza di Silvio Berlusconi e Tony Blair, si attende la disponibilità di Umberto Bossi per programmare le riprese. Il titolo non ancora definitivo potrebbe essere “La notte del governo dei morti viventiâ€, ma non è detto che sarà questo. Più che all’horror movies il produttore sembra intenzionato, con qualche ragione, a dare un taglio comico al film. Se questa fosse la scelta altri protagonisti sarebbero indispensabili. Contatti sono in corso con gli alti dirigenti della Moody’s, l’agenzia di rating che ha declassato il debito sovrano italiano la notte prima di un’asta sui BBT. Moody’s è la stessa agenzia che ha nel carnet altre corrette previsioni: la conglomerata americana Enron giudicata con la tripla AAA dai signori della Moody’s nel duemilauno, fallita miseramente. Come dimenticare la tripla AAA assegnata alla Lehman Brothers nel duemilaotto anch’essa improvvisamente venuta meno? Si potrebbe continuare ma servirebbe a poco: siamo nelle mani di speculatori che agiscono senza contrasto alcuno. Com’è possibile considerare l’Italia meno affidabile del Kazakistan? L’Italia nonostante i disastri dei berluscones al governo rimane la seconda potenza manifatturiera dell’Europa. Mario Monti ha ragione nella protesta contro l’agenzia di rating. Dovrebbe domandarsi però che cosa stanno facendo le élite politiche europee per contrastare la guerra all’euro voluta essenzialmente dai proprietari delle agenzie di rating. Perché di guerra contro l’euro si tratta. Obama può lamentarsi quanto vuole per la mancata crescita europea: i proprietari delle agenzie di rating sono i soci dei grandi fondi d’investimento americani che guadagnano proprio sulle valutazioni delle società di rating. Potrebbe il presidente discutere della cosa con Buffet il multimiliardario suo sponsor e uno dei proprietari della Moody’s? Che concorrenza ci può essere quando le tre agenzie di rating americane controllano il novanta per cento del mercato su cui si fanno soldi? Possibile che la Comunità Europea che crea strutture su strutture spesso inutili, non sia riuscita a darsi agenzie di rating indipendenti? Il problema è l’ideologia dominante. Essa assegna al mercato un ruolo salvifico nonostante sia evidente che, quello finanziario, è un mercato truccato. L’austerità imposta ai popoli non è riuscita a invertire i processi recessivi, serve a garantire lauti guadagni agli speculatori e a garantire alla Germania investimenti a tasso zero. Quanto può durare una situazione in cui la democrazia sembra sospesa e tutto è deciso da entità misteriose ai più? La tenuta sociale è ormai a limiti preoccupanti in Grecia, in Spagna, in Portogallo e in Italia. L’economia reale non dà segni di ripresa perché le “riforme†del governo Monti anche nei loro aspetti positivi, non riescono ad attivare la fiducia nelle forze produttive di cui rimane pur ricco il Paese. E’ intollerabile che il mondo del lavoro e della produzione sia considerato una lobby e il mondo delle banche e della finanza l’entità da salvaguardare costi quel che costi e di là dei concreti comportamenti dell’universo del credito. Il problema è politico. Gli informi agglomerati chiamati partiti, sembrano essere tutti in confusione permanente. Il povero Alfano dovrà aspettare un altro giro. Ha ballato una sola estate, il Capo è tornato. Maroni cerca educatamente di ridare un senso al leghismo ma le macerie da rimuovere sono tante. Come tante sono le incertezze nel campo del centrosinistra. L’azione del governo Monti ha sparigliato le forze in campo. L’unico che sembra avere il vento in poppa è il movimento dei Grillini. Ciò incide nella tenuta di tutte le forze politiche tradizionali. E tutte sembrano alla ricerca di un punto di gravità permanente. Confesso di non aver ancora capito quale idea di alleanza ha in testa il partito democratico. Dopo il fallimento dei governi Prodi è giustificata la cautela nella scelta degli alleati. Non aiutano certo le sparate dipietriste ma dannose sembrano essere anche le fughe in avanti dei montiani interni al partito di Bersani. Duole dirlo ma l’impressione che si ha è che il PD rimane lacerato dalle sue diverse sensibilità . Un partito che sta rischiando alla grande scegliendo di spostare ancora più al centro la sua posizione. Sarebbe ingeneroso non valutare l’oggettiva difficoltà del principale partito del centrosinistra. Nella scelta di salvare il governo Monti Bersani e company, hanno dovuto accettare provvedimenti che penalizzano ceti cui il PD deve rispondere. La revisione della spesa pubblica sacrosanta in molti aspetti, è anche micidiale per la tenuta di quel minimo di Stato Sociale costruito in tanti anni di lotte democratiche. Si colpisce la sanità nei suoi sprechi? Non solo. Non tutti i sistemi sanitari regionali sono fondati sullo spreco. Complessivamente l’incidenza della sanità sul prodotto interno lordo è di circa il sette per cento, un punto in meno della media europea. Se qualcuno ha in mente la privatizzazione come panacea, sommessamente ricordo che la sanità privata americana incide per il diciotto per cento sul PIL. Tagli lineari sono sbagliati colpiscono le eccellenze e possono favorire soltanto la sanità privata che, come detto, costa molto di più di una buona sanità pubblica. Anche in Umbria la responsabilità di ciascuno deve essere quella di ricercare senza paraocchi o interessi particolari dove produrre risparmi e innovare la risposta ai bisogni dei cittadini. Le sacche di privilegio e di particolarismi possono e devono essere sconfitte.
Corriere dell’Umbria 15 luglio 2012
da Francesco Mandarini | Lug 11, 2012
Quante volte opinion maker, filosofi e santoni di varia ideologia hanno denunciato l’anomalia politica dell’Italia del dopoguerra e cioè la mancanza di una destra di governo? La speranza fu quella sollecitata dal berlusconismo, ma la rivoluzione liberale annunciata dall’uomo di Arcore si è rivelata una bufala di dimensioni storiche. La spesa pubblica è continuata ad aumentare, le tasse sono esplose, l’inefficienza dei governi di quella destra raffazzonata ha rasentato l’irresponsabilità . Oggi, finalmente, con il governo Monti siamo alla presenza di una destra di governo apprezzata da tutte le cancellerie occidentali. E’ un salto di qualità innegabile che ci ha consentito di tornare a tifare per la nazionale di calcio. Che il governo sia presentato come composto di tecnici cambia di nulla l’essenza del problema. Anche i tecnici hanno la loro ideologia e quella della compagine al potere è essenzialmente un’ideologia non dissimile da quella che è riconducibile al pensiero unico dominante il mondo. Quello liberista. Il furore ideologico che guida ministri e sottosegretari nel voler ridimensionare l’intervento pubblico non deve farci sottovalutare le cose giuste che Monti vuol imporre al Paese. E’ innegabile, infatti, che la lotta agli sprechi sia sacrosanta per un Paese che è cresciuto attraverso la socializzazione delle perdite (con il debito pubblico) e la privatizzazione dei benefici. Il voler mettere mano alle inefficienze e all’ipertrofia istituzionale del Paese è cosa giusta nella misura in cui ciò non muta in modo rilevante la quantità e la qualità dei servizi che i cittadini si sono guadagnati attraverso il lavoro e il pagamento di tasse e di gabelle varie. Ad esempio, incidere con l’accetta sul sistema sanitario può portare a situazioni intollerabili per la parte più debole della società . Se poi si ha in mente il privilegiare la sanità privata su quella pubblica, si sceglie una strada sbagliata. Essendo dei tecnici i nostri governanti sanno bene che in ogni graduatoria internazionale la sanità privatizzata costa molto più che quella pubblica. Nell’ultima graduatoria elaborata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità , i risultati sono i seguenti: primo posto alla Francia, secondo posto all’Italia. Ambedue sono sistemi pubblici. Gli Stati Uniti hanno un sistema sanitario privato. L’OMS colloca la sanità americana al trentasettesimo posto. Il British Medical Journal invece mette gli USA alla settantatreesima posizione. Bene quindi la lotta allo spreco promessa da Monti, ma il diritto alla salute non è da mettere in discussione. L’Umbria è impegnata nella ristrutturazione della rete ospedaliera da venticinque anni e non dovrebbe avere problemi con i piccoli ospedali e i conti sembrano essere a posto. Problemi si pongono invece per ciò che riguarda la qualità complessiva del sistema. Per molti anni in Umbria sono venuti a curarsi cittadini di altre regioni e il bilancio ne ha beneficiato. Eccellenze nelle varie specialità e qualità delle prestazioni ci garantivano poca emigrazione e molta immigrazione. Erano inoltre la garanzia di una qualità apprezzata anche fuori regione. Non conosco gli ultimi dati ma credo che vi sia stata un’inversione netta di tendenza. Sarebbe utile cercarne i motivi. Come sembrerebbe arrivato il tempo di riconsiderare il costo dei manager pubblici sia per numero che per retribuzioni percepite. Il taglio lineare del dieci per cento, annunciato dal decreto governativo, non può che essere verificato, realtà per realtà . Ciò che certamente non funziona più è il differenziale tra gli stipendi privati e quelli pubblici. Non conosco molti dirigenti d’imprese private umbre che raggiungono stipendi che superano i duecentocinquantamila euro l’anno, ma forse mi sbaglio. Comunque un ridimensionamento dei trattamenti riservati agli apicali sembrerebbe nelle cose in presenza di una crisi che sta producendo nuove povertà e un disagio sociale che riguarda ormai fette sempre più consistenti di ceto medio. La revisione della spesa impone un’analisi rigorosa e coraggiosa di enti, società pubbliche, strutture con funzioni generiche che potrebbero essere chiuse senza incidere in nulla nella qualità della vita dei cittadini, liberando risorse significative oggi utilizzate male. La sfida che le classi dirigenti umbre hanno da affrontare è quella di utilizzare i vincoli che la crisi produce per un’operazione d’innovazione di sistema mettendo al lavoro le intelligenze di cui sono pur ricchi il settore pubblico e quello privato. E’ questo compito primario della politica, ma anche il mondo delle imprese e del lavoro hanno le loro di responsabilità . Difendere l’esistente non porterebbe da nessuna parte o meglio ci porterebbe al disastro. Le forze politiche dovrebbero cessare l’interesse per il proprio ombelico. Le energie della società civile hanno l’incombenza di mettere in campo idee e proposte che, partendo dal loro particolare interesse, possano stimolare un disegno complessivo di cambio di stagione. In quella che stiamo vivendo, prevalgono il pessimismo e la sfiducia. A tutti è richiesta una seria presa di coscienza della gravità della situazione ma anche una rinnovata disponibilità a lavorare per l’interesse generale.
Corriere dell’Umbria 8 luglio 2012
da Francesco Mandarini | Lug 4, 2012
Dubbi non ce ne sono. L’Italia ha battuto, calcisticamente, la Germania per due reti a una. Il risultato ci va stretto per le tante occasioni da gol sbagliate, ma bisogna accontentarsi per quanto è successo nell’europeo di calcio. Noi abbiamo la finale, i tedeschi vanno un’altra volta a casa. Meno chiaro è il risultato di Bruxelles. Pur evitando le volgarità di cui sono pregni i giornali berlusconiani contro la Cancelliera Merkell, è naturale domandarsi se l’accordo ottenuto dal nostro premier è da considerare positivo per l’Europa e per il nostro Paese. Indubbio il fatto che passare dalle barzellette e alle corna dell’ex presidente, alla determinazione di Mario Monti nella trattativa con gli altri partner europei, è un miglioramento evidente. Per chi considera la politica una cosa seria e non un avanspettacolo, anche la forma ha un suo significato. Ma di là dello stile, che cosa si è deciso a Bruxelles? La sostanza visibile è un altro intervento a protezione delle banche e l’introduzione di una qualche forma d’intervento sui differenziali degli interessi sui debiti sovrani. I mercati finanziari hanno reagito alla grande a significare che la finanza ha apprezzato le decisioni del vertice della comunità europea. Il mondo della finanza ha festeggiato anche perchè ancora una volta non si è deciso nulla per contrastare la speculazione e la mitica Tobin-tax, pur rimanendo nei desideri di molti, non è rientrata nel pacchetto delle decisioni. Le misure che dovrebbero mettere in moto un nuovo ciclo economico volto a uscire dalla recessione rimangono insignificanti. Eppure la situazione di diversi Paesi europei è da allarme rosso. Lo stesso Monti ne riconosce la gravità ma non sembra andare oltre la constatazione dell’esigenza di accelerare un processo che affianchi al rigore di bilancio scelte volte a produrre nuova ricchezza e nuovo lavoro. La prigione dell’ideologia liberista impedisce di accogliere i suggerimenti di molti premi Nobel che alla luce delle numerose esperienze storiche dimostrano che senza investimenti pubblici dalla recessione non si è mai usciti. La giusta lotta agli sprechi e alle forme malate della burocrazia dovrebbe servire a trovare risorse da investire nell’economia reale non soltanto a diminuzione del debito. Non ha mai funzionato in nessuna esperienza passata. Perchè dovrebbe funzionare oggi? L’idea che lo Stato deve essere minimo e che il welfare state deve soltanto essere rivolto ai poveri è un’idea ottocentesca che fa il paio con la “scoperta” del geniale Marchionne che afferma: “L’operaio cinese costa cinque volte meno di quello italiano, per questo investiamo in Cina”. Dimentica il Marchionne che l’operaio tedesco guadagna il doppio di quello italiano e anche quest’anno ha preso il premio di produzione producendo in Germania. Non sarà che le auto tedesche si vendono e quelle della Fiat no? Nemmeno i padroni delle ferriere si permettevano di valutare una sentenza di un tribunale come “folklore locale”. L’ha fatto il capo del più grande gruppo industriale italiano. Sono in vista altri tagli alla spesa pubblica. La revisione della spesa colpirà un’altra volta i servizi ai cittadini? Anche un superficiale rapporto con la pubblica amministrazione è sufficiente per capire quanto la semplificazione delle procedure farebbe risparmiare risorse e tempo ai cittadini. In genere i nuovi strumenti di comunicazione che rientrano nell’uso della “rete” non sono nelle priorità di tanti settori pubblici. Alcuni rientrano certo nell’eccellenza, ma un gran numero è rimasto alla penna biro. Eppure esistono già oggi le possibilità di utilizzo di strumenti non costosi che sono in grado di innovare profondamente il rapporto tra amministratori e amministrati. Il Ministro Passera ha promesso investimenti per favorire l’estensione dell’utilizzo della banda larga. Un sommesso consiglio al dinamico ministro: organizzi corsi accelerati per gli addetti ai lavori della pubblica amministrazione sia dipendenti sia amministratori. Bisogna spiegare che la banda larga non è un nuovo complesso musicale, ma altro. Siamo in Europa in fondo anche alla classifica dell’utilizzo d’internet nell’organizzare la pubblica amministrazione. Eppure tanti dirigenti politici e amministratori pubblici utilizzano il social network e twittano continuamente le loro idee. Possibile che a nessuno è venuto in mente di utilizzare la nuova carta d’identità o la ormai vecchia tessera sanitaria per rendere più facile la vita dei cittadini e risparmiare burocrazia? La leggenda metropolitana che in Italia ci sono troppi impiegati pubblici è appunto una leggenda. Non si tratta di quantità ma di qualità . Mi hanno detto che per vendere una casa a Londra sono sufficienti due firme. Per ottenere un mutuo da una banca in Italia hai bisogno di una borsata di documenti. Quando devi pagare una multa per divieto di sosta, ti arriva un bollettino che fisicamente devi portare all’unico luogo deputato per il pagamento. Non è contemplato il pagamento utilizzando la rete. Capisco che gli amministratori sono impegnati in grandi progetti e hanno ben altri obiettivi nella loro mente. Forse sarebbe buona cosa se nei ritagli di tempo pensassero a come rendere più facile il loro rapporto con la gente comune.
Corriere dell’Umbria 1° luglio 2012
da Francesco Mandarini | Giu 25, 2012
Tornano a sorridere i berluscones. Non tutti, però. Angelino Alfano già affaticato dal tentativo eroico di tenere assieme un partito allo sbando, non sarà premiato per il suo lavoro. Il leader dei moderati rimane il capo di Arcore. Che sia un moderato sembrerebbe una definizione eccessiva che sia un leader carismatico, è indubitabile. E’ vero che il popolo è abituato a improvvise svolte nella linea politica berlusconiana e quello dichiarato il giovedì sarà smentito il venerdì, ma questa volta sembra proprio che la piattaforma per la campagna elettorale sia stata impostata con nettezza dal leader della destra. Dimenticati gli otto anni di governo del centrodestra guidato dal Cavaliere, si ricomincia a vendere panna fresca. Non è il caso di sottovalutare quanto popolari possono essere le semplificazioni berlusconiane. Tanti, troppi forse, imputano alla moneta unica la responsabilità della crisi che ormai riguarda tutti. Difficoltoso anche per gli economisti, spiegare al popolo che tornare alla lira non sarebbe salvifico per chi vive di stipendio o di pensione e comporterebbe la distruzione di gran parte dei risparmi delle famiglie già intaccati dalla crisi. Ed è vero che, grazie all’ignavia del governo delle destre, il processo che ha introdotto l’euro ha prodotto un impoverimento di parti consistenti della popolazione. Ma lo sforzo per uscire dalla crisi dell’euro deve essere rivolto alla costruzione di una moneta che rappresenti l’unione politica dell’Europa, non il suo sfilacciamento. Quanti ritengono la politica tedesca responsabile della recessione? Credo che la squadra di calcio più supportata al mondo sia stata la Grecia nell’incontro con la Germania di venerdì scorso. Si va diffondendo nelle opinioni pubbliche mondiali un astio antigermanico che non promette niente di buono. L’attacco di Berlusconi allo strapotere teutonico è molto popolare anche perchè è indubbio che Angela Merkel fa di tutto per apparire prepotente e sorda alle ragioni degli altri. Pensare, come dice Berlusconi, che l’euro potrebbe sopravvivere anche senza la Germania rientra nella categoria delle discussioni del bar dello sport. Saranno questi i temi della prossima campagna elettorale? Difficile capirlo. Il governo Monti continua a essere sotto il ricatto della destra. Una destra che svolge nei lavori parlamentari essenzialmente il ruolo di garante degli interessi sostanziali del suo padre-padrone. Niente leggi anti corruzione, stop alle modifiche della legge elettorale, modifica del sistema istituzionale attraverso un emendamento. Si vuole introdurre il presidenzialismo attraverso un emendamento, avete capito bene. Nonostante che il popolo abbia, con un referendum costituzionale, confermato che l’Italia è una repubblica parlamentare, si torna all’attacco: elezione diretta del capo dello stato, chiede la destra. E il centrosinistra che fa? Diviso come non mai non riesce a darsi una linea. E’ paradossale che in una situazione di smarrimento di massa e di rischi per la tenuta democratica del Paese ci si accapigli sulle primarie o si cerchi di inseguire il grillismo urlando più forte gli insulti alla casta politica di cui si fa pur parte. E’ proprio impossibile una discussione razionale su quanto Monti e i suoi ministri stanno facendo? E’ quello che chiede legittimamente Vendola. Le giuste cautele non possono impedire un’analisi seria dei risultati ottenuti nel contrastare la recessione dal governo voluto dal presidente Napolitano. Costruire una credibile piattaforma politica per guidare il Paese, richiede un impegno rigoroso prima di tutto del PD. Un centrosinistra non si dà senza il partito democratico ma Bersani non può continuare a tenere insieme il diavolo e l’acqua santa. Preoccupandosi meno del chiacchiericcio interno al suo partito acquisirebbe maggior credibilità . Al momento in cui scrivo, non so se il sindaco di Firenze annuncerà la sua candidatura alle primarie. Se lo farà , non drammatizzerei più di tanto. Non sarà questo che deciderà il risultato elettorale. Considerando che la legge elettorale rimarrà quella voluta dalla destra, bisognerà aggregare una coalizione credibile non solo per il ceto politico in campo, ma per la gente comune. Decisivo sarà recuperare al voto quella massa di astensioni rivelata da tutti i sondaggi. Non sarà facile. Lo scoramento prodotto da venti anni di cattiva politica e da leader, leaderini, mezze calzette, ha prodotto un astio verso gli addetti ai lavori che, per essere superato, richiede non solo un rinnovamento generazionale ma anche un cambio radicale del modo d’intendere l’impegno politico. Coloro che continuano a pensare che sia scontata la prosecuzione della carriera politica come se niente fosse successo, sbagliano. Non bisogna essere adepti del movimento cinque stelle per ritenere che sia arrivata la stagione che chi ha tanto dato all’impegno a tempo pieno nella pubblica amministrazione, torni a occuparsi dei propri affetti. Dopo tanto lavoro, si merita un giusto riposo.
Corriere dell’Umbria 24 giugno 2012
da Francesco Mandarini | Giu 18, 2012
I sondaggi possono essere ritenuti affidabili o no, ma quando sono confermati da un voto che ha riguardato gran parte dell’elettorato, la loro attendibilità non può che aumentare. L’ultima indagine demoscopica segnala il PD come primo partito al venticinque per cento; il Movimento cinque stelle al ventuno per cento; il PDL al quindici. Le invettive del leader dell’IDV non sembrano portare consensi: sotto il sei. Oltre il quarantacinque per cento degli intervistati non ha scelto per chi o se votare. In caduta ulteriore la fiducia a Monti, supera di poco il trenta l’apprezzamento per l’azione del governo. Tutto ciò non è che la conferma dello stato d’incertezza di un Paese che non riesce a trovare un punto di equilibrio condiviso tra il rigore dei bilanci pubblici e l’esigenza di riprendere a costruire una società in cui il lavoro non sia più l’assillo per milioni di cittadini. Non è cosa facile e lo stato comatoso della democrazia repubblicana non aiuta certo a trovare la strada giusta e apprezzata dal popolo. Il parlamento bloccato dalla voglia della destra di imporre la sua visione della giustizia o l’incapacità di tutta la casta politica di riformarsi, non può che spingere la gente comune fuori dalla politica organizzata dai partiti presenti in assemblee elettive piene di nominati dalle oligarchie. Il costo intollerabile della politica non è soltanto quello dei benefit, ma è essenzialmente la confermata incapacità del ceto politico di prendere provvedimenti giusti e nell’interesse di tutti. I nostalgici del “quando c’era Lui”, dovranno mettersi l’anima in pace. Dal Polo Nord all’Antartide è opinione comune ritenere che per riparare ai danni prodotti dalla triade Berlusconi-Bossi-Tremonti, occorrerà almeno una generazione. Sarebbe però ingiusto considerarli i soli responsabili del disastro italiano. Quanti anni sono che il Paese non si ammoderna? Quanto ha speso negli ultimi anni il mondo della produzione in ricerca e innovazione? Il ministro Passera ci assicura che nel 2013 saranno chiusi tutti i cantieri della Salerno – Reggio Calabria. Se sarà così l’Autostrada sarà completata dopo cinquanta anni. La nuova “Freccia Rossa” prevede scompartimenti a otto posti, con servizi modernissimi e isolamento completo rispetto dal resto del treno. L’elite viaggerà al top. Il resto dei viaggiatori continuerà a trovare, quando li trova, treni arcaici che corrono su una rete non dissimile da quella costruita all’inizio del secolo scorso. L’auto è in crisi in tutta Europa e perciò la Fiat ha deciso di tornare indietro rispetto agli investimenti promessi a Berlusconi e a Monti. Le auto non si vendono ma se in Germania per la prima volta si perde il sei per cento, l’azienda diretta da Marchionne perde quote di mercato da un anno, a maggio il dodici. L’operaio tedesco guadagna il doppio di quello italiano. L’ammiraglia Fiat è diventata la meravigliosa Panda, l’ammiraglia del gruppo Volksvagen è l’Audi otto. Quante Panda devi vendere per avere lo stesso valore aggiunto dell’Audi? Chissà se i bonus per Marchionne continueranno a essere liquidati nonostante il crollo delle vendite e il ridimensionamento degli investimenti.
Dall’inizio della crisi finanziaria esplosa a Wall Strett, la parola d’ordine è stata: salviamo le banche. Ciò ha comportato sacrifici immensi per tutti i popoli. Rinnegando il credo liberista, i governanti e le elite al potere a Bruxelles, a Londra o a Washington, hanno deciso che il disastro privato doveva essere pagato un’altra volta con i soldi pubblici. E coloro che il disastro hanno provocato? Ignobilmente hanno continuato a dividersi lauti stipendi e bonus milionari. Banche che rischiano il fallimento mentre i loro manager continuano ad arricchirsi e mentre la gente comune s’impoverisce. Quanto può durare questo paradosso prima che dall’indignazione si passi alla rivolta sociale?
Il decreto sviluppo votato dal consiglio dei ministri di venerdì prevede che le risorse siano trovate fondamentalmente con la vendita del patrimonio pubblico. La cosa non deve suscitare scandalo. Molti beni pubblici sono inutilizzati o possono essere privatizzati senza incidere sulla qualità della vita dei cittadini. Bisogna far però tesoro delle esperienze di vendita di beni pubblici già avvenute. Anche in Umbria gli enti territoriali hanno dismesso patrimoni. Non esistono statistiche al riguardo ma qualche buffo episodio si conosce. Ad esempio un’amministrazione che vende un palazzo per poi riprenderlo in affitto compie un atto intelligente o spreca denaro pubblico? Privatizzare una farmacia che produce reddito è cosa intelligente o qualcosa d’altro? Vendere quote di una società che si occupa di parcheggi senza porre vincoli di tariffa o di costruzione di spazzi di parcheggio libero, salvaguarda il diritto alla mobilità del cittadino? In quante circostanze anche in Umbria, la collaborazione pubblico ““ privato ha avuto come conclusione il guadagno per il privato senza alcun vantaggio per il cittadino? Il patrimonio delle città è frutto della storia e spesso è dovuto al lavoro e all’intelligenza delle classi dirigenti del tempo. Oggi la stagione è diversa da tutti i punti di vista e la situazione sembra imporre le dismissioni. Almeno si provi a evitare la svendita o le regalie.
Corriere dell’Umbria 17 giugno 2012
da Francesco Mandarini | Giu 12, 2012
Pensavamo che uno dei problemi fondamentali della politica italiana fosse stato la sua personalizzazione. In questi venti anni sono esplosi i partiti personali e ogni simbolo, eccetto quello del PD, aveva come sottotitolo un nome. Casini, Fini, Rutelli, Di Pietro, Berlusconi e via, via elencando. Come accertato non da sondaggi, ma dal voto amministrativo di maggio, la credibilità dei partiti è a un limite storico. PD e PDL raggiungono insieme il numero di elettori che prima avevano singolarmente. Certo i berluscones sembrano in caduta libera mentre il PD diviene il primo partito, ma nel concreto i cittadini hanno scelto in prevalenza o il non voto o il voto per raggruppamenti che rappresentano un’altra politica. La reazione di PD e PDL, pur nella diversità delle situazioni, sembra essere la stessa: le primarie per recuperare un rapporto con la società . Si può essere favorevoli o contrari al meccanismo delle primarie, ma certamente è un metodo di scelta che riconferma la personalizzazione. O No? Quella di Bersani e del PD è la proposta attesa dal Paese? Difficile accertarlo, ma forse più che sapere se sarà Bersani, Vendola o Renzi a guidare la coalizione di centrosinistra, alla gente interesserebbe sapere cosa vogliono fare i partiti per impedire il disastro da tutti annunciato. Il presidente Obama ha passato la settimana a parlare con i leader europei per convincerli a prendere provvedimenti per invertire la tendenza recessiva. Il presidente americano ha fatto qualche gaffe quando, ad esempio, si è dimenticato che l’impazzimento della finanza mondiale è originato negli Stati Uniti quando Bush ha consentito il fallimento della Lehman Brothers, la più grande bancarotta della storia americana. Come ha operato Obama nella crisi? Le scelte dell’amministrazione sono state le stesse di quelle imposte all’Europa dalla signora Merkel: innanzi tutto salvare le banche. Come l’Europa, anche gli Usa non hanno investito un dollaro o un Euro per invertire le tendenze recessive e le ricapitalizzazioni bancarie non hanno prodotto risorse per le imprese nè nuovo lavoro. Perchè Cristina Lagarde, direttrice del Fondo Monetario, non trasferisce risorse alla Grecia? Perchè manca l’autorizzazione americana. Assistiamo a un gioco delle parti tra Obama e la Merkell? Il rischio è grande. Incontro del G Otto a Camp David. Tutti i leader vestiti casual e come sempre sorridenti. Risultati? Zero. Alla fine del mese di giugno altro incontro del G Venti non ricordo dove. Speriamo che questa sia la volta buona e che qualche decisione radicale sia presa dai così detti grandi della terra. Intanto in Italia assistiamo alle baruffe del governo Monti. La scorsa settimana il ministro Passera ha annunciato con giusta enfasi i decreti legge per lo sviluppo. Non erano certo un piano Marshall, ma qualche elemento positivo s’intravvedeva e, tra l’altro, sembrava che il governo intendesse cominciare a saldare i debiti dello Stato alle imprese. Com’è noto si tratta di una cifra enorme: attorno ai settanta miliardi. Contrordine della ragioneria centrale. Non c’è un Euro di copertura. Passera s’inferocisce ma può farci poco. I creditori dovranno aspettare ancora. Altro allarme nel governo è dovuto al fatto che si scopre che mancano tre miliardi e mezzo nelle entrate fiscali. Non sono un tecnico, ma con una recessione del tipo di quella che stiamo vivendo, non era tecnicamente prevedibile un calo delle entrate dello Stato? Il consiglio di amministrazione della Rai è scaduto. La legge che lo regola è una pessima legge voluta dal centrodestra per riempire il CDA di clientes obbedienti ai partiti. Sarebbe stato saggio cambiare la legge e intanto commissariare la Rai. Il capo del governo ha invece scelto di nominare il presidente e l’amministratore delegato: due esperti in finanza. La forza dell’ideologia. Il nostro presidente del consiglio, monetarista convinto, non ha dubbi mai. L’esperto in materia finanziaria ha il dono divino di poter gestire tutto. Importa poco che la Rai abbia un enorme problema di qualità nella sua offerta culturale, il requisito che mancando, ha comportato il calo dell’audience e quindi inferiori entrate pubblicitarie. Dopo l’inseguimento decennale della televisione commerciale, il bilancio della Rai è terrificante non solo dal punto di vista dei conti, ma principalmente da quello della sua debolezza nello svolgimento del suo ruolo di servizio pubblico. Compito, che come sappiamo, giustifica il canone che i cittadini pagano annualmente. Tra le altre eccellenze italiane marginalizzate dal potere ci sono quelle di tanti esperti di mass-media. La comunicazione non è una scienza esatta, ma per quanto stiamo vivendo, anche la finanza non brilla per affidabilità .
Corriere dell’Umbria 10 giugno 2012